Capitolo 30

"Portare il nostro Kaika a un livello superiore? Cosa intende?"

Dorothy era perplessa riguardo l'ultima affermazione di Antonio. Somber invece sembrava interessato alla cosa.

Per entrambi era stata dura essere messi davanti ai loro limiti durante lo scontro al molo, e la giovane Guardian ne aveva sofferto più di tutti. Jansen l'aveva umiliata in combattimento. Non era stato nemmeno un vero scontro, a dire il vero, e lei voleva assolutamente migliorare per vendicarsi: lui era l'uomo che aveva ucciso i suoi genitori. Che l'aveva costretta a vivere un vero incubo per tutta la sua infanzia.

Antonio continuò a sorridere caldamente. "In questo momento, seppur talentuosi, voi usate il Kaika in modo poco più che elementare, e soprattutto peccate di forza e velocità sufficiente per scontrarvi alla pari con degli esperti. L'avrete notato al molo, così come al torneo a cui avete partecipato. Nonostante questo, il vostro potenziale è sopra la media." Il capitano si alzò, fissandoli dall'alto con quei suoi caldi occhi d'ambra dall'inclinazione allegra che li rendeva rassicuranti. "Quindi, se sarete disposti a fare dell'addestramento la vostra priorità per tutta la durata del viaggio, vi garantisco che diventerete molto più potenti di quanto pensate."

Somber scrutò l'uomo dalla pelle scura di fronte a lui. "Al livello dei Vulture?" osò.

"Anche di più." rispose con estrema sicurezza Antonio.

Entrambi i ragazzi rimasero sorpresi dalla risposta, non si aspettavano di poter raggiungere livelli tanto elevati in breve tempo, considerando quanto fossero sembrati insormontabili le differenze che li separavano dai Vulture come catene montuose innalzate fino a un cielo distante quanto proibitivo. Eppure, lui ci credeva, vedeva in loro un potenziale tanto grande da rendere quella scalata fattibile. E di conseguenza, se lo pensava Antonio, anche i due amici si sentivano autorizzati a farlo.

Dorothy si alzò di scatto, entusiasta. "Allora cosa stiamo aspettando?" urlò, la sua eco che si espanse per la sala. "Ci dica cosa dobbiamo fare, signor Santos, sono pronta a qualunque cosa!"

"Dammi pure del tu, mia cara. Mi fa piacere che tu sia balzata in piedi con tale vivacità." Antonio sogghignò. "Perché il vostro primo passo sarà sfidare me."

"Che?" Dorothy schiuse le labbra, stupefatta.

"Due contro uno?" domandò, incerto, Somber.

"Ovvio. Attaccatemi pure insieme senza trattenervi." li rassicurò Antonio.

Dorothy si girò verso Somber, che ricambiò lo sguardo. Pensandoci, era da molto che non collaboravano, pensò la ragazza. Tra di loro c'era grande intesa, eppure non l'avevano sfruttata abbastanza nel corso degli ultimi mesi se non al concorso per Guardians, quindi non avevano vere e proprie strategie studiate d'attacco combinato.

Lei gli sorrise, e Somber le rivolse un cenno d'intesa come a comunicarle tutta la sua buona volontà nel collaborare.

"E va bene." disse infatti lo spadaccino con sicurezza, impugnando la Mugenyoru, creata in un bagliore nero tra le sue mani.

"Preparati!" esclamò Dorothy, estraendo a sua volta le pistole dalle fondine sotto il fiacchetto rosso e ricoprendosi d'aura lucente che brillò nello spazio attorno a lei, contrapponendosi all'energia cupa e oscura del compagno al suo fianco.

I due balzarono rapidissimi sulle pareti opposte della sala ai lati di Antonio, per poi convergere su di lui tramite una spinta delle ginocchia sui muri, urlando. Lo scontro era iniziato in fretta, volevano sfruttare il fattore sorpresa per soggiogarlo con velocità, insieme.

"Sei lento!" La pistolera puntò a colpire il bersaglio al collo con un calcio volante, mentre Somber indirizzò al fianco il dorso della sua spada, dalla direzione opposta.

In un istante, Antonio afferrò il viso stupito di entrambi con le mani, senza spostarsi di un millimetro dalla sua posizione, e creò dei paletti di legno dai palmi che centrarono in pieno i loro volti. Dorothy e Somber furono scaraventati ad alcuni metri da lui, arrancando sul pavimento e provando ad alzarsi a fatica.

"Assurdo..." mormorò la ragazza.

Somber non aggiunse nulla. La reazione dell'uomo era stata tanto immediata da risultargli invisibile. I riflessi con cui aveva alzato le braccia per prendere al volo i loro volti erano a uno stadio decisamente superiore a quello di entrambi, tanto che non riuscivano nemmeno a vedere bene i suoi movimenti.

"Siete voi a essere troppo lenti, abbiamo molto lavoro da fare." provocò infine Antonio, un sorriso compiaciuto ad albergare sul viso irsuto.

Somber e Dorothy iniziavano a sentirsi frustrati.

"Noi... siamo deboli. Quanto è frustrante la debolezza..." sussurrò il giovane, mordendosi il labbro per la rabbia. In quel momento gli venne in mente Mingtian. Probabilmente, avrebbe riso di lui se avesse visto la scena. L'odio che lei gli aveva tirato fuori poteva essere reale o forse no, ma se gli mancava la forza, di certo non aveva il diritto di provare emozioni del genere senza essere continuamente calpestato.

E questa, francamente, era una sensazione che lo demoralizzava non poco.

Anche Dorothy sembrava atterrita, ma al contrario si tirò su con uno sguardo determinato sul volto. "Antonio, continuiamo." affermò con durezza. "Abbattersi non serve proprio a nulla. Alzati, Somber!"

Il ragazzo la guardò, esterrefatto. Gli occhi della sua compagna parevano quasi brillare di luce propria.

"Siamo deboli, è vero. Non possiamo portare avanti i nostri ideali di vendetta e odio senza essere supportati dal potere. Proprio per questo adesso dobbiamo impegnarci: perché chi non ha la volontà di migliorare non ha diritto di portare avanti qualunque tipo di ideale!" Dorothy espresse la sua opinione con una fermezza e una ferocia che stupirono l'amico.

Erano parole di chi aveva sempre dovuto fare i conti con i propri limiti.

Visti da fuori, lui e Dorothy potevano apparire come due fenomeni, dei geni, ma la verità era che nella vita avevano subito molte più sconfitte che vittorie.

Proprio per questo motivo, le parole di Dorothy, così piene di speranza nonostante tutto, lo avevano fatto vergognare di essersi demoralizzato. Lei era forte. E Somber non poteva essere da meno, doveva esserlo anche lui per la sua compagna.

Si alzò e guardò dritto negli occhi Antonio. "Non fermiamoci." Rispetto a quello dell'amica il suo era appena un sussurro, un guaito. Ma era carico della stessa bruciante determinazione.

Antonio sospirò. "Il vostro è lo spirito giusto. Tuttavia, cercate di non strafare già dal primo allenamento. Ora, avanti, fatevi sotto."

Somber e Dorothy continuarono ad attaccare il marinaio per diverse ore, venendo puntualmente sbaragliati con maestria ogni volta che si avvicinavano abbastanza da entrare nel suo campo d'azione. Più andavano avanti, però, e più si abituavano alla forza e alla velocità nei movimenti del capitano, che verso la fine della giornata lamentava due graffi lungo le braccia e si era mosso di alcuni metri rispetto alla sua posizione iniziale.

La qualità dei movimenti e l'intesa tra i due erano migliorate vertiginosamente col passare delle ore. A un ritmo che si poteva anche definire anormale. Singolarmente erano talentuosi, ma insieme quei due potevano diventare degli autentici mostri, capaci di annullare ogni limite, nel tempo.

"Bene, per oggi può andare, direi. Avete fatto buoni progressi rispetto a inizio giornata. Domani continueremo." annunciò alla fine Antonio, congedandoli.

Dorothy gli si avvicinò, gaia, sorridendogli. "La ringrazio, maestro, mi sento molto migliorata!"

L'uomo rise. "Ma dai, chi l'avrebbe detto? Allora sei una ragazza dolce, Dorothy!" le posò una mano sulla testa, scompigliandole i capelli sudati.

Lei arrossì e, salutando entrambi i presenti, uscì dalla sala d'addestramento tutta contenta, affermando che doveva assolutamente fare una doccia dopo tutta quell'attività fisica e quei lividi subiti nelle ultime ore.

Antonio, tuttavia, notò che Somber era ancora lì fermo vicino al portone d'ingresso, a riflettere, e non si accingeva a seguirla.

"Qualcosa non va, ragazzo?" domandò.

"Niente che ti possa interessare." tagliò corto l'altro con freddezza, la solita chiusura ermetica nel tono di voce un po' nasale.

"Capisco, non sei obbligato a parlarne con me..." mormorò Antonio. I due rimasero lì senza dire niente, accolti dall'intimità del silenzio.

Sembrava strano, ma Somber si sentiva a suo agio in quell'atmosfera. La quiete calata sulla sala dopo l'allenamento rasserenava il suo animo, anche se non era solo quello. Era anche l'atteggiamento muto di Antonio. Come se quel suo costante tacere, unito al fatto che restasse comunque accanto a lui, fosse ciò di cui aveva bisogno per sentirsi meglio da tutti i pensieri che lo tormentavano. Per lui era più consolante quel comportamento che mille consigli o parole di circostanza.

"Quest'uomo..." pensò Somber. "Riesce a capire come comportarsi con chiunque. Dorothy ha spesso bisogno di affetto sincero e concreto, di sentirsi accettata, e lui le ha mostrato una facciata amichevole e scherzosa poco fa. In più, ha capito che io odio i consigli dati alla leggera, solo per riempire il silenzio di parole inutili e vuote, di falso interesse." Lo guardò nei suoi occhi castani. Quegli occhi che sembravano cordiali, e a tratti estremamente feroci, allo stesso tempo.

"Allora a domani." Salutò Il ragazzo. Per qualche ragione, gli era venuta voglia di andarsene. Forse per paura che quello sguardo potesse leggerlo dentro come aveva fatto Mingtian.

"Già, buonanotte, ragazzo." rispose Antonio.

Uscito dalla porta, Somber trasse un profondo respiro. "Francamente, quell'uomo ha qualcosa di spaventoso." mormorò, avviandosi verso la sua camera, attraverso il corridoio lungo tra le spesse pareti metalliche della nave.

Somber entrò nel suo alloggio, completamente esausto dopo la giornata di fatiche sia emotive che fisiche che aveva affrontato.

"Qua ci vuole un bel bagno." borbottò, tra sé e sé.

Si diresse verso il piccolo bagno sulla destra e scostò la tenda verdognola della vasca. Ma non era stato abbastanza attento da percepire il leggero alone appartenente alla figura presente al di là del tessuto.

Dorothy lo guardò con aria stupita dal basso, immersa nell'acqua tra la schiuma e le bollicine di sapone, i capelli legati in un tuppo a mostrare le sue spalle e il collo dalla pelle lattea.

"Pervertito! Volevi spiare, eh?!" gli urlò contro la ragazza, allarmata nel tono.

Somber corse fuori dal bagno all'impazzata, terrorizzato. "Ma chi ti guarda?!" le rispose, una volta fuori dalla porta.

Un grande bagnoschiuma volò verso la testa del giovane, procurandogli un voluminoso bernoccolo sulla fronte.

"Quindi non sono neanche attraente, adesso?!"

"Ora basta! Non voglio più condividere la stanza con una maniaca come te!" sbraitò lo spadaccino.

Dorothy uscì dal bagno in accappatoio, il disappunto dipinto sul suo viso schiarito dalla luce al neon bianca che permeava la stanza. "Tranquillo, tolgo subito il disturbo."

Somber inarcò le sopracciglia. "E dove andresti a quest'ora, stupida?"

"Dormo da Summer. Cosi la smetti di insultarmi." Dorothy mise il broncio.

"Fa' pure, starò più tranquillo." sbottò lui di rimando.

"Bene. Ora girati, devo vestirmi."

Somber sbuffò, mentre la ragazza alle sue spalle frugava nei cassetti della cassettiera accanto al bagno, causando un gran disordine mentre gettava alla rinfusa vari panni qua e là, evidentemente alla ricerca di un indumento in particolare.

Dorothy era andata spesso nella camera di Summer da quando era iniziato il viaggio, e ogni volta tornava con un'aria molto serena. Quella che ormai per lei era un'amica, quasi una sorella maggiore, le parlava di ciò che ricordava dei suoi genitori, e così si era formato un legame molto stretto tra le due.

Spesso, però, la sera Somber vedeva Dorothy affondare la faccia nel cuscino, forse piangendo. Il suo modo di sfogarsi, aveva pensato il ragazzo. Di liberarsi dalla malinconia e dal senso di vuoto, da qualcosa di perduto che quelle storie le trasmettevano.

Sentir parlare di persone che l'amavano senza riserve e in maniera incondizionata, e allo stesso tempo immaginarli come sconosciuti per il fatto di non avere nessun ricordo legato a loro, doveva essere un macigno gravoso da sopportare. Specie per una come lei, che non conosceva l'amore di una madre, o un padre.

"Almeno lei si sfoga, a differenza mia." rifletté il ragazzo.

Più volte aveva pensato che parlare con Dorothy di sé stesso lo avrebbe aiutato, ma alla fine non aveva mai saputo cosa dire per iniziare la conversazione e aveva lasciato perdere.

Proprio come a Dismal, quando la osservava da lontano senza interagire con lei. Quando ne ammirava il candore contrapposto alla sua ombra perenne e, proprio come l'oscurità con la luce, non era in grado di creare un contatto che non fosse un'eterea, intangibile dipendenza con lei.

"Ora puoi girarti." lo avvertì Dorothy, con più dolcezza nella voce.

E Somber intuì il perché.

la giovane indossava il maglione blu che le aveva lasciato Alex il giorno della partenza, e un'espressione molto felice risiedeva sul suo volto dalle guance arrossate. Se lo stava stringendo al petto per qualche secondo, come faceva sempre.

"Ma guardati, sei davvero una ragazza dolce come ha detto Santos." la schernì Somber, per alleggerire l'atmosfera.

"Sta' zitto..." rispose lei, imbarazzata. "Allora vado, ci vediamo domani." aggiunse, il tono intenerito.

Somber le rivolse un cenno, poi la guardò uscire.

Rimase solo.

Nemmeno il tempo di sospirare, però, che dopo qualche secondo udì tre rintocchi fuori dalla porta. Qualcuno stava bussando.

"Che c'è, hai dimenticato qualche altro cimelio di Alex?" scherzò Somber.

"Sono Mingtian, ti va se entro?" canticchiò invece la ragazza fuori dalla porta.

"Ma che vuole?" pensò Somber. Una leggera ansia iniziò a martellargli il petto, non sapeva spiegarsi bene perché.

Decise di ignorarla.

"Posso parlare anche da dietro la porta. Mi sa che ti torturerò per ore da qui fuori, parlando tutto il tempo. Magari canto anche una canzoncina, che dici?" iniziò lei.

"E sta' zitta! Ma che hai che non va?"

"Non lo so, tu che mi dici?"

Ancora quelle parole. Cos'era, un disco rotto?

"Vattene."

In tutta risposta, Mingtian intonò un motivetto fastidioso dal ritmo marinaresco che riecheggiò per tutto l'ambiente, insistente nonostante passassero secondi senza che ottenesse alcuna risposta.

"Va bene, va bene. Dimmi ciò che hai da dire." Alla fine, Somber non ne poté più e le aprì la porta.

La ragazza dai vaporosi capelli verdi acconciati in una frangetta entrò nella stanza con un sorrisetto compiaciuto e la sua solita aria furbesca. Era molto bella e delicata d'aspetto, su questo non si poteva obiettare.

Somber vide che un ragazzo con la divisa nera da membro dell'equipaggio che passava di lì lo guardava dall'esterno, stranito.

"E tu che vuoi? Dai, smamma."

L'altro fece come Somber gli aveva ordinato, sempre fissandolo in modo strano per qualche istante, prima di dileguarsi nel silenzio.

"Ma che avrà pensato?" mormorò Somber. Di certo vedere una ragazza che entrava nella sua cabina in serata poteva essere oggetto di molti scenari fantasiosi, questo lo doveva concedere.

Scosse la testa, cercando di non pensarci, e si rivolse quindi alla ragazza che si era seduta su un basso comodino, accanto al letto a castello di ferro che condivideva con Dorothy.

C'era solo una finestra in quella cabina, sulla parete in fondo, proprio sopra quel comodino, ma in quel momento le tapparelle erano chiuse e non si poteva ammirare il mare all'esterno.

"Allora, cosa vuoi comunicarmi a quest'ora?"

"Volevo solo scambiare quattro chiacchiere, mi sento così sola..."

"Non fare la vittima." Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.

"Di certo sei più bravo tu in quello, no, Somber Blacklight?" ribatté all'istante lei.

"Che lingua tagliente, che hai. E sentiamo, perché lo sarei?" Somber incrociò le braccia e si appoggiò di schiena alla parte superiore del letto.

Mingtian gli mostrò un sorrisetto maligno. "Beh, non ti sfoghi mai con nessuno, Somber caro. A differenza della tua amica che è sincera con i suoi sentimenti, tu non parli. Per questo ci sono qui io a ripassarti per bene."

"Sei una stalker o cosa?"

"Sono un'osservatrice, io mi accorgo di tutto quello accade qui intorno. E poi, non mi sembra che la mia presenza ti dispiaccia, o sbaglio? Non mi troverai mica brutta?" assunse, un'espressione ferita palesemente falsa stampata sul viso.

Somber sospirò. "Sei proprio strana, lo sai?"

"Se non lo fossi, non starei qui a parlarti."

"Che vuoi dire?"

"Niente di che... la verità è che ti trovo affascinante, caro Somber, e mi piace ascoltare i tuoi sfoghi, tutto qui." Il mento della marinara fu posato con eleganza sul palmo della sua mano, mentre scrutava con sguardo ipnotico ogni parte del corpo del Guardian

"Anche tu sei sincera con te stessa, sembra." disse lui. Faticava a ricambiare lo sguardo, si rese conto. Eppure, lui non aveva mai avuto con nessuno quel tipo di problemi. E di certo non gli era mai mancata l'autostima, almeno non quella per i rapporti interpersonali.

"Per forza, ci sei già tu come indeciso cronico. Però ti piacerebbe essere come Dorothy, vero? Poter esprimere quello che provi in modo da metabolizzarlo, da poterci convivere meglio."

Somber esitò.

Lo voleva, era vero. Ma non ci riusciva con Dorothy, perché con questa ragazza che conosceva a malapena invece avrebbe dovuto farcela?

Forse perché era lei a stimolarlo, a iniziare la conversazione, senza che lui dovesse sforzarsi di farlo. E poi sembrava capirlo così bene, era come se Somber la conoscesse da molto tempo.

Dorothy invece rispettava fin troppo il suo ermetismo, non provava abbastanza a tirar fuori ciò che pensava, forse perché lo rispettava troppo. O magari perché era troppo concentrata su sé stessa, a esprimere i suoi sentimenti come un fiume in piena, per dedicarsi a leggere la sua interiorità. Non la biasimava: scoprire sensazioni nuove dopo anni di aridità interna estraniava la mente e la chiudeva in una gabbia emotiva dominata dal torpore della novità.

Era difficile concentrarsi sugli altri, se non si capiva appieno sé stessi. D'altronde, questo valeva anche per lui. Ma, a differenza dell'amica, lui non sapeva focalizzarsi nemmeno su di sé.

"Sì..." confessò alla fine Somber, con decisione, alla domanda precedente di Mingtian.

"Un bel passo avanti, direi, sono lusingata da questa tua fiducia nei miei confronti..." esclamò lei, sempre in tono sarcastico. "Finalmente ammetti la tua repressione!"

"Sei troppo cruda."

Mingtian ridacchiò, senza rispondere. "Sarà meglio che vada ora, caro Somber, la prossima volta mi parlerai più a fondo di tutti i tuoi tormenti e rimpianti." socchiuse gli occhi, con una strana espressione avida. "Col tempo ti tirerò fuori tutto..."

L'ultima frase metteva quasi paura per com'era sinistro il tono in cui era stata pronunciata.

Mingtian si diresse verso la porta, spalancandola senza attendere l'altro.

"Tornerai ancora, dunque?" chiese Somber, prima che lei sparisse. Si odiò per l'urgenza con cui aveva pronunciato quella domanda a bruciapelo.

"Non lo so..." sorrise lei, fissandolo ironica da sopra la spalla. "Tu che mi dici?"

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