La Serpe Bianca

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Di notte, la vecchia aula ammuffita dei Sotterranei di Hogwarts, schiarita dalla debole luce delle candele, sembrava più spettrale del solito. Trevor si sentiva pallido come un cencio. Il sangue scorreva veloce soltanto nelle gambe, per prepararlo alla fuga.

Nessuno lo aveva mai invitato a una riunione dei Figli di Salazar prima d'ora. Quando però Orella lo aveva fermato dopo colazione e gli aveva detto di presentarsi all'appuntamento a mezzanotte, il mago non era rimasto sorpreso.

Orella e Lily erano arrivate prima di lui, parlavano tra loro a bassa voce e non prestarono attenzione a Trevor quando arrivò. Lily era nervosa, si tormentava i capelli, incastrandoli tra le dita e creando delle onde. Non si era ancora ripresa dalla sconfitta contro Rose, la catastrofe in cui aveva perso la preziosa Bacchetta Invincibile.

Pur sembrando strano, le due potenti streghe non si erano accorte che il responsabile della sconfitta era stato proprio lui. O forse non volevano accettarlo. Era un colpo all'orgoglio ammettere di essere state battute da qualcuno come Nott! In ogni caso, Trevor si era finto svenuto prima che anche loro si svegliassero, e questo aveva generato altra confusione.

Quando non poterono più ignorare la sua presenza, le ragazze smisero di bisbigliare e concentrarono i loro sguardi torvi su di lui.

"Eccolo qua, la nullità che invece di coprirci le spalle si fa mettere al tappeto come un Babbano!" Esclamò Lily, ignorando il fatto che a lei fosse capitata la stessa cosa. "Spiegaci un'altra volta com'è successo!"

Trevor deglutì. La botta in testa aveva cancellato dalla memoria di Lily gli ultimi istanti prima dello svenimento, per questo era riuscito a convincerla di avere soltanto spiato l'accaduto attraverso la porta socchiusa.

"Stavi per attaccare Rose, ma lei ti ha preceduto. Sei caduta indietro, hai battuto la testa e sei svenuta. Tua cugina ti ha rubato la Bacchetta, poi ha attaccato Orella alle spalle e infine me. Non ho potuto a fermarla, è accaduto tutto così in fretta..."

"Figuriamoci! Poveri noi, legati per la vita un tale perdente!" Lily era così esasperata che puntò una delle candele con la bacchetta e la fece esplodere. Pezzi di cera calda schizzarono dappertutto. "Che disastro! Ora non abbiamo più l'Invincibile, e Scorpius tornerà a tormentarci!"

Orella si grattò di dosso la cera dai vestiti, e rispose:

"Albus ha riavuto il libro, possiamo crearne un'altra. Febbraio si avvicina! Sarà più facile, ora che sappiamo come si fa."

"Stronzate!" Strillò Lily. "So com'è andata l'ultima volta. Toccherebbe a noi incastrare l'Unicorno, ma ci serve un'esca, e noi non ce l'abbiamo! E poi, Dylan è esausto. Ha lavorato a quella bacchetta per un anno intero, non ce la fa più!"

Orella si grattò scioccamente la fronte:

"Beh, comunque Scorpius è fuori dai giochi. I ragazzi hanno distrutto la Pozione di Malfoy e lo hanno lasciato a mani vuote. È già qualcosa."

Guardando il viso triste di Lily, Trevor capì che si sentiva molto in colpa. Se avesse impiegato meno tempo a parlare con Rose, se fosse stata più veloce, avrebbe certamente sconfitto la cugina impreparata alle Arti Oscure. Non avrebbe più avuto alcuna memoria sui Figli di Salazar, se fosse stata Obliviata con l'Invincibile. Ma Lily invece era stata battuta.

"Ci vendicheremo, questo è certo." Sbottò la strega dai capelli rossi. "Se almeno riuscissi a convincerla a passare dalla nostra parte..."

"Non potrebbe mai accadere." La interruppe Trevor. "Te l'ha già detto cosa pensa di te, l'ho sentito da dietro la porta."

La sua insolita sicurezza aveva attirato l'attenzione delle due ragazze, ma per una volta il giovane Nott non ebbe paura delle conseguenze. Ammirava Rose così tanto che non voleva fingere il contrario.

"Potrebbe cambiare idea." Rispose Lily, diffidente. "Comunque, tra pochi mesi ci sarà la tua Prova di Coraggio, o sbaglio? Vedi di mantenere quella sicurezza anche per allora."

Orella rise di lui, quando lo vide perdere di nuovo spaventato. La Prova di Coraggio. Con gli eventi degli ultimi mesi, se n'era quasi dimenticato. Non sapeva di preciso cosa fosse, ma sapeva che tutti i Figli di Salazar ne avessero affrontata una al compiere dei diciassette anni, e sospettava che a lui non sarebbe piaciuto affatto.

Anche il compleanno di Lily doveva essere pericolosamente vicino. Rose doveva sbrigarsi a parlare agli Auror e a salvarlo, prima che fosse troppo tardi.

*

Tre mesi dopo

Ogni cosa nel cimitero dei Malfoy era avvolta nel placido silenzio di un sottile strato di nebbia. Draco udiva appena i versi lontani degli uccelli notturni, offuscati dal suono del suo stesso ritmo cardiaco.

La lapide marmorea di suoi rifletteva i raggi pallidi della luna piena. Draco osservò malinconico la pietra nera per l'ultima volta, prima di afferrare una pala, conficcarla nel terreno con l'aiuto di un piede e iniziare a scavare. Da qualche parte doveva esistere un Incantesimo in grado di svolgere lo stesso lavoro e di portarlo a termine molto più in fretta; lui però preferiva fare da sé. C'era qualcosa di catartico nel rimuovere la terra al di sopra della bara, era un gesto simbolico di cui sentiva di avere bisogno. Ogni zolla che veniva via liberava qualcosa anche nella sua anima. Guadagnandosi con fatica il dono che stava rubando all'aldilà, ripuliva quegli angoli bui della sua coscienza che ancora gridavano all'errore.

Non ci volle molto perché il metallo colpisse il massiccio legno nero in cui riposava Scorpius. Draco trattenne l'emozione, ma a quel punto usò la Magia perché la pesante cassa si sollevasse dolcemente dalle profondità del suolo. Pietre e zolle precipitarono nel vuoto lasciato dalla bara levitante.

Draco la fece adagiare davanti ai suoi piedi, accanto alla lapide, il cui epitaffio brillava ancora della frase che lui stesso aveva scelto per Scorpius come simbolo di speranza: non c'è limite che la Magia non possa valicare.

Puntò la bacchetta sulle spranghe di ferro che sigillavano la bara, si coprì il naso e l'aprì tremando.

Il tempo era stato clemente con Scorpius. Sebbene smagrito e ridotto fino all'osso negli zigomi e in ciò che era visibile delle mani, il ragazzo sembrava ancora se stesso. Soltanto capelli e unghie erano cresciuti di alcuni centimetri, dandogli l'aspetto raccapricciante di un vampiro a riposo.

Draco era pronto a compiere il Rito di Resurrezione. Aveva portato il suo calderone, sigillato con un coperchio che impediva il rovesciamento del prezioso intruglio realizzato con sangue paterno ed essenza di serpente.

Lo aprì e si concentrò a versare il contenuto denso all'interno della cassa. L'odore del sangue e della decomposizione si mischiarono in un risultato nauseabondo. Attento ad eseguire ogni singolo dettame tracciato dal libro di Clodoveo, Draco procedeva passo per passo senza sfiorare il pensiero dell'obiettivo finale. Ogni distrazione poteva essere fatale.

La Pozione della Resurrezione andava versata su ogni singola parte del cadavere, fino a ricoprirlo per intero. Una volta fatto, Draco recuperò la Bacchetta Invincibile dalla tasca e la impugnò. Puntando l'infallibile arma contro la salma imbrattata dalla Pozione, pronunciò una formula arcaica e tenebrosa che aveva il suono di un lungo sibilo.

Una scintilla di luce arancione si infranse sul corpo inerme di Scorpius. Si espanse intorno ad esso, ampliandosi in lunghi filamenti che avvolsero il cadavere in un grosso bozzolo incantato. La pesante cassa tremò. Draco rimase in attesa, sentendosi molto turbato.

Il magico bozzolo scomparve all'improvviso, liberando il ragazzo dalle sue spire sottili. Scivolando via, la magia lo aveva ripulito dal sudiciume che la pozione aveva impresso sui suoi resti. La bara riprese a tremare. Scorpius era ancora uno scheletro privo di vita, ma c'era qualcosa attorno a lui che faceva oscillare le sue ossa. Draco si avvicinò a guardare: un enorme pitone bianco strisciava tra le gambe del cadavere con movimenti sussultori. Il serpente attraversò il corpo, passando sopra la veste nera, e quando arrivò davanti al cranio si fermò: la sua lingua biforcuta tastava l'aria. Infine scattò in avanti, insinuò la testa tra le labbra molli del ragazzo e gli scivolò in gola.

Draco fece un balzo indietro, inorridito, mentre osservava il lungo muscolo fatto di scaglie bianche farsi largo tra le fauci allentate del cadavere. Il serpente andò avanti finché non venne completamente inghiottito. Non rimase altro che silenzio.

Avvicinandosi ancora una volta alla bara, Draco sperò di cogliere i segni del cambiamento tanto desiderato, ma nulla accadeva. Nel suo libro, Clodoveo aveva descritto i passaggi del Rito con cura e dovizia di particolari, ma non aveva detto nulla su quanto sarebbe accaduto dopo. Probabilmente perché lui stesso non l'aveva mai scoperto. Clodoveo aveva solo raccolto - rubato - le conoscenze oscure di maghi migliori di lui. Chi per primo aveva riportato in vita la persona amata, aveva custodito per sé i momenti più delicati e fondamentali di quella trasmigrazione di anime.

Draco iniziò a dubitare di ciò che aveva fatto, ma a quel punto vide accadere qualcosa. La veste di Scorpius assunse una forma piena e le mani del ragazzo divennero carnose a vista d'occhio; laddove la morte era stata spietata, però, erano comparse delle incredibili squame bianche. Il viso, un tempo splendido, venne a sua volta tappezzato di squame, che trasformarono guance, zigomi e naso in una maschera a chiazze casuali.

Draco osservò con sgomento il corpo modificato del figlio aprire gli occhi e rialzarsi con uno scatto energico dalla bara in cui aveva riposato per mesi.

"Ce l'hai fatta." Esclamò Scorpius, la faccia mostruosa stirata in un sorriso glorioso. "Sapevo che non eri soltanto un completo perdente."

Suo figlio era risorto. Draco aveva vinto la Morte! Se c'era qualcuno che poteva definirsi Padrone della Morte, quello era senz'altro lui! Eppure non provava nulla. Osservando l'essere serpentesco di fronte a sé, il mago provava solo terrore e la martellante sensazione di avere commesso un errore irreparabile.

"Ho aspettato tanto questo momento." Esclamò Draco, che stava ancora studiando cautamente il cadavere tornato in vita, cercando di scorgere alla luce della luna ogni dettaglio del suo cambiamento. "Tu eri... da qualche parte? C'era tua madre con te?"

Desiderava notizie di Astoria tanto quanto aveva desiderato rivedere suo figlio. Aveva sempre avuto la sensazione di avere deluso sua moglie. Non solo sentiva di non averla amata abbastanza, ma alla sua morte e dopo avere perso il controllo su Scorpius, aveva permesso a entrambi di allontanarsi da ciò che Astoria avrebbe voluto per loro. Sperava adesso di essere stato perdonato.

Scorpius si rabbuiò. Stiracchiò il collo e girò intorno al padre per raggiungere il luogo di sepoltura della donna che l'aveva messo al mondo.

"Avrei voluto incontrarla, ma non ho potuto. Qualcosa me lo ha impedito." Spiegò, e ne era affranto, per quanto le sue fattezze di mostro gli permettessero di esserlo. "Lei è andata oltre. Non credo di essere stato in paradiso, ma non mi trovavo nemmeno all'inferno. Era più un limbo, in cui non ho fatto altro che aspettare che tu mi salvassi."

"I morti possono sentirci?" Gli domandò Draco, commosso. "Ci osservano?"

Scorpius continuò a fissare il nome di Astoria, stampato sulla fredda lapide.

"No. Lo sai, è strano come funzionino le cose lassù. Il tempo scorre diversamente, la percezione della vita cambia. Io non potevo vedere cosa succedeva sulla Terra, ma avvertivo le emozioni di chi ho conosciuto. Le tue erano le più forti. Non sapevo che mi amassi così tanto."

Malgrado le apparenze e i soliti modi arroganti, Scorpius aveva parlato a suo padre con rispetto e persino con una punta di ammirazione. Non era mai accaduto. Proprio come Draco aveva sperato, sembrava che l'esperienza della morte avesse reso suo figlio più maturo. Restava però qualcosa in lui che non lo tranquillizzava affatto.

"Sei davvero tu?" Indagò prudente. "Sei vivo o sei una sorta di Inferius?"

Scorpius prese una pietra e la lanciò sulla lapide nera sulla quale erano incisi il suo nome e cognome: si scheggiarono entrambe. Il ragazzo usò una delle schegge più affilate per incidere la propria pelle, in un punto del polso che era libero dalle squame. Un rivolo di sangue rosso scuro scivolò dalla ferita.

"Si direbbe che io sia vivo. Grazie, padre. D'ora in poi sarà tutto diverso."

*

Tre mesi erano bastati a riportare la vita di Rose alla normalità. Nella lotta per il proprio futuro che troppo spesso aveva combattuto con sua madre, aveva vinto lei: ormai lavorava a Diagon Alley al negozio di famiglia, e lo considerava rilassante. Doveva solo stare alla cassa o in magazzino a stilare l'inventario. Era facile, eppure abbastanza impegnativo da non darle il tempo di pensare.

Doveva però ammettere che sua madre aveva ragione e che la vendita al dettaglio non la stava valorizzando abbastanza. Era però il piccolo prezzo da pagare in quei giorni difficili in cui si sentiva stanca e di cattivo umore, e in cui voleva solo stare da sola.

Piangeva per Draco ogni notte, ma di giorno faceva finta di stare bene per non far preoccupare la famiglia. Non lo aveva più sentito, né aveva avuto sue notizie, e il suo orgoglio ferito le impediva di cercarlo anche quando la nostalgia si faceva molto forte. Poteva soltanto supporre che i preparativi per la Pozione della Resurrezione fossero andati avanti e che fosse quasi pronta. Forse, quel giorno lui l'avrebbe cercata. Rose lo aspettava con ansia e incertezza.

Tornata a casa da lavoro, Rose risalì nella sua stanza e andò sdraiarsi a letto. Era stanca. Aveva le caviglie gonfie e così tanto sonno che a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti. Il maglione di lana rossa cucito da nonna Molly scivolava su di lei come una grande coperta. Poggiò la testa al cuscino, si accucciò tra le pieghe dell'indumento e chiuse gli occhi.

Quell'attimo di pace, in cui aveva cercato di dimenticarsi della catalogazione, degli ordini da inviare ai fornitori e della silenziosa ma costante delusione della madre, venne interrotto dal suono familiare di uno scoppiettio.

"Signorina Rose! Dobbiamo andare!"

La strega riaprì gli occhi, palpitando, e vide la testa glabra di Aiden l'elfo domestico. La piccola creatura saltellava da un piede all'altro, in preda alla solita agitazione. Rose non riusciva a crederci. Stava già accadendo? Si portò seduta così in fretta che ebbe un capogiro.

"Aspetta, dove?" Gli domandò, toccandosi la fronte con aria confusa. "Sono passati mesi. Il padrone è riuscito...?"

"Sì!" Esclamò l'elfo. Il suo entusiasmo era incontenibile. "Ha chiesto di te!"

Lo stomaco di Rose fece le capriole. Voleva correre in bagno a vomitare, ma non ne aveva il tempo. Tenne la bocca ben chiusa, cercando di calmare le palpitazioni che aumentavano e annebbiavano la sua mente.

"Draco ha chiesto di me? O Scorpius?" Domandò, quando riuscì di nuovo a parlare. Pronunciare il nome del suo ex ragazzo la faceva sentire strana. Non solo suonava sgradevole, ma era anche terrorizzata dal pensiero che un morto così perverso e malvagio potesse chiedere di lei.

"Vogliono tutti rivederti, signorina Rose." Spiegò Aiden, saltellando. "Abbiamo bisogno di te!"

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