Capitolo 49

Ero nervosa. Stavo per entrare in casa mia con Seth al mio fianco. L'ultima volta ce n'eravamo andati in modo piuttosto burrascoso e non avevo idea di come mia madre avrebbe potuto reagire alla cosa. Eravamo in perfetto orario, in tempo per cambiarci e andare alla tenuta dei Fletcher. Suonai il campanello e fu mio padre a venire ad aprire, mentre si sistemava il nodo della camicia.

Si bloccò alla vista di Seth e schiuse la bocca sorpreso. «Tesoro, finalmente sei arrivata. E ancora in compagnia, a quanto pare.»

«Spero non sia un problema, papà. L'importante è che sia qui, no?» Replicai, il tono acido era sulla punta della lingua.

«Tesoro, chi è?» Sentii la voce autoritaria di mia madre provenire dall'interno. Poi, sbucò alle sue spalle e sbuffò. «Ti sei decisa ad arrivare, Nyxlie. Sei in ritardo.»

«Il brunch inizia tra un paio d'ore.» Risposi ed entrai appena mio padre si spostò.

Seth non aveva ancora detto nulla. Stava facendo il bravo e lo apprezzavo. Alla fine non aveva portato nessun coltello, apprezzavo anche quello.

«Lo sai che dobbiamo andare prima per accogliere gli ospiti.»

«Noi arriveremo secondo l'orario degli ospiti.» Dissi.

I suoi occhi guizzarono su Seth e si impettì, incrociando le braccia. «Tu sei invitato.»

«Lui è invitato.» Dissi ancor prima che Seth potesse farlo. «Se lui non viene, non lo faccio neanche io.»

Mi guardò sprezzante. «Questo tuo atteggiamento ribelle deve finire. Lui non farà mai parte di questa famiglia.»

«Okay, mamma.» Sospirai e poi afferrai la mano di Seth per superarla. «Ci vedremo lì.»

«Sei stata molto brava.» Sussurrò al mio orecchio mentre salivamo le scale.

«Grazie.» Lo guardai con un lieve sorriso. «E anche tu sei stato bravo a non aggredire mio padre.»

«La giornata è ancora lunga.»

Una volta arrivati in corridoio, lui si bloccò. Mi accigliai e lo guardai perplessa. Era piuttosto rigido.

Fece un cenno col mento. «Quella è la vecchia camera?»

Guardai davanti a me e schiusi le labbra. «Oh. Si, è questa.»

Lasciai andare la sua mano e mi avvicinai alla porta. Ormai non era più una camera da letto. L'aprii e Seth si avvicinò deglutendo.

«È diventata una palestra.» Dissi con un sospiro. «I miei hanno tolto tutto qualche anno fa. Non mi dispiace, se devo essere sincera. Mi fa meno effetto.»

«La voglio bruciare lo stesso.» Disse monocorde.

«Dai, vieni.» Chiusi la porta e gli afferrai la mano per attirare la sua attenzione. «Ci facciamo una doccia?»

Improvvisamente sparì l'ombra d'odio e apparì un ghigno familiare che mi fece infiammare il basso ventre. «Posso far sentire ai tuoi quanto non faccio parte della famiglia?»

Socchiusi gli occhi. «Puoi farlo, si.»

Entrammo nella mia stanza, la stessa che lui conosceva molto bene ormai, e ci nascondemmo nell'ampia doccia walk in. Ogni volta che lo guardavo sentivo il mio buon senso spaccarsi a metà. Sapevo che stavo facendo qualcosa di sbagliato ma appena faceva collidere le nostre bocche e mi stringeva a sé, dimenticavo cosa fosse giusto o cosa fosse sbagliato. Schiusi le labbra e gli permisi di far scivolare la lingua nella mia bocca mentre tiravo le sue ciocche bagnate. Le sue mani percorsero il mio corpo fino ad afferrare il retro delle mie cosce per sollevarmi e schiacciarmi tra lui e la parete fredda. Sentii immediatamente la sua presenza premere contro di me e mi staccai da quel bacio famelico per recuperare ossigeno.

«Sei sicura di voler parlare con lui?» Chiese rauco, la fronte premuta contro la mia.

Il petto si alzava e abbassava rapido. Annuii con la bocca leggermente aperta.

«Devo.» Soffiai. «Per me e per Daphne.»

«Io non penso di essere pronto.» Confessò. «Non penso di riuscire a lasciarti andare da sola con lui.»

«Chen e gli altri ci terranno d'occhio.» Lo rassicurai. «Andrà bene.»

Sapevo che nella sua testa gli immaginari non fossero positivi per cui tornai a baciarlo e gli sussurrai di lasciarmi andare. Fu riluttante ma appena mi misi in ginocchio davanti a lui, un leggero sorriso apparì sul suo volto.

«Sai come distrarmi, Principessa.» Fece passare le dita tra le mie ciocche aggrovigliate e bagnate.

Mi morsi il labbro e iniziai ad accarezzargli le cosce toniche. «Sei un uomo. E' la vostra debolezza.»

Inarcò un sopracciglio sorpreso ma divertito dalla mia uscita. «Poi vedremo quanto siete forti voi donne.»

Alla fine scoprimmo che forse eravamo l'uno da debolezza dell'altro.

Casa Fletcher non distava molto da noi ma era sicuramente in un quartiere più residenziale e altolocato. La macchina di Seth sobbalzava per la presenza della ghiaia che ci accompagnò fino alla fontana di marmo dinanzi all'ingresso della villa. Rispetto alla nostra casa la loro aveva quell'aspetto vittoriano che la rendeva elegante e raffinata. Iniziai a sentire l'agitazione attaccarsi alle ossa e quando Seth parcheggiò di fianco ad una lussuosa auto sportiva, probabilmente di qualche cliente in crisi di mezza età, mi resi conto che tutto quello stava davvero per succedere. Stropicciai il tessuto dello spacco di quel vestito lungo, color perla, che mi fasciava i fianchi e lasciava scoperte le spalle con un corsetto rigido.

«Non dobbiamo farlo.» Seth spezzò il silenzio, afferrando la mia mano.

«Devo riuscire ad affrontarlo.» Deglutii. «Devo solo realizzare tutto questo. Ho passato anni a pensare a cosa e come fare, per poi lasciare sempre perdere perchè ero da sola e avevo paura.»

«Non sei più sola e non devi avere paura. Non permetterò che ti faccia ancora del male.»

Sorrisi lievemente. «Si, lo so.»

Si sporse per vedere dal mio finestrino e fece una smorfia. «Sai quanto fuoco farebbe--»

«Smettila.» Gli diedi un colpo al braccio. «Non darai fuoco a niente e a nessuno.»

«Risolverebbe molti problemi.»

Socchiusi gli occhi e incrociai le braccia. «Invece no. Ora, scendiamo.»

«Certo, capo.»

«Mi aspettavo un principessa.» Lo punzecchiai.

Sollevò un angolo della bocca. «Ho sempre saputo che ti piaceva come ti chiamavo.»

Ruotai gli occhi e scesi dalla macchina. Seth si avvicinò e perlustrai la sua figura mentre si sistemava la giacca. Indossava un completo scuro e una camicia bianca e il tutto gli stava divinamente. Era impossibile guardarlo e pensare che sotto a quella bellezza si nascondeva anche un aspetto davvero cupo di lui.

Aggrappai il suo braccio e insieme andammo verso l'ingresso. Le porte erano spalancate e ad attenderci c'erano due addetti al catering. Conoscevo a memoria quella casa ma mi guardavo attorno, analizzando ogni angolo. Siccome il tempo lo permetteva tutta la festa si sarebbe tenuta nell'ampio giardino e per questo attraversammo un lungo corridoio tappezzato di fotografie familiari e quadri e ci fermammo nel soggiorno in cui parte degli ospiti si trovava al momento.

«Per ora ho contate sei di telecamere.» Sussurrò Seth, guardandosi intorno furtivamente.

«Sarà un problema per Chen?» Domandai.

Negò. «No.»

«Ancora non capisco come ci riesca.»

«Tu non preoccuparti.» Mi accarezzò la schiena. «Sa quello che fa.»

«Nyxlie!»

Mi stampai un sorriso di plastica nel sentire la voce di William. Questa volta non era solo, era a braccetto con una ragazza molto bella. L'avevo già vista da qualche parte ma non ricordavo di chi fosse figlia. I suoi occhi da finta cerbiatta mi squadrarono per poi incollarsi al ragazzo ombroso al mio fianco.

«Ehi.» Dissi. «Anche tu hai compagnia.»

Lui annuì e guardò rapidamente la ragazza mora. «Ti ricordi di Natalia? Abbiamo fatto una partita di tennis insieme.»

«Ma si, certo.» Vagamente. «Come stai Natalia?»

Lei sorrise di cortesia, affondando le unghie nel braccio di William, e scrollò le spalle. «Sto bene, grazie. Vedo, che sei in compagnia»

Annuii e sorrisi mentre Seth mi cingeva la vita. «Lui è Seth.»

Lei tornò a studiarlo e sbattè le ciglia. «Di chi sei figlio? Non mi sembra di averti mai visto.»

William sbuffò una risata. «No, Nat. Lui non è di qui

«Oh.» Fece la finta sorpresa. «Capisco.»

«Già.» Trattenni una smorfia. «Ora se volete scusarmi...»

Afferra la mano di Seth e li superai andando fuori in giardino, insieme a tutti gli altri. C'erano dei lunghi banchetti con vari stuzzichini e camerieri che giravano con vassoi sui quali c'erano calici di champagne e quelle che sembravano tartare. Era stato costruito anche un mini palchetto su cui stavano suonando dei violini. Seth ne fermò uno e prese due calici, uno me lo passò. Mi bagnai le labbra mentre facevo scorrere gli occhi tra gli invitati che parlavano e ridevano a gruppetti, per poi spostarsi verso altri. Trovai Harold e mio padre parlare con altri due uomini vicino al palchetto. Mia madre invece era con quella di William.

«Lo strangolerei con quella cravatta fino a fargli sputare sangue.»

Saettai lo sguardo su Seth e gli tirai un pugno al petto. «Smettila.»

Mi guardò accigliato mentre si portava alle labbra il calice e borbottò. «Cosa? Sono stato anche fin troppo gentile.»

«Si, certo.»

«Quando pensi di farlo?» Chiese. «Di parlare con lui.»

«Appena finisce di parlare con loro.» Inspirai a fondo, tenendoli d'occhio di sbieco. «Lo prenderò da parte e glielo dirò.»

Gli avrei detto che c'erano delle cose di cui avrei voluto parlare e che sarebbe stato meglio andare nel suo ufficio.

Aspettammo quel momento sorseggiando champagne e facendo commenti su alcuni vestiti orrendi di qualche moglie. Ero appoggiata al petto di Seth e la sua mano era sul mio fianco, sentivo il calore delle dita trapassare il tessuto del vestito e bruciare la pelle.

«Sai cosa potremmo fare?» Sussurrò contro la mia tempia.

Portai il calice alla labbra e trattenni un sorriso. «No. Cosa?»

«Potremmo andarcene da qui e tornare a quella magnifica passerella di quel lago.»

«Mh.» Dei flashback mi tornarono in mente e ruotai per poterlo guardare. «Effettivamente è una proposta allettante.»

«Vero?» Sogghignò e mi sfiorò la guancia con una nocca. «Ho sempre proposte allettanti.»

Sbuffai in una mezza risata e scossi la testa. Per quanto fosse davvero allettante quell'idea, volevo chiudere questa storia. Volevo provare a chiuderla.

L'attenzione di Seth si perse alle mie spalle e cosi mi voltai. Harold si stava staccando dal gruppo e strinsi la presa del calice.

Questo era il momento.

Drizzai la schiena e lanciai un'occhiata a Seth.

«Dobbiamo farlo ora.»

Non gli diedi la possibilità di rispondere e ingoiai il resto dello champagne per poi posarlo su un vassoio vuoto e camminare verso di lui. Seth imprecò.

Mi stampai un sorriso ancor prima di parlare.

«Harold.»

Era forse la prima volta che ero io ad iniziare una conversazione con lui e la sorpresa di quel fatto fu palese nel suo volto.

«Nyxlie.» Sorrise, fermandosi. «Non ti avevo ancora vista.»

«Sono arrivata poco fa.» Dissi.

I suoi occhi si fermarono per qualche secondo dietro di me. Sapevo chi stava guardando. Tossì e si avvicinò leggermente.

«Ti serviva qualcosa? Qualcosa non è di tuo gradimento?»

«Oh, no.» Gesticolai, indicando tutto l'ambiente. «È perfetto. È una bella festa.»

Annuì con un sorriso.

«Volevo parlarti di una cosa.» Dissi, prendendo un gran respiro. «Da soli.»

Lui tese le spalle e si guardò rapidamente intorno. «Ora?»

«Ci metteremo pochissimo.» Continuai. «Che ne dici di andare in ufficio? Parleremo meglio.»

Lui parve colpito dalla mia intraprendenza e poi fece un gesto con la mano per invitarmi ad entrare in casa.

Lo feci ma non prima di essermi voltata per controllare dove fosse Seth. Aveva un'espressione fredda. Controllava i movimenti di Harold con molta attenzione.

Sussultai quando sentii delle dita sfiorarmi la schiena.

«Andiamo?»

Affondai le unghie dei palmi. «Certo.»

Più ci avvicinavamo alle scale e più sentivo l'ansia diffondersi nelle mie ossa. Le gambe si irrigidirono quando salii il primo gradino.

C'era Seth. Tutto sarebbe andato bene.

Risucchiai il respiro appena mi toccò nuovamente la schiena con la mano e quasi inciampai sulle scale. Mi chiese se stessi bene e io mentii.

Sarebbe andato tutto bene. Non poteva farmi niente. Seth era qui e supponevo che anche gli altri, non avevo idea di come, avessero già preso controllo delle telecamere. Una volta raggiunta la cima delle scale nessuno poteva vederci.

«Per di qua, vieni.» Disse, mostrando uno schifoso sorriso.

Ricambiai con uno rigido e affondai le unghie nei palmi mentre ci avvicinavamo all'ufficio. Stavamo per entrare quando avvertii dei pesanti passi e mi girai per vedere chi fosse.

«Seth?» Mi accigliai con fare sospettoso. Perchè era qui? «Devo fare una cosa e--»

Si avvicinò, aveva quasi il respiro pesante. «Jace ha fatto un incidente.»

Il cuore mi sprofondò.

«Cosa? Come?»

«Chi è Jace?» Domandò Harold.

Lo ignorai e mi avvicinai a lui allarmata e scioccata. «Cosa significa? Dov'è?»

«Dobbiamo andare, vieni.» Allungò una mano verso la mia.

Ero confusa e preoccupata. Mi voltai e guardai Harold in piedi davanti alla porta aperta del suo ufficio.

«Devo andare.» Dissi senza troppi giri. «Avvisa i miei genitori che sono andata via.»

«Certo, ma--»

«Niente, ma.» Lo bloccò Seth monocorde. «Dobbiamo andare.»

Mi trascinò via da lì e quasi iniziò a correre mentre scendevamo le scale.

«Che significa?» Chiesi con affanno. «Ti ha chiamata Taylor? Lei sta bene?»

Non rispose e mi innervosii. Sentii gli occhi addosso di William mentre lasciai il soggiorno. Appena fummo fuori dalla villa, piantai i piedi a terra e lo strattonai per guardarlo.

«Mi puoi spiegare cos'è successo?»

Si passò una mano tra i capelli con fare nervoso. «Niente.»

Boccheggiai e mi accigliai. «Co--come niente? Cosa stai dicendo?»

Mi perforò con i suoi occhi. «Niente. Jace sta bene. Dovevo inventarmi qualcosa per portarti via.»

«Cosa...» Esalai pesante e confusa.

«Mi dispiace, Peach.» Scosse la testa e serrò i denti. «Mi dispiace ma non riesco a farlo. Non posso lasciarti da sola con lui.»

Presi un profondo sospiro ed espirai molto piano, ammorbidendo lo sguardo. «Va bene. Posso capire.»

«Troviamo un altro modo.»

«Il tuo?» Inarcai un sopracciglio.

Negò. «No. Un altro. Ci pensiamo. Ma non posso--non riesco a farlo. Non posso lasciarti da sola con lui.»

Stavo per rispondere quando il mio telefono squillò nella pochette. Pensai che fosse Chen, probabilmente confuso, ma quando vidi un numero sconosciuto sapevo già a chi doveva appartenere. Guardai Seth con un pizzico di agitazione.

«Rispondo io, dammi.» Allungò la mano ma io non lo feci e risposi.

«Pronto?»

«Sorellina, ehi

Mi accigliai. Ian era...nervoso.

«Stai bene?»

Seth mimò di mettere in vivavoce e negai. Non potevo rischiare che qualcuno ci sentisse. Sbuffò e mi afferrò la mano invitandomi a scendere le scale.

«Non è stata colpa mia.» Iniziò a dire. «Mi devi aiutare. Ho fatto un casino.»

«Rallenta.» Dissi preoccupata. «Dove sei? Cos'è successo?»

Seth mi lanciò un'occhiata traversa.

«Al Night Inn. Sei qui a Boston?»

«Si.»

«Okay. Perfetto.» Continuava a non calmarsi. «Devi...devi venire. Devi aiutarmi

«Okay.» Sospirai. «Va bene. Arrivo. In che stanza sei?»

«Penso 208.»

«Pensi?»

«No, si. 208. Grazie, sorellina

Evitai di rispondere e bloccai la chiamata.

«Qualunque sia la tua idea, è sicuramente peggiore di quella di chiuderti in ufficio con Harold.» Disse prontamente Seth contrariato.

«Dobbiamo andare da lui. C'è qualcosa che non va.»

Seth si accigliò. «Si, lui è quello che non va. Tuo fratello è pazzo.»

Incrociai le braccia e inarcai un sopracciglio.

Ruotò gli occhi. «Più pazzo di me, okay?»

Sospirai a fondo. «Andiamo, forza.»

Entrammo in macchina e Seth fece una retro piuttosto decisa. Sembrò slittare via su quella ghiaia e appena le ruota toccarono l'asfalto lui si diede alla pazza gioia con la velocità.

«Quel motel non dista molto da qui.»

«Già ed è questo che mi preoccupa. Si aggira sempre qui e sappiamo che è anche armato.»

«Qualcosa mi dice che lo sei anche tu.»

Un angolo della bocca gli fremette e mi guardò sbieco. «Come mi conosci bene, Principessa.»

Ruotai gli occhi e sospirai a fondo. «Ad ogni modo, non penso sia una trappola. Era agitato.»

«Forse è solo in astinenza.»

«No, straparlava. È successo qualcosa, ne sono certa.»

Durante il tragitto verso il motel, Seth sentì al telefono Chen e gli spiegò cos'era successo. Non parlammo molto dopo quella chiamata. Non avevo idea di cosa avesse fatto Ian, ma lui non era stabile mentalmente, ed essendo anche armato, era pericoloso.

Il motel era di quelli con le porte che affacciavano su un cortile ed era a due piani. Seth parcheggiò e spense la macchina.

«Che stanza è?» Chiese.

«208.»

Annuì e allungò la mano verso di me per aprire lo scompartimento degli oggetti e tirare fuori una pistola. Sgranai gli occhi.

«Scusami? La tieni così in bella vista?» Esclamai.

Se la infilò nella cinta dei pantaloni. «No, ma per oggi volevo averla a portata di mano.»

«Non infastidirlo.» Gli dissi. «Lascia parlare me.»

«Ci proverò.»

Scendemmo dalla macchina e guardai i numeri sulle porte. Evitammo di passare dalla reception che era in fondo al corridoio e cercammo la stanza. Era l'ultima, prima delle macchinette da mangiare e del ghiaccio. Presi un profondo sospiro e alzai il pugno per bussare.

«Chi è?» Sentii la sua voce, era allarmata.

«Sono io, Nyxlie.»

Poco dopo sentii un gran rumore, come se stesse spostando qualcosa da davanti alla porta. Io e Seth ci lanciammo uno sguardo sospettoso. La porta si aprì ma solo di una spanna, Ian si affacciò. Era trasandato, la barba chiara non la faceva da qualche settimana e aveva profonde occhiaie.

«No, lui non entra.» Disse rapido.

«Col cazzo.» Replicò Seth.

«Va bene.» Dissi in contemporanea.

Seth mi afferrò il braccio e mi costrinse a guardarlo. «No. Non entri da sola.»

«Non preoccuparti. Resta qui fuori.»

«Si. Resta qui.»

Seth lo fulminò con lo sguardo. «Al primo rumore sospetto, sfondo la porta e ti ammazzo.»

Ian ghignò. «Si, provaci.»

Tossii perchè lui non aveva idea che Seth avrebbe potuto farlo davvero. Cercai di far finire quella conversazione avanzando e spingendo Ian ad indietreggiare per farmi entrare. Prima che potessi chiudere la porta Seth mi sfiorò la spalla. Girai la testa per incrociare il suo sguardo severo.

«Una parola, e arrivo.»

Annuii. «Va bene.»

Appena mi chiusi la porta alle spalle non potei non rimanere a disagio di fronte alla vista del disordine che c'era dentro qui. Era tutto sottosopra. C'era spazzatura ovunque e vestiti sparsi a terra. Probabilmente stava qui da giorni.

«Come fai a pagare questa stanza?» Chiesi.

Rise mentre si grattava la testa. «Non la pago.»

«Cosa? Che significa che non la paghi?» Strabuzzai gli occhi e lo seguii mentre si avvicinava alla finestra a destra, vicino alla porta.

Le tende erano tirate ma lui ne scostò un lato e poi lo vidi fare un dito medio.

«Perchè quello è sempre con te?»

«Non...non ha importanza.» Sospirai e avanzai tra una schifezza e l'altra. C'erano lattine di birra, mutande, pacchetti di patatine, cartoni di pizza e altro. «Perchè mi hai fatto venire qui?»

Nell'aria c'era anche un forte odore di chiuso e altro che non identificavo.

Lui tirò subito la tenda e mi lanciò un'occhiata.

«Chi sa che sei qui?» Domandò.

«Solo Seth.»

Annuì e iniziò a camminare avanti e indietro, davanti ad un letto matrimoniale sfatto.

«Volevo andarmene da qui.» Iniziò a dire. «Si, insomma. Voglio ancora vendicarmi di mamma e papà ma so che mi stanno cercando e non posso stare a lungo qui.»

«Ti servono altri soldi? Per questo mi hai chiamata?»

«No.» Poi si bloccò e gesticolò. «Ma si, se vuoi anche quelli.»

«Cosa--se voglio? Ian, parla chiaro. Qual è il problema?»

«Perchè sei vestita cosi?» Domandò di punto in bianco.

«Anniversario della società. Per questo sono a Boston.»

«Oh.» Sembrò incantarsi. «Capisco.»

«Ian.» Lo ripresi. «Dimmi cosa c'è.»

E a quella domanda iniziò innervosirsi. Si grattò ancora la testa e si passò una mano sul volto.

«Io non volevo rimanere qui a lungo, okay?» Riprese a dire. Il respiro si fece più pesante. Agitato. Stava perdendo il controllo. «Mi stavo preparando ma poi è successo e...e io non so che fare. Non so come fare.»

«Non capisco, Ian.»

Mi guardò. Sembrava sull'orlo di una crisi di panico. Stava per piangere.

«È arrivato all'improvviso. Dovevo fare qualcosa o sarebbe andato dalla polizia e io--tu sai che non posso essere preso.»

La situazione iniziò a farsi più strana. Sbattei le palpebre mentre speravo di trovare informazioni in quella stanza ma era tutto cosi all'aria.

Pianse e si passò una mano sugli occhi. «Devi aiutarmi.»

Deglutii. «Cos'hai fatto?»

Scosse la testa e mi guardò con occhi sgranati e rossi. «Io dovevo farlo. Era l'unico modo.»

Iniziai a percepire un brivido freddo percorrermi la schiena. Il fatto che Seth fosse fuori la porta mi tranquillizzava.

«Fare cosa? Cos'hai fatto?» Chiesi cauta.

Lui si morse le unghie per poi fare uno scatto e aprire una porta che per la posizione in cui ero non avevo visto ma che doveva essere quella del bagno.

L'odore di cui non riuscivo a dare un nome mi parve più forte e arricciai il naso. Ian si allontanò dalla porta aperta e mi fece cenno di guardare.

Titubante feci dei passi verso di lui ma quando spostai lo sguardo lo stomaco sprofondò.

Mi ghiacciai e risucchiai un respiro.

«Non urlare. Non so come fare, sorellina.» Sussurrò disperato. «Aiutami, ti prego.»

Nonostante la vista nauseante e scioccante, mi avvicinai tremante mentre sentivo risalire la bile dalla trachea. Lasciai vagare i miei occhi lungo il pavimento del bagno, nella vasca, nella tenda rotta, i cocci di vetro dello specchio.

Il bagno non era più un bagno, era la scena di un crimine. Tutto era completamente imbrattato di sangue. E a terra, tra la vasca e il mobile del lavandino c'era un uomo a faccia in giù con il cranio completamente spaccato.

Era una scena horror.

Mi portai una mano allo stomaco e la prima cosa che feci fu afferrare la porta e richiuderla. La sbattei con forza e mi ci appoggiai contro con la fronte.

Ian aveva ucciso un uomo.

Dietro quella porta c'era un uomo morto. Inspirai a fondo dal naso per calmarmi ma percepii l'odore ferroso che mi fece venire un conato.

«Hai...» Mi voltai lentamente, sentivo già le lacrime appannarmi la vista. «Ian. Perchè?»

Tirò su col naso e iniziò a camminare nervosamente davanti a me. «Io ero qui, okay? Stavo per andarmene ma lui è arrivato--»

«Chi è?»

«Il tizio della reception.»

«Oddio...» Mi portai una mano sul viso. «Oddio. Mi sento male...»

Mi sentivo davvero male. Avevo bisogno di aria. Pulita.

«Lui è arrivato e ha minacciato di chiamare la polizia. Dovevo farlo, capisci?»

«No--io, non capisco.» Balbettai. «Hai ucciso un uomo, Ian. Cosa dovrei fare secondo te?»

Mi guardò disperato, le sopracciglia aggrottate. «Aiutarmi ad andare via?»

«Dovrei aiutarti a scappare?» Risi incredula. «E dell'uomo cosa dovrei fare?»

«Bruciamo il motel.»

Ero scioccata. Perchè dovevo trovarmi sempre in queste situazioni?

«Aspetta qui.» Borbottai.

Feci per allontanarmi ma lui balzò davanti a me, bloccandomi la strada.

«No, no. Dove vai?»

«Fuori.»

«No. Nessuno deve saperlo.» Scosse la testa con frenesia. «Nemmeno il tuo fidanzatino del cazzo.»

«Come pensi io possa risolvere questa cosa senza un aiuto?!» Esclamai.

Feci per superarlo ma mi afferrò le spalle e mi sbattè contro la porta. Feci una smorfia per il dolore.

«Ian--»

«La situazione la risolviamo io e te.» Sibilò. «Capito, sorellina? Io e te.»

Scossi la testa. «Lasciami andare, Ian. Lui ci può aiutare. Fidati--»

«No cazzo! Ho ucciso una persona.» Scattò ad un palmo dalla mia faccia, sbattendo anche la mano sulla porta. «Nessuno ci può aiutare. Ci sono le mie impronte ovunque e la polizia mi cerca.»

«Ian.» Gli parlai piano. «Lui può aiutarci, fidati di me.»

Si allontanò da me ma non era convinto. «No. No, nessuno può saperlo.»

«Non puoi tenermi rinchiusa qui tutto il tempo.»

«Digli che deve andarsene.»

«Non lo farà.»

«Nyxlie, cazzo!» Diede un calcio a delle lattine.

Lo lasciai perdere e corsi verso la porta. Lui urlò il mio nome e la porta si spalancò prima che potessi farlo io.

«Che cazzo succede?» Tuonò Seth. «Cosa ti ha fatto?»

«Niente.» Premetti una mano sul suo petto, spingendolo ad uscire.

«Nyxlie, non farlo.» Disse Ian.

«Fare cosa?»

Ignorai Seth e guardai mio fratello. «Fidati di me.»

Con quello dissi a Seth di uscire e chiusi la porta alle mie spalle. Mi ci appoggiai contro, portando entrambe le mani al volto. Presi dei profondi respiri ma sembrava inutile. Continuavo a sentire quell'odore.

Mi chiesi come lui facesse a sopportarlo.

«Ehi.» Seth mi strinse delicatamente i polsi per scoprirmi il volto. «Cos'è successo?»

Sbattei le palpebre sentendo gli occhi farsi lucidi e mi morsi il labbro.

«Cristo, lo devo uccidere?»

«No.» Tirai su col naso e respirai tremante. «No, ma...»

Lui cercò il mio sguardo. «Ma, cosa? Parlami, Peach.»

Deglutii e guardai se ci fosse qualcuno in giro.

«Mi devi aiutare.» Soffiai.

Aggrottò la fronte. «Okay. Cos'è successo?»

Premetti le labbra e realizzare che dire quelle parole era più difficile di quanto pensassi. Senza rendermene conto iniziai a piangere. Stavo andando in panico.

«H-ha ucciso un uomo, Seth.» Sussurrai e sapevo che poteva leggere il terrore nei miei occhi.

Si irrigidì. «Cosa?»

Annuii. «L'ho visto.»

«Cosa? Che cazzo significa che l'hai visto?» Chiese rauco e sull'orlo di scoppiare.

«M-mi ha detto che è l'uomo della reception. Lo ha trovato qui e voleva chiamare la p-polizia.» Presi un profondo respiro ma il labbro mi tremò. «L'ho visto, Seth. È nel bagno. C'è tanto sangue. Io...credo di aver visto il suo cervello. Gli ha spaccato la testa. Devi aiutarmi. Non so--non so cosa fare. Lui vuole che lo aiuti a scappare ma come...come faccio a--»

«Ehi, piano. Respira, Principessa.» Mi tirò a se, una mano sulla mia nuca e l'altra dietro la schiena.

Mi aggrappai alla sua giacca e affondai il viso nel suo petto, piangendo.

«È tutto okay.» Mormorò. «Risolveremo la questione.»

«C-come?» Singhiozzai disperata. «Ho appena visto un uomo morto. Morto, Seth. E ora dovrei anche liberarmene? Può avere una famiglia, amici...qualcuno che lo cercherà.»

«Non preoccuparti.» Si scostò e io sollevai il volto. Mi asciugò le guance mentre scrutava attorno il mio viso, i miei occhi. «Ora tu vai in macchina e chiama Chen, dagli la posizione e digli che deve occuparsi dei filmati delle telecamere di questa zona. Dobbiamo eliminare le nostre tracce e quelle di tuo fratello.»

«Non andiamo dalla polizia?» Chiesi ingenuamente.

Lui si bloccò per un momento e deglutì. «Vuoi denunciarlo?»

«N-non so, possiamo portarlo via da qui e poi fare una chiamata anonima. Troverebbero il corpo e ci penserebbero loro.» Parlai sempre a bassa voce.

«Tuo fratello è ricercato, basta un'impronta per trovarlo.» Ragionò. «Interrogherebbero la tua famiglia e te. Saresti in grado di mentire? Di non dire cos'è successo veramente?»

Non risposi.

«Diventeresti complice per averlo fatto fuggire.»

«Ma mio fratello è morto, secondo la società. Lui non esiste più.»

Sorrise amaro. «Immagina che grande storia giornalistica sarebbe: figlio del famoso imprenditore fatto passare per morto, è in realtà vivo e ha ucciso un uomo. Fugge grazie alla sorella.»

Forse era un pensiero egoista e sbagliato, totalmente sbagliato. Ma non volevo farmi rovinare il futuro per colpa sua.

Seth mi accarezzò una guancia. «Tu fidati di me. Faremo in modo che il corpo venga ritrovato ma non qui, non nella stanza almeno. Dobbiamo portare via tuo fratello e ripulirla. Vai in macchina e chiama Chen, digli di fare quello che ho detto e poi digli di chiamarmi. Io intanto parlo con Ian ora.»

Rimasi a guardarlo. In quel momento era il mio appiglio per non cadere.

«Non dirgli cosa fai.» Dissi. «Digli solo che sai come sistemare la faccenda.»

«Si.»

Mi sarei dovuta spostare ma non riuscii. Perché mi ritrovavo sempre in queste situazioni surreali? Perché mi ritrovavo a scegliere sempre la scelta sbagliata e più accomodante per me?

«Risolveremo anche questa.» Mormorò, provando a tranquillizzarmi. «Ti fidi di me?»

Annuii piano.

«Bene. Allora, fai come ti ho detto e non entrare più in questa stanza. Resta in macchina.»

Non ero nemmeno sicura di voler rivedere quella scena.

Entrai in macchina e feci come mi aveva detto Seth. Chen rispose abbastanza velocemente. Non mi fece domande quando gli dissi cosa doveva fare. Appena terminai la telefonata, scoppiai a piangere. Desideravo tornare alla normalità, anche se ormai non sapevo più cosa fosse la normalità. A quel punto mi chiesi se mai l'avessi vissuta.

Chiusi gli occhi e l'immagine di quell'uomo apparve nella mia mente. Era rivolto a terra in una pozza di sangue. Non avevo nessuna immagine del volto perchè ero concentrata al cranio spaccato. Lo aveva colpito con violenza, non sapevo quale fosse stata l'arma ma sicuramente aveva usato forza e molta rabbia.

Sussultai quando qualcuno aprì la portiera. Era solo Seth. Mi passai le mani sulle guance per asciugarle.

«Come...cosa gli hai detto?» Tirai su col naso.

«Che lo aiuterò.»

Presi un profondo sospiro mentre annuivo. «E l'hai visto? Il corpo, dico.»

Mi guardò, mi studiò per quei secondi. Probabilmente pensava a come avrei reagito a quello che facevano loro, che faceva lui.

«Si.» Mormorò, abbassando lo sguardo. «Mi dispiace che tu l'abbia visto.»

Premetti le labbra, sentendo le lacrime scorrermi ancora sulle guance. «Si, non è un qualcosa che mi aspettavo di vedere. Forse-forse non dovremmo lasciarlo andare...»

«Vuoi chiamare la polizia?» Non era un'accusa, era una domanda.

Sbattei le palpebre e alzai le spalle, piangendo in silenzio. «N-non so cosa fare, Seth. Ha sempre agito d'impulso ma non fino a-a questo...se lo lascio andare, chissà cosa potrebbe fare. Se l'ha fatto una volta--»

«Può farlo una seconda.» Concluse per me.

Mi morsi il labbro e lo guardai. Aveva uno sguardo vacuo, freddo.

«Dovresti chiamare la polizia. Se lo fai ora, non finirai nei guai.» Disse.

Questo avrebbe fatto impazzire i miei genitori. Loro volevano trovare Ian ma di nascosto. Chiamare la polizia significava esporre questa storia, esporre la storia di Ian, la bugia che per anni avevamo raccontato. Di conseguenza affrontare un altro periodo soffocante.

«Peach.» Chiuse la mia guancia destra nel suo palmo e incrociò i nostri occhi. «Qualsiasi decisione tu prenda, io sono con te.»

«Non ti arrabbierai c-con me?» Il labbro mi tremò, le lacrime mi appannavano la vista. «Io...»

«Mai. Non potrei mai arrabbiarmi.» Mormorò. «Puoi scegliere quello che vuoi e io ti aiuterò.»

Tirai su col naso e mi stropicciai gli occhi. «Voglio solo un giorno senza problemi.»

Lo sentii sospirare e poi premette le labbra sulla mia fronte. «Lo so, Principessa. Mi dispiace.»

«Forse dovremmo--»

Mi bloccai allo scoppio di uno sparo. Il mio cuore si fermò. Seth scattò indietro e io balzai su giù dalla macchina.

Entrambi sapevamo da dove proveniva e Seth non riuscì a fermarmi. Lo sentii urlare il mio nome ma ormai avevo già aperto la porta della stanza.






S/A.

Ehilà 🖤🍑

Scusate per il ritardo, di nuovo🙃

Purtroppo queste settimane sono state abbastanza intense, soprattutto l'ultima è stata molto difficile. Ci sono state situazioni che mi hanno bloccata e non sono riuscita a fare nulla.
Inoltre, devo lavorare per un tirocinio universitario che mi tiene abbastanza impegnata perciò non ho molto tempo libero in questo periodo.

Probabilmente anche il prossimo capitolo non arriverà a breve ma anche se ritardò, non preoccupatevi, non sto abbandonando la storia. Voglio solo utilizzare più tempo per scrivere un capitolo degno di essere letto (e spero che questo lo sia).

Spero possiate comprendere ❤️

Tornando al capitolo, so che probabilmente non vi aspettavate questo finale👀

Ma vi avevo detto di non dimenticarvi di Ian💁‍♀️

➡️ Seth ha bloccato il piano di Nyxlie. Come faranno ora a incastrare Harold?

➡️ Ci saranno altre morti? Rispondo io per voi: può essere 😶‍🌫️

Vi aspetto su IG per commentare

Se vi è piaciuto lasciate un voto e un commento! ❤️

A presto, Xx


Profili Social🍒

IG e TT: anonwriter23

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