Capitolo 2 pt 3
«Allora? È pronta la valigia» chiese mamma spuntando dalla porta.
«Quasi» risposi risvegliandomi dal mio fiume di pensieri «manca ancora una cosa». Mi avvicinai al mio comodino e presi la fotografia. Era abbastanza vecchiotta i bordi erano un po' rovinati, ma ci tenevo molto. Ritraeva la nostra famiglia: i miei genitori, Mike e io. Mio padre mi teneva in braccio e con l'altra mano cingeva le spalle della mamma e lei teneva una mano sulla spalla di mio fratello. Sorridevamo tutti, eravamo felici. Insieme.
Mamma mi si avvicinò e mi accarezzò la spalla. Le lacrime mi solleticavano gli angoli degli occhi.
«Vorrei tanto che fossero qui, mi mancano tanto, mamma» le dissi quasi sussurrando
«Anche a me, Cri-Cri. » disse lei stringendomi al suo petto «Vado a caricare le valigie in macchina, ti aspetto fuori»
L'ultimo paio di pantaloni e... fatto! Chiusi la zip del trolley e mi diressi alla macchina.
Cinque minuti più tardi eravamo dirette al solito bed & breakfast. Un piccolo localino vicino al mare era il massimo che potevamo permetterci, dato che mamma lavorava da Starbucks e io facevo la dog-sitter.
Erano due ore e mezzo di viaggio dal nostro appartamento.
Speravo che non saremmo arrivati all'argomento punizione ma, giusto per continuare con la mia serie di sfortune, mi fece la fatidica domanda: «Come mai sei arrivata a casa tardi?».
Come faceva a saperlo? Glielo chiesi cercando di fare la vaga.
«Me l'ha detto la signora del terzo piano» maledetti vicini ficcanaso, quella vecchietta era peggio delle spie professioniste, non potevi fare nulla senza che tutto il vicinato lo venisse a sapere!
«Ero a fare ripetizioni a una ragazzina di prima» dissi, esponendo la mia scusa ben architettata.
«Ma non facevi ripetizioni solo al martedì e al giovedì?»
Imprecai sotto voce, avevo pensato così bene alla mia storia che avevo trascurato un dettaglio abbastanza significante.
«Eh, aveva un impegno ehm...doveva andare...dal dentista, sì, dal dentista...e non poteva rimandare la visita» risposi, arrampicandomi sugli specchi
«Ah davvero? Lo sai che io riconosco le bugie quando le sento, mi sa che tu non me la racconti giusta» replicò lei, scettica. Il suo "superpotere" di riconoscere le bugie era un'abilità che le invidiavo molto e che purtroppo non mi aveva trasmesso. Spesso venivo raggirata, soprattutto dalle compagnie telefoniche.
«Quindi? Perché sei rimasta a scuola?» insistette lei.
«Punizione» sussurrai facendomi piccola piccola nel mio sedile del passeggero.
«Cosa??? E quando aspettavi a dirmelo?!?» disse voltandosi di scatto verso di me.
«Volevo dirtelo, giuro! Ma è che...MAMMA, LA STRADA!!!» gridai.
Davanti alla nostra machina era appena passata una figura nera, un gatto o un qualche altro animale che mia mamma stava per investire. Lei girò di scatto il volante per evitare di metterlo sotto. Ciò che seguì avvenne tutto in una frazione di secondo: vidi la macchina sterzare violentemente di novanta gradi e andare a sbattere contro la balaustra, sentii due voci urlare, l'impatto dell'auto conto il cemento e lo scoppio dell'airbag. Chiusi gli occhi e avvertii un forte dolore sulla mia faccia a causa della rottura degli occhiali.
Riaprii gli occhi, non vedevo molto bene, probabilmente la lente rotta mi aveva danneggiato la cornea, ma quel poco che riuscii a vedere mi terrorizzò.
L'airbag si stava lentamente sgonfiando, sentivo un liquido denso scorrermi lungo la tempia e raggiungere il mio zigomo, avevo un dolore terrificante al naso. Mi voltai di scatto per vedere come stesse mia madre. Aveva un brutto taglio sulla fronte, sanguinava ed era priva di sensi. La scossi per cercare di svegliarla, ma non si mosse. Sganciai la mia cintura e feci lo stesso con la sua. Provai ad aprire la portiera della macchina ma era bloccata. Coprendomi il volto con il braccio sinistro, tirai col destro una gomitata al finestrino già incrinato, con la speranza di non farmi troppo male. Il vetro cedette ma la fitta al braccio quasi mi fece svenire. Mi issai sulla portiera e uscii attraverso l'apertura che avevo creato. La testa iniziava a girarmi ma dovevo mettere al sicuro anche mamma. Riuscii a trascinare il suo corpo esanime sull'asfalto cercando di non sforzare troppo il braccio dolorante. Tirai fuori il telefono, che per miracolo era funzionante tranne per lo schermo rotto, e chiamai i soccorsi. Mentre aspettavo, i suoni iniziarono a farsi ovattati e distanti e iniziavo a vedere doppio. Vidi arrivare la Croce Rossa e gli infermieri caricare la mamma sulla barella per portarla in ospedale. Un infermiere mi si avvicinò per medicarmi. Lo guardai negli occhi. Occhi azzurri, intensi, uno sguardo di ghiaccio che già conoscevo. Fu l'ultima cosa che vidi prima di cadere a terra priva di sensi.
[ANGOLO AUTRICE]✍🏻
Tenetevi pronti perché ora vi manderò in trippa il cervello! Gli ultimi due capitoli erano un po'corti mi dispiace.
Adios pulzelli
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