23. PROGETTARE UNA FUGA
Non so come venne fuori l'idea della fuga. Suppongo che fosse sospesa tra di noi già da tempo. Non potevamo rimanere lì. Quel vederci di nascosto non era la vita che volevamo. Ci volle del coraggio. Penso che nessuna dei due volesse davvero andarsene. Quella era casa mia, e per Kyle era la cosa che più si avvicinava al concetto di casa. Un luogo in cui trovava rifugio. Dovevamo però decidere se volevamo stare insieme veramente.
-Qua non è possibile- mormorò Kyle, una notte, sotto le coperte, i capelli che accarezzavano i miei.
Mi avvicinai di più a lui, per assaporarne il calore. Mi nutrivo di quel calore. Lo bevevo e me lo portavo dietro tutto il giorno. La certezza che non ero sola. Me lo sentivo sulla pelle.
-Lo sai meglio di me, dobbiamo andare via-
-Ma dove?- era un modo per prendere tempo, per cercare di evitare quello che non poteva essere evitato. Sapevo che i miei genitori parlavano di matrimonio, di cercarmi un marito, se non ero capace di farlo da sola. Erano discorsi perlopiù oziosi, non ci credevano per davvero, ma c'erano.
-Ho un piano, è da un po' che metto da parte i soldi-
Scoprii che il piano era iniziato già quando era bambino. Un gioco che faceva nelle notti tempestose, quando i lampi illuminavano a giorno la soffitta.
-Dobbiamo aspettare una sera in cui né i tuoi genitori, né Tania ci siano, questo è fondamentale per il piano, mettere più tempo possibile tra la fuga e la scoperta- mi cinse di più, come per convincermi della correttezza dei suoi pensieri. -Non appena saranno usciti noi andremo alla stazione e prenderemo due biglietti per Parigi-
-Ma così ci troveranno subito-
-Non partiremo con il treno- un sorriso che rifletteva la luce della luna. -Ho acquistato una vecchia automobile, è parcheggiata in uno spiazzo, nel bosco, nascosta da alcuni rami, useremo quella-
Il piano prendeva forma davanti a me e, mi rendevo conto, poteva funzionare. -E dove ci dirigeremo?-
-Loro si aspettano che andiamo a Nord, noi andremo a Sud e c'imbarcheremo, ho prenotato sotto falso nome una nave per l'America-
-L'America?- mi sembrava un termine troppo grande. Qualcosa d'impossibile. L'America viveva nei romanzi e nei film, non nella realtà.
-Providence-
-Lovecraft?-
-Lovecraft- confermò con un sorriso.
Il cuore mi batteva tanto forte da farmi impazzire. Era un sogno l'incontro con Lovecraft. Un nostro gioco, come quei racconti che arrivavano direttamente dall'altra parte del mondo, insieme alle lettere che mio padre si scambiava con quel suo conoscente che considerava folle.
-Lo potremo incontrare per davvero, gli chiederemo spiegazione dei suoi racconti-
-Non so nemmeno l'inglese-
-Ci sarò io, ti aiuterò- e quell'offerta m'illuminò. Mi dava l'impressione che ogni cosa fosse possibile.
-Non si torna indietro- mormorai. -Questa scelta è per sempre-
-Lo so... e tu? Sei pronta?-
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