Il deserto (parte 4)

Il ricordo di Martina era una ferita che riprendeva ad aprirsi e sanguinare con costante regolarità: passavano anche settimane senza che pensassi un solo istante alla mia defunta moglie, ma poi la sua immagine tornava ad assillarmi con un'intensità ancora maggiore, sfibrante come può esserlo un fantasma della mente. Tornava sempre, in uno strano e morboso miscuglio di nostalgia, senso di colpa e terrore per ciò che le avevo fatto. Era ormai un anno che andavo avanti così.

Era stata una donna volitiva, aveva sempre inseguito con ostinazione i suoi obiettivi, e le rare volte che non riusciva a raggiungerli, aveva solo rimandato la loro conquista. Sapeva aspettare, al contrario del sottoscritto, un impaziente nato. Eppure a vederla non si sarebbe detto di aver a che fare con una volontà tanto granitica: era piuttosto minuta e magrolina, una bionda dagli occhi verdi e dall'aspetto delicato; le mani soprattutto erano lunghe e filiformi. Ma guardarla con attenzione negli occhi, significava ritrovarsi a scrutare in una profondità che poteva anche impaurire. O affascinare, come era successo a me.

La prima volta che la vidi fu in un negozio di dischi, o meglio di rarità discografiche: un negozietto polveroso e incasinato, poco più grande di uno sgabuzzino, ricolmo di vecchi album e rarità musicali varie, roba che veniva venduta a cifre stratosferiche. Una specie di nirvana per qualsiasi appassionato, figuriamoci per un musicista come il sottoscritto! Avevo messo le mani su un vinile dell'Equipe 84, il singolo di "29 Settembre", una copia risalente al lontano 1967. Costava un botto, ma ci stavo facendo lo stesso un pensierino; in effetti ero da sempre abituato a scialacquare i miei soldi in cose simili. Me lo rigiravo fra le mani, ancora indeciso, quando una voce femminile ruppe il silenzio: - Sono disposta a pagarlo il doppio. -

Martina era appena entrata, e aveva già attirato l'attenzione su di sé: mi girai in direzione della voce, e vidi una bella biondina fissare intensamente il proprietario del negozio, mentre indicava il disco che maneggiavo. Guardai allora il tipo, che in effetti si mostrava allettato dalla proposta... Certo non poteva strapparmi il disco dalle mani, e pareva arrovellarsi per trovare una soluzione, spostando la sua espressione incerta ora su di me, ora sulla mia rivale. In quel bugigattolo ricolmo di vecchia merce sembravamo tre pistoleri coinvolti in uno stallo alla messicana. Nel nostro caso però niente armi, solo vinili e portafogli.

- Dica un po', ne ha di soldi da buttare, lei! - e mostrai a Martina il prezzo del disco, una bella cifretta, che affermava di essere disposta a raddoppiare – Che lavoro fa? La banchiera? - ironizzai con un pizzico di cattiveria, curioso di vedere come andava a finire.

- Sono una fioraia. - rispose senza scomporsi – Senta, faccio la posta a quel disco da quasi un mese, e finalmente posso comprarlo. Sono certa che a lei non interessi poi così tanto... - provò ad addolcirmi.

- Era un bluff. - dissi tutto contento al negoziante, che deluso distolse subito lo sguardo, fingendo di non aver sentito.

- Ci ho provato. - ammise candidamente la mia futura dolce metà. Senza allontanarsi, però. Non che ci si potesse muovere più di tanto lì dentro, ma certo non pareva ancora rassegnata a perdere la sua preda musicale.

- Facciamo così - proposi sfoderando il migliore dei miei sorrisi – Le cedo il disco se verrà a cena con me. -

Originale, vero? Mi stavo comportando come il più classico dei marpioni, ma non me ne fregava niente. Quella sconosciuta irruente mi piaceva; in effetti non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, e se per strapparle un appuntamento dovevo fare un po' lo stronzo... Be', pazienza, ma non mi sarei lasciato sfuggire l'occasione. Ogni lasciata è persa, e con i rimpianti non sono mai riuscito a convivere. Ritenevo che mi avrebbe accontentato, pur di non rinunciare a quel disco che tanto desiderava.

- E va bene, seduttore. Vada per un caffè. – concesse, sbirciandomi di sottecchi, a valutarmi.

- Affare fatto! - le porsi la mano – Io sono Manuel. -

- Martina. -

La sua stretta era forte come la sua volontà. E così iniziò la nostra storia, quasi per scommessa. Nel tempo che passai con lei, non finii mai di stupirmi dell'energia che metteva in ogni cosa, in particolare nel suo lavoro: le composizioni floreali che creava erano bellissime, e il suo negozio aveva fatto piazza pulita dei concorrenti del quartiere. Quella donna era una forza della natura, pura vitalità in sembianze femminili. Mi sentivo fortunato ad averla al mio fianco.

Eppure l'avevo uccisa.

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