Due
A Rosso non interessavano i lamponi ma era con il pretesto di tornare a cercarli che era uscito nuovamente di casa.
La mamma era triste e lui lo sapeva. Si era chiusa nella sua stanza a lavorare ai suoi vestiti. Aveva il viso scuro e tirato eppure solo poco prima era stata bellissima e sorridente mentre lo rincorreva nel bosco e gli era parsa ancora più bella nell'ascoltare le parole del Cacciatore, quando lui, dai cespugli, li aveva osservati camminare l'uno accanto all'altra.
Tornò nel bosco, da solo, nella speranza di trovarvi ancora il Cacciatore. Fu fortunato. Lo trovò esattamente nel luogo in cui lo avevano lasciato, intento ancora a tagliare la legna.
"Che ci fai ancora qui?" gli chiese vedendolo avvicinarsi.
"Non sei ancora stanco di tagliare la legna?" gli chiese il bambino in risposta.
"Sto finendo di preparare quella per voi" rispose il Cacciatore piantando l'ascia nel ceppo "Ma tu non dovresti venire nel bosco da solo, lo sai?"
"So del lupo, certo ma non mi sono mica infilato nel cuore del bosco e poi stavo venendo qui da voi, di cosa dovrei avere paura?"
"La paura non c'entra. È il pericolo il problema: se c'è il pericolo, anche la persona più coraggiosa del mondo potrebbe non essere in grado di evitarlo e in questo caso parliamo di un bambino, che potrebbe trovarsi faccia a faccia con un grosso lupo. Fossi in te non correrei il rischio per dei lamponi."
Rosso, vedendo il Cacciatore accennare al cestino che portava in mano, si affrettò a specificare.
"Ah, no! I lamponi sono solo una scusa. Io sono qui per voi."
Il Cacciatore era confuso.
"Ho un favore da chiedervi" disse Rosso incrociando le mani dietro la schiena "Potete stare accanto alla mia mamma?"
Il Cacciatore lo guardò sorpreso dall'insolita richiesta.
"Lei non vuole."
Rosso abbassò la testa in segno di delusione.
"E non possiamo fare niente per convincerla?"
"Temo di no" rispose il Cacciatore sforzandosi di nascondere il rammarico.
Passò qualche istante di silenzio prima che fosse Rosso a riprendere la conversazione.
"Lei mi ha chiesto di essere felice anche per lei ma... non credo di esserne più capace.
Quando lei è triste, come è successo prima, smetto di essere felice e faccio fatica a tornare ad esserlo e se non sono felice io non riesce nemmeno lei.
Ma prima mentre parlavate con lei, si vedeva che alla mamma faceva piacere e sono certo che, se parlerete insieme più spesso, quel brillio di felicità che aveva in viso potrà crescere sempre di più e quando sarà abbastanza grande la mia felicità non le servirà più!"
"Davvero hai visto questo sul suo viso?"
Rosso annuì marcatamente con la testa.
"Sei sicuro che io possa renderla felice?"
"Con me funziona! Divento sempre più felice quando parlo con voi e noi parliamo per poco tempo al giorno ma... se voi viveste con noi potremmo parlare mooolto di più e la felicità aumenterebbe" poi cambiando bruscamente tono aggiunse "E poi... se voi foste sempre con noi... anche io potrei essere triste ogni tanto... "
Quella fu la prima volta in cui il Cacciatore vide Rosso farsi triste: la luce intangibile che gli illuminava naturalmente il volto, pian piano andò ad affievolirsi a tal punto poi che anche il suo incarnato, di solito di un roseo sano, parve ingrigirsi.
Il Cacciatore istintivamente poggiò un ginocchio nel terreno, per essere così alla medesima altezza del suo piccolo interlocutore.
"Perché dici così Rosso?" gli chiese con estrema delicatezza.
"Vi chiedo scusa, so che i maschi non devono sembrare deboli... " disse asciugandosi velocemente una lacrima che gli era scappata lungo la guancia.
"Chi ti ha detto una sciocchezza simile?"
"Mio padre."
"Tuo padre ti ha detto una bugia, Rosso. Anche gli uomini posso essere tristi se vogliono e possono addirittura piangere."
"Davvero?!" si stupì di colpo il bambino spalancando i grandi occhi color dell'acqua.
"Certo! Piangere non rende deboli, ma aiuta a scacciare fuori tutto quello che ci ferisce dentro."
"Come la tristezza?"
"Si, come la tristezza."
"Per questo anche la mamma piange spesso... per poi sentirsi meglio, vero?"
"Si, lo fa di certo per quello."
"E voi? Anche voi piangete?"
"Si, succede anche a me, anche se troppo spesso mi dimentico di piangere e tengo tutto dentro piuttosto che buttarlo fuori."
"Dovreste piangere più spesso allora o evitare le cose brutte che possono rendere tristi."
Il Cacciatore sorrise asciugandogli con il pollice un paio di lacrime che gli erano sfuggite.
"Perché sei triste, Rosso?"
"Per tante cose... ma non sono triste sempre, mi capita solo quando penso a certe cose che mi fanno male come il mio papà che se ne è andato senza salutarmi, la mia nonna che non sta più vicino a noi e che non posso andare a trovare da solo, alle brutte cose che dicono alla mia mamma... al Costruttore che la fa piangere."
Il sangue del Cacciatore riprese per un istante a bollire ma il fumo della rabbia, questa volta, non arrivò ad annebbiargli la mente.
La manina calda di Rosso, a contatto con la sua guancia, ebbe l'effetto di un dolce risveglio.
Il suo animo si placò subito, facendolo perdere negli occhi così espressivi del bambino.
"La cosa che mi rende più triste è non avere una famiglia. Se convincessimo la mamma, potremmo essere una famiglia. Non manca anche a voi averne una?"
Questa volta il Cacciatore scelse di rispondere invece di cambiare argomento.
"Sì, manca anche a me e farò del mio meglio per poterti dare quello che chiedi."
Il viso di Rosso si illuminò nuovamente mostrando il suo naturale colore pieno di vita.
Con il suo consueto sorriso, il bambino riprese il cestino che aveva abbandonato poco più in là.
"Mi aiutate adesso a raccogliere i lamponi? Voglio fare una torta da regalare alla nonna!"
Il Cacciatore si rialzò da terra, sentendosi più leggero e fu più che felice di poterlo aiutare.
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