LA LIBERTÀ' (James)


Era un ennesimo caso. Ridevo allegramente assieme a Mary: ormai ero abituato a non preoccuparmi più di nulla, nonostante mi trovassi in una casa protagonista di un mistero.

- Ok, direi che qui abbiamo finito - commentò Mary, che a stento riusciva a trattenere gli ultimi attacchi di risa.

- Va bene, possiamo andare - credo di aver risposto. È l'ultimo ricordo che ho, prima di un sussulto. Poi un colpo alla nuca. Poi nero. Quando ripresi conoscenza ero a terra, la tempia sul pavimento freddo, in una stanza scarsamente illuminata.

- Ma cos ... -

- Ti consiglio di tacere - una voce gelida tagliò la mia domanda come una lama. - Parla solo quando ti viene richiesto. -

Allibito, sentii il mio corpo che veniva sollevato di peso, lo sentii come se non fosse mio. Una corda possente mi univa i polsi. Mi trascinarono in un'altra stanza, più ampia e più illuminata. Provai un senso di vertigine: le pareti erano formate da specchi. Cercavo di pensare a come quegli specchi avrebbero potuto aiutarmi nella fuga, ma non ero Mary: nulla mi venne in mente. Ad un tratto ebbi l'impressione di svenire di nuovo: dove era Mary? Nell'attesa di non so cosa, tentai di passare in rassegna tutto ciò che stava accadendo, nella disperata ricerca di qualcosa di positivo. Ma non trovai nulla. Piuttosto constatai di non trovarmi in una bellissima situazione. Perché ero solo, in un luogo che non conoscevo, con l'unica compagnia di due guardie e mille immagini di me stesso che mi osservavano impaurite per tutto il perimetro della stanza. Avevo diversi dilemmi, non sapevano cosa volessero da me e ignoravo del tutto la posizione di Mary. Avevo solo un'unica, grande convinzione: non ci sto capendo niente! Qualcuno si aggiunse alla mia lista di problemi. Un uomo, sulla cinquantina, capelli corvini lunghi fino alle spalle e gli occhi come due fessure. Indossava un completo color bianco crema.

- Bene, James - già la premessa non mi piaceva: come faceva a conoscere il mio nome? - Te lo dico in modo semplice: tu mi dai ciò che mi devi e io lascio andare te e la tua amichetta. - Il problema era che non sapevo che cosa dovevo dargli! Non sapevo nemmeno chi fosse quell'uomo. Ma in effetti aveva un'aria familiare. Dovette notare il mio nervosismo, perché disse:

- Non ti agitare, James, come ho detto, è facile: tu mi rendi cosa mi devi, e poi te ne vai, e non succede niente. -

- Cosa le devo? - Chiesi sull'orlo della disperazione - Giuro che non lo so! -

- Ah, non lo sai? Beh, te lo dirò io. È una cosa molto importante. James ... tu mi devi la libertà. -

Ancora non capivo.

- Rivoglio la possibilità di girare per le strade senza dovermi nascondere, a te basterà andare in quell'edificio grande, con la bandiera sul tetto, quell'edificio dove le persone vengono condannate. Andrai lì e dirai che sono innocente. - Quando notò la mia espressione perplessa aggiunse una frase che mi chiarì tutto.

- James, tu mi hai tarpato le ali, hai estirpato la mia reputazione criminale dalle basi, facendo la cosa peggiore che si può fare a un ladro: arrestarlo. Il mio colpo era riuscito alla perfezione, avevo rubato la corona della regina e già mi aspettavo un rientro trionfale al quartier generale della squadra con cui avevo progettato tutto. Ma tu mi hai scovato, nonostante che come detective fossi soltanto un dilettante. Hai distrutto il mio orgoglio. Ma sono riuscito a scappare dalla prigione e a ritrovare la mia squadra - dicendo questo accennò alle guardie presenti nella stanza - solo che ora sono ricercato in tutta l'Inghilterra. Io sono Samuel Baskerville, James, e adesso tu andrai in tribunale e dirai ai giudici che sono innocente. -

- Intanto - cominciai con orgoglio - per quale motivo dovrebbero credermi? E comunque non lo farò. -

Si esibì in una risata placida e glaciale.

- Oh, direi che lo farai! - fece un cenno con la testa e qualcuno entrò nella stanza. Era una guardia, come quelle che mi tenevano per gli avambracci. Fra le sue braccia c'era Mary. In confronto al corpo possente dell'uomo sembrava piccolissima: dopotutto aveva solo dieci anni. La guardia con la mano sinistra le serrava la bocca mentre con la destra le minacciava il collo con un coltello. Sussultai. Notai che Mary teneva entrambe le mani sul polso sinistro della guardia. Strano. A me sarebbe venuto istintivo tenerle sul destro, in modo da provare ad allontanare il coltello. Poi però capii. Se per caso, mentre Mary cercava di allontanare la mano dalla propria gola, le fosse sfuggita, sarebbe morta. Come quando due persone vogliono la stessa corda: uno tira da un apice, uno dall'altro, ma se uno lascia, l'altro cade di schiena.

O forse stava semplicemente cercando di parlare. Sì, era così. Infatti stavo per iniziare una frase quando riuscì a parlare:

- "Clà / Clò", James - disse solo. Ma questo bastò. Ebbene, "Clà / Clò" era un gioco a cui giocavamo da piccoli. Un giocatore legava le mani dell'altro giocatore, che, seguendo determinate strategie, avrebbe dovuto liberarsi. Lo avevamo inventato noi. Ci giocavamo ovunque, in piscina con la cinta dell'accappatoio, in montagna con i cordini per le scalate, al parco con la corda per saltare ... ci piaceva molto. Avevo capito cosa voleva dirmi Mary. Feci finta di ignorare le sue parole e risposi all'uomo, fingendomi sconsolato.

- Quindi credo che sarò obbligato a fare come vuole lei, signore - intanto armeggiavo con i polsi e la corda, cercando di non farmi notare.

- Preparo tutto, allora - rispose il criminale soddisfatto.

- Non ne sarei così sicuro - la voce di Mary echeggiò chiara e limpida nella stanza. Avevamo agito all'unisono. Io avevo steso le guardie che mi tenevano con due pugni centrati sul naso, dopo essermi liberato dalla corda e aver sfilato le braccia dalle loro. Mary aveva spostato all'improvviso le mani sul braccio destro della guardia, prendendola di sorpresa, e l'aveva allontanata con un calcio. Poi aveva fatto scivolare la lama a terra, passandomela. Lei infatti non avrebbe potuto minacciare il ladro, non potendolo vedere per via della sua cecità. In un secondo fui vicino al criminale, con il coltello in mano. Mary scivolò sul muro finché non trovò la porta. Ci si mise davanti, bloccandola. Ma lui si era preparato. Velocemente aveva scostato la giacca e aveva estratto una pistola dalla cintura. Caricò e premette il grilletto. Mi mossi più rapido che potevo e il proiettile non mi colpì sul petto, come avrebbe dovuto, bensì su braccio, poco sotto la spalla. Mi ritrovai in ginocchio. Il dolore arrivò tutto insieme. Forse avevo urlato, non lo so. So solo che la vista mi si era offuscata e che avevo perso la sensibilità al braccio destro. Il coltello che tenevo ancora in mano cadde a terra con un tonfo metallico. Il sangue macchiò la manica della maglietta. Quando Baskerville rise, lo udii come se fosse a chilometri di distanza. Lentamente misi a fuoco il coltello che si trovava a pochi centimetri dal mio ginocchio. Lo afferrai goffamente con la mano sinistra. Da quella posizione avevo una visuale diversa e capii cosa dovevo fare. Lanciai il coltello come se fosse un frisbee. Si conficcò nel polpaccio del criminale, che urlò di dolore e cadde a terra. Mi lanciai su di lui e gli bloccai le braccia. Quell'attimo di lucidità che mi era servito per tirare il coltello finì, e la vista mi si offuscò di nuovo. Rotolai e finii sdraiato sul pavimento.

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