L'oasi nera (parte 6)
Dopo che ebbe finito di raccontare, Miriam mi guardò come un pezzo di carne andato a male. Era evidente che mi considerasse già cadavere.
- Come sai tutte queste cose? - chiesi esasperato pur di dire qualcosa, pur di non pensare.
- Me le ha dette lui. - rispose tranquilla. Per lei era un'ovvietà.
- Sei in combutta con quel bastardo! - esplosi con tutto lo sdegno che covavo in corpo. La conoscevo appena e non mi piaceva affatto, eppure mi sentivo tradito. Mi alzai di nuovo da quella sedia, sentendomi in gabbia. Non riuscivo a stare fermo: i miei occhi inquieti vagarono sulle pareti nere dell'assurda dimora in cui ero ospite, e provai l'impulso di staccare una delle pietre e sfondare il cranio di quella vipera.
- Proprio non ci arrivi, eh? - mi apostrofò come se fossi un alunno recalcitrante – Ti ho salvato per consegnarti a Zosser. E' il mio compito. Alle creature che serve può portare solo uomini vivi! Io sono qui per fare in modo che non crepiate prima del tempo... E per convincervi ad andare da lui di vostra spontanea volontà. Credimi, eviteresti tante sofferenze inutili. -
Era troppo, lo sarebbe stato per chiunque. L'afferrai per quelle sue lunghe treccine e la trascinai di forza sopra il tavolo, attirandola a me.
- Non mi arrenderò a nessuno. Mai! Chiaro? - ringhiai minaccioso a pochi centimetri dal suo volto impassibile. Mi resi conto di non essere il primo ad avere una reazione simile: quanti ne aveva visti prima di me? La lasciai andare, disgustato.
- Eppure deve esserci un modo! - esclamai, al culmine della tensione.
- Forse ci sarebbe una possibilità di salvare la pelle... Ma non sei il primo a cui lo dico, capisci cosa intendo? -
Capivo benissimo: a qualunque cosa alludesse, l'aveva già suggerita a chissà quanti prima del sottoscritto, e nessuno di loro era sopravvissuto.
- Parla. - mi limitai a dire, glaciale.
- Dirigiti a nord. - sputò il rospo mentre si massaggiava il capo dolorante – Se vai nella direzione giusta troverai altre ossa, molte altre. Arriverai ad un cimitero, "la tomba del mondo". Si trova sul confine fra questa dimensione e la realtà da dove vieni. E' una terra di nessuno, dove può succedere di tutto, anche salvarti. -
- Una volta là, cosa dovrei fare di preciso? - la incalzai, aggrappandomi a quell'unico barlume di speranza.
- Lo scoprirai quando arriverà il momento. Non so altro. -
Sembrava sincera, ma come potevo crederle? Per quanto ne sapevo poteva essere una trappola, magari una frottola inventata dallo stesso Zosser. Ma non avevo scelta, ero costretto a fidarmi. Su mio ordine Miriam riempì una squallida sacca marrone con dei viveri e una coperta; mi sarebbero serviti durante il viaggio. Disse che il cimitero distava almeno due giorni di cammino, se non di più. Già solo il deserto avrebbe potuto ammazzarmi, certo le probabilità non erano a mio favore.
Quando uscimmo dalla catapecchia il sole ci investì con tutta la sua potenza: abituati alla relativa penombra della casa, tutto quel calore era quasi stordente. La pelle d'ebano della donna si fece subito lucida di sudore, e il sottoscritto sentiva la maglietta appiccicarsi al torace umido.
- Sei ancora in tempo. - mormorò sibillina mentre mi porgeva la sacca. Me la misi in spalla e le rivolsi un'occhiataccia.
- In tempo per cosa? Per arrendermi? - dissi beffardo.
- Meglio una morte rapida, non credi? Tu non sai di cosa è capace, non conosci il limite estremo del dolore. Può fare a pezzi l'anima di un uomo. Un suo solo sguardo può ridurre alla pazzia. -
Era assolutamente convinta di ciò che diceva, per lei era un teorema inconfutabile. Faceva un caldo infernale, eppure rabbrividii a quelle parole che suonavano come una condanna.
- A quanti altri l'hai detto? - la sfidai, esibendo un coraggio che dentro non sentivo.
- Sei un tipo ostinato. - si limitò ad affermare, mentre guardava lontano. Sembrava ormai persa nei suoi pensieri, quando ad un tratto disse: - Questo posto è il mio purgatorio. Una sera guidavo ubriaca e ho investito un uomo. Non mi sono neanche fermata per soccorrerlo. -
Forse era la prima volta che faceva quella confessione. Il suo volto si rattrappì come se avesse ricevuto un colpo terribile. Durò solo un attimo, poi si ricompose nella solita maschera indifferente.
- Eri spaventata... - dissi lì per lì, ma lei tagliò corto.
- Volevo solo farla franca. Va' a nord. – aggiunse imperiosa, mentre puntava il dito in quella direzione – Segui le ossa. – mi ammonì fissandomi con intensità, per poi ritirarsi nella sua folle casa, senza salutarmi né augurarmi buona fortuna.
Cominciai così il mio lungo cammino, pieno di dubbi e paure. Avevo percorso solo qualche metro, quando sentii urgente il bisogno di voltarmi. Qualcuno mi osservava, ne ero certo. Ma con mia grande sorpresa non era Miriam: molto lontano, eppur distinguibile, intravidi la sagoma di un uomo. Indossava uno spolverino e un cappello a larghe tese. Lo maledissi, e scappai verso una salvezza tanto improbabile quanto immeritata.
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