Capitolo 19: Sai quando mento
Non fare domande, e non ti verranno dette bugie.
(Charles Dickens)
Callie confidò quello che era venuta a sapere da Daniel: Ryan e Katy si erano allontanati. Ancora si vedevano, di tanto in tanto, tuttavia lei non aveva più le libertà di prima.
Mi chiesi la ragione più volte da quando me lo aveva detto, ma non mi aspettavo di certo di trovarli nello stesso tavolo... a distanza. Forse era per Louisa. Forse era per sé stesso.
Katy non mi salutò nemmeno. Non mi misi di certo a piangere.
Justin si mise seduto accanto a me e mi diede un bacio sui capelli, facendomi arrossire. Ridacchiò e mi diede un buffetto sulla guancia.
Abbassai lo sguardo a terra, sentendo quello inceneritore di mio fratello addosso.
Calliope diede una gomitata a Dan, facendolo rinsavire.
– Stasera dormi da me? – chiese Katy, sporgendosi sul tavolo per avvicinarsi almeno un po' a Ryan.
Puntai immediatamente gli occhi su di lui, gelosa. Quest'ultimo non mi notò minimamente. Accennò un sorrisino malizioso, guardando Katy negli occhi.
Strinsi i denti, nervosa, e Justin mi diede un pizzico. Trasalii e girai il viso verso di lui, confusa.
– Sono riuscito ad attirare la tua attenzione? – chiese, a bassa voce.
Sorrisi tristemente. Lo stava facendo per me, lo sapevo. Justin e Michael avevano parlato.
– Tu stasera stai da me – mormorò poi.
– Cosa?! – squittii. – Oh...
– Non era una proposta – ammiccò lui.
Roteai gli occhi e tornai a guardare Ryan, il quale stava parlando con Katy.
Incrociai le braccia e Callie attirò la mia attenzione, facendo una smorfia disgustata rivolta verso Katy, che si stava toccando i capelli con una tale smania da farli finire nel piatto della mia coinquilina.
Trattenni una risata.
– Vado in bagno – mormorai, alzandomi dalla sedia.
Sentii gli occhi di Justin abbassarsi sulle gambe fasciate da dei semplici jeans. Distrattamente, mi resi conto che anche Ryan aveva finalmente capito che ero presente anche io al tavolo. Sospirò, guardando prima Justin e poi me. Sembrò seguire lo sguardo di Justin e lo beccai a fulminarlo.
Trattenni un sorrisino compiaciuto e me ne andai in fretta, per non essere scoperta.
Andai in bagno solo per cercare di riprendermi. La gelosia sembrava crescere di giorno in giorno, fino a rendere il mio stomaco piccolo e sempre in pena.
Cercai di bagnarmi le guance, che ormai sembravano essere perennemente rosse in presenza di Ryan.
Da quando avevamo dormito da Louisa il suo comportamento era ancora più strano: sembrava non fare proprio caso a me. Ero tornata ad essere la sorellina fantasma e questo mi stava distruggendo più del previsto.
Mi ripetei che non era successo niente tra me Ryan, che lui stava insieme a Katy e che Justin mi stava dando una via d'uscita... che però io non volevo prendere.
Quando tornai al tavolo, notai che Justin e Daniel stavano parlando.
– Tieni il tuo c–
– Taci, Daniel – lo riprese Callie, furiosa. – Non esagerare.
– Accompagno io Deitra a casa – se ne uscì Ryan.
Justin ridacchiò. – Davvero? – chiese, come sorpreso.
– Sì – rispose Daniel per Ryan. – Davvero.
Roteai gli occhi, stufa. – Fatti gli affari tuoi, Daniel – borbottai.
Daniel strinse i denti, rabbioso. – Questi sono affari miei.
– No, non lo sono – dissi, guardandolo attentamente negli occhi, per fargli capire che ero seria.
– Cena bellissima e buonissima! – esclamò Ben. – Ma io me ne vado. Ho una festa che mi sta aspettando.
– Ti raggiungiamo! – esclamò Katy.
– Sì, perché no?! – disse Daniel, abbracciando Callie, la quale fece una smorfia, non molto convinta.
Scrollai le spalle, quando mio fratello mi guardò. – Non posso. Domani devo studiare.
– Brava, la mia sorellina – disse Daniel, contento.
Ci alzammo tutti, per dirigerci verso le macchine. Ryan si fermò, per aspettarmi.
– Non ti preoccupare – mormorai, passandogli accanto. – Vai alla festa. Ci vediamo domani al lavoro.
Ryan aprì la bocca, all'inizio un po' contrariato. Una risposta gli balenò nella testa, vidi i suoi occhi illuminarsi di qualche emozione che non riuscii a catturare... e poi richiuse le labbra. Justin posò le mani sulle mie spalle, avvicinandosi dietro di noi, e notai scambiarsi un'occhiata.
– Buona serata allora – lo salutò Justin.
Ryan deglutì. – Anche a voi – disse, non molto convinto, prima di girarsi e tornare verso la sua macchina. Katy sembrò approfittarne, perché decise immediatamente di raggiungerlo.
Quando tutte le macchine sgommarono via, alla ricerca della festa, io e Justin rimanemmo in macchina da soli.
– Ti accompagno a casa? – chiese.
Gli sorrisi, ringraziandolo.
Prima che mettesse in moto, mi posò distrattamente una mano sulla coscia. L'accarezzò lentamente. Decisi di prendere la palla al balzo, quindi gli afferrai il viso lo baciai. Nonostante volesse essere un bacio passionale, mi ritrovai a baciarlo con delicatezza.
Si slacciò la cintura di sicurezza e mi afferrò malamente. Col tempo, stavo iniziando a capirlo: non sarebbe mai stato delicato, non era nella sua natura. Eravamo l'opposto. E forse era per questo che avevo deciso di provarci con lui.
Gli strinsi i capelli ed annaspò, stringendomi a lui. Quindi mi prese e mi portò sulle sue gambe. Cercai di farmi più piccola, visto lo spazio ridotto. Iniziò a baciarmi il mento, per poi arrivare al collo ed alla scollatura del maglioncino. Alzò in modo sbrigativo il maglione, stringendomi i fianchi fino a farmi male.
Trattenni il respiro e mi mossi sopra di lui. La sua risposta fu un morso proprio all'incavo del collo.
Cercai di godermi il momento, escludendo quelli che erano i miei sentimenti.
Tornò a baciarmi con passione, muovendosi sotto di me e spingendomi contro di lui.
Gemetti e dovetti stringere il sedile dove si trovava Justin, inarcandomi verso di lui.
– Cazzo.
Justin si fermò all'istante e trasalì.
Mi immobilizzai, terrorizzata. – Che succede? – chiesi.
– Ryan.
Il sangue sembrò gelarsi nelle mie vene. Smisi di respirare. – R-Ryan? – balbettai.
– Ha appena posato un giacchetto sul cofano della macchina – rispose, con ancora l'affanno. – Se... se ne sta andando.
Girai immediatamente il viso verso il parabrezza. Il panico all'inizio mi fece vedere tutto sfogato. Poi vidi il mio cappotto sul cofano... e la figura di Ryan che si allontanava velocemente, senza più guardarsi indietro. – Oh, mio Dio... – sussurrai.
Presa dal momento, feci per togliermi da quella posizione e battei la testa contro il tettuccio della macchina, facendomi terribilmente male.
Uscii comunque dalla macchina, per cercare di raggiungere Ryan, per scusarmi per l'orribile scena a cui aveva assistito... ma di lui non c'era più alcuna traccia.
***
Non mi presentai a casa sua, anzi ero passata dall'essere uscita per fermarlo a non avere proprio il coraggio di vederlo.
Callie mi stava parlando del suo professore e di come le avesse fatto fare una figuraccia davanti a tutta la classe, quando intravidi la figura del migliore amico di mio fratello. Trattenni immediatamente il respiro ed una scarica di adrenalina mi spinse ad abbassare lo sguardo.
– D – mi chiamò mio fratello, che mi stava raggiungendo insieme a Ryan. – Finalmente ti ho trovato.
– Emh... – mormorai io, in difficoltà, senza alzare lo sguardo. – Che succede?
– Ha chiamato papà. Ci ha invitato a casa, per il weekend – annunciò Daniel.
Trasalii. Non odiavo mio padre, anzi avevamo avuto un bel rapporto... fino a quando mamma era morta. Da là, il nostro rapporto si era come spezzato. Io e mamma avevamo sempre avuto un rapporto, avevo sempre parlato con lei dei miei problemi e mai con lui.
Mio padre era sempre stato uno dei buoni, ma tante cose le perdeva per strada.
Dopo la morte di mamma sembrava essersi distaccato ancora di più da quella che era la realtà.
– Ci sarà anche Dayna ovviamente – aggiunse Dan, non sentendomi parlare.
– Non so... – bofonchiai io.
– Dai, D! – esclamò Dan.
– Dovresti andare – se ne uscì Ryan. Con il mento ancora abbassato, alzai gli occhi su di lui. Strinse i denti, non appena i suoi occhi incontrarono i miei. Il mio cuore sembrò sussultare. Non sembrava arrabbiato, men che meno ferito. Forse si era allontanato in quel modo semplicemente perché vedere quella scena lo aveva leggermente imbarazzato. – Non ci parli da troppo tempo – aggiunse Ryan, continuando a guardarmi. – Non allontanarti da lui perché è ancora vivo.
Sentii quella frase spezzarmi il cuore e togliermi il respiro.
– Sei stato invitato anche tu – disse poi Daniel, osservando Ryan.
– Cosa?! – esclamai io.
– Oh, non posso, ma ringrazialo – replicò Ryan, fermo ed impassibile.
Daniel ridacchiò. – Mio padre ci rimarrebbe molto male.
Ryan sembrò in difficoltà. Il motivo era chiaro: saremmo tornati tutti a quella che era stata la realtà per molti anni. Io sarei tornata a sedermi sulla mia poltrona, intenta a osservare ogni movimento di Ryan; esattamente come Ryan sarebbe tornato a non fare caso a me.
– Dai, amico – mormorò Dan. – Rendi questo weekend meno noioso.
– Troppo gentile – borbottai io.
Ryan si mordicchiò le labbra, per trattenere una risata, dopo avermi sentito. Sospirò. – Va bene.
– Grande! – esclamò Dan, come un bambino. – Fantastico. Piccola, andiamo...
– Tu vai, io ti raggiungo tra poco – lo fermò Callie.
Dan le diede un bacio sulle labbra e si allontanò, distratto come al solito.
Io e Ryan ci guardammo, sapendo già dove la nostra amica sarebbe andata a parare.
– Non fatemene pentire – sussurrò, senza nemmeno guardarci. – Cercate di non esagerare, in questi giorni.
– Non ho bisogno della tua ramanzina, Calliope – la riprese Ryan, nervoso. – So quello che bisogna fare e quello che non devo fare.
Calliope sospirò. – Il saperlo non ti rende comunque immune a...
– So quello che c'è da sapere – la interruppe nuovamente Ryan, duro. – È quanto basta. Ora vai da Dan, o si farà un'idea sbagliata.
– Ne sei sicuro? – chiese Callie, puntando gli occhi pieni di risentimento su di lui.
Ryan accentuò la presa sui denti, mettendo in evidenza la mascella. – Vai.
Calliope non se lo fece ripetere.
Trattenni il respiro studiandolo. Aveva dei jeans scuri ed una maglietta nera a maniche lunghe, che metteva in risalto non solo il suo fisico asciutto, ma anche il colorito chiaro della sua pelle. Le labbra erano leggermente screpolate e gli occhi stavano osservando Daniel, poco lontano da noi.
– Possiamo parlare... di quello che è successo? – sussurrai, a disagio.
– Parlare di che cosa, Deitra? – chiese lui, la voce completamente piatta.
– Del modo in cui ci hai trovato...
– Non sono interessato a parlare del modo in cui ti ho trovato – disse Ryan, abbassando lo sguardo su di me.
Mi venne la pelle d'oca. Non sembrava arrabbiato, eppure i suoi occhi mi trasmisero qualcosa di più intenso di quello che stava esprimendo a parole.
– Non sapevo che saresti tornato – aggiunsi io, con le guance rosse.
– Già, si vedeva – commentò.
Trasalii ed abbassai nuovamente gli occhi sulle scarpe. – Mi dispiace.
– Non ti devi scusare – replicò. – Sono cose che abbiamo fatto tutti, D.
– Non volevo che vedessi...
– Nemmeno io, fidati – mi fermò. – Ma l'ho visto. Ora direi di andare avanti.
Annuii. – Certo.
Lo vidi allontanarsi da me. Louisa, a pochi passi da noi, lo stava aspettando. Mi sorrise dolcemente e mi salutò, con un cenno della testa.
Li osservai andarsene, vicini.
Forse avevo ragione. Forse Ryan non era rimasto ferito da quello che aveva visto, probabilmente si era semplicemente trovato in una situazione... scomoda.
Probabilmente il suo modo di guardarmi non aveva niente a che fare con la rabbia, con la gelosia e la delusione. Era semplicemente pentito di essersi avvicinato troppo a quella macchina, per portarmi un giacchetto dimenticato all'interno del ristorante.
Ripensai al modo in cui Kitty lo aveva invitato a casa sua ed al suo modo di ascoltare lei e non me.
Probabilmente dovevo semplicemente smetterla di dare significati a sguardi e parole poco chiare. Quello che usciva dalle sue labbra erano sempre parole che mi spingevano ad andare avanti, a lasciarlo andare ed a non credere a quello che mi diceva il mio corpo. Soprattutto, mi diceva di non cedere a quello che il mio corpo mi chiedeva di fare.
Dovevo iniziare a fare esattamente quello che mi veniva naturale. Dovevo semplicemente credere alle parole che uscivano da quella bocca, senza dare altri significati e senza studiare il suo corpo. Non mi avrebbe portato da nessuna parte. Dopotutto, se anche avessi avuto ragione... dall'altra parte avrei sempre avuto una persona che stava nascondendo quelle che erano le sue emozioni. E lo stava facendo per una ragione precisa, che io probabilmente non avrei mai saputo.
***
Finito di lavorare, spensi il computer e salutai con la mano Dylan, il quale era diventato scostante ed anche sgarbato.
Scesi al piano inferiore per andare ad avvisare Ryan della fine del mio turno, dato che dovevamo andare insieme a casa di mio fratello e poi partire direttamente.
Bussai alla porta ed entrai, a disagio. Nonostante la nostra conversazione di quella mattina, ancora mi sentivo in imbarazzo per essermi fatta scoprire in quel modo con Justin.
– Dovremmo andare – sussurrai io.
Ryan sospirò e si allentò la cravatta, nervoso. – Faccio tardi – disse, senza nemmeno alzare lo sguardo dal suo computer. – Fatti venire a prendere da Daniel. Ci vediamo direttamente a casa vostra.
– Ryan...
– Ho una presentazione tra pochi giorni, Deitra – ringhiò lui. – L'ultima cosa che volevo fare era staccami da qua soltanto per venire a casa vostra e tornare ad una realtà che ormai non ci appartiene più.
– Lo so, ma non è colpa mia – borbottai io.
– Neanche mia – ringhiò lui. – Eppure, mi sembra di essere sempre lo stronzo che ci rimette di più.
Mi irrigidii, ferita. – Ti devo ricordare quello che sono costretta a sopportare ogni singolo giorno? – chiesi io, a bassa voce, nonostante fossimo ormai praticamente gli ultimi rimasti.
Finalmente si decise a guardarmi. I suoi occhi erano pieni di dubbi, ma soprattutto di rancore. – Lo stiamo sopportando in due, Deitra – mi riprese lui.
Non ribattei, perché mi resi conto che non volevo fare una gara di tragedie... soprattutto perché vincerla avrebbe significato dirgli quelli che erano i miei veri sentimenti. – Bene, allora andrò coi mezzi – ringhiai io, girandomi sui tacchi.
– Aspetta.
Mi bloccai, sorridendo, perché sapevo benissimo che non si sarebbe mai permesso di lasciarmi andare con l'autobus. Soprattutto non di sera.
Si alzò senza alcuna delicatezza, chiuse il computer portatile ed avanzò velocemente verso la porta, borbottando: – Fanculo, cazzo.
– Ma la gente lo sa che in realtà sei così scurrile? – lo presi in giro io, andandogli dietro più lentamente, a causa degli stivaletti che portavo.
– Probabilmente direbbero di peggio dopo anche solo un'ora passata con la vera te – ribatté lui, ferreo come sempre, entrando dentro l'ascensore dopo di me. Pigiò il piano terra e si infilò una mano dentro la tasca.
Ridacchiai. – La vera me? Quella simpatica, intendi? – continuai io, ammiccando.
I suoi occhi si assottigliarono. – Ti definisci simpatica quando diventi così insopportabile? – chiese lui.
– Questa è la parte in cui io ti dico che in realtà ti piaccio proprio per questo – replicai io, continuando a sorridergli.
Strinse le labbra in una linea piuttosto fina e rigida. – Questa è la parte in cui ti ricordo che sono impegnato.
Trasalii. – Impegnato? – chiesi in un sussurro, con gli occhi grandi e feriti.
Non mi guardò. Uscì velocemente dall'ascensore.
Lo raggiunsi, a fatica. – Katy? – provai nuovamente.
– Ha importanza? – chiese lui.
Il cuore sussultò e mi fermai di scatto. – Louisa?
Ripensai alle parole della ragazza, al suo modo di piangere... ed al loro modo di essere così vicini.
– Entra in macchina – replicò senza alcuna emozione Ryan.
– Definisci impegnato – continuai io, di fronte a lui. Cercai disperatamente i suoi occhi, in preda al panico. Non si trattava più nemmeno di gelosia, era qualcosa di più insidioso e doloroso. Era paura, mista a tante altre emozioni. Era qualcosa che non mi faceva più camminare, o respirare.
– Non sono affari che ti riguardano, Deitra. Ora entra.
Annaspai e questo sembrò quasi spingerlo a guardarmi, tuttavia riuscì a non ascoltare il suo istinto ed aggrottò semplicemente la fronte. – Non sono affari miei? – gli feci eco io.
– Non lo sono – confermò lui. Aprì lo sportello, invitandomi ad entrare.
Strinsi le piccole mani in pugni, rabbiosa. Perché non ci credevo. Poteva fare o dire quello che voleva davanti a Calliope, ma io lo conoscevo ed avevo ascoltato attentamente le sue parole. – Puoi fingere quanto vuoi. Gli altri potranno anche cascarci, ma ti dimentichi una cosa: io so leggerti.
Il respiro sembrò accelerare, ma continuò a guardare davanti a sé.
– Puoi dire quello che ti pare, ma io so la verità – ringhiai io, tremando leggermente dalla rabbia. – E forse non la vuoi ascoltare. Probabilmente stai mentendo anche a te stesso. Ma io sono molto di più di un semplice corpo per te, esattamente come sono di più di una testa pensante. – Scrollai le spalle. – Forse non sei geloso, forse non ti crea disturbo vedermi con un altro. Ma non mentirmi su quello che provi per le altre, perché sei scostante con tutte noi, in un modo o in un altro, e questo ti rende tutto tranne che impegnato.
– Entra–dentro.
Il modo in cui decise di non rispondere fu la conferma di cui avevo bisogno, perché quelle parole che erano uscite dalla mia bocca c'erano sempre state... ma una parte di me aveva sempre avuto paura che fossero dettate dalla speranza.
– Il tuo continuare a mentirmi per ferirmi ti rende anche cattivo – finii io, prima di entrare dentro la macchina.
Mi fermò, afferrandomi il braccio. Si avvicinò a me, ficcando dentro di me non soltanto i suoi occhi, ma anche la rabbia che aveva cercato di trattenere fino a quel momento. – Non mento per ferirti, mento per allontanarti.
– Sai benissimo che mi allontano quando mi ferisci – ringhiai io.
– E tu sai benissimo quando mento – disse a bassa voce, continuando a fulminarmi. – L'hai detto anche tu: sai leggermi come nessuno. Quindi sai benissimo che non riesco a fare le cose sul serio con Katy, perché di mezzo ci sei tu. È per questo che fai l'arrogante con lei.
– Faccio l'arrogante con lei perché non fa altro che accentuare il suo essere presente nel tuo fottutissimo letto – ringhiai io.
Fece un passo indietro, come la situazione stesse iniziando ad essere troppo. – Lo fa, perché ha capito che in realtà quello che mi ferma dallo stare completamente con lei, sei tu – disse, con un tono quasi triste.
Lo guardai, senza fiato.
Tante domande iniziarono a confondermi dentro di me.
Mi lasciò andare il braccio e girò il viso dall'altra parte, per non guardarmi più. – Entra, stiamo facendo tardi.
Non riuscivo a muovermi, potevo solamente sentire il mio cuore quasi esplodere dentro il petto.
Ryan non mi guardò minimamente, in difficoltà. Deglutì e si allontanò di scatto, per poi entrare dentro la macchina.
***
– Potrei guidare io!
Ryan e mio fratello si guardarono. – Ma è seria? – chiese Daniel.
– Non penso – borbottò Ryan.
– Guido benissimo! – esclamai.
– È seria – sussurrò Daniel. Feci una smorfia disgustata e contrariata. Dan ridacchiò e mi diede un buffetto sul mento. – Tu vai dietro, così puoi dormire durante il viaggio.
Lo ascoltai, accantonando per un po' il femminismo, dato il sonno che si era risvegliato dentro di me poco dopo la frase di mio fratello.
Non mi ero cambiata, perché Dan ci aveva già ripreso per aver fatto tardi a causa del lavoro... Per questo mi ritrovai più volte ad abbassare la gonna bofonchiando.
Notai Ryan guardare verso lo specchietto retrovisore, per intimarmi di smetterla di muovermi così tanto solamente con un'occhiataccia.
– Toglitela, se ti dà così fastidio – se ne uscì Daniel.
– Daniel! – squittii, arrossendo immediatamente.
– Ti devo ricordare che sono presente anche io? – chiese Ryan al suo amico, leggermente in imbarazzo.
– Come se non avessi mai visto le gambe di mia sorella – sbuffò Dan. Il cuore mi fece male, perché la sua innocenza a volte mi rendeva così imperfetta ai suoi occhi... Perché per lui, il suo migliore amico mi aveva sempre vista a malapena come una sorella, figuriamoci come una ragazza.
Ryan si mosse leggermente sul sedile, nervoso, e l'occhiata che mi lanciò sembrò quasi minacciarmi di non muovermi più e di lasciare tutto quello che avevo addosso.
Si tolse la cravatta con un gesto che trovai veramente sensuale, nonostante fosse alla guida. Sospirai, rendendomi conto che la conversazione di poche ore prima, sommata all'essere all'interno di uno spazio così piccolo mi stava mettendo a dura prova.
Era come se tutto nel mio corpo mi stesse urlando di andare da lui, di fermarlo e baciarlo.
Ripensai alle sue parole: "quello che mi ferma dallo stare completamente con lei, sei tu".
Cercai aria, sentendo terribilmente caldo.
– Ma la vuoi smettere?! Sei insopportabile! – sbottò mio fratello. – Dormi un po'!
– Se mi aveste lasciato guidare, sarebbe andato tutto liscio – borbottai.
Ryan trattenne una risata.
Diedi un calcio al suo sedile, facendolo ridere. – Continua a fare i capricci – mi prese in giro lui.
– Lo farò – confermai, alzando il mento con fare superiore.
Ryan si mordicchiò il labbro e notai i suoi occhi cercarmi nuovamente attraverso lo specchietto retrovisore, per poi abbassarsi verso le gambe scoperte che avevo totalmente allungato, fino ad arrivare alla gonna. Tornò lentamente sui miei occhi e non sembrò vergognarsi minimamente di essere appena stato beccato a squadrarmi dalla testa ai piedi.
E la cosa che più mi dava fastidio, era il formicolio che mi aveva lasciato solamente il suo sguardo. Non cercai di nascondere il modo in cui mi aveva fatto sentire.
Strinse la presa sul volante e tornò a guardare avanti, senza più tornare su di me.
Una volta calmata, sentii il mio corpo abbandonarmi a causa del sonno.
Mi resi conto di essermi addormentata, solamente quando mi ritrovai effettivamente con la bocca aperta. Ryan non mi aveva mentito: sbavavo veramente quando dormivo!
Feci per alzarmi dai sedili, quando li sentii parlare.
– Non mi piace il modo in cui non lo allontana – borbottò mio fratello.
– Non ci crederai mai, ma è una ragazza con una vita sessuale attiva – lo prese in giro Ryan.
Chiusi gli occhi, fingendo ancora di dormire, e mi girai dandogli le spalle e fissando lo schienale dei sedili.
– Non riesco a farmene una ragione. Justin non è adatto – replicò Dan.
Ryan ridacchiò. – Dubito esista qualcuno adatto a D per te – commentò aspramente.
– Lo so, ma... lei è diversa dalla maggior parte delle ragazze, amico. Sto soltanto cercando di proteggere questo lato speciale di lei.
– Credo sia in grado di proteggersi da sola – disse Ryan, facendo sussultare di gioia il mio cuore.
– Pensi che lei sappia le vere intenzioni di Justin?
Ryan rimase in silenzio per così tanto tempo che pensai di girarmi nuovamente soltanto per cercare di capire questo suo silenzio. Poi replicò: – Penso stia con Justin proprio per questo.
Dan ringhiò come un cane. – Non ce la vedo mia sorella a scopare di qua e di là.
– Non è una principessa, Daniel – borbottò Ryan, leggermente infastidito. – Può scopare con chi vuole, se lo vuole.
Sospirò. – Lo so... è che... non sono abituato – disse mio fratello, quasi sconfitto. – Si è fatta bella tutto d'un tratto. È cresciuta in pochi mesi.
– Sai benissimo che cosa l'ha portata a crescere in questo modo – commentò Ryan, facendo riferimento alla morte di mamma. – Ed in realtà Deitra... ha iniziato a crescere e verso i sedici anni. Forse non siamo stati in grado di vederla realmente, prima.
Mio fratello rimase in silenzio, quasi mi venne il dubbio che avesse capito. Poi ridacchiò. – Sono contento di poterne parlare con te. Sei l'unico che la vede per quello che è.
Mi sentii terribilmente in colpa e questa volta Ryan non rispose minimamente, facendomi capire che anche lui si stava sentendo come me.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top