Chapter eighteen. • Not everyone who breathes is alive •

Dopo un anno molto stressante ho deciso di non lasciare wattpad, la storia e la scrittura. E poi mi mancate, molto. E mi manca sentirmi libera di condividere le mie idee con voi. Spero possiate continuare ad appassionarsi alla storia di Hazel ed Ethan, perché non è nemmeno all'inizio.

Ci tengo anchr ad avvisarvi che a settembre iniziano le presentazioni e che sto pubblicando sul mio profilo Instagram le date e i luoghi: sabrine_wattpad ♡

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Non riesco a chiudere gli occhi, anche se l’unica che riesco a guardare in questo momento è il buio totale. Tutte le luci sono spente, io sento il mio respiro così chiaro, così forte, così simile a quello di Ethan. Le mani tremano contro il suo petto, continuo a stringerle in due pugni. Continuo a ripetermi che non posso averlo ucciso. Ethan, non può averlo ucciso. Con cosa lo ha colpito? Cosa sarebbe successo se non fosse arrivato in tempo, invece? Non voglio nemmeno pensarci. Quello stronzo di Paul ha provato nuovamente a mettermi le mani addosso. Sa di depravazione, il suo tocco. Eppure è così familiare. Non posso non pensare a tutte le volte in cui ci siamo scontrati, alle spinte, alle sue mani così vicine che mi ricordavano che io non meritavo tutto quello. Se Ethan non fosse arrivato in tempo, probabilmente starei ancora provando a scappare dalle sue rudi maniere e dalla sua bocca di merda. Non ci riesco. Non riesco a smettere di pensare a quanto fosse vicino, a quanto fossero sudate le sue mani e pesante il suo fiato. Rabbrividisco. Ethan mi stringe più forte, percependo il mio disagio. «Ethan.. cosa..» deglutisco, sollevando lo sguardo verso il suo provando a distinguere i suoi lineamenti nel buio della stanza. «Cosa facciamo?» Ethan ha il petto che gli fa su e giù, mentre prova a guardarsi intorno. «Non lo so, io.. io l’ho colpito con una bottiglia.. Non penso sia morto.» «Dobbiamo lasciarlo qui? E se fosse morto?» Vorrei mettermi le mani tra i capelli ma sono sporche del sangue marcio di quell'uomo. «Pensi che portarlo via possa essere un'idea migliore?» Sussurra con tono severo. Gli lancio un'occhiata, mentre io stessa penso a cosa fare. Prima di agire devo lasciare che la paura e lo spavento lascino il posto al buonsenso. Trovo il coraggio di voltarmi e, riprendendo il cellulare, puntate nuovamente la luce dello schermo contro il corpo immobile dell'uomo. I suoi capelli scuri e sudati misti al suo sangue. Deglutisco la bile in gola, chiudo per un attimo gli occhi e mi abbasso verso di lui. «Che cosa stai..» mi riprende Ethan.  «Sh..» gli faccio. Poso il cellulare a terra e, con entrambe le mani, afferro un braccio dell'uomo e con le mie dita tremanti gli sento il polso. Ethan è lì che mi fissa, in attesa di una diagnosi. «È vivo» gli dico, lasciando andare il braccio di Paul insieme ad un lungo sospiro. Nonostante sono dell'idea che il mondo non ne risentirebbe della sua morte, sono felice che sia andata così. «Cazzo» sospira anche Ethan, portandosi una mano tra i capelli corti. Poi mi guarda, con i suoi occhi castani ancora inquieti. «E adesso che cosa hai intenzione di fare? Perché io personalmente proporrei di ripulire il tutto e lasciargli credere che sia stato tutto un brutto sogno.» Scuoto la testa, bocciando la sua pessima idea. «È ubriaco non stupido. Si renderà conto di aver avuto una botta in testa e non penserà di certo ad un sogno. Dobbiamo trovare il modo di portarlo fuori da qui.» Ethan mi guarda come se fossi impazzita. «E poi? Lo lasciamo fuori un'enoteca con una birra vuota e un cartello da senzatetto? Hazel, ascoltami..» «No, Ethan. Ascoltami tu. Non posso lasciarlo qui e permettergli di sbattermi fuori casa quando gli è più comodo. Johnny non avrà sempre un divano libero per me. So cavarmela da sola, se non vuoi restare sei liberissimo di andartene» lo avverto, legando velocemente i capelli rossi in alto ed imboccandomi le maniche. Posso cavarmela anche da sola, in fondo. Nulla lo costringe ad accontentare le strambe idee di una ragazzina lunatica. Ethan sospira, fa un giro veloce per la stanza e, dopo qualche secondo, parla. «Va bene. Possiamo metterlo alla guida della sua auto, lasciarlo su qualche stradone deserto parecchio lontano da qui e farlo sembrare un incidente.» Lo guardo, sollevata che abbia deciso di aiutarmi. Pensare di non dovermi sporcare le mani da sola mi da un certo sollievo. Nonostante io sia abituata a cavarmela con l'aiuto di nessuno, è rassicurante saperlo qui. Annuisco. «Perfetto. Ora la vera impresa è sollevare questo ammasso di merda e portarlo fin dentro la sua auto.» Ethan si porta entrambe le mani nei capelli, sospirando lievemente. «Lascia fare a me. È poco più grosso di mio padre, so come fare.» Suo padre? Vado per accendere la luce del salotto, per poi voltarmi e mettermi alla ricerca delle chiavi dell'auto di Paul. Quando le trovo, mi volto per vedere Ethan a che punto è. È ancora lì, immobile. Sta fissando il corpo inerme di Paul giacete sul pavimento di casa mia. «Avrei potuto ucciderlo..» sussurra. Io gli vado contro, portando una mano sul suo petto. «Lui avrebbe potuto fare lo stesso con me. Potresti avermi salvato la vita, o comunque evitato una grandissima sofferenza.» I suoi occhi si scontrano con i miei. «Tu come stai? Ti ha toccata?» Scuoto la testa. «I miei capelli ne risentono un po', ma sarebbe potuto andare peggio» gli dico, scrollando le spalle, nascondendo tutta la mia sofferenza e l'ansia provata in quel momento. Pochi minuti dopo siamo riusciti ad infilare Paul nella sua auto, al lato del passeggero. Non penso sia ancora stordito, più che altro addormentato. Tutto l'alcool che gli girava in corpo deve averlo steso definitivamente. Io sono fuori, di fronte allo sportello del conducente, Ethan si è appena messo alla guida. Inizio a guardarmi intorno, prima di sbuffare una risata. «Incredibile. Ha rubato un altra auto» constato, bisbigliando. Quella che aveva prima l'aveva fregata a zia Sandy. «Pensi di riuscire a guidarmi da qualche parte? Non ho la più pallida idea di dove fermarci.» Io annuisco, prima di alzare con una mano le chiavi della sua auto e fargliele dondolare di fronte al viso. «E tu sei certo al cento percento di lasciarmi guidare la tua auto?» Ethan appoggia un braccio sul finestrino calato e la mano sul volante. Il suo sguardo è serio, conciso. Nessuno mi aveva mai guardata cin tanta sicurezza prima. «Provo a fidarmi di te.» Ricambio il suo sguardo per qualche secondo di troppo, prima di abbassarlo sulle mie scarpe consumate e stringere le chiavi in un pugno. Faccio un lungo respiro e mi avvio verso la sua auto. Ok, sono alla guida. Sono alla guida dell'auto di Ethan. Non può succedere nulla di sbagliato. Ho la patente, sono capace di guidare. Johnny ha detto che me la so cavare, che non guido completamente come una femmina. E allora perché ho il cuore in gola? Sarà perché le mie mani sono esattamente dove erano quelle di Ethan poco fa. Sarà perché questa macchina è sua e sa di lui. «Hazel, ti sei addormentata?» Ethan è nell'auto di Paul accanto a me, che mi guarda con un sopracciglio inarcato. Non avevo nemmeno notato che si era spostato per affiancarmi. «No, adesso parto» deglutisco, mettendo in moto girando la chiave nel nottolino. Guardo per un attimo Ethan, sembra preoccupato ma poi si rilassa con un sorriso dolce. Non dice una parola, mi lascia il tempo necessario per riconnettermi e far partire il veicolo. Conosco questa città, posso guidarci in un posto abbastanza isolato dove lasciare Paul e la sua auto del cazzo. Guido lentamente e prego che Ethan mi stia seguendo passo passo. Non guardo troppo spesso nello specchietto retrovisore: ho paura di incontrare anche solo per sbaglio la figura dormiente di Paul. Non posso pensare a quanta forza di autocontrollo disponga Ethan. Riuscire a guidare con un uomo sbronzo, pazzo e che potrebbe svegliarsi da un momento all'altro, avrebbe potuto finire chiunque. Faccio cenno ad Ethan che sto per accostare, in una vico buio a qualche centinaia di passi dal Vin's. È perfetto. Per qualche assurdo motivo resto ferma nella sua auto, fissando il suo manubrio e respirando quel suo forte profumo. Per due minuti che sembrano ore, non faccio altro che sentirmi un'intrusa. È come se stessi occupando uno spazio che non mi appartiene, come se non meritassi di trovarmi qui, adesso, con lui a pochi passi da me, con la sensazione di quel bacio sulle labbra. Inizio a sentirmi maledettamente fuori posto. Paul. Paul era in casa mia. Ho rischiato di ucciderlo solo per avere ancora un tetto in testa. Sono così tanto un'intrusa che, pur di avere una casa, devo ferire delle persone e metterne nei casini delle altre. E poi ho baciato Ethan, condannandolo a convivere con il disastro che sono, con la verità che si cela su di me e sulla mia vita di merda. Sono così egoista, zia Sandy aveva ragione. Ethan batte le nocche sul mio finestrino per risvegliarmi. Sobbalzo e apro lo sportello, deglutendo il magone e non sforzandomi minimamente di sembrare stabile. Se crolli senza far troppo rumore non c'è bisogno di rimettere insieme i pezzi. Puoi semplicemente far finta che non sia mai successo. «Tutto bene?» I suoi occhi provano a concentrarsi nei miei ma devio lo sguardo. «Sicuro» annuisco, stringendomi tra le braccia. Guardo l'auto dietro quella di Ethan: Paul è al posto del conducente con la testa contro il volante ed un braccio a penzoloni dal finestrino. Se mi concentro abbastanza riesco a sentirlo russare. «Se vuoi posso accompagnarti da qualche tua amica. Non dobbiamo continuare il nostro non appuntamento.» Ethan lo dice quasi in un sussurro, mentre mi affianca maggiormente. Lo guardo, un po' troppo scombussolata, con un espressione che ingenuamente chiunque altro al di fuori di me definirebbe dolce. Ethan solleva una mano contro il mio viso, sfiorandomi dolcemente una guancia, strofinando il pollice contro lo zigomo. Chiudo gli occhi, inebriandomi di una pace che, ahimè, so non essere eterna. Prima che possa riaprirli, però, sento le labbra di Ethan tornare sulle mie. E non è come il bacio di prima, non lo è affatto. Questo sa solo di male, sa completamente di me. Lo spingo per le spalle, presa da un mancamento improvviso ed iniziando a respirare irregolarmente. Ethan sembra confuso, ha le labbra socchiuse e gli occhi fuori dalle orbite. «Hazel? Hazel.. Scusami, non so che mi è preso. Stai bene?» Torno a guardarlo, pressando le labbra e scuotendo la testa. Ethan si rilassa, avvicinandomi a me e bloccando le sue mani intorno alle mie braccia. Io mi getto titubante tra le sue braccia, chiudendo gli occhi quando mi lascio cullare dal suo petto, permettendogli di stringermi a sé. Nella vita ti viene data la possibilità di essere felice, o di rendere felici gli altri. Ogni volta che permetto ad Ethan di abbracciarmi, di starmi così vicino, di spiare all'interno del mio guscio: mi sento così egoista.

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