Josh - Past

La prima volta che Josh entrò in contatto con Carolina, lei poteva avere pressappoco dodici o tredici anni. Vestiva ancora di abiti strani e teneva ancora i capelli di consuetudine sciolti e mossi lungo le sue spalle.

Infondeva un accurato senso di nostalgia in coloro che la incontravano, rideva in modi sommessi e si sperdeva in voli pindarici ogni qualvolta tentasse di avere una conversazione. Agli occhi di Josh era una ragazzina stramba e divertente. Restava incantato quando lei gli raccontava i suoi punti di vista e non aveva di che controbattere. Carolina era un'ondata di pura allegria e sicurezza nei confronti delle proprie bislacche idee. E Josh si era preso una leggera cotta per le risoluzioni che la caratterizzavano.

Non è cambiato chissà quanto da allora Josh: porta sempre abiti di colori vispi, ha i sopraccigli abbondanti e marcate e il suo viso trasmette la solita smorfia di incertezza.

Ma non voglio prolungarmi senza presentarmi! Che odioso narratore sarei, altrimenti. Sono l'Orgoglio ed anche io lavoro in ottima combinazione con i ricordi. 

Dove diavolo eravamo rimasti? Ma certamente! Josh si era beccato un interesse piccino nei riguardi della da poco non più bambina stravagante. I suoi lineamenti non erano affascinanti, la sua prassi era non delle migliori, ma le sue parole -- le sue parole lo gettavano nell'estasi.

Incominciò a parlarle quando ancora non aveva idea del seguito ed era cotto di una carissima amica di Carolina: Molly. Ma questa di Molly, non è una storia che spetta a me, pertanto perdonatemi se il racconto risulterà non eccessivamente fluido.

Invaghito dai nuovi sentimenti, non aveva pensiero che lo conducesse ad un avvicinamento. Molly era una bella ragazza, bassina, dai fianchi prorompenti e il viso assai ingentilito. Lo ammaliava nella sua totalità e bramava una conversazione su whats app.

Così, entrò in contatto con Carolina; lei si mostrò cortese e lo aiutò nella relazione infantile che avrebbe portato avanti per qualche mese con una delle sue amiche. Carolina ne era tanto felice, che si informava del rapporto --- era felice che fosse riuscita a ricavare un superficiale stato di contentezza in altre persone. Questa consapevolezza la rendeva infatuata della vita, completamente entusiasta per ciò che essa riesce a preservare ad un singolo individuo. Carolina - che teneva appeso in camera un foglio con su scritto Sii gentile, sempre, perché la gentilezza ripaga. Sii propensa alle differenze, sempre, perché non sai che guerra si insidia in chi ha il primo impatto su di te. - continuava a parlottare di rado con il ragazzo dai capelli ricci e l'apparecchio. I loro discorsi potevano ritenersi banali, divertiti e ricchi di segreti comuni. Erano bambini e faceva comodo qualcuno a cui raccontare il dettaglio peculiare che li portava ad isolarsi ogni tanto.

Ma intendiamoci, la gelosia è fattezza che ritorna, e Molly chiese -- che sciocco!, devo prestare attenzione a ciò che narro. Josh cessò di rivolgere la parola a Carolina di punto in bianco. Non la salutava, non le rispondeva in caso di messaggi e non appariva propenso ad un chiarimento. La evitava e qualcosa all'interno del cuoricino esile di Carolina si ruppe in una prima delusione.

Ma non si arrese, quel che meritava una spiegazione, se lo sarebbe preso con tutte le sue forze. Rincorse, un pomeriggio, dopo scuola, Josh per il cortile, richiamandolo a gran voce e «Io e te dobbiamo parlare!» gli afferrò il polso e quasi inciampò nei suoi passi nell'intento. Lui si voltò, la felpa verde che indossava era quasi ridicola, ma Carolina fu l'unica a non ridere per la sue scelte.

Si guardarono attentamente, le gambe sottili della ragazza non reggevano l'inesperienza e «Perché mi eviti? Cosa ti ho fatto?» era una bambina, cosa pretendevate?

Lui quasi scoppiò a ridere per l'ingenuità che il corpicino esile che gli era di fronte indossava. Una ciocca di capelli dietro l'orecchio, occhi frastornati e labbra serrate. Presa con fermezza tenuta nelle mani.

«Io non ti evito.»

«Tu non mi saluti più, non mi parli più e non mi rispondi più --» cominciò a piagnucolare come era sua abitudine quando era innervosita o particolarmente arrabbiata. Strofinò il palmo libero agli occhi, afferrò un alito di aria e «Io lo so perché lo fai, ma tu a me non interessi in quel senso. Te lo giuro! Che senso avrebbe avuto, allora, aiutarti a fidanzarti?» gesticolava anche, era piuttosto buffa ed amorevole, perciò Josh si convinse, annuendo, e l'abbracciò lì, da soli.

Poche settimane dopo, con un facile messaggio addirittura inviato dal telefono di Carolina, Molly lasciava il suo fidanzatino e si apprestava a trovarne uno biondo.

Immagino Josh ne fu devastato, sconsolato e trovò conforto in un semplicissimo abbraccio donatogli dalla ragazza dai capelli mossi. «Perché non me lo ha detto di faccia?»

«Perché non sempre le persone fanno quello che non farà stare male altri.» scrollò le spalle la seconda, raccontandogli della sua insegnante di educazione fisica, intenta a sciogliere un nodo.

«E poi cosa è successo?»

«Se n'è andata dalla palestra imprecando.» e risero entrambi, spensierati.

Da allora il rapportò parve andarsi via via consolidando. Tutti i giorni camminavo fino a scuola insieme, tutti i giorni si ritrovavano a ricreazione e tutti i giorni trascorrevano ore al cellulare, proclamando stupidaggini come se fossero fatti di importanza basilare.

*****

Un giorno di non molto tempo dopo, Carolina si rese conto delle sensazioni che scaturivano in lei ad ogni cuore che Josh le inviava su whats app e ad ogni abbraccio che le regalava prima di allontanarsi da lei. Si era ritrovata, quindi, a scrivere sognatrice il nome del ragazzo su un foglio di carte vissuta dalla prima cotta in vita sua. Era confortante, persino rassicurante!, svegliarsi al mattino e provare dei sentimenti irrisolti. Quei battiti accelerati improvvisi che venivano nascosti con foga inaudita. I rossori impertinenti, il valore che viene dato ad un minimo contatto. È che sentiva di valorizzare l'esistenza mentre provava il più celebrato ed innocente dei sentimenti. Le piaceva un ragazzo e passava minuti interminabili ad immaginare un lieto fine, magari ascoltando le canzoni di Taylor Swift.

Ma i buoni propositi che risiedevano nel gracile corpo di Carolina furono gettati a terra (come non ritenne ingiusto che fosse) dalla cotta di Josh che lo spinse in una nuova relazione. Lei era Jessica: era bellissima e tutto ciò che Carolina credeva  di non essere.

Nulla di denigrante, nulla che potesse abbattere la ragazzina nelle sue movenze e nei suoi pensieri assurdi, ma «Non credo possiamo essere amici. Insomma, Jessica non vuole.» detestò quel nome, odiò con le sue fibre come suonasse sulla bocca vivace del ragazzo che occupava i suoi interessi.

È che non aveva intenzione di svegliarsi una mattina e dire Potevo viverlo, ieri. E scelse di abbandonare l'idea di Josh. Avrebbe proseguito, nonostante il rapido senso di smarrimento che percepiva al pronunciare il suo nome coniugato ai post su tumblr e le frecciatine negli stati sui social. Stava venendo su, non credete? Le piccole vendete credute da servire a climax tranquillo, i consigli rivolti a se stesse e la veemenza nel rispondere ad altri nell'attimo in cui le venivano poste domande scomode.

Poteva funzionare, camminava senza rimpianti e concepì fosse un dolorino tipico dell'età, ma un giorno, poteva essere una domenica di tendenza allegra, e Carolina, Jessica mi ha lasciato perché con me non voleva fare sul serio. Messaggio veloce, gola secca e momenti di confusione. Una piccola luce che esplodeva di energia nel suo tenero cuore, poteva ascoltare la sua felicità. L'aveva contattata, aveva pensato a lei e Ti va un gelato?

Carolina indossò i suoi soliti abiti stravaganti, un paio di vecchie converse ai piedi e corse a chiedere al padre di accompagnarla in gelateria. Lui era lì, accovacciato, rannicchiato su sé sebbene ci fossero persone intorno alla sua noia. «Stai sola con un ragazzo?»

«No, verranno anche delle mie amiche.» mentì e scese dall'auto grigia del papà, entrando nel bar e prendendo due gelati, senza che lui l'avesse notata. Si sedette accanto a Josh, gli porse i suoi gusti preferiti e risero tutto il pomeriggio.

«Come stai?» gli chiese d'improvviso, in un discorso ambiguo riguardo i panda. I suoi occhi scuri si dilatarono, nel guardarla, ed annuì «Molto meglio, Carolina.» lei lo abbracciò.

«Sai che sono qui.» fece cenno di sì con la testa e «Vogliamo andare allo scivolo?»

Si incamminarono, «Credi io sia un bel ragazzo?»

«Hai tante qualità, Josh. Sei simpatico, hai carattere e riesci a volere bene in un modo tutto tuo. Sei anche un bel ragazzo, ma perché vuoi limitarti a questo?»

«Hai visto il nuovo fidanzato di Molly?» le domandò insicuro.

«Certo che l'ho visto, ma non toglie niente a te. Tu sei Josh, lui Louis, perché dovresti buttarti giù? Abbiamo tredici anni, Josh.»

«Lui è più bello.»

«La bellezza è soggettiva. Quel che è bello per me, farà schifo a te. Non puoi basarti su una convinzione altrui e poi, se tutto il mondo si basasse sulla bellezza, persone come me non ci sarebbero più. Voglio dire, c'è un universo oltre l'aspetto. Ci sono gli ideali, le qualità, i partiti politici -- tutto.»

«Abbiamo tredici anni.» rise lui, dandole una spinta amichevole.

«Mi anticipo per quando sarò più grande, tipo venti anni. Sì, quando sarò più grande starò attenta al mio futuro marito: deve avere le mie stesse idee politiche.» e scoppiarono a ridere in mezzo alla strada piena di buche per le affermazioni idiote che stavano venendo fuori.

«Se è capitalista, via.» continuò.

«Cosa cazzo vuol dire capitalista?» chiese il secondo e si piegarono in due per le risate.

*****

«Pronto?» tarda notte, sotto le coperte, volto insonnolito e il silenzio impenetrabile della notte ad offuscare lo svegliarsi.

«Carolina.» dall'altro capo del cellulare la voce era singhiozzante, tremante e pareva che vibrasse nelle orecchie e nel petto della ragazza.

«Che c'è? Sono le tre e ventisette.» ridacchiò appena,  lui pure.

«Papà è andato via di casa di nuovo. Ho paura.»

«Vuoi fare un gioco?»

«No.»

«Vuoi parlare finché non ti addormenti?»

«E di cosa?»

«Non lo so, Josh. Di quello che ti passa per la testa.»

«Ci sto.» e trascorsero in questo esatto modo l'intera nottata.

Più il ragazzo dalle sopracciglia folte chiacchierava, più la semplicità di Carolina si invaghiva di ciò che lo caratterizzava. Stavano divenendo più grandi, ma quei sentimenti sottili, sani e inesperti erano di quanto più armonioso la potesse vivere.

Ma scelse di tenerseli per sé, di custodirli come il più religioso dei segreti in uno scrigno di cautela: non voleva perdere Josh per alcun motivo. Avrebbe tenuto quelle emozioni per se stessa e per le amiche più strette. Avrebbe cautelato il soave rapporto da tutto quello che sarebbe potuto risultare inquinante: Carolina compresa.

*****

«Perché piangi?» se ne stava seduta a contemplare l'esoso meccanismo che le procurava tristezza desolante. Ogni cellula andava sgretolandosi, aveva quattordici e passa anni, l'amicizia con Josh proseguiva nel taciuto corrispondere dell'affetto.

«Perché . . Perché mi danno -- sì, mi danno della bugiarda. Mi sono fidata . . . fidata di lei, Josh. E ora dice in giro che --» le lacrime incalzavano il suo tono desolato nel battere irrequieto del petto, solitudine devota, gola in fiamme. La certezza moriva, altre storie vi si intrecciarono, altri punti di vista.

«E tu piangi?» annuì. Josh si accomodò al suo fianco, le strinse le spalle e «Porca merda, Carolina, mi puoi sentire? Tu sai che è vero? Allora perché permetti che dicano queste cose? Tu lo sai? Io lo so? Lascia stare quel che dicono dietro. Non hanno idea di chi sei, Carolina. Non ne hanno.» e l'abbracciò mentre gli piangeva sulla spalla, con i capelli decisamente più allungati rispetto agli anni precedenti, e i vestiti meno bizzarri.

«Ho paura di restare sola.»

«Io ci sono, Carolina.»

*****

Può sembrare che null'altro potesse accadere, che quel legame non avesse le forze e la voglia di sciogliersi, ma succede che tutto ritrova il proprio equilibrio e poco dopo la fine del secondo anno all'high school (proseguito in battibecchi e chiacchiere riguardo all'assenza di Catherine), di estate, Josh fermò Carolina nelle strade della cittadina e «Quindi ti piaccio?» le crollò il mondo addosso, si frantumò un immaginario percorso che doveva terminare nel lieto fine.

«C--Come?» lo affiancava un suo compagno, Christian, e Josh la guardava indisturbato. Penetrava la pelle pallida della ragazza e non pronunciava altro. «Rispondi e basta.»

«Chi te lo ha detto?» le sudavano le mani, tremava e «Che importa? È un sì?»

Non rispose, abbassò soltanto la testa e «Tu non mi piaci.»

«Lo so.»

«Non in quel senso.»

«Lo so.»

Christian ridacchiava nei suoi capelli neri e ricci. La sua carnagione di per sé color caramello, era più scura in quel periodo. «Non gli piaci.» rimarcò e Josh rise, «Insomma, guardati.»

Doveva rispondere, dire qualcosa, ma scrollò le spalle e sorrise a Josh, cercando di superarlo «E non parlare mai più di me alle altre persone, Carolina.» sapeva sarebbe successo, per questo lo teneva nascosto. Desiderava starsene rinchiusa in una canzone triste, nelle lacrime che scendevano dal suo marcato viso e lontano dalle voci delle amiche che la richiamavano mentre correva in uno spazio adibito alla solitudine.

Pianse, chiedendosi dove diavolo avesse sbagliato, e concependo che gli bastasse solo lui, dietro una porta chiusa. Nient'altro. Non domandava per altro se non che nessuno si fosse intromesso nella sua nauseante decisione. Pianse e constatò che la delusione per amore facesse male a qualsiasi età.

Josh non rispose più ai suoi messaggi, né alle chiamate. Le tolse il saluto e nulla -- nulla di quel che erano stati gli sembrò più riaffiorare nella mente.

*****

Era il terzo anno, non rivangherò su altri episodi e non dirò come se la passò la nostra ragazza. Carolina oramai è morta, spiritata, ovunque si trovi non è qui e non si può rimediare alla scelta apparentemente affrettata che ha preso.

Ma era un giorno, nel bel mezzo del terzo anno, Carolina camminava da sola nei corridoi e per sbaglio incontrò gli occhi scuri di Josh che sapevano di lacrime. La sua postura raccosciava forza e lo seguì fino agli spalti del campo da basket (dove sapeva lui si rifugiasse), sedendosi accanto a lui che maneggiava con falsa indifferenza al cellulare.

«Com'è che stai?» non era più saltuaria, la sua voce, ma secca. Affettiva, ma non come in passato. Provava un sentimento enorme nei confronti di quel ragazzo e sapeva quale sarebbe stata la risposta.

«Non bene. E tu?»

«Io sto.» scrollò le spalle e giocò col pezzo di legno rovinato che aveva raccolto dal terriccio umido. I suoi capelli erano lunghi, il volto ancora scavato e «Cos'è che hai?»

«Una ragazza.» se lo aspettava ed annuì, chiedendogli se gli andasse di parlarne.

«Andava tutto bene, lei è così bella. Ma mi ha detto che non gli piaccio. Ha smesso di rispondere ai miei messaggi, alle chiamate. Mi ha umiliato davanti alle sue amiche. È stato orribile.»

Avanti, diglielo. È la tua occasione, diglielo. Avanti -- «Non ti merita. Chi non rispetta i tuoi sentimenti, non ti merita. Ambisci a di più, Josh. Non permettere a te stesso di perdere quello che hai dentro di te per una ragazza.»

«Come si fa?» la guardò esattamente come quando si è presi da un incantamento.

Avanti, Carolina. Fagli capire com'è che si sta. «Provale tutte e non chiuderti. Non startene da solo e capirai che la tua felicità non dipende da una persona. Anche, ma non soltanto. Sii te, Josh. E se non piaci, passa al prossimo. Alla fine, abbiamo quindici anni. O sedici. Credo ne abbiamo sedici.»

«Perché dici sempre la cosa giusta?»

«Il giusto è soggettivo.» e risero, uno accanto all'altra, mentre il vento invernale soffiava. Carolina rabbrividì e infilò il mento nel suo giubbotto di piuma d'oca nero.

«Perché mi hai seguito?»

«Sapevi di tristezza.» silenzio, ansioso e noncurante silenzio coccolato dal tocco delle loro mani distanti.

«Abbiamo sedici anni, comunque.»

«Perbacco, fra quattro dovrò trovarmi un marito non capitalista.» e risero sugli spalti. Il telefono di Carolina vibrò e il suo sguardò si incupì, preoccupato e in fibrillazione, mentre afferrava le sue cose e «Ci vediamo, Josh. Devo andare.»

Fece cenno di sì e «Carolina?» la richiamò quando scendeva dagli spalti e lei si voltò, con la speranza di un miglioramento, di un grazie «Non è che siamo amici, adesso.»

Separò le labbra, delusa. Il suo sguardo cercò il vero Josh, ma ritrovò una maschera di noncuranza ed indifferenza, attanagliata dai pregiudizi che parevano comporlo. Tutto del suo Josh, quello dei ricordi, andava a distruggersi contro il riflesso del Josh con il quale stava venendo a contatto.

*****

Carolina correva nel corridoio vuoto, le sue scarpe battevano al pavimento sporco e freddo, e aveva l'andatura arrabbiata, inorridita. Le sue spalle erano stranamente erette e raggiunse in fretta il tavolo che le interessava, con lo zaino che penzolava dalla sua spalla sinistra e i pugni ben chiusi. Capelli sciolti, a contornare il viso già corrotto dalle lacrime e le labbra dischiuse per il dispiacere.

Lo vide, lui non se ne accorse e «Ti costa tanto?» interruppe con mancanza di prassi la conversazione che stava avendo con i suoi compagni e lui si voltò, alzandosi in piedi per reggere lo sguardo infimo della ragazza.

«Cosa mi costa?»

«Allontanarti dalla mia vita. Tu hai chiuso» gli puntò il dito al petto, tirò su col naso e il petto si disintegrava al parlare «ed ora scopro che racconti bugie alle mie conoscenti.» Josh rise.

«Non ti permetto di ridere, è chiaro? Non dopo quello che ho fatto per te.»

«Nessuno te lo ha chiesto.» e a Carolina cadde tutto dalle mani mentre tracciava i contorni del suo frantumato orgoglio.

«Nessuno me lo ha chiesto? Ho sempre tentato di essere gentile poiché c'è una storia dietro ognuno, ma sai cosa, Josh? Fanculo la gentilezza. Carolina è egoista, Carolina è vittimista, Carolina è bugiarda. Come hai potuto

«Ho detto quello che penso.» occhi freddi, aspetto distaccato. Non le regalava speranza. Carolina fu al pavimento, nella sua totalità. Avrebbe potuto continuare, chiedergli perché raccontare alle persone determinate cose di lei e perché umiliarla in quel modo.

I ricordi, quelli la massacrarono. Non ebbe altro che risate da coloro che se ne stavano seduti al tavolo con lui e le lanciavano occhiate offensive. La gola secca, amareggiata, il coraggio provato. Si ritrovò nulla, svuotata. Si ritirarono le fibre in lei, parve che fosse soltanto ossa e pelle da far marcire. Privata di acqua, privata di una compostezza.

Le sarebbe piaciuto chinarsi e raccogliere i pezzi sgretolati rimanenti della vecchia Carolina e gettarli nel fuoco, per purificare la nausea che si intravedeva in lei.

Raccolse i libri e tentò di andare via, ma «Oh, oh, ora che Connor verrà a sapere cosa hai detto alla sua puttana preferita, si incazzerà.»

«Magari si rende conto di chi si è scelto.» altre risate e Carolina corse via piangendo. Voleva che si fermasse, mentre scuoteva il capo.

Cadde con le ginocchia a terra, trattenne a sé lo zaino e catturata dalle convulsioni iniziò a comprendere cosa fosse l'umiliazione, non riflettendo su chi potesse vederla.

Era completamente sdraiata nell'indifferenza. Sentiva dentro di un'inutilità che non le piaceva. Sentiva nascere in lei una nuova emozione, come se dovesse accoglierla con le altre. Non percepì parole, non ascoltò altro se non il solitario suono della delusione che dimorava in quel suo corpicino. La nuova emozione sbocciò e l'accolse col suo nome: buongiorno fragilità.

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