XII.

Norman aveva organizzato "un'uscita" - nè lui nè Eddie osavano chiamarlo appuntamento, anche se un'attività serale di coppia in fondo era quello, no?
Coppia.
Eddie si ritrovò a masticare insistentemente le guance scavate; non poteva farne a meno ogni volta che pensava alla situazione in cui entrambi si trovavano.
Credeva che superando lo stato di latenza con il loro primo bacio sarebbero finalmente giunti a dare un nome al sentimento che condividevano, ma più il tempo passava più sembrava non fosse cambiato nulla, e Eddie ne aveva tutte le colpe.
Norman si limitava a percepire il suo disagio e starsene in silenzio, rispettare i tempi, non mettere etichette.
Forse quella sera avrebbero parlato? E Eddie che gli avrebbe detto? Avrebbe fatto la cosa giusta per Norman dandogli picche o si sarebbe comportato da egoista infilandosi in una relazione facile che l'avrebbe distolto da Richie Tozier e i suoi familiari occhi neri?
Spalancò l'armadio per prendere la solita felpa, mentre Norman trafficava con erbe e vasetti sulla scrivania.
E non appena ebbe aperto le ante, gli venne un colpo.
-Nor!- Strillò, mentre un fitto e pungente fogliame gli spioveva in faccia.-Che ci fa una pianta nel nostro armadio?-
Era un arbusto di medie dimensioni, interrato in un vaso posizionato tra due pile di maglioni.
-Oh, quella.- Norman si voltò appena a guardare, ma anche dal suo profilo Eddie poté ben vedere l'espressione colpevole.-Non farci caso.-
-Non farci caso?- Eddie spinse con gesti bruschi le foglie all'interno dell'armadio.-Hai infilato una palma tra i cappotti!-
-E' una kentia.- Corresse Norman quasi senza pensarci, continuando a raggruppare in mazzetti gli steli che aveva di fronte.-E starà lì temporaneamente.-
Eddie sbuffò, le mani sui fianchi. Molte delle sistemazioni delle piante di Norman avrebbero dovuto essere temporanee - come il pothos appeso in bagno - ma finivano solo per mettere radici nelle zone più improbabili di quella stanza.
-E perché, di grazia?-
Il ragazzino neppure riusciva a ricordare dove fosse collocata quella pianta - quella kentia - prima di finire nell'armadio.
-Perché l'ho lasciata sul balcone senza sapere che è una pianta da zone ombrose.- Ribatté Norman, infilando i vasetti in una busta di plastica.-L'ho quasi ammazzata, quindi la terrò nell'armadio un paio di giorni. E' la zona più scura della stanza.-
-La terremo.- Borbottò Eddie tra sé, senza aggiungere altro, perché non poteva effettivamente chiedere a Norman di tirare fuori la pianta e lasciarla appassire. Sperava solo di non trovare qualche parassita tra i vestiti.
Aprì il tiretto delle felpe e di nuovo il fermacapelli della nonna di Norman gli strizzò l'occhio, brillando sotto la luce della lampada da soffitto.
Lasciò andare un secondo sospiro.
-Nor.-
Il compagno di stanza si girò completamente verso di lui, con espressione un po' seccata.
-Cosa c'è, adesso?-
-Ci tieni o no a tua nonna?- Eddie prese il fermacapelli tra due dita e lo sollevò.
Era un bell'oggetto, due stecchette dorate, unite ad un'estremità da un piccolo fiore di pietroline verdi. Eddie immaginava fosse adatto a capelli molto lunghi, da raccogliere attorno ai due ferretti in modo che la decorazione floreale sbucasse all'esterno.
Il ragazzino si era chiesto più volte perché continuasse a trovarlo fuori posto. Forse Norman lo sfilava dal cassetto per ammirarlo, di tanto in tanto. O per pregarci su, anche se non sembrava affatto un tipo religioso.
Il viso di Norman si fece buio, le sopracciglia bionde aggrottate, come se gli desse fastidio vedere il fermacapelli tra le sue mani.-Rimettilo dov'era.- Rispose, tornando alle sue faccende.
-Posso spostarlo in un luogo più sicuro? Magari...-
-Lascialo lì.- Rispose duramente il giovane. Poi aggiunse, con più pacatezza:-Per favore.-
Eddie ubbidì, seppure un po' confuso.
Aveva trovato il fermaglio in ottobre, frugando in un tiretto che avrebbe dovuto essere solo di Norman, alla ricerca di abiti pesanti.
L'aveva fatto notare al compagno di stanza, che aveva sminuito l'accaduto dicendogli che si trattava di un oggetto di scarso valore, uno specchietto per le allodole.
A distanza di mesi Eddie ancora si domandava se non gli avesse mentito per evitare che lo rubasse.
Il ragazzino non si era neppure mai permesso di pensare una cosa del genere - non solo per il valore affettivo che quel fermacapelli aveva per Norman, ma anche perché non era nella sua natura appropriarsi delle cose degli altri.
Eddie ancora insisteva, di tanto in tanto, che lo sistemasse in un luogo piú adatto, meno in vista, perché chiunque altro avrebbe potuto essere ingannato da quell'aspetto scintillante e sottrarglielo. Ma se a Norman andava bene cosí, chi era lui per costringerlo a fare altrimenti?
Infilò la felpa della squadra di football, e il compagno di stanza chiese:-Hai preso tutto quel che ti avevo chiesto?-
Eddie sollevò la busta della spesa che aveva lasciato a terra.-Sì.-
Norman gli si avvicinò e con un piccolo sorriso prese tra le proprie la sua mano libera.
Il cuore del ragazzino fece una capriola.
-Andiamo.-

Nella stanza di Norman e Eddie c'erano tante piante, divise tra i due ambienti interni e il balcone.
Il giorno in cui Eddie era arrivato al college, aveva chiesto al compagno di ammucchiarle tutte nel proprio lato di stanza, ma con il passare dei mesi si era un po' ammorbidito, e aveva accordato delle concessioni.
Eddie ospitava sulla propria scrivania un esemplare rosa di geranio, perché teneva lontani moscerini e zanzare quando studiava con la finestra aperta o la luce accesa.
Poi aveva permesso che Norman appendesse al soffitto due vasi: uno contenente un cactus di Pasqua, spiovente e di colore fucsia intenso, al centro della stanza; un altro tra l'armadio e il balcone, da cui penzolava il fogliame di una nephrolepis cordifolia.
In bagno, accanto allo specchio, c'era un grosso pothos verde e rigoglioso, da cui Eddie si sentiva fissato ogni volta che si spogliava - ma chiedere a Norman di metterlo altrove era stato inutile, anzi, le proposte alternative erano state scandalose, dato che il compagno voleva appenderlo nella doccia.
Norman poi aveva una frailea mammifera dal fiore giallo sulla scrivania, e sulla mensola sopra il letto aloe vera, una begonia rossa e un gruppetto di tre cactus minuscoli in vasi diversi e abbinati (echeveria lilacina, echeveria derenbergii, echinopsis maximiliana).
La testiera del letto era abbastanza larga da poter fungere da comodino, e se Eddie l'aveva riempita di libri di biologia, Norman ci aveva messo su una sveglia analogica e un'euphorbia milii.
Poi c'era la kentia nell'armadio, e un'orchidea bianca sul davanzale della finestra, per purificare l'aria.
Sul balcone, dove Norman si era dilettato a suo piacimento senza le restrizioni di Eddie, proliferavano nei quattro vasi da ringhiera un bonsai melograno - che produceva piccoli frutti succosi e adorabili -, macroglossus, matthiola lilla e gazania rossastra.
L'edera natasha si inerpicava negli spazi vuoti della balaustra, mentre accanto all'anta destra del balcone era stata appesa una vinca minor, selvatica e dalle tinte blu.
Infine, sul pavimento Norman aveva organizzato un piccolo orto di piante aromatiche: rosmarino, salvia, menta, alloro, prezzemolo, erba cipollina.
La piantina di salvia, in particolare, era l'unica tra tutte le creature di Norman ad avere un nome - quello della nonna Barbara, cui era appartenuta.
A Eddie non era piaciuta subito l'idea di tenere tutte quelle piante sul balcone, portavano solo ragni e cimici, anche se Norman si premurava di utilizzare antiparassitari e prodotti vari.
Però, un pomeriggio dello scorso ottobre, Eddie si era seduto a studiare tra le piante, inebriato dai profumi, e sotto la luce del sole morente aveva visto una piccola farfalla bianca posarsi piena di grazia su Barbara.
E in qualche modo aveva compreso che importanza avessero tutti quei fiori ed arbusti nel mondo di Norman. Era così che stringeva al petto ciò che gli mancava.
Eddie aveva scattato una foto, con la risoluzione non proprio perfetta della polaroid che aveva ricevuto al diciottesimo compleanno, e l'aveva mostrata a Norman.
Il ragazzo era andato in visibilio - Eddie non credeva si trattasse di chissà che grande gesto, ma Norman aveva sorriso tutto il giorno e aveva attaccato la foto accanto al letto, sotto la sua mensola piena di piante.
Eddie aveva iniziato a lamentarsi sempre meno.

Il campus della Savannah University metteva a disposizione degli studenti un piccolo spazio adibito a cucina, per chi avesse esigenze particolari o voglie fuori menú.
Eddie l'avrebbe utilizzata volentieri per sopperire al suo essere schizzinoso, se solo avesse saputo come accendere un fornello.
Sua madre non gli aveva mai permesso di star troppo vicino ai coltelli o alle cose che scottavano, e alla fine lui si era cullato in quel dolce far nulla, nel sedersi al tavolo e trovare tutto pronto.
Non aveva temuto di mostrare la sua incapacità di fronte a Norman, che gli aveva mostrato rapidamente come far funzionare il fornello elettrico - bastava solo attaccare la spina, il ragazzino ne era rimasto folgorato.
Adesso erano entrambi di fronte al piano cottura ad osservare il petto di pollo dorarsi e sfrigolare in una padella unta d'olio.
-É una ricetta di mia nonna.- Disse Norman, cospargendo la carne con le piante che aveva portato con sé, ora finemente sminuzzate.-Rosmarino, salvia, alloro, prezzemolo, aglio...- Prese il macinapepe e lasciò cadere la polvere nera sul petto di pollo.-anche succo di limone.- Aggiunse, indicando l'agrume posato sul piano accanto ad Eddie.
Il ragazzino si allarmò, intuendo che Norman voleva fosse lui a tagliarlo.
Sollevò davanti a sé il limone e lo rigirò tra le mani cercando di capire in che modo dividerlo a metà senza che il coltello gli sfuggisse di mano.
Dalla gola di Norman provenne una bassa risata. Mentre girava il pollo con una spatola, disse:-Non puoi tagliarlo in aria, Eddie. Ti serve un piano d'appoggio.-
-Ah.- Il ragazzino rimise il limone sul mobile della cucina.
Norman si mosse rapidamente dietro di lui, dandogli appena il tempo di realizzare che il suo duro petto era premuto contro la propria schiena.
-Devi tenerlo fermo, cosí.- Gli disse, avvolgendo le dita attorno alle sue, sul limone. Poi guidò anche l'altra mano di Eddie verso il coltello e lo posizionò al centro dell'agrume, facendo abbastanza pressione perché la lama si conficcasse nella spessa buccia gialla. Con un secondo colpo secco il limone si divise in due perfette metà, sollevando qualche schizzo acre e un intenso profumo.
Eddie rimase sorpreso quando l'odore gli raggiunse il naso.
Sentí Norman sorridere, dietro di lui: se ne accorse da come lo zigomo che aveva appoggiato sulla sua tempia si contrasse. Sembrava non avere alcuna fretta di spostarsi, era ancora premuto contro di lui, le sue dita strette a quelle di Eddie.
-Forse avrei dovuto farti sminuzzare anche le erbe.- Mormorò piano nel suo orecchio, la voce leggera come lo zucchero a velo.
-La prossima volta.- Rispose Eddie. Stupidamente.
Da dove gli era uscita un'affermazione del genere? Perché illudeva Norman in quel modo? Era il calore del suo corpo a stordirlo, la brezza del suo respiro flebile che gli smuoveva i capelli sulla nuca?
Norman non disse altro, tornò alla padella con la stessa scioltezza con cui se ne era allontanato e spremette una metà del limone sulla carne.
Il succo, posandosi, sollevò una delicata nuvola di vapore e il contenuto della padella emise un crepitio.
Il giovane prese un coperchio poco distante e lo mise sul petto di pollo.
-Cosí rimane umido.- Spiegò. Tranquillo, sorridente.
Anche se non l'aveva dato a vedere a parole, era felice di trovarsi lí con Eddie, e il ragazzino capí di aver incoraggiato ancor di piú il suo sentimento.
Ma poteva davvero tagliare i ponti mentre Norman cucinava per lui?
Trascorsero diversi minuti di chiacchiere vuote intanto che la carne rosolava. Norman la divise in due piatti e Eddie si preoccupò di tagliarla - alla fine, piatto alla mano, si appoggiarono entrambi al piano della cucina e iniziarono a mangiare, in piedi come i cavalli.
Il primo boccone fu sorprendentemente piacevole.
-É buona.- Si complimentò Eddie, prendendone già un secondo.
-Sí?-
-Sí. Non pensavo che il petto di pollo potesse effettivamente avere un sapore.-
Norman ridacchiò.-Mia nonna sapeva rendere speciale anche una soletta per le scarpe.-
Eddie sollevò un po' la testa per guardarlo, per osservare il suo bel sorriso bianco. Avrebbe voluto potergli dire che era felice di averlo incontrato, che ogni giorno imparava da lui qualcosa di nuovo, emozionante, ma non poteva farlo senza spezzargli il cuore, per cui decise di tacere.
-Devo dirti una cosa.- Fece Norman a quel punto, tornando piú serio.
Il ragazzino dovette aumentare la stretta attorno alla forchetta per evitare che la mano gli tremasse.
Norman stava per fargli quel discorso?
-Ho riflettuto sulle cose che mi hai detto.- Proseguí, smettendo di masticare.-Sul fatto che ti sto troppo addosso. E ammetto che potresti avere ragione...-
Eddie non era ancora sicuro fosse il caso tirare un sospiro di sollievo, ma non riuscí a trattenersi dall'interromperlo per rivolgergli un sarcastico:-Potrei?-
Norman abbozzò un sorriso imbarazzato e separò i pezzi di carne nel piatto su due schieramenti opposti, per tenere occupati gli occhi.-Ho chiesto a Brian di riprendermi in squadra, e lui ha accettato.-
Stavolta il sospiro di sollievo fu d'obbligo.-Bene, Nor.- Rispose il ragazzino, assestandogli una pacca sulla spalla.-Sei contento? Spero tu non l'abbia fatto solo perché te l'ho chiesto io.-
-No, no.- Norman scosse vigorosamente il capo, con espressione sincera.-É giusto cosí, ho bisogno di una distrazione, di riprendermi i miei spazi...-
A Eddie non era chiaro da cosa Norman volesse distrarsi - anche a supporre, non gli veniva in mente altro che non fosse lo studio, ma negli occhi del compagno di stanza lesse una veemenza piú profonda. Attese che aggiungesse altro, ma Norman scosse di nuovo il capo tra sé, quasi autocensurandosi.
-É una buona notizia.- Disse allora Eddie, riprendendo a mangiare.-Mi piaceva vederti giocare.-
Norman era bravo nel football - non per nulla era capitano della squadra dalle scuole superiori.
Eddie non aveva seguito un gran numero di partite, Norman aveva abbandonato ogni cosa a metà novembre, non appena Brian aveva iniziato a diffondere voci crudeli su di lui, ma quel poco che aveva visto l'aveva sempre lasciato con il fiato sospeso.
Forse era il fatto che Norman si cimentasse in uno sport cosí pericoloso, incurante di farsi male - Eddie lo invidiava ed ammirava al tempo stesso. Spesso vedeva in lui qualità che avrebbe desiderato avere: calma, un buon temperamento, altruismo, persino la negligenza, che per altri sarebbe parsa un difetto. A Eddie sarebbe piaciuto potersene infischiare di tutto, arrivare tardi a lezione, macchiare il quaderno con le dita unte di crema, seminare disordine.
Avrebbe sicuramente giovato ai suoi nervi.
-A me piaceva che tu venissi a guardare.- Rispose il compagno di stanza, e il cuore di Eddie fece un tuffo.-Ovviamente ho posto delle condizioni. Non sarei mai rientrato in squadra se non mi avessero promesso di comportarsi bene, con te, da ora in poi.-
-Ma non dovevi...-
-L'ho fatto anche per me stesso.- Troncò Norman, voltandosi a posare il piatto vuoto sul ripiano.-Te l'ho detto, non riuscirei a giocare con persone che non hanno rispetto degli altri.-
A Eddie tornò in mente la prima conversazione avuta con Richie, quando aveva cacciato dei ragazzi dalla sua stanza perché l'avevano offeso. Ma ricacciò indietro tutti i caldi sentimenti che quel ricordo stava portando a galla e si concentrò su quelli suscitati dalle parole di Norman.
-Grazie.- Sussurrò.
Le labbra dell'altro si curvarono in un sorriso. Gli scostò un'onda di lunghi capelli castani dalla fronte e la sua mano rimase lí per un po', posata tra la chioma voluminosa.-Sono stato invitato ad una festa, domani sera. E posso portare anche te. Prendila come una dimostrazione delle loro buone intenzioni.-
Eddie trattenne una smorfia. Di certo, se avesse accettato, non sarebbe stata una dimostrazione delle sue, di buone intenzioni. Ma liquidare quell'invito senza avere una reale motivazione per farlo gli metteva addosso l'ansia di dover sostenere ed inventare una bugia.
-D'accordo.- Rispose, sfoderando il piú convincente dei sorrisi.
Era solo una festa, no? Di certo non un appuntamento.
E se Norman avesse voluto baciarlo, come stava facendo ora chinandosi piano sulle sue labbra, Eddie non gli avrebbe detto di no. Perché era piú debole di quanto volesse ammettere.
Si aggrappò con una mano ai muscoli rigidi della sua spalla e si disse che Norman era forte abbastanza per tutti e due.

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