Capitolo 3
L'aria che si poteva respirare all'interno della sala riunioni del club di calcio era un misto di agitazione, paura e anche un po' di eccitazione. Persino gli adulti avevano espressioni confuse, tutti tranne il vecchio trio e il giovane Lucian Dark, i quali bisbigliavano tra loro sul fondo della sala. In cuor mio, mi domandavo cosa potessero sapere a differenza nostra. Guardai l'orologio, segnava le 18 in punto e quello significava che erano già passati ben trenta minuti dall'arrivo di quel preoccupante messaggio. Chissà dov'era finito. In ogni caso, speravo non avesse intensione di impiegarci ancora molto. Dal mio posto riuscivo a scorgere i ragazzi e nemmeno loro apparivano più molto sereni. Il clic, che segnava l'apertura delle porte automatiche, fece sussultare tutti. Riccardo Di Rigo, seguito dal fedele Gabriel Garcia e da Mister Travis, entrò a passo svelto, senza degnare nessuno del minimo sguardo, e si posizionò sul pulpito. Il più anziano dei due gli si affiancò, mentre l'altro si accomodò alla scrivania, aprendo il portatile.
«Direi di saltare i convenevoli e passare alla questione che ci ha costretti a convocarvi qui, se siete d'accordo.- Un gesto che lo invitava ad affrettarsi arrivò subito in risposta da parte del signor Stonewall, il quale sembrava aver già dato fondo a tutta la pazienza che aveva a disposizione. Annuendo, l'ex capitano chiese all'amico di incominciare la proiezione. -Come penso molti di voi sappiano, eravamo convinti che l'organizzazione Titans fosse di tipo locale e una volta sconfitta il problema sarebbe cessato, solo che la questione in realtà è ben diversa. Grazie ad alcune informazioni che Axel Blaze è riuscito a reperire tramite la sua ex moglie, abbiamo scoperto che essa è solo una minuscola branca di un'associazione molto più grande, la Ctoni, che si muove a livello globale. Ha diverse sedi sparse per il mondo, alcune delle quali sono ancora incognite per noi. Per il momento la prima accertata e quella che si trova a Seoul in Corea del Sud.» Mi passai una mano tra i capelli tirando un lungo sospiro. Eravamo di nuovo al punto di partenza. Possibile che non riuscissimo a riportare un po' di quiete? La corsa del criceto che avevo in testa venne interrotta da Derek, che aveva alzato la mano. Ero curiosa di sapere cosa gli fosse venuto in mente, lui non interveniva mai se poteva evitarlo.
«I loro obiettivi sono sempre gli stessi? Controllo del mondo attraverso il calcio ecc...»
«Esatto. Il calcio per loro è un'arma per la conquista del potere, nulla di più.» Un lieve brusio si levò nella stanza, soprattutto tra i genitori che non erano abituati ai costanti problemi con il nostro sport. Gli altri, volenti o nolenti, avevano imparato a farci quasi l'abitudine. A riportare il silenzio, sarebbe stata una persona che conoscevo molto bene, dolce, gentile, abituata a rivolgersi ai bambini.
«Scusate, giusto per avere un quadro completo della situazione, cosa state chiedendo a noi e soprattutto ai ragazzi?» Zia Alyxia aveva posto una domanda da un milione di dollari, a cui però temevo di avere già una risposta.
«Vorremmo che i giocatori della Raimon partissero per un viaggio intorno al mondo per affrontare una per una le loro squadre, fino a far scomparire una volta per tutte questa nuova minaccia. A voi, quindi, chiediamo il consenso di lasciarli partire.»
«Vorrei assicurarvi però che coloro ci sarà anche qualcuno che si occuperà della loro istruzione, così che non abbiano problemi con la scuola. Li farà studiare e seguire alla lettera i programmi forniti dall'istituto.» Intervenne Travis, stoppando per un istante il discorso dell'altro.
«Nelle cartelline che vi daremo troverete spiegata ogni cosa e anche quello che i ragazzi dovranno portare con loro, almeno potrete decidere con i dati sottomano.» Caleb, ignorando il Virtuoso, si rivolse direttamente al suocero.
«Quanto tempo abbiamo per decidere?»
«Fino a stasera a mezzanotte, alle dieci di domani l'aereo partirà.» Davvero il tempo a nostra disposizione era talmente poco? Non potevano dircelo prima? Non ero stata l'unica ad averlo pensato, si leggeva nell'espressione di molti. Prese allora papà la parola:
«Sfortunatamente la comunicazione è stata tardiva poiché la prima meta è stata scoperta solo oggi e anche a me l'informazione è giunta solo con qualche minuto di anticipo rispetto a voi.- Raggiunse i due in piedi, prendendo il centro. -Credo sia importante mettervi al corrente del fatto che non sarò io l'allenatore della squadra in questo viaggio.»
«COME!- Scattai in piedi per prima, seguita dagli altri. -Per quale motivo?» Lui ci rivolse un sorriso dolce e comprensivo.
«Mi piacerebbe davvero tanto accompagnarvi, ma non posso lasciare sola mia moglie con due gemelli appena nati. Vi assicuro, ad ogni modo, che il nuovo allenatore è incredibile e ha stoffa da vendere, siete in ottime mani.» Mi lasciai cadere sulla sedia piena di dubbi. Saremmo davvero stati in ottime man?
Un insolito gruppo si riunì a casa nostra dopo la fine della riunione, arrivando ad occupare tutti i posti a sedere disponibili nel soggiorno. Riflettendoci, era passato diverso tempo dall'ultima volta che avevo assistito ad una scena del genere. Il lavoro, i nuovi figli e divorzio, che da settimane riempivano le copertine dei giornali, non lasciavano molto tempo per le rimpatriate o anche solo per una serata di svago. Zio Axel entrò nella stanza rimettendosi il cellulare in tasca, per poi accomodarsi nell'unica postazione rimasta libera accanto al figlio.
«Bene, ho avvertito Prometeo che avremmo tardato. Altrimenti conoscendolo non avrebbe cenato per aspettarci.» L'ex portiere si sporse in avanti e allegro si apprestò a commentare l'informazione.
«Oramai si è proprio integrato, sembra che le cose abbiano incominciato a funzionare.»
«Con qualche intoppo iniziale, però sì.» Un finto colpo di tosse del capofamiglia degli Sharp attirò l'attenzione dei presenti.
«Mi spiace interrompere il quadretto, ma avremmo una questione più urgente del gossip sulle rispettive vite.» La mamma annuì assecondandolo.
«Jude ha ragione. Facciamo partire i ragazzi, oppure no?» L'atmosfera si congelò e nessuno proferì una parola per alcuni minuti. Ma solo la mia testa stava elaborando informazioni in modo così veloce da farle sovrapporre le une con le altre? Avevo un caos enorme in mente. Quell'assordante, quanto irritante, silenzio venne rotto dall'ex attaccante.
«Per me va bene, se Ethan vuole andare può farlo. In fondo noi alla loro età non avevamo fatto lo stesso? Abbiamo girato il paese in lungo e in largo sul pulmino.»
«Questo è vero, siamo stati via per quasi due mesi e la signorina Schiller ci controllava persino mentre respiravamo.» Mio padre le diede subito corda mettendosi le mani tra i capelli.
«Se non contiamo gli esami finali, è stata la volta in cui ho studiato di più in tutta la mia vita. Ho mal di testa solo a ripensarci.» Zio sembrò riflettere un attimo.
«Se sui documenti che ci hanno dato è confermato che la loro educazione non verrà trascurata, Sirius per me può andare.» I miei annuirono in risposta, dando anche loro l'assenso. C'era solo un minuscolo problema, intorno a noi era come se si fosse levata una nuvola scura. Non perché non volessimo partire, certo che volevamo, ci dava fastidio solo non essere stati inclusi nella conversazione. L'unico che dava l'impressione di esserselo ricordato per un secondo era il padre del biondo, però anche lui poi si era lasciato trasportare dal resto della conversazione. Solo una persona parve rendersi conto della situazione che si era creata, il medico del gruppo.
«Non vorrei interrompere, ma gradirei conoscere le opinioni dei diretti interessati prima di dire altro. Sono loro a dover prendere un aereo per fare il giro del mondo, non di certo noi.» Si girarono nella nostra direzione, mentre nei nostri pressi era finalmente spuntato il sole. Eth si espose per primo, dando un'opinione priva di possibili fraintendimenti.
«Io ci sto, credo mi faccia anche bene staccare un po' dalla routine quotidiana dopo gli ultimi eventi con Luna. Sir?»
«Cambiare aria per un po' non mi dispiacerebbe. Chissà magari finiamo anche negli Stati Uniti e vado a trovare i nonni.» Alyxia trattenne una risata divertita. Dovevo confessare che ero curiosa di vedere Sirius nel profondo Texas con gli animali e tutto il resto, non me lo sarei persa per nulla al mondo.
«Ella?» Mamma riportò l'attenzione su di me, ero l'unica a non aver ancora detto nemmeno una parola. Sospirai, iniziando a rigirarmi una ciocca tra le dita.
«Una parte di me accetterebbe senza pensarci, sia per difendere il calcio che vedere nuovi paesi e culture.»
«E l'altra invece?»
«L'altra mi dice che non dovrei lasciarvi soli ad occuparvi dei gemelli, insomma potrei aiutarvi. Sono due tesori, ma altrettanto stancanti. Forse è meglio se rimango qui a darvi una mano.» Sembrarono tutti stupiti della mia risposta, non so se perché ritenuta troppo matura o perché l'idea generale era che il mio cervello andasse a palloni da calcio come quello di papà. Lui si alzò in piedi, accovacciandosi poi vicino a me, mentre la donna, più vicina, allungò la mano nella mia direzione.
«Tesoro non devi preoccuparti, noi ce la caveremo. Devi solo pensare a vivere quest'esperienza emozionante, difendere il calcio e soprattutto goderti la tua età.» Avevo l'impressione che avesse sottolineato di proposito la parte finale della frase.
«Siete sicuri?» L'uomo mi rivolse un sorriso a trentadue denti.
«Vai tranquilla, qui ci penso io a tenere tutti d'occhio e questo vale anche per voi tre.» Indicò gli amici serio. Axel non si fece scappare l'occasione per replicare divertito e portando l'ilarità generale.
«Allora siamo freschi!»
L'Aeroporto Internazionale di Tokyo-Haneda era stracolmo di gente quella mattina, chi per lavoro, chi per un'agognata vacanza, correvano tutti in giro con le loro valigie di piccole e grandi dimensioni. Noi non facevamo eccezione, trovare il meeting point era stata una vera impresa e alla fine avevamo percorso in lungo e in largo la struttura. A nostra disposizione per il viaggio avevamo, come bagaglio, solo un trolley e la borsa da calcio. Il trio dei manager avrebbe avuto un gran da fare con le lavatrici, quello era poco ma sicuro. La nostra caccia al tesoro si concluse al di sotto del tabellone delle partenze. Rimasi sorpresa nel vedere che nessuno mancava all'appello, quello significava che saremmo partiti tutti insieme, almeno così credevo in un primo momento. Mi sistemai accanto a Shiny e al duo dell'apocalisse appena in tempo, neanche un secondo dopo il viceallenatore Dark incominciò un discorso per fare il punto della situazione.
«Per sicurezza, iniziamo con un appello di chi ieri sera ha comunicato la sua disponibilità. Per la parte di sostegno: Fabian Grim, Lea King, Shiny Castle.- I tre segnalarono la loro presenza, in modi diversi ma a quanto pareva efficaci, infatti l'uomo scrisse qualcosa sul tablet. -Bene, passiamo ai giocatori. Dei quattordici della Raimon, solo in dieci hanno risposto affermativamente alla chiamata. Rimarranno infatti in Giappone Naomi e Azariel, mentre Sierra e James devono tornare negli Stati Uniti per l'inizio del ritiro della giovanile.» Un brusio si levò in fretta. Potevamo capire i gemelli, ma perché gli altri?
«Capitano!- Il ragazzo si avvicinò a me con un sorriso amareggiato sulle labbra. -A causa del lavoro di mia madre e quello di mio nonno a livello istituzionale non posso assentarmi dal paese per troppo tempo, se non per ragioni facilmente spiegabili alla stampa.- Si inchinò in segno di rispetto. -Sono mortificato.» Gli misi una mano sulla spalla per confortarlo.
«Tranquillo. Tu e Naomi siete quello che rimane della prima squadra a scuola, mi raccomando, vi affido il club.» Scoprii solo in seguito le motivazioni che avevano portato la rossa a non venire con noi e non mi sentivo di prendermela per esse. Il padre, Claude, voleva averla vicina, poiché preoccupato che potesse succedere qualcosa anche a lei. Aveva infatti perso la moglie in un incendio anni prima e la figlia era tutto quello che gli restava.
«Procediamo: Gabriella Evans!»
«Presente!»
«Morgan Swift!»
«Eccomi!»
«Aiden Froste, Genesis Stonewall, Emma Bianchi, Alexander Love!»
«Qui!»
«Sirius Sharp, Ethan Blaze!»
«Sì!»
«Melany Schiller, Derek Samford!»
«Pronti a partire!»
«Undicesimo componente, in prestito da un altro team... Orlando D'Este!»
«Felice di essere con voi.» Ci voltammo di scatto nella sua direzione, da quanto tempo si trovava lì? Possibile che nessuno si fosse accorto della sua presenza. Vidi il nostro regista sbiancare all'istante, come se un fantasma gli fosse appena apparso davanti.
«Eh? Una spiegazione?»
«Quando ieri abbiamo scoperto che sareste rimasti in sotto numero, abbiamo pensato di chiedere all'allenatore Sharp se potesse "prestarci" uno dei suoi ragazzi e lui è stato così gentile da contattare Orlando.» Lo raggiunsi allegra. Lo ritenevo sia una brava persona che un ottimo giocatore ed ero contenta che venisse con noi. Al contrario il mio fidanzato sembrava di tutt'altro avviso e lanciava occhiatacce al padre di spalle.
«Benvenuto a bordo, spero questa si riveli una bella esperienza!» A sua volta mi rivolse uno sguardo gentile.
«Grazie, lo spero anch'io!» Il mister richiamò l'attenzione su di sé per quella che dava l'impressione di essere una comunicazione importante.
«È arrivato il momento che vi presenti il nuovo allenatore, è sudcoreano, Ji Ah Kan.»
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