Cap. 7: Codice deontologico

Nonostante la minore presenza di macchine, la strada si rivelò comunque difficile da percorrere, almeno fino a quando rimasero nelle vicinanze di Rapid City: anche se era la via più lunga per andarsene, molti l'avevano preferita all'autostrada per tanti motivi, uno dei quali sembrava essere l'aeroporto regionale, dove la maggior parte di quelli che avevano imboccato la SD–44 si stava recando. Probabilmente pensavano di poter trovare un aereo qualsiasi in partenza per lasciare la città il più rapidamente possibile, e poco importava se la torre di controllo era in fiamme e anche da quella distanza si vedeva chiaramente un aereo incastrato nell'edificio principale.

- Non è una grande idea...- commentò Jessie, mentre passavano senza fermarsi.

- Beh, se qualcuno avesse il brevetto di volo potrebbe...-

- No, Ben, è proprio una pessima idea.- lo interruppe Jessie - In questi casi è meglio come stiamo facendo noi, te l'assicuro.-

- E lo dici dall'alto della tua grande esperienza in apocalissi?- chiese il collega, aggrottando la fronte.

- Mettiamola così...- disse Jessie, scalando la marcia e rallentando per aggirare un caravan solitario accasciato di fianco sul lato della strada - ... tu cosa faresti, adesso? O meglio, cosa farai quando sarai con la tua famiglia?-

- Beh, mi sembra ovvio, farò la stessa cosa che farai tu quando avrai raggiunto la tua ragazza.-

- Non è la mia ragazza e non sai cosa farò io.- rispose lui - Quindi dimmelo.-

- La cosa più logica: prenderò tutto il cibo e l'acqua che riuscirò a trovare e mi barricherò con loro da qualche parte fino all'arrivo dell'esercito.-

Jessie si lasciò scappare un sorrisetto beffardo.

- Ecco.- disse - Primo errore, amico mio: mai barricarsi. Non hai mai visto un film sugli zombie?-

- Un film?- ripeté Ben, stupefatto - Cosa... vuoi usare i film come modello di riferimento?-

- Hai un'idea migliore?- chiese Jessie - Perché credimi, io mi sono visto quasi ogni genere di film sugli zombie, ho giocato a praticamente tutti i videogiochi esistenti e ho pure letto una marea di libri in materia... sono un po' nerd, sai...- si giustificò - Lo so che può sembrare stupido, ma la razionalità è rimasta esclusa quando uno zombie ha cercato di mangiare la mia faccia per colazione.-

- D'accordo, signor professore...- sbuffò incredulo Ben - E quindi cosa bisognerebbe fare secondo il nostro "esperto"?-

- Piantala di sfottere, sto cercando di esserti utile.- ribatté Jessie - Tu puoi fare come dico io o puoi fare come dici tu, non ti posso costringere a fare niente... ma almeno potresti starmi a sentire, no? Se poi hai un'idea migliore nulla da dire, però prima di prendermi in giro fammi parlare.-

Ben, sconfitto dalla sua logica, tacque e incrociò le braccia, sistemandosi meglio sul sedile per guardarlo bene.

- Allora...- disse Jessie - Intanto, la prima cosa da sapere sulle situazioni come la nostra è che gli zombie non sono più come noi. Non sono più forti o più intelligenti di noi, anzi... sono guidati solo dall'istinto e dalla fame. Tuttavia, non sono avversari da poco.-

- Cos'hanno più di noi?-

- Resistenza.- rispose Jessie - Noi ci stanchiamo, dobbiamo mangiare e dormire, abbiamo bisogni fisiologici ed emozioni... loro no. Hanno solo fame. Non si fermano mai, non riposano, non dormono, non rallentano... possono percorrere chilometri in cerca di cibo. Inoltre, si moltiplicano molto in fretta.-

- Cosa vuoi dire, che figliano come i conigli?-

- No, sono morti. Non possono scopare e fare figli.- sbuffò Jessie - Il problema è quando mordono: non fa solo un male cane, ti avvelena.-

- Questi cosi sono pure velenosi?- sbottò Ben.

- Beh, forse ho usato il termine sbagliato... semmai, sono contagiosi.- si corresse - Vedi... la loro è una malattia. Qualsiasi cosa li abbia infettati, ha reso i loro fluidi corporei estremamente pericolosi. Se il tuo sangue entra in contatto con il loro, o con la loro saliva, sei fottuto.-

- Quindi un morso e diventi uno di loro?- chiese l'altro - È per questo che me l'hai chiesto, prima?-

- Già. Una persona infetta è come una bomba a orologeria.- spiegò Jessie, serio - In ogni versione delle storie di zombie con cui ho avuto a che fare il tempo di incubazione è diverso, anche se in media variava da un'ora a un giorno. Terminato questo periodo il malato muore e poi torna in vita, e allora sono cazzi.-

Ben sbuffò, frugandosi nelle tasche.

- Maledizione...-

- Cosa?-

- Ho perso le sigarette, accidenti...-

- Regola numero due...- ridacchiò Jessie - ... sigarette, caffè e cose del genere sono appena diventati beni di lusso. Tranquillo, alla prima sosta ne cercheremo un po'.-

Il Transit non aveva il serbatoio completamente pieno quando erano partiti, ma il carburante avrebbe dovuto essere sufficiente a compiere ancora un tratto del viaggio, salvo ulteriori deviazioni impreviste. Per tutto il tempo Jessie condivise con Ben tutto quello che sapeva sugli zombie e sul modo migliore per sopravvivere in loro presenza.

Tanto per cominciare, con la malattia diffusa fino alla Casa Bianca, aspettare una mossa dell'esercito sarebbe stato poco saggio e, probabilmente, inutile: se persino il Presidente era stato infettato, c'erano poche possibilità che le forze armate o la guardia nazionale si facessero vedere. Inoltre, la "teoria della fortezza" era buona solo in caso si disponesse di fonti di cibo e acqua sicure e a portata di mano, e anche in quel caso c'era sempre il rischio di ritrovarsi intrappolati in una gabbia dorata che, al minimo cedimento, poteva trasformarsi in una tomba senza uscita. Di conseguenza, andava adottato come metodo di sopravvivenza solo con cura e attenzione.

In secondo luogo, bisognava evitare di attirare troppo l'attenzione: gli zombie erano attratti dai rumori, e se sospettavano di essere vicini a degli esseri umani apparecchiavano subito la tavola. Ergo, andavano affrontati solo in caso di necessità, e il più silenziosamente possibile.

La scelta dell'arma era fondamentale, in quei casi: sparare era rumoroso, e anche nel caso di un'arma capace di colpire senza fare troppo rumore (tipo un arco, una balestra o un'arma da fuoco silenziata) bisognava essere dei tiratori eccellenti anche solo per colpire un bersaglio fermo, figurarsi uno in movimento: gli zombie erano immuni ai danni che non interessavano il cervello, e solo un esteso trauma cerebrale poteva finirli.

Jessie, personalmente, non aveva mai sparato in vita sua: quando era più piccolo aveva frequentato persone poco raccomandabili, a causa della sua infanzia travagliata, ma aveva avuto in mano al massimo un coltello o qualche taglierino, e comunque la vicinanza di Maddie e dei suoi genitori lo aveva aiutato a tenersi fuori dai guai. Le sue esperienze con armi da fuoco si limitavano ai fucili ad aria compressa con cui aveva giocato con alcuni amici al liceo.

Le armi migliori, per lui, erano quelle contundenti, e in generale quella che avrebbe preferito usare era il piede di porco: duro, resistente, utile anche per forzare serrature in caso di bisogno e lungo abbastanza da permettere bei colpi anche senza doverci mettere troppa forza. Inoltre, avendone trovati in titanio, erano anche leggeri e maneggevoli, molto più dei loro parenti in ferro.

- E cosa mi dici di quelle da taglio?- chiese Ben - Hai detto di aver preso anche qualche pennato in sede.-

- Sì, ma se devi usarle per rompere la testa di uno zombie allora tanto vale usare una mazza. Tagliargli le braccia può impedirgli di afferrarti, ma è dura farcela in un solo colpo... e la decapitazione, poi, è ancora più complicata, parliamo di bersagli in movimento. Capisci, secondo me è meglio fracassare il cranio e non pensarci più.-

- Le ossa della testa sono le più dure del corpo umano.- osservò il collega - Non sarà facile.-

- Beh, le tempie sono fragili. Io ho ucciso uno zombie con un colpo del mazzuolo.-

Ben aggrottò la fronte.

- Cosa? Quando?-

- Stamani. Anche io sono andato a sbattere, e uno zombie mi ha aggredito. O meglio, un'auto mi ha speronato...- si corresse - Comunque, dovremo stare molto attenti anche agli altri sopravvissuti.-

- Non devi dirmelo, amico.- disse Ben, facendo una risatina amara - So cosa può fare una persona quando è disperata. Sono stato dentro per un po', sai?-

- Me l'hai detto, sì.- ammise Jessie - Non che mi sia mai importato.-

- E per questo mi sei simpatico.- ammise il collega - Le persone possono essere pericolose. Una pistola ci farebbe comodo, perché non è detto che gli altri la pensino come te in materia di rumore e di problemi di mira.-

- Sì, a questo proposito... sarebbe meglio evitare di uccidere, se possibile.-

- Senti, capisco che puoi avere qualche scrupolo, ma se è per difenderci...-

- No, non è questo che intendo.- chiarì Jessie - C'è un'altra cosa che non ti ho ancora detto sugli zombie.-

- Ovvero?-

- Ovvero, non ho idea di come sia scoppiata questa epidemia particolare.- spiegò - Libri, film e videogiochi la attribuiscono sempre a una causa diversa. A volte è una malattia preesistente che è mutata, altre volte è un virus creato in laboratorio e sfuggito al controllo, o addirittura un evento magico di uno stregone pazzo... in altri casi, però, non si ha idea di come sia avvenuto il primo contagio, come abbia fatto ad ammalarsi il paziente zero. E questo è il nostro caso.-

- Cioè alla radio non hanno detto niente?-

- Stavano avanzando delle ipotesi, ma penso che fosse solo per cercare di calmare un po' chi ascoltava. E io ero in ansia per Madison, quindi non ho fatto granché attenzione.-

- Ma questo cosa c'entra con l'uccidere le persone?-

- C'entra, perché è possibile che siamo già infetti.- spiegò Jessie - Esiste la possibilità che la malattia sia latente nelle persone fino a quando non muoiono, e che si scateni quando le funzioni vitali cessano. Quindi, se proprio dobbiamo uccidere per difenderci, penso sia meglio colpire alla testa.-

Ben annuì, appoggiandosi allo sportello con aria pensierosa.

- Sai, non ti facevo così, Green Valley.- ammise.

- Così come?-

- Così.- ripeté il collega - Ti ho già visto prendere il comando in cantiere, ma non credevo che sapessi farlo anche in questi casi.-

Jessie si lasciò scappare una risatina nervosa.

- Sì, beh... nemmeno io.-

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