BEHIND THE EYES; PARTE UNO (THEODORE)


Allungo la mano destra, senza aprire gli occhi, cercando la persona sdraiata a mio fianco; ma le mie dita, anziché sfiorarne la pelle morbida e nuda, incontrano solo la consistenza soffice del materasso ed un posto vuoto.

"Buongiorno... O forse sarebbe più appropriato dire buonasera".

Sollevo le palpebre, mi siedo appoggiando la schiena alla testiera del letto, e mi massaggio le tempie con entrambe le mani; la stanza attorno a me è immersa nella semioscurità, resa meno opprimente dalla luce di un lampione che filtra dalla finestra, tuttavia i miei occhi individuano subito Nicole, senza la minima traccia di difficoltà: è seduta davanti alla piccola scrivania, apparentemente impegnata a pettinarsi i capelli, ed incontro il suo sguardo attraverso il riflesso dello specchio.

"Buongiorno anche a te. Per quanto tempo ho dormito?"

"Qualche ora. Sembravi molto stanco, così ho preferito non svegliarti" risponde la mia ex compagna, senza mai smettere di sistemarsi le lunghe ciocche castane "sopra al comodino c'è qualcosa che dovrebbe essere di tuo gradimento. Se la memoria non m'inganna, questo è un rito che fai sempre dopo i momenti di intimità".

Sposto lo sguardo sul mobile e ciò che vedo mi fa piegare le labbra in un sorriso compiaciuto, perché Nicole ha centrato in pieno ciò che desidero fare in questo momento: prendo in mano la sigaretta, l'accendo ed aspiro una profonda boccata, buttando poi fuori il fumo dalle labbra.

"È stato meraviglioso" dico dopo un po', rompendo il silenzio, e gli occhi azzurri di Nickie tornando a concentrarsi sul mio viso.

"Non credere che il sesso risolva ogni cosa"

"No, ma ammetterai anche tu che è un ottimo punto di partenza su cui lavorare" rispondo, prendendo un'altra boccata di fumo "siamo entrambi adulti, ed entrambi sappiamo come gira il mondo: se tra noi due non ci fosse più nulla, non sarebbe accaduto ciò che è accaduto sotto quella doccia"

"Non mi hai dato molte opzioni, dal momento che sei entrato senza vestiti nella doccia"

"Tesoro, non mi sembra che tu abbia provato a ribellarti o a cacciarmi. Anzi. A giudicare dai graffi che mi hai lasciato sulla schiena, hai apprezzato molto la mia piccola... Intrusione. Sei sicura che tra te e Linc ci sia solo un po' di maretta momentanea e non una crisi più profonda? Sono sicuro che in quattro anni non ti ha fatta neppure lontanamente godere come ci sono riuscito io prima"

"Se fossi in te non mi preoccuperei per la vita sessuale mia e di Linc, ma per Gracey"

"Mh" mormoro, prendendo rapidamente coscienza di ciò che ho appena fatto: sono andato a letto con la mia ex compagna e moglie, fregandomene altamente della mia attuale ragazza, e non ne sono affatto pentito; anzi, se potessi rifarei tutto da capo in questo stesso momento "in ogni caso ero serio poco fa, quando ho detto che è stato meraviglioso. Erano anni che non facevo del sesso così perfetto in ogni più piccola sfumatura"

"Anche io ero seria quando ho detto che il sesso non può risolvere ogni cosa, Theodore" ribatte lei, senza scomporsi minimamente, perché è tornata ad indossare quella maledetta maschera di ghiaccio "e come hai detto tu stesso siamo entrambi delle persone adulte, in grado di gestire ciò che è appena successo: è chiaro che si è trattato solo di un attimo di debolezza... Un attimo di debolezza piacevole, ma che non deve ripetersi mai più per il bene di entrambi, dei nostri partner e soprattutto di Benjamin. Non possiamo illudere nostro figlio con qualcosa che non esiste più. Lo sai benissimo tu come lo so anche io".

Non rispondo subito.

Prendo del tempo spegnendo il mozzicone della sigaretta dentro un posacenere e poi rivestendomi, lentamente; mi alzo dal letto, raggiungo Nickie e le accarezzo il collo spostando delle ciocche scure.

Scendo lungo le spalle e le braccia, per poi risalire e concentrarmi di nuovo sulle spalle e sul collo: la vedo chiudere gli occhi e la sento rilassarsi sotto il tocco delle mie mani; continuo con il massaggio per qualche minuto prima di sostituire le dita con le labbra, posandole una serie di baci sulla pelle ancora ricoperta da un lieve velo di sudore.

Nicole emette un sospiro, senza sottrarsi alle mie attenzioni, gira il viso verso di me e mi passa le braccia attorno alle spalle, avventandosi sulle mie labbra per baciarmi con passione; senza perdere altro tempo, l'afferro per le cosce, sollevandola, permettendole di passarmi le gambe attorno ai fianchi.

Muovo qualche passo all'indietro, lasciandomi cadere sul materasso, ribaltando le posizioni ed assumendo quella di comando; la mia ex compagna scioglie la presa, le sue mani vagano sul mio petto, scendendo sempre più in basso, e la sento armeggiare con la zip dei miei pantaloni.

Intuendo il suo desiderio l'aiuto a liberare entrambi dal peso ormai ingombrante degli indumenti, e la penetro, di nuovo, senza perdere tempo in preliminari; Nicole si lascia scappare un grido, inarcando la schiena, ed io ne approfitto per passarle il braccio destro attorno ai fianchi, spingendola contro di me, facendo aderire ancora di più i nostri corpi.

M'impossesso della sua bocca, baciandola e mordendola, staccandomi solo dopo aver riversato nuovamente il mio seme dentro di lei, con il respiro ansante e con il petto che si alza ed abbassa velocemente; le mie labbra si distendono in un sorriso quando mi rendo conto che la mia compagna di viaggio si trova nelle mie stesse condizioni.

"Sai..." mormoro, dopo aver ripreso fiato, accarezzandole i capelli "sono davvero contento del discorso che hai fatto qualche minuto fa, perché con poche frasi hai detto molto chiaramente che io sono la tua più grande debolezza. E questo mi lusinga parecchio".

Nicole non risponde alla mia provocazione: mi scosta con un gesto rapido, si riveste e raggiunge il cellulare, che ha appena emesso uno squillante 'bip'; lo afferra, scorre velocemente il contenuto del messaggio che ha appena ricevuto e poi lo comunica anche a me.

"Ci siamo" dice, mentre mi rivesto a mia volta "è arrivato il momento. Dobbiamo andare".



Mi sporgo di qualche centimetro dal container che funge da nascondiglio per me e Nicole ed osservo Michael, in piedi e a braccia incrociate, al centro di quello che è il luogo del fatidico appuntamento, della resa dei conti: un vecchio magazzino situato nel porto di Chicago.

"Siamo sicuri che verrà?" sussurro, rivolgendo la domanda a Nickie, posizionata a mio fianco.

"Sì, Poseidone non si lascerà scappare questa occasione. Anche lui, esattamente come noi, vuole chiudere questa faccenda una volta per tutte. E quando arriverà quel momento, tu dovrai limitarti a seguire i miei ordini. Se vuoi che ogni cosa vada nel verso giusto, non provare a fare di testa tua"

"E se dovesse fiutare la trappola?"

"Abbi un po' di fede" mormora lei, guardandomi negli occhi, prima di concentrarsi nuovamente sulla figura solitaria di Scofield; la sua esortazione mi fa piegare le labbra in una smorfia scettica per due motivi.

Primo: è un ritornello che ho sentito fin troppo spesso uscire dalla bocca di Michael.

Secondo: ci sono tutti i presupposti perché il piano fallisca miseramente; ma, a quanto pare, sono l'unico a vedere questo.

Il rumore di alcuni passi che rimbombano nel silenzio più assoluto mi strappa dai miei pensieri negativi: dall'ombra, avvolto in un completo estremamente elegante che stona con l'ambiente che lo circonda, appare il marito di Sara, l'uomo che non mi ha convinto fin dal primo momento in cui i miei occhi si sono posati sul suo viso, l'artefice di questo enorme gioco perverso.

Poseidone: l'agente corrotto della CIA.

All'anagrafe, Jacob Ness.

L'osservo in silenzio, senza perdermi una sola delle sue mosse, scambiare qualche battuta con Scofield, e quando quest'ultimo gli punta contro la canna lucida di una pistola, vedo chiaramente le sue labbra piegarsi in un sorriso compiaciuto, e per la prima volta sento la sua voce.

"Avevo previsto questa mossa da parte tua" dice, scandendo le parole con alterigia "e di conseguenza non sono venuto impreparato".

Schiocca le dita della mano destra e dall'ombra appare una donna bionda, uno dei due sicari che hanno aggredito me e Kellerman: la sua mano sinistra è saldamente stretta attorno al braccio di un bambino di sette anni, mentre nell'altra impugna una revolver puntata contro la testa del piccolo, che ha gli occhi arrossati e spalancati.

Benjamin.

Un velo rosso cala davanti ai miei occhi, togliendomi completamente la capacità di ragionare con lucidità.

"Allontana immediatamente quella pistola dalla testa di mio figlio" urlo, uscendo dal nascondiglio, mandando letteralmente a puttane l'intero piano; gli occhi di Ben si posano in automatico sul mio viso, e non riesce più a trattenere le lacrime ed i singhiozzi.

"Papà..."

"Benjamin, non ti preoccupare, non permetterò loro di toglierti un solo capello. Andrà tutto bene, tesoro, te lo prometto. Ed io mantengo sempre le mie promesse, ricordatelo"

"E tu prova a fare un solo passo e sarai costretto ad asciugare la materia cerebrale di tuo figlio con uno strofinaccio" mi minaccia Jacob, prima di rivolgersi di nuovo a Michael, allungando il braccio destro "dammi quella pistola, Scofield, non te lo chiederò una seconda volta. O vuoi avere sulla coscienza la vita di un ragazzino innocente? A te la scelta".

Michael non pronuncia una sola parola: lentamente abbassa l'arma ed è costretto a consegnarla nelle mani del suo nemico; la donna bionda, però, non accenna ad allontanare la sua da mio figlio.

"Abbassa quella pistola" sibila Nicole, poco lontana da me, con una luce inquietante che le brilla negli occhi "abbassa quella pistola, maledizione, è solo un bambino di sette anni. Lui non c'entra nulla in tutta questa storia"

"Non un solo passo in avanti" le ordina il sicario, ripetendo le parole del suo Capo, puntando la canna nera e lucente contro il viso della mia ex compagna.

Capisco che è il momento di agire, che un'occasione simile non si ripeterà una seconda volta, e che ho pochissimi secondi a mia disposizione.

Aggredisco la bionda con un urlo, cogliendola totalmente alla sprovvista, cercando di disarmarla; ma commetto un enorme errore sottovalutando le sue capacità fisiche e me ne accorgo quando, ormai, è troppo tardi per tornare indietro: con un gesto rapido e fulmineo, degno di un gatto, s'impossessa nuovamente della revolver, posa la canna contro il mio petto e preme il grilletto.

Il rumore dello sparo riecheggia per tutto il vecchio magazzino, confondendosi e mischiandosi con un urlo femminile proveniente dalla mia destra.

Barcollo all'indietro e abbasso lo sguardo, sbattendo più volte le palpebre, confuso: nella felpa nera che indosso è apparso un buco, da cui esce un liquido scuro e viscoso, che si confonde con il colore della stoffa; lo sfioro con le dita della mano destra e le vedo tingersi di un rosso acceso, nauseante, dall'odore ferroso.

Sangue.

È il mio stesso sangue.

Quella stupida vacca mi ha appena sparato all'altezza della cassa toracica, esattamente dove è posizionato il cuore.

Non appena prendo coscienza di essere completamente fottuto, tutto appare ai miei occhi rallentato, strano e terribilmente distorto: cado a terra senza sentire il dolore del violento impatto e nel mio campo visivo appaiono Nickie e Michael; vedo le loro labbra aprirsi e chiudersi velocemente, ma le loro voci sembrano provenire da molto lontano, e giungono ovattate alle mie orecchie, come se mi trovassi sott'acqua.

"Theodore! Theodore! Non chiudere gli occhi! Resta con me, resta con me!"

"No, no, no, no, maledizione... Maledizione... Non avresti dovuto farlo!".

Provo a parlare, ma quando socchiudo le labbra riesco solo a sputare un grumo di sangue che sale direttamente dai miei polmoni, che stanno collassando insieme a tutti gli altri organi del mio corpo; la vista mi si annebbia, ed i volti della mia ex compagna e del mio nemico di un tempo diventano sempre più sfocati, prima di essere inghiottiti dall'oscurità più assoluta.

Eppure non sento alcun dolore.

Anzi, in realtà è una sensazione quasi piacevole e liberatoria: è come se un enorme peso che gravava sulle mie spalle svanisse in un istante, sostituito da una pace assoluta.

E mentre esalo l'ultimo respiro mi ritrovo a pensare che essere completamente fottuto non è così orribile, anche se non credo di essere pronto ad affrontare le fiamme dell'inferno.

Sempre se l'inferno esista, ovviamente.

Mi aggrappo all'ultimo barlume di vita per formulare un pensiero che mi dà la forza di lasciarmi andare del tutto e smettere di lottare: ho sacrificato la mia vita per salvare quella di mio figlio; non ho trascorso i miei ultimi giorni tra le quattro mura spoglie di una cella a Fox River e non mi sono beccato una pugnalata letale nel mezzo di un regolamento di conti.

E questo mi può bastare.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top