9. Ospitalità

Bridget

La zona residenziale dove abita Finn è appartata dal frastuono del centro città. Una schiera di casette colorate e dal tetto a punta - caratteristiche della Norvegia - dà al quartiere un'aria pacifica e fiabesca.

Il legno della sua abitazione è dipinto di un celeste brillante. Armeggia con le chiavi e apre il cancelletto della staccionata. Lo seguo lungo il viale di sassolini e fili d'erba, seppelliti sotto una coltre di neve. Sul campanello c'è scritto "Larsen". Finn lo suona e, passati pochi secondi, sull'uscio si presenta una ragazza.

Due iridi verde-azzurro, contornate da uno strato di ombretto nero, mi squadrano in modo critico. Appartengono a una ragazza alta e slanciata, dai lineamenti duri e l'espressione fredda.

«Karina, ci fai entrare?» le domanda Finn.

Lei si sposta dall'uscio, senza staccare il suo sguardo affilato dal mio. Osserva la felpa che indosso e la mano di Finn posata sulla mia schiena, per indurmi a entrare nella dimora.

«Hvem er ved døren?» dice qualcuno, sbucando dall'angolo della parete.

Riconosco gli occhi castani e allegri della ragazza che ci ha appena raggiunti. «Thea?»

«Bridget!» esclama lei, sgranando le palpebre. «Che ci fai qui?»

Indico il ragazzo al mio fianco. «Finn mi ha accompagnata da te.»

«È l'ennesima delle tue vittime, fratellino? Per l'aggiunta, americana?» si intromette sarcasticamente Karina, con un sorriso di scherno.

«No!» strepito, irritata dalla sua schiettezza.

«Lasciala stare, Kar» la rimbecca Thea.

«La conosci? E, poi, perché parliamo in inglese?» chiede Karina.

«Lei è la ragazza che ho incontrato in aereo, quella in visita ai suoi zii.»

«Ah, intendi la tizia che hai cercato oggi pomeriggio?» rammenta Karina.

«Mi hai cercata?» mi rivolgo a Thea.

«Sì. Non ci siamo scambiate i numeri e saremmo dovute uscire, oggi. Volevo presentarti Finn e Karina, ma vedo che lui lo conosci già»

«Perché non ci andiamo a sedere, così ne discutiamo davanti al camino?» propone Finn.

Essendo tutti d'accordo con la sua proposta, ci spostiamo nel soggiorno. È grande e accogliente. La vernice dei muri è di un giallo pastello, abbinata alla stoffa delle tende e del divano. Il fuocherello riscalda e illumina l'ambiente, buio a causa della scarsità dei raggi solari che penetrano le nuvole grigiastre.

Ai piedi del sofà a cinque posti, il pavimento è coperto da un tappeto morbido. Tolgo gli stivali e i calzini bagnati dalla neve e i fili mi solleticano la pianta del piede.

«Dopo pranzo sono andata a casa dei tuoi zii, ma non c'era nessuno» esordisce Thea. «Ho pensato che foste usciti e ho trascorso il pomeriggio qui, a studiare con Karina.»

«I miei zii sono in Giappone. Stanotte ho dormito in hotel» la informo.

Evito di specificare che "dormito" è il verbo sbagliato, omettendo il particolare dell'incubo. Appena la mente accarezza il ricordo del sogno angosciante, i brividi si impossessano del mio corpo.

«Stai in albergo, quindi?»

«Non per molto» borbotto tra me.

«Stavo correndo nel parco e ho incontrato Bridget. Mi ha raccontato la situazione e, dato che a casa nostra c'eri tu, Thea, l'ho portata qui. Ha bisogno di qualcuno che la ospiti.»

«Beh, se non ti dispiace dormire sul divano...» comincia Thea, ma viene interrotta.

«Oppure potremmo farlo io e Karina. Ospitarla, intendo. Abbiamo una camera in più» si offre Finn.

«Cosa?!» sbotta Karina. «Scherzi, Finn? È una completa sconosciuta

«Non...» attacco con le lamentele, che vengono bloccate all'istante.

«Lo facciamo con piacere, Bridget. Sei un'amica di Thea, no? I suoi amici sono anche i nostri.»

«Tu lo fai con piacere» ribatte sua sorella, allacciando le braccia al petto, gli occhi verde acqua che lanciano scintille.

Finn la ignora. «Nostra madre torna tra poco. Chiederemo a lei. Nel frattempo, guardati pure intorno.»

Gli sorrido, riconoscente. Sotto richiesta di Thea, si dirige in cucina a fare la cioccolata calda, tirandomi un'occhiata divertita, come se dicesse: "Adesso non la rifiuti, la cioccolata".

Compare poco dopo con due tazze colorate in mano. Ne porge una a me e una a Thea. La ceramica bollente a contatto con la mia pelle fredda crea un piacevole contrasto.

Karina traffica con il suo cellulare, ignorandoci. Probabilmente non le piaccio. Mi dà l'impressione di essere il completo opposto di Finn, che ho capito essere suo fratello. Lui sembra gentile e disponibile. Mai fermarsi alle apparenze, però.

Sorseggio la bevanda dolce. Ricordo con tristezza che anche Matthew, il mio fratello adottivo, era solito prepararla, d'inverno.

«Per quanto tempo rimarrai a Oslo?» chiede Finn, sedendosi a gambe incrociate sul tappeto.

«Qualche settimana, credo.»

I Guerrieri non sono così pazzi da venire a setacciare l'Europa del Nord, pur di trovarmi, giusto?

"Sono capaci di tutto", commenta mio padre, che non osa lasciare la mia mente.

«Poi torni a New York?»

«Credo di sì» mormoro, con un filo di voce, perché non so neanche io cosa farò in futuro.

A detta di Seth, devo aspettare che lui risorga nel suo nuovo corpo, poi sarò libera di lasciare Oslo. E dopo vivrò con lui. Non ho il coraggio di immaginare cosa diventerò, stando a stretto contatto con mio padre.

Naturalmente, non posso dire questo ai due fratelli e a Thea.

«Perché non torni subito a New York?» chiede all'improvviso Karina, staccando lo sguardo dallo schermo.

Non rispondo alla sua domanda, iniziando ad agitarmi.

«Non sei obbligata a dircelo» mi rassicura Finn, intromettendosi.

«Vivremo nella stessa casa. Voglio sapere ogni cosa» insiste Karina.

Le punte dei suoi capelli biondo cenere oscillano, sfiorandole le spalle e seguendo il capo che si inclina. Assottiglia gli occhi e mi perquisisce attraverso essi.

Ingoio il nodo in gola e mordo forte il labbro inferiore. «È difficile.»

«È difficile ricordare, non raccontare» ribatte.

«Non ce la faccio a ricordare, va bene?» replico.

La maschera imperturbabile di Karina Larsen si crepa. Forse perché ho alzato la voce, ho stretto i pugni, l'ho perforata con il mio sguardo, gelido quanto il suo, e la rabbia mi ha inondato.

"Trattieniti, o i tuoi occhi muteranno", mi mette in guardia Seth.

"Lo so."

Le mie emozioni elevano la fiammata del camino, partoriscono una lingua bruciante che scoppia. Thea emette uno strillo impaurito.

«Non è niente» la conforta Finn. «Ho aggiunto troppa legna, prima.»

"Non posso restare. Distruggerò tutto" dico a Seth.

"Trattieniti" ripete. "Sarà per poche settimane."

"Dammi una data precisa."

"Aspetta Capodanno. Poi, vattene."

Capodanno. Meno di un mese. Posso resistere.

La porta di casa viene aperta all'improvviso e sento dei passi che si dirigono verso di noi.

«Eccola» sussurra Finn.

Una donna fa il suo ingresso in soggiorno e saluta i presenti. Il taglio e le sfumature degli occhi sono la copia di Karina. Eppure, le iridi non hanno la freddezza della ragazza. Anzi, il modo gentile in cui mi studia è simile a quello del figlio.

«Mamma, lei è Bridget» mi presenta il ragazzo. «Un'amica di Thea. Si sono conosciute in aeroporto.»

«Piacere, Bridget. Che bel nome. È straniero? Io sono Agnes.» Il suo timbro è soffice e caloroso. Ora, mi è chiaro da chi ha ereditato Finn.

«Sì, vengo da New York.»

«Oh, che meraviglia. Come mai sei sbarcata in questa terra congelata?»

«Mamma, tu ci vivi, in "questa terra congelata"» le ricorda Finn.

Agnes non gli presta attenzioni e lui scuote la testa, sconsolato, come se ormai fosse una cosa abituale.

«Sono in visita. I miei zii si sono trasferiti a Oslo, quando ero piccola» rispondo.

«In quale parte della città abitano?»

«Vicino all'aeroporto. Volevo far loro una sorpresa, ma ieri ho scoperto che sono in vacanza a Tokyo.»

«Mi dispiace, cara. Avrai speso tantissimo, per comprare il biglietto» osserva, compassionevole.

«Se per te e papà va bene, potremmo ospitarla per un po', finché non potrà tornare in America.» Finn arriva al dunque.

Agnes sembra presa in contropiede. Non la biasimo: mi ha conosciuta meno ci cinque minuti fa. Per raggirarla, sfodero il migliore dei miei sorrisi. Incurvo dolcemente le labbra e la imploro con gli occhi. Inchiodo le mie pupille nelle sue, in modo da non lasciarle via di fuga dalla mia magia.

L'ipnosi è la mia carta vincente. Unita alla mia aria da ragazza innocente ed educata, abbatte le perplessità di Agnes. Mi sento una truffatrice, per averla ingannata con i miei poteri, ma ho bisogno di un tetto sulla testa e di un posto dove dormire.

«Nessun problema. Vale anche per tuo padre. Una coinquilina in più ci fa solo piacere» risponde la donna, infine.

Mi rivolge un occhiolino, l'aria ancora serena e stordita, a causa dell'incantesimo di ipnosi. Karina sbuffa.

«Finn, mostrale la stanza degli ospiti. Karina, non sbuffare» ordina la donna, prima di sparire in cucina.

Finn lancia uno sguardo soddisfatto a sua sorella e mi guida al piano superiore. Dopo tre porte, c'è la mia. La camera è arredata in modo semplice: un letto matrimoniale occupa quasi tutto lo spazio. A un lato c'è un armadio a parete e dall'altro una finestra dalle persiane verdi. Un comodino, con sopra un lume, affianca il materasso.

«Grazie, davvero» ribadisco la mia riconoscenza.

«Figurati. Scendiamo, così conosci mio padre.»

«Aspetta, Finn.» Lo fermo sul pianerottolo delle scale. Mi tolgo la felpa e gliela porgo. «Questa è tua.»

La prende, ridacchiando. «Stava meglio a te, però.»

Spruzzi rosati si espandono sulle mie guance. Le sento bruciare. Finn mi sorride e scende i gradini. Io, imbambolata, non riesco a muovermi.

Sospiro, mentre il mio cervello ruota intorno a un unico pensiero: questa casa non può proteggermi dai Guerrieri.

Spazio Autrice

Buona sera!🌙 Chiedo immensamente scusa per aver aggiornato così tardi, ma sono stata sommersa dagli impegni.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che basti a farmi perdonare per l'attesa💙

Bree ha finalmente trovato un alloggio stabile e, sembra, qualche amico. Thea e Finn la accolgono con piacere, anche se Karina, la sorella di Finn, è piuttosto contrariata. Bridget sarà al sicuro, nascosta a casa dei Larsen? Ha fatto la scelta giusta?

Lasciatemi un segno del vostro passaggio con un voto o un commento!

Xoxo🔊

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