Venerdì 3 maggio 2002

All'inizio di maggio era tutto pronto, dodici tracce di demo, di cui le ultime cinque da portare all'etichetta. Ovviamente non era la mia massima aspirazione ma a livello di basi era un lavoro più che buono, riecheggiava un funk non gangsta ma piacevole, che ricordava vagamente quei film tipo Milano violenta.

Un motivo per cui gli ultimi cinque pezzi volevo consegnarli di persona era molto semplice: ci sarebbe stato da discutere. I contenuti si contraddicevano nei pezzi dove c'erano i featuring di Zarco, e ammetto che alcune cose le avevo riscritte per evitare di sentirmi dire che a quelle condizioni non si poteva collaborare.

Tutto l'universo che riguardava l'esplicitare il sesso e la violenza era stato diluito. Zarco aveva questa cazzo di fissa che le ragazze non si devono toccare nemmeno con un fiore e che per ogni uso di "pompino" bisognava dire almeno due volte qualcosa tipo "carezze" o "amore" o, mio dio, "per sempre".

Ovviamente se fosse stato per me avrei tenuto le sette tracce ed avrei detto"ecco un demo ridotto", ma Masta aveva sempre detto e ribadito che:

«Siamo una crew, la crew lavora insieme, abbiamo beat e parole.»

Questo, sin dall'inizio, era stato il suo limite: non vedere le sue qualità al di fuori di quel buco del culo in cui si era messo nell'affiliarsi a quella specie di crew. Quando era stato chiaro che il lavoro che avevamo fatto era a due velocità, avevo visto Masta una mattina con la scusa di un consiglio.

«Masta, quello che ti dico qui, lo dico principalmente per te. Sei un beatmaker che per me spacca.»

Mi aveva guardato senza fiatare, come a dire "ok, devi dire altro?".

«Tutto il lavoro che hai fatto, fin dal primo beat mi è andato addosso in maniera fantastica, sei un sarto. Il problema è il resto.»

Ancora silenzio. Non capivo come pensava di poter interagire se nemmeno dopo quello che avevo detto, si era degnato di rispondere qualcosa.

«Hai sentito i pezzi finiti, immagino» avevo continuato a imbeccarlo.

Aveva annuito.

«Hai sentito come va il rappato dentro? Parlo di tecnica, parlo solo di quella, ora.»

Aveva annuito.

«Ok, e che ne pensi?»

«È ok.»

«Masta, non è ok, e lo sai anche tu.»

«Non rappo, faccio basi, non chiedere.»

Sei parole, un successone: lo stavo trasformando nel nuovo Eminem.

«Questi pezzi vanno a tre cilindri, e lo sai. Abbiamo sempre parlato di collaborazione con la crew, ma non sta andando. Qui c'è uno che fa basi della madonna e uno che rappa con uno stile di sette anni fa. Non può funzionare.»

Era tornato il silenzio ma io non avevo mollato con la mia tirata rabbiosa.

«Te lo voglio dire proprio fuori dai denti. Le parole funzioneranno anche su altri beat, ma tu dovresti avere un po' di amor proprio e dire "cazzo, questi sono i miei beat, voglio che la gente lo sappia!". Hai trovato un buon cavallo per far correre le tue basi, cazzo, non mangiarti la possibilità.»

«Siamo una crew, la collaborazione per noi è beat e parole.»

«Vuol dire che nonostante lo veda chiunque che c'è un abisso tra beat e parole, tu privilegi un accordo del cazzo e mandi a male tutto il lavoro tuo

«Lo diranno quelli dell'etichetta.»

«Vuoi che te lo dicano in faccia? Insomma, non ci credi se te lo dico io?»

«Lo diranno loro» aveva ribadito.

Masta non ragionava, e mi dava sui nervi. Man mano che erano state pronte le tracce più sicure, le avevo spedite in etichetta e i riscontri erano stati molto positivi, tanto che avevano già parlato di anticipare il disco con un singolo ma ovviamente volevano vedere tutto il materiale a quel punto.


In macchina per Milano non era stata poi tutta 'sta baldoria, Masta era una statua, Zarco era nervoso, e io sapevo già cosa ci avrebbero detto.

Nei giorni precedenti mi ero deciso a spedire il resto del demo su all'etichetta e la risposta era stata una telefonata del tizio.

«È uno scherzo, vero?» mi aveva detto con un tono che lo avevo immaginato digrignare i denti.

«No, purtroppo no.»

«Le ultime tracce hanno il beat, il resto è pessimo

«I beat sono legati alle parole, se non metto quei testi non ho quei beat» avevo provato a giustificarmi.

«Allora troviamo un beatmaker migliore di quello.»

«Vorrei a tutti i costi tenere lui: mi ci trovo, ho bisogno di convincerlo.»

«Convincilo.»

«Non basto io.»

«Devo farlo io al tuo posto?» aveva ringhiato «Non siamo all'asilo, siamo una etichetta discografica: il nostro obbiettivo è produrre musica, farti guadagnare e guadagnare noi, non dirimere faide di crew di campagna, chiaro?»

«Vi chiedo solo una cosa, se possibile.»

«Cosa?»

«Dire davanti a loro la vostra posizione, sui beat e sulle parole. Detto da uno del settore si convinceranno.»

«Ti credevo più maturo nel gestire queste cose, le crew e queste stronzate sono cose anni novanta. Ti faccio questa gentilezza solo ed esclusivamente perchè i primi pezzi spaccavano, e se la collaborazione con tuo beatmaker é sempre a quei livelli, otterremo tanto. E otterrete tanto.»

Così quando eravamo entrati nel piccolo ufficio dell'etichetta discografica, lui era già lì in piedi con il pc acceso collegato con le casse.

Dopo i convenevoli, molto freddi, aveva fatto partire il vecchio pezzo da party, Loco Club, poi uno di quelli in cui rappava anche Zarco. Osservava i nostri volti, cercando di scorgere quello che si aspettava: che quel mix era totalmente indigesto.

«Seriamente dopo un pezzo come Loco Club, come evoluzione di un sound, intendete presentare questo?»aveva chiesto, col volto a dir poco indignato.

Io avevo assunto la faccia delusa, gli altri due non sapevano bene cosa rispondere: se parlare come crew, e cosa dire. Così lui aveva continuato a massacrarci, bravissimo in quella parte.

«Sui beat nulla da dire, anche se possono essere limati, ma la metà dei pezzi è, per essere gentili, pesantissima. Completamente fuori dal contesto degli altri. Sei tu che fai i feat?» si era rivolto a Zarco, inchiodandolo con un'unica occhiata.

Il grande capo della crew aveva perso il suo smalto da oratore della tradizione hip hop del cazzo. Godevo nel vederlo a fatica dire "sì".

«Primo, rappi come nel '92; secondo, ma che pesantezza, cristo santo! Pensate veramente, nel 2002, di fare successo dando addosso ai politici che sono responsabili del degrado urbano? Sei serio, ragazzino?»

Destro, sinistro, montante.

«Non snaturo quello che dico per andare incontro ad un fantomatico pubblico, ci capiranno.»

«Ma quando?! Nessuno vi capirà perché questo tipo di rap d'emergenza ha dato a metà anni '90, ora è solo un revival senza minima possibilità, altrimenti quei quattro scappati di casa che ancora lo fanno, meglio di così, sarebbero ancora in classifica. Il pubblico può capirvi solo se voi vi fate ascoltare e con questo stile, anzi, con lo stile di questi feat nello specifico, questo è assolutamente im-pos-si-bi-le

«Quindi non pubblicheremo?» aveva chiesto Zarco, che finalmente si era tradito dimostrando che la parte commerciale lo interessava eccome.

«Diversi pezzi possono essere pubblicati, i beat sono buoni, il resto è da rifare, totalmente. In caso contrario noi queste cose non le possiamo produrre, nella maniera più categorica.»

L'aria tesa dell'andata, aveva lasciato posto a quella delusa del ritorno. Zarco aveva perso tempo a parlare di come l'industria discografica ci volesse trasformare tutti in scimmiette commerciali. Avevo sopportato un po' e poi avevo parlato chiaro.

«Ma l'hai ascoltato bene? Ha parlato di tecnica! Di come rappi, che è la cosa che permette di creare il canale di comunicazione. Se manca quella puoi essere anche il più conscious dell'universo che non gliene frega un cazzo a nessuno.»

«Sei tu che non l'hai ascoltato bene. Ha parlato di contenuti, di rap d'emergenza, di non parlare della politica, ma come cazzo si può pensare che la musica hip hop non parli di politica? È come se dicessimo a un gatto "mi dispiace ma te da oggi non puoi più miagolare".»

«Proprio perché non stai più parlando di un cazzo di gatto!» aveva quasi urlato il tizio, sbattendo con forza il pugno sulla scrivania. «Il rap non è più solo veicolo dell'hip hop, il rap va da solo! Se mettessi il naso fuori da quel buco del culo di paese dove abiti, vedresti che è pieno di ragazzi e ragazzini che se ne fottono beatamente di Afrika, di Kool Herc, delle cazzo di posse e di tutte 'ste stronzate, e rappano. Rappano quel minchia che gli viene in testa e basta, ed è quello che conta, ed è quello che ti devi mettere in testa, cazzo!»

Il discorso era brutalmente finito così, il resto del viaggio era passato in un silenzio irreale. Probabilmente non avevo risolto nulla per il futuro, anzi avevo compromesso la speranza di farli ragionare, ma non me ne fregava nulla, dovevo dire come stavano le cose.

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