Capitolo 19
Per quanto io sia certa che la mente di un angelo sia superiore a quella di un mortale... a Michele non basta neanche più di un mese per ricordare dove abbia già sentito parlare del Circolo Rosa.
Giugno è arrivato, e lui ancora non si raccapezza su questo mistero!
«Mi dispiace, va bene?» ha detto una volta che me la sono presa con lui. «Ci sto provando! Sto facendo del mio meglio! Ma non ricordo! Guarda che non riesco a dormire da quanto ci penso!»
«Nonna ha detto che gli angeli non hanno bisogno di dormire!» ho ribattuto puntandogli un dito accusatorio contro, e alla sua prima risatina gli ho tirato un pugnetto al petto. «Stai zitto! Non prendermi in giro!»
Intanto mi sono ripresa dallo shock causato da Hira Bath, così come Nadia, e io e lei... credo che siamo diventate amiche. Ci punzecchiamo ancora, ma ogni volta scorgo nel suo sogghigno una sfumatura più affabile. Anch'io, d'altronde, sono più carina nei suoi confronti.
Nessuno rivolge ancora la parola a Marzia, a eccezione di Binah.
Non ho raccontato a Nadia quel che ho saputo da mia nonna, altrimenti mi chiederebbe come sia venuta a conoscenza di tali informazioni. Tuttavia dovrò pensare a un modo per metterla al corrente, dato che sta ancora torturando Marzia per farla cantare.
Non che mi dispiaccia per lei. A dire il vero, sono più preoccupata per Nadia, che ogni volta che tenta un agguato ha lo sguardo quasi dissennato, ossessionata dal saperne di più. Non posso biasimarla...
Frattanto la situazione economica di Liberio e di suo padre è migliorata moltissimo. Certo il mio amico ha dovuto rinunciare a molte cose, ha persino venduto alcuni dei suoi videogiochi preferiti, ma almeno sta prendendo la patente della moto. Tuttavia non è sicuro di potersi permettere il tanto bramato veicolo a due ruote.
Roberta invece non ha più incontrato la sua amica Grazia, e Michele e nonna Rosalba mi hanno confermato che Tommaso non ha più interagito con nessuno della sua vecchia gang di drogati.
In tribunale si è presentata tutta la mia classe, persino Marzia.
I miei compagni... i miei amici, hanno riconfermato le testimonianze. Benché false, Hira non poteva essersi accorto di chi fosse presente ad assistere e chi no, troppo impegnato a immobilizzarmi e poi a subire dei colpi di bottiglia. Così è stato dichiarato colpevole in breve tempo.
Abbiamo addirittura scoperto che Hira è stato vittima di un giro di droga da ragazzino.
Proprio come Claudio...
Lui non era presente al processo.
In queste ultime due settimane di scuola i professori ci stanno caricando di compiti, e c'è ancora da svolgere l'ultima verifica di scienze.
Io però non ho problemi a riguardo, perché i miei 10 sono proseguiti fino a ora, e credo di averne uno in tasca anche stavolta.
Pochi giorni prima del compito, Alberto mi si avvicina e dice: «Ho bisogno di chiederti un favore».
«Spara.»
Giunge le mani come in preghiera e fa una buffa espressione da cucciolo. Ultimamente è molto meno timido con me, siamo riusciti a diventare buoni amici. «Mi aiuteresti a scienze?»
Lo guardo in silenzio. Sto aspettando che scoppi a ridere per primo.
Lui però sta davvero attendendo una mia risposta...
Faccio un sorrisetto. «Sì, Alberto. Ma solo dopo che avrò aiutato Guo col cinese?»
«Dico sul serio, Irene. Vorrei... ehm... vorrei anch'io un 10. Ma non riesco a superare il 9 e mezzo!»
Simulo una tossetta per nascondere le risatine. «Stai scherzando?»
«Avrei più 9 che 10 in pagella, e non è mai successo prima d'ora. Ti prego, aiutami!»
Scoppio a ridere davvero quando, alle sue spalle, Roberta lo fissa nel desiderio strangolarlo. Non la biasimo, data la sua ultima insufficienza a scienze.
Alberto però mi guarda con un fare così adorante che non posso fare a meno di annuire. «Stai sereno, ti aiuterò.»
«Grazie, Ire! Allora oggi ci ritroviamo in Corso Italia? Studiamo in un bar?»
«Oggi sono allo zoo.»
«Oh, allora domani?»
«OK. Ma meglio di mattina.»
«No problem!»
Più in là, mi accorgo che Marzia ha le lacrime agli occhi.
Beh, mi dispiace... So che ha una cotta per Alberto, ma io non ho secondi fini con lui.
All'uscita di scuola, Nadia mi passa accanto sventolandomi la sigaretta sotto al naso. «Buona giornata, eh. Divertiti domani!» Scoppia in quella risata che ancora mi dà sui nervi, e si allontana agitando i fianchi, seguita dagli sbavanti Luca e Guo.
Io e Liberio salutiamo Roberta e ci avviammo nella direzione opposta per aspettare mio padre nel luogo prestabilito.
Mi accorgo che Liberio è cupo... come al solito, ultimamente...
«Libe, oggi non hai tanta voglia di lavorare?»
«Sì che ho voglia.»
«Allora che cos'hai?» domando, per l'ennesima volta. «Libe, questa storia sta andando avanti da troppo. Lo sai che a me puoi dire qualsiasi cosa! Credevo che tu e tuo padre steste meglio!»
«È così.»
«Allora cosa-succede?»
Liberio scuote la testa, risentito. «Non è importante...»
«Credevo che a me dicessi tutto» mormoro. La carta del senso di colpa ha sempre funzionato. «Sono o no la tua migliore amica?»
Lui non risponde.
Il che mi ferisce... « Liberio...»
«Senti, io...» comincia, prima di interrompersi, come fa sempre... Poi dice: «Credevo che domattina saresti venuta allo zoo».
Alzo gli occhi al cielo. «Ancora per Alberto? Ha bisogno di aiuto, e...»
«Macché! Tutte scuse!»
«Perché lui non ti piace?
«È troppo... perfetto...»
«Cosa? Ma che c'entra, Libe? Cos'è? Sei geloso? Mica posso essere soltanto amica tua, o sbaglio?»
«Non ho detto questo» brontola, seppur i suoi occhi vengano attraversati da un baluginio addolorato.
Prendo un lungo sospiro. «Libe, Alberto è mio amico, ma tu rimarrai sempre e comunque il mio migliore amico.»
«Sempre e comunque?» ripete, quasi dubiti delle mie parole.
«Non ti fidi di me? Ti conosco da sempre, perché dovrei abbandonarti ora?»
«È che...» Si porta una mano sugli occhi, e prende un sospiro tremante. È tutto rosso, sembra sul punto di piangere... «Non posso dirtelo adesso... Non posso. È stupido... Io sono uno stupido, un vigliacco...»
«Libe, ma di che parli? Mi stai seriamente preoccupando...»
Liberio abbassa la mano per incrociare il mio sguardo. Non sta piangendo, ma soffre... soffre tantissimo... « A te Alberto piace, no?»
Lo guardo allibita. «Come amico.»
«Eh?»
«Come amico. M‐mica come... M‐ma perché questa domanda?»
Adesso anche lui appare confuso. «Ire, a te Alberto non piace in quel senso?»
«No! Ma perché...» Oh...
È ovvio...
Che stupida... Che stupida che sono!
Io piaccio ad Alberto! Piaccio in quel senso! Ecco perché è così carino e impacciato con me negli ultimi tempi! Ecco perché Nadia ha mandato me a parlargli quando era sconvolto! Ecco perché ha inventato una scusa così debole per incontrarmi domani!
Io gli piaccio...
Però a me lui non piace in quel senso.! Non ricambio i suoi sentimenti!
Mi sento confusa... non ho mai provato questa sensazione. È bello piacere a qualcuno, ma non se significa doverlo far soffrire...
Perché sono tanto tarda di comprendonio?
«Ire?»
«No, Alberto non mi piace in quel senso...» rispondo a Liberio.
Come può piacermi Alberto? Chiudo gli occhi, provo a pensare a lui... ma non ci riesco. Perché non ci riesco?
Se mi piacesse, sarebbe molto più semplice, ma...
Non riesco a vederlo.
Apro gli occhi e mi giro a guardare Liberio. Poi distolgo ancora lo sguardo e... e vengo attratta di nuovo da lui.
Non riesco a pensare ad Alberto. La sola idea di stare con qualcuno non mi stuzzica per niente. Qualcuno che non sia...
Non lo so... Sono tanto confusa...
Tutto ciò che voglio è che Liberio non sia più arrabbiato con me, e che mi stringa e dica di volermi bene...
Mi appoggio al suo petto. Sento ogni mio poro sprizzare gioia nell'esatto momento in cui mi abbraccia.
Non voglio mai più staccarmi da lui.
Detesto quando è arrabbiato con me, ho sempre paura di perderlo...
Senza non so cosa farei. Una vita senza Liberio non è vita per me. Ogni volta che ho un pensiero sul futuro, mi vedo accanto a lui.
Ogni volta che... penso a qualcuno... Ogni volta che penso al mio uomo dei sogni, non ci riesco, perché... perché mi appare Liberio...
Mi scosto dal suo abbraccio. Ho paura che senta il mio cuore battere troppo forte.
Non voglio stare con Alberto, perché solo a prendere in considerazione l'idea mi viene in mente Liberio, e il terrore che si allontani da me.
Perché io... voglio lui...
Oh, cavolo!
Mi sono...
Il mio migliore amico, lui...
E lui ce l'ha con Alberto perché...
Un momento...
«Libe... Che cos'hai? Dimmelo, per favore...»
«Davvero non ti piace Alberto?»
«È la verità.»
Liberio mi guarda intensamente. Nessuno mi ha mai guardata in questo modo, neanche Alberto.
Nessuno lo ha mai fatto. Solo Liberio, con i suoi dolci occhi marroni.
«Che cos'hai?»
Liberio china un poco la testa. «Io voglio che tu sia ancora la mia migliore amica, ma tengo a te molto più che come... una migliore amica normale, Irene. Tu sei quella persona che è la metà di me.»
Sussultiamo entrambi quando il rumore di un clacson ci rintrona nelle orecchie.
Mio padre ha appena parcheggiato di fronte a noi, al suo fianco è seduto Guillelmo, entrambi già in divisa.
Liberio si affretta a salire in macchina, e io lo imito, muta come un pesce. Rispondo a mezza bocca alle domande di mio padre e di Guillelmo, mentre Liberio guarda da un'altra parte, le sue guance sono chiazzate di scarlatto.
*
«Sto facendo una stronzata, vero?» mormoro appena, camminando in Corso Italia giocando a schivare più gente possibile.
«Magari se usassi termini più raffinati...»
«Miche...»
Mio cugino torna serio e sospira. «Ire, ieri sera ne hai parlato con nonna. Perché hai ancora dei dubbi?»
«Sento di star prendendo in giro Alberto, e non è giusto... Ma se lo avessi chiamato... insomma, via cellulare sarebbe stato da codardi, no?»
«Effettivamente sei molto coraggiosa ad andare di persona, nonostante sai cosa ti aspetti.»
«Grazie...»
«Beh, ormai sei qui, no?»
«Già, oramai sono qui... Chi se lo sarebbe mai aspettato che una come me avrebbe friendzonato qualcuno?»
«Una come te?»mi fa il verso..«Ma ti senti quando parli? Sei proprio scemotta.»
A fine di Corso Italia, svolto a sinistra ed entro in un bar dove molti studenti universitari si fermano a studiare. Io e Alberto siamo gli unici liceali.
Lui mi sta aspettando al tavolo, con un cornetto e una tazza di caffè. Ha già preso un muffin al cioccolato per me... Lo mangio sempre a scuola, quando non mi vanno i panini, e lui ci ha fatto caso...
Mi accorgo che i suoi occhi grigi brillano mentre mi saluta: «Ciao, Ire. Come va?»
«Tutto bene, grazie» rispondo, cercando di assumere un tono naturale. In realtà la mia voce è troppo acuta, biascico, e credo di aver detto qualcosa di stupido senza ricordarlo...
Mi siedo sforzandomi di sorridergli mentre tira fuori i libri per studiare.
Cerco di guardarlo il meno possibile, e neanche riesco a mangiare il muffin, nonostante lui mi chieda in continuazione perché non mi vada. Alla fine sono costretta ad addentarlo. Cavolo se è buono... Almeno il cioccolato mi aiuta a sentirmi meglio.
Michele, seduto in mezzo a noi come un terzo in comodo, mi fissa in attesa.
Io però non ho alcuna intenzione di entrare nel discorso. Meglio far finta di niente.
Dopo un po' mio cugino si alza e si allontana per affacciarsi fuori dal bar. Ma che cosa fa? Ha bisogno di aria fresca? Io ho bisogno di lui!
Verso mezzogiorno, quando sono già un paio d'ore che stiamo studiando, decidiamo di smettere.
Mi affretto a rimettere tutto apposto, ma allora Alberto mi dice: «Ire, puoi aspettare un attimo?»
Sono costretta a guardarlo. Ha le guance tutte rosse, e sembra piuttosto in difficoltà.
«Scusa...» comincia. «In realtà lo studio era un escamotage per... per vederti...»
«Oh... » Mi fermo a fissarlo, anch'io tutta rossa e con la fronte imperlata di sudore, nonostante i condizionatori.
Alberto annuisce. «Sì, perché tu mi piaci, Irene» confessa alla fine. «È da un po', e speravo che... insomma...»
Vorrei chiedergli cosa gli piace di me. Perché, fra tutte le ragazze, proprio io lo incanto così tanto? Vorrei davvero conoscere la risposta, ma non posso certo lanciare domande così inopportune...
«Alberto...» chiudo la bocca di scatto. Ho una voglia irresistibile di piangere.
Quando chiudo gli occhi, l'immagine di Liberio mi esplode sulla retina. Chissà cosa starà pensando adesso. Sarà ancora arrabbiato con me? È da ieri che non ci parliamo...
Quando sollevo le palpebre, Alberto ha un'aria un po' amareggiata. «Non ricambi, vero?»
«Oh, mi dispiace...»
Sto per dirgli che lo trovo straordinario, perché dopotutto è quello che penso. Però ho paura che, dette ad alta voce adesso, appaiano come parole campate per aria...
«Non ti preoccupare» risponde lui, gentile. «Forse ci ho messo un po' troppo... Non sono mai stato sicuro, perché pensavo che ti piacesse Liberio. Immagino di averci azzeccato.»
«E‐eh?»
Alberto scuote la testa. «Ma lo capisco, non fa niente. Va tutto bene...»
«No, non va tutto bene...» Picchio il pugno sul tavolino, facendo tremare tazza e piattini, e mi sporgo in avanti a guardarlo male. «È tutta colpa tua! Tu che ti sei preso una sbandata per me! Fra tutte le ragazze che ci sono!»
Alberto sbatte gli occhi una decina di volte, chiaramente perplesso. «Ehm... non ti fa piacere?»
«No! La nostra amicizia è in pericolo!» E non solo questo! Se tutta la classe se la prendesse con me perché ho spezzato il cuore al nostro beniamino?
Lui scoppia in una risatina. «Beh, ammetto che mi sentirò un bel po' a disagio con te, e che non mi passerà in fretta... Ma non voglio perdere la tua amicizia.»
Ora tocca a me fissarlo sorpresa. «Ah no?»
«No! Ci mancherebbe! Tu mi piaci, e se non sei la mia ragazza, almeno voglio tenerti come amica! Lascia perdere la dignità, sono stronzate.»
«Tu sei così diverso da chiunque altro... Sei strano, insomma. E lo sono anch'io. Ma non sono la strana giusta per te, né tu sei lo strano giusto per me.»
Alberto si stringe nelle spalle scoppiando in una risata nervosa. «Probabilmente no. Ma non ti preoccupare, sul serio. Non sono arrabbiato con te.»
«Io sì, eccome se lo sono...» sibilo senza guardarlo. «Soprattutto perché mi hai fatto mangiare quel muffin.»
«Non ti è piaciuto?»
«Era fottutamente squisito! Almeno lasciami pagare la mia parte.»
Alberto alza le mani come in segno di resa. «Va bene... però calmati, per favore. Non so se ridere o avere paura.»
Inutile che faccia il finto tonto... Gli ho spezzato il cuore, lo sto facendo soffrire...
Finalmente ci alziamo, paghiamo, e usciamo.
Alberto, con le mani in tasca e la testa incassata tra le spalle, è ancora rossissimo.
Tiro un sospiro e mi metto di fronte a lui. «Alberto, mi dispiace. So che è inutile dirlo, ma mi dispiace davvero tanto...»
Lui ammicca amichevolmente. «Dai, Ire, lasciamo stare. Mi dispiace averti messa a disagio.»
«No... cioè, è giusto che tu me ne abbia parlato...»
«Mi dispiace aver impiastricciato un po' le cose tra te e Liberio. Insomma, ho visto che ultimamente mi guarda male, e immaginavo che fosse mio rivale in amore. Però non mi sembravate stare insieme...»
«Non stiamo insieme. In realtà, ho capito da poco che mi piace...» ammetto. È la prima persona a cui lo rivelo, a eccezione degli angeli.
«Spero che tra voi vada bene.»
«Grazie, Alberto.»
Lo sta dicendo sinceramente, non finge. Di solito riesco a riconoscere bene i bugiardi, e Alberto non lo è, è un ragazzo onesto e premuroso.
Sarebbe un fidanzato perfetto... ma non per me.
Ci scambiamo due baci sulle guance, poi ci salutiamo.
Una volta da sola con Michele, tiro un ennesimo, lungo sospiro. «È finita...»
«Vieni, Irene.»
Mi giro per vederlo indicare una stradina secondaria che porta verso un altro bar.
«Mi porti a festeggiare?» mugolo con amaro sarcasmo. «Dimmi un po', cosa bevete in Paradiso? Un po' di manna? Un nettare particolare? Posso assaggiarlo?»
Mi affretto a seguirlo. Sembra molto preso, e distratto dai miei problemi di cuore e dalle mie battute ironiche.
«Che succede?»
«Roberta è qui in Corso Italia, l'ho vista passare. Ricordi quando mi sono alzato? Walter mi ha detto dove possiamo trovarle.»
«Trovarle? In che senso?»
Non risponde, e io mi limito a seguirlo.
Mi fa cenno di fermarmi dietro l'angolo di un edificio, allora mi indica una zona bar all'aperto, sotto degli ombrelloni rosso scuro: laggiù, a uno dei tavolini in metallo, c'è Roberta. In sua compagnia si trova una ragazza che sembra più grande di noi: è meno formosa di lei, ma ha il viso carico di trucco come se avesse in programma di andare in discoteca – nonostante sia soltanto l'ora di pranzo – le labbra carnose sono altrettanto accentuate dal rossetto magenta. Indossa un top attillato che le tiene scoperto il piercing all'ombelico, una minigonna che a malapena nasconde le natiche, e sandali a schiava. I capelli sono raccolti in una coda di rasta color verde alga.
Sta fumando e chiacchiera animatamente con Roberta, entrambe scosse da sonore risate.
«Quella è Grazia» dice Michele.
A stento trattengo un singulto che potrebbe farmi scoprire. «Aveva detto che non l'avrebbe più rivista!»
Michele si allontana un poco e si ferma a parlare con qualcuno che, di certo, si tratta di Walter.
Quando torna, sembra un po' più tranquillo.
«Grazia non è accompagnata da un angelo?» chiedo.
«Suo nonno. Ma dice che Grazia non fa niente di sbagliato. In passato, ma ora non più.»
Oh, allora forse l'ho giudicata male...
Ciononostante, Roberta mi ha mentito.
Ma perché? Io sono la sua migliore amica! Questa Grazia arriva adesso e la fa uscire di testa! Come mai?
Michele mi tira un colpetto per richiamare la mia attenzione, così indica la risposta alle mie domande: Roberta e Grazia si sporgono l'una verso l'altra, si sorridono dolcemente, e si baciano. Si baciano davvero.
«Oh... Ecco perché è così invaghita...»
«Direi più infatuata.»
Alzo lo sguardo su di lui. «Dopotutto, suo nonno ha detto che Grazia è brava... no?»
Michele annuisce. «Proprio così.»
«Quindi è apposto... Dai, andiamo.»
Facciamo il giro per non farci vedere, allora, tornati sulla via principale, ci avviamo alla fermata degli autobus.
«Perché Roberta non me lo ha detto?»
Michele si stringe nelle spalle. «Forse ha paura che tu non l'accetti.»
«Ho accettato Tommaso, non avrò problemi ad accettare lei. Non ho nulla contro gli omosessuali, e lei lo sa.»
«No, io intendevo Grazia. Dopo ciò che avete detto su di lei, probabilmente teme che rivelandovi che sia più di un'amica, voi vi arrabbiereste.»
Ha ragione, ma cos'altro posso fare? Non posso dirle di averla vista, penserà che la stessi spiando...
Però, se il nonno di Grazia ha confermato che è tutto nella norma, non ho da preoccuparmi: Roberta può vederla quanto vuole, senza pericolo.
E poi, un giorno, mi dirà la verità.
*
«VADO!» urla Saul, seppur io non gli abbia gridato niente allo squillo del campanello. A un certo punto si affaccia in camera e mi guarda, spaesato. «Ehm... tutto bene?»
Annuisco. «Perché?»
«Beh, ha suonato il campanello, e... e tu non hai urlato...»
«Quindi?»
«Ehm, ti sei comportata da persona normale... e questo non è normale da parte tua...»
«È Liberio. Vado io.»
«Tutto bene tra voi due?» indaga curioso.
«Non lo so. Potrà andare meglio come potrà andare peggio.»
Faccio per uscire di camera, e mentre lo supero, lui dice: «Non farti prendere dal panico, va'».
Mi giro a guardarlo, scoprendolo a farmi un sorrisino tra il canzonatorio e il dolce.
Ricambio lo sguardo, poi mi avvio al piano di sotto.
Poso la mano sulla maniglia...
«Sii te stessa, Irene» dice nonna Rosalba, tutta emozionata e sorridente come io non riesco a essere. «Oh, vi lascio alla vostra privacy!» e torna su.
Forse è meglio... forse no...
Mia madre potrebbe rimanere a guardarci, approfittando del fatto che io non la veda... però che imbarazzo...
«Mamma, se sei qui, vattene, per favore. Senza offesa, ma mi vergogno.»
Apro la porta e mi ritrovo di fronte a Liberio, che entra e mormora: «Come va?»
«Male» rispondo brusca. «Non voglio avere mai più una mattinata come quella di oggi.»
«Perché?»
«Tu. Noi.»
Lo conduco nella salotto del piano terra e ci sediamo sul divano, l'uno di fianco all'altra.
Il mio cuore batte all'impazzata, mi sembra di star per svenire...
Ho paura... ho paura di sbagliare, ho paura di perderlo...
Accanto a me, Liberio sembra provare i miei stessi sentimenti. I suoi occhi guizzano rapidi a guardarmi prima di tornare a fissarsi i piedi.
Non si era mai comportato tanto timidamente con me.
Eppure lo è nella dolcezza che lo contraddistingue, e che me lo ha sempre fatto adorare. È Liberio, soltanto che io riesco a tirare fuori una parte di lui che solitamente tende a mantenere celata. Io riesco a far affiorare anche le parti più profonde del suo animo.
Dopotutto, lui ha lo stesso effetto su di me.
Comincio a parlare, cauta: «Alberto mi ha confessato quel che prova».
Lui fa un breve cenno. «E tu?»
«Gli ho detto che non ricambio. Si era accorto che piaccio anche a te, ma non credeva che io ricambiassi.»
Quando torno a guardarlo, lo scopro con gli occhi talmente tanto strabuzzati che rischiano di sgusciare fuori dalle orbite. Mi viene quasi spontaneo sollevare le mani per prepararmi ad afferrarli...
«Cooosaaa?» squittisce.
«Libe... da quanto?»
Liberio deglutisce e scrolla le spalle con un po' troppo impeto, tanto che le scapole gli schioccano forte. Lo guardo fingere di trattenere il dolore, mentre risponde intontito: «Da parecchio... In realtà sono mesi che voglio parlartene, ma poi è successo...»
«Poi mia madre è morta...»
«E ho pensato che non fosse il momento adatto. Avevi altri pensieri nella testa, giustamente...»
«Da così tanto, eh? Mi dispiace non essermene accorta subito. Né dei tuoi né dei miei sentimenti.»
«Ire, per favore, dimmelo chiaro e tondo» sussurra implorante. «Sai che altrimenti non ci arrivo. E‐e ci tengo davvero. Se fraintendessi...»
«Hai capito bene, Liberio. Me ne sono appena accorta, ma è da tanto che mi piaci.»
È così facile. Con lui parlare è sempre semplice, anche riguardo argomenti tanto difficili.
«Ogni volta che sono con te sono al settimo cielo, ultimamente più del solito. Semplicemente non coglievo la differenza tra presente e passato. Da una parte, il fatto di essere cresciuti insieme non ha aiutato; ma dall'altra mi permette di essere sicura di quel che provo e di quel che vorrei. Perché ti conosco alla perfezione, e so che tu conosci me altrettanto bene.»
Mi faccio più vicina. Vederlo arrossire e dimenarsi mi fa piacere, me lo fa desiderare ancora di più. Gli sfioro la mano, con più insicurezza del solito, ma è proprio questo a renderlo più bello.
Sarà strano. È il mio migliore amico, ci conosciamo fin dalla nascita...
Però sarà un qualcosa di strano e allo stesso tempo meraviglioso.
«Dio, ti ringrazio» balbetta lui, con un sorriso nervoso.
Sì, anch'io Gli sono grata.
Mi sporgo in avanti, a fargli naso-naso... poi Liberio mi bacia.
Le sue labbra sono un poco più carnose delle mie, ma sono anche morbide. E lui ha un buon sapore, un buon odore. Ed è così bravo...
Quando mi solletica la nuca, prendo un lungo sospiro di delizia, senza smettere di baciarlo, e mi faccio ancor più vicina, passando le mani sulle sue braccia ricoperte dalla pelle d'oca, la peluria sollevata dal piacere.
Nel momento in cui ci separiamo per guardarci negli occhi, Liberio scoppia a ridere, sprizzante gioia da tutti i pori. E io, condividendo questa fantastica sensazione, rido con lui.
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