2. Broken.

Chiusi il quaderno pieno dei miei scarabocchi. Scrivevo per passione, ma ciò che veniva fuori dalla penna sembrava fare sempre schifo. Leggevo e rileggevo le mie storie e mi scoraggiavo sempre di più. Ma non quel giorno. Quando finii di scrivere il Prologo del mio nuovo libro mi sentivo più leggera, come se mi fossi tolta un peso dal cuore. Quella storia... Darkness... sentivo che sarebbe stata una grande opera... Ma era una delle solite illusioni che mi facevo ogni notte prima di spegnere la luce. Feci un giro su me stessa ruotando seduta sulla sedia girevole davanti alla mia scrivania. Osservai la mia stanza, nera e piena di ombre.

Il buio era una cosa che mi piaceva, mi affascinava. Guardare il vuoto più nero mi rilassava. Mi misi a giocherellare con la mia penna nuova. Era sottile, tutta nera con un ricamo a forma di piuma. Il suo inchiostro era il più nero che avessi mai visto. Mi sembrò di vedere un luccichio, flebile, quasi impercettibile. Ero lì, seduta su uno scomodo sgabello davanti alla mia scrivania sommersa di libri e fogli accartocciati. Ripensavo ancora al luccichio quando avvertii un bruciore fortissimo sul dorso della mano... Guardai e vi trovai una specie di runa biancastra disegnata... La cosa mi inquietava molto. Poi sparì, veloce e lasciando un pizzicorio fastidioso, abbandonando la mia mano nello stesso modo fulmineo di quando era apparsa... Nessuna traccia di quel simbolo. Poi udii una voce che sussurrava qualcosa. Mi girai e nonostante l'oscurità che regnava nel mio piccolo mondo pieno di libri, provai a capire se c'era qualcuno. Chiamai e osservai. Nessuno. Poi di nuovo quella voce. Era bassa, molto. Ma anche rassicurante. Probabilmente maschile, forse di un ragazzo. Mi rimbombava nella testa... Mi diceva che dovevo andare. Ma io non capivo. Riuscii a capire le prole "aiuto", "libro", "risucchiata" e "vieni". Niente che avesse senso per una quattordicenne stressata. E pensare che il mio sogno era quello di essere risucchiata in un libro. Si sarebbe narrata una storia su di me: Elena, la ragazza che viene risucchiata nei libri. Era un pensiero bizzarro, scaturito, forse, solo dall'aver sentito quelle parole sussurrate. Strizzai gli occhi come per captare un qualche movimento vicino al muro.

Ebbene sì, qualcosa si mosse. Ma sembrava più che l'aria (o meglio: il buio stesso) stese fremendo. Mi alzai dalla sedia foderata di pelle finta e, procedendo a tentoni dopo aver spento la lucina della lampada e stropicciandomi gli occhi per non addormentarmi in piedi, raggiunsi il letto. Sprofondai con la testa nel cuscino, abbandonandomi alla morbidezza del materasso. Abbracciai le coperte sottili e pulite, i miei capelli biondi sparpagliati sul cuscino. Sorrisi sotto i baffi, contenta di avere un momento per stare con il mio amato cuscino. Ma poi mi accorsi di avere ancora la penna stretta tra le dita. La mia mano non si decideva a mollarla. Non capivo. "E' solo stanchezza", pensai. Plausibile dato che era appena iniziata la scuola.

La sera era un momento che amavo e detestavo allo stesso tempo... Era un momento per rilassarsi, nel buio e nel silenzio. Oppure un momento per rimuginare sulle cose brutte che succedono ad un'adolescente: essere single, essere esclusa dai gruppi, non avere amici all'infuori dei libri. Ma era meglio dormire che stare a piangersi addosso. Chiusi gli occhi. Sonno pari a zero. Come al solito. Avrei potuto fare una svendita della Voglia Di Stare Svegli, ci avrei guadagnato milioni. Mi voltai nel letto dando la schiena al muro dipinto di blu. Stringevo ancora la penna tra le dita, le unghie piantate nel palmo della mano. Era sabato, ancora per poco dato che erano le 11:30 di notte. Allora in attesa di addormentarmi, presi dal comodino le cuffie e me le misi nelle orecchie, facendo partire la musica scaricata sul cellulare. Proprio mentre le palpebre stavano diventandomi pesanti, arrivò un messaggio. "Non c'è più il rispetto di una volta per le persone in via di addormentamento", pensai. Aprii gli SMS, e trovai un messaggio da un numero sconosciuto, non salvato in rubrica... Diceva "Broken". Spezzato... Spezzato cosa? Decisi di eliminare il numero. Provai a far partire la musica ma non si sentiva niente, però non avevo voglia di mettermi a litigare con il cellulare o con le cuffie così lasciai perdere. Infilai le mani dietro la nuca e appoggiai i gomiti sul cuscino, dietro la testa. Broken... Ripensai di nuovo a quel messaggio. Sicuramente era uno scherzo di quelli idioti dei miei compagni... ci tenevano proprio tanto a farmi innervosire, e devo dire che ci riuscivano anche abbastanza bene. Ero quel tipo di persona che passa l'ottanta percento del suo tempo a leggere e scrivere. L'altro venti a guardare serie tv, fare i compiti e stare in giardino quel che basta per non morire di mancanza di vitamina D. La mia vita sociale era quasi del tutto assente. Nessuno mi voleva come amica, nessuno apparte i libri. I libri erano i miei migliori amici perché sono sinceri, non mentono. Ti ascoltano e sanno tutto. Sono dei libri aperti. Mi piaceva quell'espressione, soprattutto da usare con un libro... Ed ecco uno dei miei pensieri assurdi da persona con una scarsa sanità mentale e che aspetta un imminente esaurimento nervoso. 

Poi ci fu un miracolo. Mi sentii di colpo stanca, le palpebre pesanti, uno strano torpore che mi invadeva da dentro... Era quasi rilassante. Però mi accorsi che non era sonno. No. Era qualcosa di più profondo e strano... Si fece buio come ogni volta, quando ci si addormenta... solo un po' più buio, forse.

***

Mi svegliai. Feci quello che facevo tutti i giorni. Andai a letto e mi svegliai il mattino dopo. E di nuovo a letto poi sveglia... Vedevo le mie giornate scorrermi davanti come se fossi un'altra persona, esterna alla mia vita. Le azioni si susseguivano veloci, accelerando sempre di più. Rimasi sospesa nel vuoto. Nel buio più assoluto. Una visione, di qualche secondo. Mi mostrò che cadevo a terra, e l'ultima cosa che vedevo era un cielo, non azzurro, ma rosso sangue. E sentivo un dolore al fianco. Sollevai un po' la maglietta e vidi una cicatrice bianca. Non aveva senso: un minuto prima stavo dormendo e dopo fluttuavo nel vuoto! Uno strano istinto di sopravvivenza (era insolito scoprire di possederlo dopo aver passato quattordici anni sotto forma di ragazzina imbranata che urta tutto quello che incontra) mi disse che c'era qualcosa di profondamente sbagliato. In me e in tutto quel buio che mi circondava. Forse... forse ero morta? Troppo in fretta, sì, ma probabilmente ero morta. Infondo, non è quello che pensano tutti quando ci si ritrova in uno spazio vuoto e il tuo corpo ha perso consistenza? Non ebbi nemmeno il tempo di ragionarci su, che i miei piedi toccarono qualcosa di freddo e liscio.

Feci un passo in avanti e sentii il rumore che fa una goccia quando cade in una pozzanghera. Continuai a camminare. Più avanzavo più mi sembrava che quel buio fosse infinito. Iniziai a correre, come se aumentare la velocità con cui i miei piedi scalzi sbattevano sulla lastra invisibile sotto di me servisse a far comparire una fine per quello spazio infinito. Dopo un po' mi parve di scorgere una luce. Accelerai e mi trovai davanti ad una parete che sembrava procedere da entrambi i lati all'infinito. Toccai quel muro altissimo con un dito. Era lucido e liscio, senza imperfezioni e... freddo. Sembrava fatto dello stesso materiale del presunto pavimento, soltanto più nero e visibile. Corrugai la fronte, arrovellandomi sull'origine di quel posto. Era un sogno, sicuramente. 

Di punto in bianco, decisi di fare la cosa che ognuno dovrebbe raccomandarsi di non pensare nel caso si trovasse in una situazione similare alla mia. Picchettai con l'unghia sul muro. Esso si trasformò in uno specchio, ma non vi era riflesso niente. Mi guardai i piedi. Luccicavano. Io luccicavo. "Perché luccico??", mi domandai senza aspettare risposta. Magari ero uno spettro... o un fantasma, o uno spirito. Insomma, una cosa così. Tastai lo specchio con circospezione. Avvicinai la faccia alla lastra di quello che doveva essere vetro, sfiorandola con il naso. Improvvisamente lo specchio in una pioggia di pezzetti di vetro che mi trapassò come se fossi inconsistente, ero inconsistente. Ragionando dedussi che se ero un fantasma potevo passare attraverso le pareti... allora scivolai oltre il muro, la mia inconsistenza era spaventosa. Arrivai dall'altra parte. C'era un cerchio di fuoco all'interno della stanza. Un'ambiente circolare di cui si vedevano chiaramente le alte pareti, ancor più nere e scure del buio che mi circondava, dissolto appena dalla calda luce delle fiamme. Mi avviai senza un motivo preciso verso il cerchio scintillante e cercai di passare oltre, ma fui sbalzata indietro. Riprovai lo stesso, sfiorandolo con un dito. Come risucchiate verso l'alto, le fiamme si innalzarono e si concentrarono in un punto oltre la mia testa. Pian piano iniziarono a diminuire, sempre sospese in aria, fino a sparire del tutto. Lasciarono solo un cerchio di fumo appena visibile. Ora al posto di quelle fiamme c'era un piedistallo, di cristallo bianco. Mi ci avvicinai e scoprii che vi era una teca di vetro biancastro che conteneva una chiave. Attraversai il vetro con la mano e ne estrassi l'oggettino, grigio e ruvido. Stranamente la chiave non cadde dalla mano trapassandomela, come mi sarei aspettata... Rimase lì, come se fossi una ragazza in carne ed ossa. Ma infatti era così: lentamente, con uno scintillio, la mia pelle riprese il consueto colorito. Era troppo bizzarro per pensarci su, troppo bizzarro per permettere a domande senza risposta di affollarmi la mente. Dovevo rimanere lucida e trovare un modo per uscire di lì. "Ammesso che ci sia un uscita", pensai. Non c'erano porte, né varchi... ed ora neanche più la stanza. Solo io e una stupida chiave. La chiave! Doveva pur aprire qualcosa. 

Ed eccola, davanti a me... a circa quindici metri dal punto i cui mi trovavo: una porta. Mi misi a correre. Però, più credevo di avvicinarmi, più la mia possibile via di fuga sembrava allontanarsi. Infine ci sbattei contro. Cozzai sulla superficie legnosa e liscia della porta, ma senza alcun rumore... silenzio assoluto. Ovviamente era chiusa a chiave perciò infilai la chiave nella toppa. La porta si spalancò senza alcun cigolio o scricchiolio. Un moto di euforia mi fece saltare di gioia. Ma che dico? Euforia? Puro stupore, felicità... tutti gli aggettivi esistenti non sarebbero bastati per descrivere come mi sentivo. Stavo tornando dall'aldilà? Forse... Poi varcai la soglia e mi ritrovai in camera mia. Ma non ero sola. C'era un'altra me stesa sul mio letto ed un ragazzo dai capelli neri in piedi in un angolo. Il suo volto era nascosto dalle ombre. Improvvisamente mi sentii risucchiata verso... verso un libro poggiato sulla scrivania. Un libro che non avevo mai visto prima.

***

Mi svegliai di soprassalto. Un incubo. Era solo un incubo... Il più brutto che avessi mai fatto. Poi mi accorsi di una cosa che mi fece del tutto cadere nel panico. Stringevo in una mano il pezzo di carta, con tanto di frasi e simboli in inchiostro nero. La chiave con cui avevo aperto quella porta era appesa al mio collo con una catenina argentata. Nell'altra mano, nella destra, stringevo la penna... Era spezzata, esattamente a metà. Broken... Pensai. In una notte avevo scalato la classifica di cose strane che posso succedere ad un'adolescente. Provai a far toccare le due metà della penna dalla parte rotta, ma con una luce l'oggetto si dissolse nell'aria. Chiusi gli occhi, ma qualcosa non andava.

*Angolo Scrittrice*

AHAHAHA!!! Ziao muchachos! Ma dove le trovo queste idee? (questioni personali con il mio cervellino sconclusionato) Comunque... Spero che vi stia piacendo questo LIBBROH intricato e MISTERRIOSSOH! Ricordatevi che la vostra stellina qua sotto mi fa sempre felice!

Ok, ora smetto di fare discorsi senza senso e vi saluto muchachos! 

Bacy, Auri!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top