Le battute e il sassy
CAPITOLO 1 parte 2:
«Calà del sasso?? Ma col buio? È pericoloso... E poi non posso uscire di casa alla notte».
«Certo che puoi se nessuno lo sa».
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«Ed hai smesso di seguire il mistero?», gli chiesi.
«Uh, se ce ne sono di misteri! Dalla perdita di capelli... Alle etichette nei posti sbagliati... l'hai vista quest'etichetta?», e si indicò sotto la nuca. «Sembrerebbe una maglietta storta e invece non lo è. È un mistero, vedi?», e rise, da solo. «Poi ci sono le donne... poi i calzetti, ma questo c'entra con la lavatrice, tu non lavi ancora niente, vero?».
Lo guardavo, silente. «Che cosa? No... io intendevo di più i...».
«Il mostro dell'armadio», m'interruppe facendo poi una pausa incredibilmente lunga. «Era solo un maglione nell'armadio. Che tu lo abbia mai avuto o no... prendila metaforicamente».
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CAPITOLO 2
«Sei forte!», esultò un bambino. «Puoi entrare nella nostra quadra! Noi siamo quelli che vincono!».
«E quello lì biondo non lo fate giocare?».
«Lui non può giocare, non sa tirare! Ci farebbe perdere!».
Guardai la chioma bionda allontanarsi dalla piazza e dissi al presuntuoso: «Siete dei perdenti... Calci come una bambina!».
«Io sono più forte! Vuoi sfidarmi?», s'intromise quello che sembrava suo gemello.
«La mia vittoria su di te non vale una pallina!», risposi.
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CAPITOLO 4
«Non lo so ma... ci vedi bene? Cioè, sei andato dall'oculista?».
«Sì».
«Che diceva?».
«Niente», risposi. «Vedo bene. Normale. Begli occhi. Sono molto chiari e dovrei usare delle lenti polarizzate».
Rise ammirando i miei occhi azzurri, quasi bianchi, contrastanti coi miei capelli scuri. «Sì, sono belli, sì». E attese ancora. «Ma vedi proprio bene? Non è che sei tipo ...».
Abbassai un sopracciglio attendendo.
«Ti stai trasformando in un rettile, Thomas? O dovrei dire ...».
Abbassai anche l'altro, aspettando.
«Thomasssssssssss», e ondeggiò come un serpente.
«Non so se ridere o andarmene», risposi. «Ma siccome vai avanti me ne andrò ridendo».
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CAPITOLO 5
Mi guardò incuriosito e misi in moto girando casualmente per il campo, come mi pareva. L'istruttore non era molto preoccupato, sapeva che io facevo bene, ma i bambini incominciarono un po' alla volta a seguirmi finché Alberto non se ne rimase coi più timidi fermo là. L'istruttore assieme al suo compagno impazzì e corse subito dietro ai bambini che continuavano a girare a caso, senza regole, mentre io me ne ero già tornato ad ammirare la scena con Alberto, me la risi. «Guardarli! Sembrano delle gallinelle».
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«Che verifica avevi oggi?», domandai un giorno ad Alberto, all'intervallo.
«Ah, mi interroga in matematica...».
«Hai studiato?».
«No! Sì... quasi!», e parve quasi iniziare a lamentarsi.
«Senti, se l'interrogazione saltasse?».
E sorrise al mio sguardo vispo, poi guardò l'accendino che gli mostrai e che nascosi nuovamente nelle mie tasche, «Vai a prendere un foglio in classe, faccio partire l'allarme».
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CAPITOLO...
«TM16TN147WGV16AV17PE18... sei dichiarato...», incominciò JB.
Gli lanciai una mia tipica occhiata e gli dissi: «Ma che hai da rompere? Non lo vedi che sono senza fiato?».
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