Inganno clandestino -4-
Ti salverà.
Ti salverà quel piccolo spiraglio di luce che nel mezzo del tuo cammino hai trovato, magari per sbaglio, magari per fortuna.
Ma ti salverà.
Annie.
AnnieLuise.
Seduta al tavolino di un bar fissavo i passanti che trafficavano davanti ai miei occhi. Cacciai un sospiro e mi massaggi il collo ancora intorpidito dalla notte insonne trascorsa.
Era passata una settimana dall'ultima volta che avevo visto George, non si era rifatto vivo ma sapevo che a breve sarei stata costretta a rivederlo, lui voleva quei soldi e d'altra parte non avevo alcuna intenzione di coinvolgere la polizia o qualsiasi altra pratica legale come sporgere una denuncia, ad esempio. Non avevo idea di dove poter sbattere la testa, non riuscivo a trovare un rimedio, non era facile trovare tutti quei soldi in poco tempo, una fotografa alle prima armi seppur impiegata per una band famosa non poteva richiedere così tanto denaro, io non potevo chiedere così tanto denaro. Mi sarei dovuta arrangiare in altri modi ma ogni soluzione mi sembrava riportare all'unica che avrei seriamente dovuto prendere in considerazione: La benedettissima polizia.
"Posso portarle qualcos'altro signorina?" Un cameriere alto poco più di un ragazzo standard, dalle iridi verdi tendente allo smeraldo si chinò garbalmente verso di me mostrandomi un sorriso a trentadue denti.
"No, apposto così grazie."
"Come desidera." Sorrise dileguandosi con un vassoio argentato e al di sopra la tazzina ormai vuota del caffè che avevo bevuto poco prima.
In lontananza sentii un gruppo di ragazzi che stavano cantando a squarciagola Don't stop 'til you get enough mi venne spontaneo un sorriso.
Ma tornai subito a sospirare, a pensare, a crogiolarmi e piangermi addosso come se poi mi sarebbe servito a qualcosa.
"Dolcezza." Riconobbi la voce proveniente dalle mie spalle.
"Ma tu guarda, allora esci da quella tana?"
"Ei, si sta bene in quel bosco." Mi sorrise.
Era Mark.
Ricambiai il sorriso e lo invitai a sedersi al mio fianco, cosa che non si fece ripetere due volte.
"Posso offrirti qualcosa?"
"Ma smettila vah, non te lo chiederei mai. E comunque ho già preso un caffè."
Mi guardai scaltra intorno, voltando gli occhi da destra a sinistra più volte e mi avvicinai lentamente al suo viso. Il suo sguardo si fece preoccupato, sgranò gli occhi buttando lentamente all'indietro il collo.
"Avvicinati! Non posso urlare." Bisbigliai.
Così, sempre titubante, fece.
"Che c'è?"
"Ma tu... Puoi, sì ecco, puoi uscire? Non ti saltano addosso sapendo che sei amico di Mi-" Mi ritrovai la mano di Mark sulla bocca che tentava di coprire le mie parole.
"Lo faranno se adesso pronunci il nome." Levò la mano. "Non mi conoscano nemmeno i suoi genitori, figurati se mi conosce la gente qua fuori. So essere discreto." Sì pavoneggiò facendo finta di spolverare la spalla della sua giacca.
"Pavone."
Mi mandò un bacio.
"Piuttosto, preparati ad essere assalita tu non appena scopriranno chi sei." Ironizzò.
"Andiamo, a chi frega di chi fa le foto ai Jackson's?"
"Tu, mia cara dolce fanciulla, non conosci ancora bene i loro fan. Credimi, alcuni di loro fanno paura... Sanno davvero tutto, ogni singola cosa. Mi chiedo come facciano."
Sorrisi.
"La mia migliore amica è una loro fan, non scordarlo." Sorrise. "Devo andare, ho alcune cose da comprare, sennò rischio di fare tardi." Mi alzai
"Vuoi compagnia?" Mi domandò alzandosi a sua volta.
Infondo conoscere meglio il migliore amico segreto di Michael non era una cattiva idea, magari sarebbe sorta un'altra amicizia per me. E avere amici non mi avrebbe fatto male in quel periodo.
"Certo, se non hai di meglio da fare ovviamente."
"Beh avrei da lustrare il bellissimo parquet della mia villa in stile francese con piscina e campo da tennis, ma può anche aspettare quella."
Risi di gusto.
Pagai il mio caffè e ci avviammo verso il supermercato, che per mia sfortuna non si trovava per niente vicino.
"Allora, che mi dici di te?" Domandai al ragazzo biondo.
"Agente di polizia sotto copertura, sto cercando una ragazza ricercata sotto sette stati accusata di avere una bellezza disumana, per caso è lei signorina..." Rifletté un attimo. "Pardon, il tuo cognome?"
Risi a crepapelle.
"Hamilton."
"Ottimo. Per caso è lei signorina Hamilton?"
"Beccata. Mi arresti." A sua volta scoppiò in una sonora risata. "Adesso seriamente, che mi dici di te?"
Mise la mani in tasca.
"Che c'è da dire? Mia madre è morta dandomi alla luce, mentre mio padre, lui era apposto all'inizio, poi non si sa perché è diventato un ubriacone che non tornava mai a casa. In realtà so il perché, conosceva un uomo, che per di più aveva un figlio della mia età e che non sopportavo, che si ubriacava in continuazione, non era sobrio nemmeno la mattina. Conoscendo persone sbagliate, si entra in giri sbagliati. Mi sono trasferito in quella topaia a quindici anni, forse, ed è così che poi ho incontrato Michael. Passeggiava lì davanti nella speranza di trovare qualcuno che non lo conoscesse, qualcuno disposto ad essergli amico per la persona che è, qualcuno con il quale parlare senza che svenisse sul colpo. E bam, ha trovato me. "
Deglutii.
"Mi dispiace molto Mark."
"Ma ti pare? Io sto benone, di mio padre non mi interessa molto. Ha fatto le sue scelte, ne è responsabile. Me la cavo bene da solo e da quando conosco Michael me la cavo anche meglio." Gli sorrisi.
Era davvero una splendida persona Michael.
"Sono sicura che è così."
Mi ricambiò calorosamente il sorriso.
-
Una volta preso quello che dovevo prendere Mark si offrì di riaccompagnarmi fino a casa, gesto che accettai con molto piacere.
Nella strada del ritorno parlammo del più e del meno, cercammo di conoscerci un po' meglio e fu una sorpresa per entrambi scoprire che ci trovavamo piuttosto bene, era piacevole parlare, non ne ero certa ma dentro di me sentivo che sarebbe nata una bella amicizia.
"Accidenti!" Urlai dopo aver controllato la busta.
"Che succede?"
"Ho dimenticato il sale... Mia madre mi uccide, non avevo scritto la lista perché dicevo di ricordarla a mente ed invece ho dimenticato il sale..." Rufolai all'interno della busta. "E anche lo zucchero... Che idiota." Si mise a ridere.
"Che ridi? Sono disperata!"
"Eddai non essere tragica, fermiamoci qui e prendiamo quello che troviamo." Mi indicò un alimentari poco più avanti ed io mi mostrai del tutto sfatta. "E va bene, aspetta qui, vado io."
"Davvero?"
"Solo perché sei amica di" si avvicinò "Michael." Bisbigliò per poi sorridere, cosa che ricambiai.
Lo osservai mentre si allontanava, pensando che era proprio il tipo di amico che serviva ad una persona come Michael. Ero certa che stessero davvero bene con l'amicizia l'uno dell'altro.
Come me e Stella, o con Max, ai suoi tempi.
"Chi si rivede, finalmente." Mi voltai scattando sull'attenti. "Credevo ti fossi uccisa, ero preoccupato per il mio denaro."
"Il denaro che vuoi senza motivo intendi dire."
Mi sorrise.
George.
Quando pensi al diavolo, passa il diavolo... Giusto?
"Mi spetta quel denaro, e se legalmente dovrebbe o meno essere mio conta poco. Piuttosto di questioni giuridiche, quando pensi di darmeli? Quando sono passato ad altro mondo?"
"Spero avvenga presto onestamente." Dissi a denti stretti.
"No, no, no bambina." Mosse il suo indice vicino al mio viso. "Non si dice."
"George non ho tutti questi soldi... Io-"
"Non hanno il sale lì dentro, temo che dovremmo tornare indiet..." Si fermò Max a fissare George.
D'altro canto, egli fece lo stesso.
Rimasero in quella posizione per molto tempo fissandosi silenziosamente, mostrando stupore acuto.
Cominciai a non sentire più il respiro.
"Marloon?" Emise a malapena George.
"Ma tu guarda esteticamente sei sempre uguale. E a distanza di anni sei ancora il solito coglione che importuna le persone?" Rispose Mark.
Non potevo fare a meno di pensare a cosa stesse succedendo. Rimasi scioccata.
Perché parlavano come se si conoscessero di vecchia data?
"Anche tu sei sempre cosi orripilante, e non stavo mica importunando, stavo discutendo di affari."
"Me lo immagino. Eri già un rompicazzo in tenera età, non oso immaginare cosa tu sia diventato ora."
"Ma io oso immaginare come sei tu adesso, un povero straccione che vive in mezzo alla strada, dico bene? Scappare di casa... Che mossa idiota giovane Mark."
Mark mise una mano dietro la mia schiena, scostandomi leggermente all'indietro verso di lui notando che ero rimasta scioccata, incapace di dialogare o anche solo di pensare.
"Annie che ci fai con questo deficiente?" Mi chiese il ragazzo biondo.
"Sono il suo ex ragazzo, e mi deve dei soldi. Ma non sono affari tuoi straccione."
"Chiudi la bocca da solo o preferisci che sia un cazzotto a fartela chiudere?"
Ghignò George.
"Ti eccitano i violenti, eh Annie?" Deglutii scombussolata da tutto quello che stava succedendo troppo in fretta. "Pensavo stesse solo scherzando quel giorno Stella, ed invece è proprio così. Complimenti, uno straccione, proprio un buon partito." Mi si avvicinò. "Non fare scherzi, dammi i miei soldi e chiudiamola qui. Mi hai proprio scocciato Hamilton." Sistemò la sua giacca.
"Un piacere rivederti Marloon, saluterò tuo padre." Fece per andarsene.
Sì rivoltò d'un tratto, portò una mano alla bocca e finto sorpreso mimò un ops. "Gli porterò dei fiori magari." Sorrise e se ne andò.
"Mente, mio padre è vivo e vegeto ne sono certo." Si voltò verso di me. "Quando parli del diavolo quello si pres-" Vide il mio sguardo e si immobilizzò. "Ei, Annie." Mi scosse leggermente.
"Come..." Sospirai. "Com'è possibile che tu..."
"Il figlio dell'uomo che ha indotto mio padre al bere e all'autodistruzione, è davvero una coincidenza averlo trovato qui e adesso dopo avertene parlato da poco. Non lo vedevo da anni, è vero che non sono mai passato da qui spesso, ma quelle volte che sono passato non l'ho mai visto."
Non era davvero possibile.
Ogni cosa che facevo mi portava a George, sembrava una condanna, un chiaro segno del destino che una vita tranquilla che non fosse più incasinata di quelle stupide storie incestuose non l'avrei mai avuta.
Quanti siamo nel mondo? Perché proprio lui doveva essere... Perché proprio lui.
"Annie, di cosa stava parlando? Sei davvero stata insieme a quell'imbecille?" Mi toccò lievemente la spalla e a quel tocco saltai in aria. "Annie..."
"Vado a casa." Dissi velocemente.
Non gli diedi modo di rispondere e mi dileguai, correndo in lacrime, ancora turbata, da mia madre.
[Seconda parte.]
Michael.
L'orologio segnava le nove di sera, la casa era silenziosa e parecchio taciturna in quanto tutti i membri vi erano andati a dormire.
Così, come al mio solito, decisi di svignarmela per qualche oretta per poter andare a trovare il mio migliore amico Mark.
Bussai alla sua porta, aspettandomi il suo solito sciocco e ironico chi è? Quando sapeva che ero per forza io, dato che nessuno conosceva la sua esistenza e la sua -abitazione se così poteva essere chiamata- all'interno del bosco vicino a casa mia, ma così non fece.
Aprì subito e turbato mi fece sedere.
"Mark, che succede? Hai una faccia."
"Non hai idea di chi ho rivisto."
"Chi hai rivisto?" Domandai molto preoccupato.
"Ti ricordi il figlio di quell'uomo bastardo che ha rovinato mio padre?" Annuii. "Ecco, l'ho rivisto. Ero in città con Annie e-"
"Aspetta cosa?"
"Stavo dicendo, ero in città e-"
"No, hai detto che eri con Annie?" Mi guardò con gli occhi sgranati, e poi mi diede una dolce spallata amichevole.
"L'ho incontrata per caso e le ho fatto compagnia. Non fare il geloso, sai che non c'è bisogno."
"Ma che geloso, è che non mi aspettavo ci fosse Annie in questo racconto, tutto qua."
"E non è finita qui, Annie c'entra più di quanto immagini." Grottai le sopracciglia.
"Cioè?"
"Stavano insieme." Aprii leggermente la bocca. "È il suo ex ragazzo e vuole dei soldi da lei... Non so il motivo, ma so che è un tale idiota, probabilmente in realtà i soldi non gli spettano, lui è solamente rimasto al verde e tenta di estorcere denaro a qualcuno."
"No." Dissi alzandomi. "Non può essere davvero così. È impossibile..."
"Beh, ti dico che è così e-"
"No, cioè, ti credo, Annie me l'aveva raccontato ma... Non riesco a credere sia davvero quella persona."
Portai le mani alla bocca e mi risedetti per terra.
"Mi ha dato dello straccione quel figlio di puttana, l'avrei menato."
Magari fosse un tipo che si ferma alle parole pensai silenziosamente.
"Come stai Mark? Va tutto bene?"
"Io sto bene, non mi interessa né di loro né tantomeno di mio padre. Quando ha avuto da abbandonarmi l'ha fatto, ciò che gli succede d'ora in poi è affar suo."
Gli struscia la schiena.
"E come ti sembrava Annie?" Domandai dopo un po'.
"Umh? A dire il vero era molto turbata... Probabilmente non si aspettava ci conoscessimo, gli avevo parlato di lui poco prima e d'un tratto ce lo siamo trovati davanti."
Scossi la testa.
"Altro?"
"Piangeva, o almeno, così mi sembrava... È corsa a casa, non ho avuto tempo di dirle quasi niente. Ma sembravano arrossati gli occhi." Mi squadrò il volto. "Ei... Ma tu che hai fatto?"
Indicò il livido che risiedeva sul mio volto.
"Niente, lascia stare, le solite cose Mark."
Annuì.
"Accidenti. È un vero periodo di merda questo."
"Ah, il mio periodo di merda va avanti da quando avevo sei anni." Cercai di sdrammatizzare. "Ma sì, ultimamente è tutto intensificato." Abbassai il capo. "Anche per Annie."
"È così grave?"
"Vorrei parlartene ma è giusto che sia lei a decidere con chi condividere queste parti delicate, è la sua vita dopotutto. Solo non è un tipo stabile e a quanto pare tu lo sai bene."
Annuì.
"Quand'era piccolo ricordo che riusciva a fare di tutto, di tutto per ottenere quello che voleva. Non conosco un ragazzo più viziato di quello lì, per questo non capisco come una persona come Annie abbia avuto qualcosa con lui." Sbuffò. "Ma chi lo biasima, un padre sempre ubriaco che picchiava la moglie... Se nasci con i ladri non diventi un poliziotto, no? Mi meraviglio solo che sia caduto in quel giro anche mio padre." Alzò le spalle. "Ma questo non mi importa, era diventato stronzo anche lui, io sto meglio così."
"È tutto così assurdo."
"Troppo assurdo." Acconsentì.
"Sapresti dove trovarlo?" Domandai d'impulso, tutto ad un tratto.
"Chi? Mr sontuttoio?"
"Sì, lui."
Alzò le spalle.
"So dove stava prima, ma Michael è passato molto tempo... Non ho idea se sia cambiato qualcosa o meno.
Per quale motivo me lo chiedi? Guarda che sto bene, non mi ha scosso, sai che non me ne frega un cazzo."
"Sì lo so, so come sei fatto. È un altro il problema..."
Mi guardò confuso.
Quella storia andava stacciata, non conoscevo questo -ragazzo- ma aveva causato troppi problemi.
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