Terremoto
Trattenni un gemito e ricacciai giù il cuore che mi pulsava in gola. -Burald? Che ci fai qui? Mi stavi spiando...
-Non importa, Cassie. Stai tremando. Vuoi la mia giacca?
Le sue parole mi sfiorarono la pelle e il suo corpo mi avvolse come una custodia: mi sarei aspettata che si alzasse subito, che mi tirasse su, invece non accennò a muoversi e mi rimase addosso, formando un nuovo strato su di me e spingendomi sempre più giù, sempre più in profondità, come se non mi trovassi già sul fondo.
-No, grazie. - Tirai su col naso. - Mi stai già scaldando così, anche se, a dirla tutta, sei abbastanza freddo anche tu.
-Oh, mi dispiace. Probabilmente dopo Diamond... - S'irrigidì all'improvviso, e io di conseguenza. -Scusa, aspetta, è meglio se ti spiego una cosa alla volta.
Diamond? Aveva appena detto Diamond? Se non era un mago e non poteva leggermi nella mente, lo conosceva. E come fa un cimiteriale a conoscere una persona che ormai non vive più sulla Terra (pensare la parola "morto" era davvero troppo per me)? Semplice. No, no, no: non potevo giungere a questa conclusione ancora prima di ascoltare le sue spiegazioni.
Mi raggomitolai di più su me stessa e respirai per sbaglio la polvere del pavimento. Mi misi a tossire. Il cuore mi batteva fortissimo, e lui lo sentiva. Il mio respiro stava diventando irregolare, e lui lo sentiva. I miei pensieri scorrevano con l'impeto di un fiume in piena che stava per straripare dagli argini e lui... li sentiva? Forse no, ma se mi avessero fatto esplodere la testa? A quel punto li avrebbe potuti leggere a uno a uno?
Era così piccola la distanza tra noi, che avevo la sensazione che sapesse tutto di me. Aveva appena toccato il mio punto più vulnerabile e mi aveva sorpresa in un momento di fragilità, come una tartaruga fuori dalla sua casetta portatile. Però avrei fatto bene a fidarmi, una buona volta, perché Burald era l'unica persona in grado di rimettermi in contatto con mio fratello.
-Io conosco Diamond: sono il cimiteriale incaricato di realizzare i suoi desideri. - La sua voce tremava. - Ma questa volta... beh, non si tratta solo di un desiderio. Ho anche un messaggio da darti.
Trattenni il fiato. -Lo sapevo, lo sapevo... Da quando sei entrato nella mia vita, sono tornati gli incubi e i ricordi più brutti. Non poteva essere una coincidenza!
Mi voltai verso di lui: era serio come non mai, preoccupato in viso, mentre mi stringeva il ventre da dietro e ascoltava il mio respiro per capire quanto fossi in ansia. Ma anche il suo era pesante. Le vene sulle sue braccia erano gonfie e verdastre: non pulsavano, ma sembravano sul punto di schizzare fuori.
-Burald, io non .... Oddio! Sta davvero succedendo? Sta succedendo ora? Tu... ci stai mettendo in contatto?
Un calore intenso mi si espandeva nella cassa toracica come un mare di lava e mi stringeva lo stomaco, mentre le mie costole erano messe a dura prova dal battito, sempre più potente e rapido, e tra poco si sarebbero sgretolate. -Burald, davvero? Davvero? Non credevo che sarebbe mai arrivato questo momento!
Avrei potuto essere eccitata, ma tremavo sempre di più e mi vibravano perfino i tendini dall'inquietudine per ciò che stava per accadere.
-Cassie, stai calma. Non è esattamente quello che pensi.
-E allora? Cos'è? Per favore Burald, muoviti, non farmi stare sulle spine così!
Da come iniziavo a muovermi e scalpitare comprese che sarebbe stato meglio lasciarmi più spazio, così si alzò e mi sedetti sulle piastrelle fredde.
- Diamond mi ha chiesto di venire qui e prendermi cura di te, donarti sicurezza e sostenerti. - Inclinò il viso su un lato, per cercare il mio sguardo. I suoi occhi luccicavano. - Mi ha supplicato di rimanerti accanto per sempre. Ed è quello che ho intenzione di fare, se me lo permetterai. Non sono qui con te per coincidenza, o perché sto tramando qualcosa per farti diventare una cimiteriale o cose simili. Solo... per questo.
Mi immobilizzai e iniziai a fissare un punto nel vuoto, proprio come faceva sempre Burald. - Per sempre.
-Sì, per sempre. Il mio dovere è questo.
- È per questo che stai con me, vero? Perché sei costretto.
Nelle sue pupille precipitò una lucina circolare, come un asteroide, che poi si aprì in un'onda e gli attraversò le iridi creando minuscole increspature. Scosse il capo e si mise in ginocchio davanti a me. - Lo faccio perché ne ho bisogno. Senza di te sono vuoto. - Mi prese le mani. La sua pelle era appiccicosa di sudore freddo. - E non solo per lo sguardo, per gli occhi vitrei, ma anche perché non ho uno scopo. La mia vita non ha uno scopo. E detta così sembra una cosa molto oggettiva, ma... Cassie, scusami, io.... Devo ammetterlo: avevo iniziato perché era il mio dovere. Poi è cambiato tutto.
Si morse un labbro. - Qualcosa tra noi è cambiato.
Rimasi immobile, lui invece mi aprì i palmi e iniziò a disegnarci sopra dei piccoli cerchi. Forse era solo una scusa per non guardarmi in faccia. Prima era stato lui a cercare i miei occhi, e adesso si tirava indietro. Non lo capivo. -Se lo facessi solo per rispettare le regole dei cimiteriali starei sbagliando tutto. Ormai sto seguendo solo quello che sento e... Non sono sicuro che questa sia la cosa giusta per me, ma senz'altro lo è... per te.
Sollevò lo sguardo su di me. Si asciugò una lacrima solitaria che gli era scesa sulla guancia. - E tu sei la cosa più importante.
La sua voce morbida si nascondeva in un angolino della cappella, ma era proprio lei, così discreta, a dare un senso a tutto il resto. Diamond era lì, con me: lo era da quando avevo incontrato Burald, lo era da quando stringendo la mano del cimiteriale mi sembrava di tradirlo perché ero cresciuta ed ero felice, mentre lui era morto, e allo stesso tempo di tradire Burald, perché non meritava solo metà della mia attenzione, ma molto di più. Invece era tutto diverso.
Bastava tenermi vicino Burald per avere a fianco anche quell'angioletto: non servivano abitudini per le quali mi avrebbero giudicato. Ma ero davvero pronta a liberarmi da quella gabbia di dolore? Nonostante tutto, i miei occhi sarebbero rimasti diversi, io sarei rimasta piena di crepe, sempre e comunque: forse significava che il mio spirito non poteva colorarsi di un'unica sfumatura, ma sarebbe stato diviso in due, in eterno, verde a sinistra e azzurro a destra. O magari voleva dire solo che il mio difetto fisico non doveva per forza rispecchiare ciò che nascondevo dentro.
"Non sono due persone così diverse." Mentre il mio petto si svuotava di aria, si riempiva di sollievo. "Non sono più obbligata a tenerli separati: sono due galassie che mi ruotano intorno, che mi amano e mi proteggono."
Tutti e tre ci stringevano nell'abbraccio dell'universo. Io ero il nucleo. Non mi ero mai sentita così speciale, così fortunata.
Lo strinsi in un abbraccio sincero come non mai, mi aggrappai ai suoi vestiti, illusa che prima o poi il mio fratellone mi avrebbe teso una mano e mi avrebbe portata con sé in un posto sicuro dove avremmo potuto recuperare tutto il tempo perso.
-Grazie. Grazie per tutto ciò che stai facendo per me, ma soprattutto per lui.
-Cassie, non devi ringraziarmi. - Tirò su con il naso. Si asciugò un'altra lacrime che non era riuscito a trattenere. - Vorrei che fosse finita qui, ma... Ti prego, non odiarmi perchè non te l'ho detto prima.
Agitai la testa. - Perchè dovrei odiarti? - Ci separammo, piano piano, poi mi alzai in piedi. - Dimmi del messaggio. Anzi, fammelo vedere.
-Non c'è niente di scritto. Devi fidarti delle mie parole. Siediti di nuovo: non voglio spaventarti, ma preferirei che ti sedessi.
Obbedii: il piacere e la sensazione di essere abbracciata dall'anima di mio fratello svanirono. Tornai a giocherellare con la cerniera della giacca. L'ombra che era scesa nella sua espressione non presagiva nulla di buono.
- Io e Diamond ci conosciamo da quando eravamo bambini e giocavamo insieme tra le fiamme viola del nostro regno. - Burald si abbracciava i gomiti, ma premeva le dita sulla pelle così tanto da scavarsi nella carne. - All'epoca mi sembrava un cimiteriale modello, obbediente, pacifico e generoso, ma nascondeva un segreto. Io non sapevo che in realtà volesse avere una vita da umano, e non sapevo nemmeno che avesse escogitato un piano per riuscire a realizzare il suo sogno: un giorno però mi ha detto tutto questo e se n'è andato.
Fece un respiro profondo, ma dovette schiarirsi la voce diverse volte, alla ricerca di un minimo di fermezza. - Ha provato a vivere da solo sulla Terra, ma gli assistenti sociali lo hanno trovato e lo hanno portato in un orfanotrofio. Tua madre lo ha adottato. Ovviamente non sapeva che era un cimiteriale, lo ha scoperto dopo. Però Diamond ha trasgredito a un articolo fondamentale dell'ordine dei cimiteriali e ha commesso un reato.
Venne mosso da una scossa di tremore. Fissava il vuoto. - Punibile con la morte.
Mi alzai di nuovo in piedi, mossa come un burattino da una forza superiore.
- Stai forse dicendo che....
Lo guardai negli occhi, con la bocca dischiusa, e anche lui mi guardò negli occhi. Annuì piano, quasi convinto che la delicatezza potesse attutire l'impatto, ma nulla poteva riuscirci! Era aspro e ferroso come il sangue.
- L'ha ucciso il nostro Dio, Cassie, non è stato investito. Questa è una bugia che ti ha raccontato tua mamma per non dirti la verità, perché eri solo una bambina e non avresti potuto capire.
Una scossa s'impossessò delle mie braccia. - Dove? Dov'è che l'ha ucciso?
- Nel nostro regno.
- Ma lui non frequentava più il vostro regno... Perché ci è tornato? No, no, no... è stato per colpa mia! Certo, è stata colpa mia! Gli avevo detto di andare a prendermi quella maledetta letterina cangiante!
- Non è vero, Cassie, lui ci stava andando perché doveva prendere un antidoto per cancellare i tatuaggi dalla sua pelle. Ricordi quello che ti ho detto l'altra sera? Senza tatuaggi siamo intoccabili, Dio non può farci niente, tantomeno punirci. Quella sarebbe stata la soluzione per smettere di correre dei rischi e poter finalmente voltare pagina. Ma quell'antidoto era una minaccia per il potere della nostra divinità... Non si trattava solo di Diamond: lo ha costretto a confessargli dove lo teneva nascosto, e poi anche i nomi di chi sapeva come prepararlo. Gli ha detto che se lo avesse fatto lo avrebbe liberato, e invece...
Lasciò cadere quella frase nel vuoto, ma ne iniziò subito un'altra. - Ha distrutto l'antidoto e ha ucciso tutti i ribelli in grado di crearlo. Così non c'era più nessun pericolo per lui.
Presi fiato, scuotendo il capo.
-Cosa gli hanno fatto, di preciso? - Lui indugiò e un vulcano mi eruttò dentro, accecandomi con un mare di lapilli. -Burald, rispondi!
Iniziai da andare avanti indietro per la cappella, con un senso di oppressione che mi gravava sul petto e un'energia che non sarei mai riuscita a sfogare in uno spazio così piccolo, in cui dopo due passi in una direzione si rischiava già di finire contro la parete. Continuai a percorrere lo stesso tratto circolare e Burald rimase in mobile, in centro, a seguirmi con lo sguardo. Si era ficcato le unghie nelle braccia con una tale forza che un paio di rivoli di sangue gli scesero sulla pelle.
- È successo come mi hai spiegato... Con le fiamme, i tatuaggi... L'ha torturato?
Si affondò le dita nei capelli, con le braccia che facevano da barriera tra noi. - Cassie, non lo so, non...
Il fuoco avvolse i miei muscoli tesi: un cerchio di fiamme mi divorò lo stomaco, facendomi fremere per il desiderio di vomitarle fuori.
-Com'è possibile che tu non lo sappia? Te l'avrà senz'altro detto...
Burald sospirò. -Cassie... È troppo tardi. Ormai è andata così.
-Eh già, cosa ti importa? Non è tuo fratello quello che è stato catturato da un Dio crudele, schifoso e opportunista, non è tuo fratello e non puoi sapere cosa si prova a sapere che lui... A te piace molto quello che fai, e soprattutto ti piace molto obbedire a quella razza di mostro che chiamate Dio!
- Non posso saperlo? - gridò. - Sono un cimiteriale, cosa credi che si provi ad avere sulla pelle i tatuaggi? Cosa credi che si provi a rischiare di morire se non si fa il proprio lavoro? Pensi che non preferirei essere qualsiasi altro tipo di creatura? Non posso saperlo? Lo so benissimo. E non pensare che non m'importi niente di lui, perché non è affatto così.
Ansimava e guardava i suoi tatuaggi con orrore. Iniziò a sfregarsi le braccia fino a irritarsi la pelle, per ripulirsi da quei marchi, anche se sapeva benissimo che non era possibile.
- Ma non avevi detto di essere fiero di appartenere alla tua specie?
Si irrigidì all'improvviso, ma poi scosse la testa per liberarsi da quel freno. Però non rispose. Non riuscì a rispondere. Era la prima volta che lo vedevo esitare così.
- Comunque potevi anche dirmi la verità, invece di farti vedere così impeccabile, buono e rassegnato. Inizi a sembrarmi un po' falso, sai?
A furia di seguire la stessa traiettoria circolare, mi girava la testa. Però non riuscivo a fermarmi.- Burald, che senso aveva fare finta che ti piacesse la tua vita e fossi sempre disposto a sacrificarti per gli altri? Non ci sarebbe stato niente di male ad ammettere che avevi dei sentimenti anche tu e volevi vivere davvero.
La rabbia per la morte di Diamond alimentava una specie di corrente elettrica dentro di me: il mondo dei cimiteriali non mi sembrava più così giusto, i cimiteriali non mi sembravano più così devoti alle loro leggi, Burald non mi sembrava più così perfetto come si mostrava, mia mamma non mi sembrava più così innocente e sincera. Insomma, tutte le mie certezze stavano svanendo.
- Cassie, dove vuoi arrivare? Non ha senso! Come se io c'entrassi qualcosa con tutto questo...
- Il fatto è che sto impazzendo: Diamond era un cimiteriale? È morto perché voleva spacciarsi per umano? Mia mamma sapeva della vostra esistenza già da tempo e non mi ha mai detto niente?
- Proprio così.
- E quella signora che abitava sotto casa mia?
- Era una spia, mandata dai capi cimiteriali o forse direttamente dal nostro Dio. Avevano già scoperto di Diamond, ma prima volevano avere altre informazioni su di lui e sui suoi spostamenti per via dell'antidoto... Ma poi lei ha scoperto la bellezza della vita umana e ha conosciuto Diamond. Solo che era troppo tardi, ormai aveva fatto un buon lavoro. Lui è stato catturato, e lei è precipitata nel senso di colpa. Era distrutta, quasi alla follia. Penso che sia stato per questo che alla fine ha detto tutto a tua madre.
Un terremoto: quello era un terremoto. Mi stava crollando la terra sotto i piedi, le macerie mi toglievano il respiro e tutte le convinzioni che avevo costruito nel tempo mi cadevano addosso senza pietà.
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