Capitolo 4.2
Era il nome della figlia dell'importante cliente dei miei genitori!
Era veramente lei? E che cosa ci faceva lì a lezione con tutti noi? Forse i miei avevano già invitato la sua famiglia a cena come avevano pensato di fare?
La ragazza girò il viso nella mia direzione e per un istante che mi parve infinito, i suoi occhi si incrociarono con i miei.
La lezione proseguì senza altri intoppi, il professore sembrava aver perso interesse nel mettere alla prova i suoi studenti, passò il resto del tempo a scrivere nuove formule alla lavagna e a ricordare che per passare il suo esame era determinante fare tanti esercizi.
Quando lasciò la cattedra, alla fine delle due ore, l'aula sembrò riprendere vita. Ci furono chiacchiere, risate, foto scattate con il cellulare, canzoni sparate nelle cuffiette dai lettori di musica.
Nadia stese le braccia dietro la schiena, mise a posto le sue cose e si alzò. Fabiana la seguì a ruota, lanciando un'occhiata indagatrice a me, che non mi ero ancora mossa dalla sedia.
«La lezione è finita», mi disse.
«Lo so.»
Adesso anche Nadia mi guardava con curiosità.
«Non vieni con noi?» chiese. «Usciamo a fare due passi.»
«No, resto qui ancora un po'.»
«Come vuoi. Ci vediamo dopo allora.»
«Scrivici se ti va», aggiunse Fabiana.
Quando furono pronte, uscirono dall'aula, insieme agli altri studenti. Solo io, il ragazzo che era stato chiamato alla lavagna e la ragazza cinese rimanemmo.
Miri, a differenza di poco prima, mi stava totalmente ignorando, eppure avrei scommesso che era lì perché voleva farsi notare.
Mi decisi ad andare a parlarle, ma appena cercai di alzarmi, una sensazione di debolezza e capogiro mi costrinse a restare dov'ero.
Accidenti... stava succedendo ancora, e in pieno giorno...
Non riuscii a controllarlo, in pochi istanti il mio corpo si adagiò sul banco, e io ne uscii al di fuori, seguita dalla corda d'argento.
Cercai di capire se la cinese o il ragazzo avessero visto la scena, ma dovevano essersela persa, perché erano voltati da un'altra parte.
Quando Miri tradì il suo finto disinteresse per considerare il mio corpo addormentato, ebbi la certezza che la mia sensazione iniziale su di lei fosse giusta.
Mi guardava con occhi che erano come onice liquido, neri, profondi e infinitamente oscuri. All'angolo della bocca aveva un piccolo neo, unica macchia di imperfezione su quella pelle.
Ciò che più mi colpiva, però, era la totale mancanza di un'aura colorata attorno al suo corpo.
Mi avvicinai a lei, prudente, mantenendomi a distanza di sicurezza (non volevo rischiare che avesse la stessa facoltà di Mirko e mi scoprisse, facendo due più due).
Sopra la sua testa, una massa irregolare di pensiero roteò lentamente su sé stessa, catturando la mia attenzione. Doveva averla appena creata con la mente. Roteò una seconda volta, e al suo interno si formò un'immagine ben definita che mi convinse a ritornare subito nel mio corpo.
Erano pugnali.
Ripresi coscienza con gli occhi della cinese ancora addosso. Notai stupore in lei, come se si fosse aspettata di vedermi continuare a dormire e fosse stata presa in contropiede.
Le sue labbra si curvarono in un sorriso di saluto, dopodichè si alzò e se ne andò.
Rimasi immobile, a fissare la sua sedia vuota, come se lei fosse sempre lì dov'era stata finora.
Mi aveva osservata pensando a dei pugnali. Ero perplessa e molto confusa.
Le stavo così antipatica a pelle da farle venire voglia di trafiggermi con un'arma affilata?
Trovai il coraggio di alzarmi e di uscire dall'aula. Mi guardai bene in giro mentre camminavo per i corridoi, pronta a un confronto aperto con lei, ma non la rividi più.
«Ciao ma.»
Alba alzò gli occhi azzurri verso di me, accennando un sorriso. «Ciao Sofia.»
Poggiai la borsa e mi levai la giacca.
«Come è andata la giornata?» chiese.
«Benone, dai», ironizzai, notando che aveva già preparato cena. «A lezione i prof spiegano veloci come razzi. Devono essersi resi conto che tra poco ci sono gli appelli e loro sono indietro con il programma.»
«Probabile. Ti sei già messa a studiare, vero?»
«Certo.»
Non era una bugia, ci avevo provato davvero, anche se era più difficile del solito.
«Le tue amiche sono messe bene?»
«Credo di sì. Fabiana forse meglio di Nadia, ma si stanno impegnando entrambe.»
«E Mirko?»
Aspettavo quella domanda, il ragazzo era venuto in casa nostra e mi aveva restituito gli appunti.
«Seguo solo una lezione con lui, non abbiamo tempo per parlare di studio, anche se a giudicare dal trenta in statistica, direi che non c'è da preoccuparsi.»
"Almeno non per quello", completai nel pensiero.
«Mi sembravate in sintonia quando vi ho visti insieme e ho pensato vi parlaste un po' di più di quello che mi dici.» mi provocò.
«Abbiamo ripreso la nostra conoscenza solo di recente, ma in effetti c'è una cosa che devo dirti», ammisi, in imbarazzo. «Domenica usciamo insieme.»
«Oh.»
Tirai fuori dalla borsa il sacchetto bianco dal nastro rosso che mi aveva ridato lui e glielo porsi.
«Mi ha fermata per restituirmelo e nel frattempo ci siamo accordati per vederci nel weekend.»
Mia madre lo tenne con sguardo interdetto.
«Non gli serve?»
«Al contrario. Ha detto di ringraziarti perché gli è stato molto utile.»
«Lo ha già usato, allora.»
Sfilò con le dita il nastro rosso e allargò il sacchetto, prendendo in mano una boccetta di vetro.
La riconobbi all'istante: era quella dalla quale Mirko aveva bevuto il decotto di erbe l'altra sera.
«Che cosa era?» m'interessai, incuriosita.
«Un composto di erbe benefiche e protettive.»
«Lo hai comprato in erboristeria?» mi accertai.
Mia madre lavò la boccetta e la ripose dentro uno scaffale.
«No, tesoro. L'ho preparato io.»
«Tu?»
Pensai di aver sentito male, ma invece avevo sentito benissimo.
«Conosco le proprietà di alcune piante, lo sai, mi ci è voluto solo del tempo per combinarne due o tre al meglio.»
Ero basita. Aveva davvero preparato quel decotto apposta per Mirko. Questo voleva dire che lei...
«Perché lo hai fatto?» chiesi, sconcertata.
«Per essere gentile con lui. Il composto di erbe che gli ho dato è salutare.»
"Talmente tanto che ha emanato una luce ambrata e mi ha trascinato fuori da casa sua quando ero uno spirito!", puntualizzai tra me e me.
«Mi sono sempre interessata di medicina alternativa», aggiunse. «Non pensavo di contrariarti nel farne uso in un pensiero per Mirko.»
Una chiave girò nella toppa e la porta d'ingresso si aprì. Era mio padre che rientrava dal lavoro.
Indossava un completo elegante, con la camicia bianca e la cravatta in bella mostra, e quell'inconfondibile profumo di colonia sugli abiti.
I suoi occhi marroni, così simili ai miei, traboccavano di affetto. Mia madre gli andò incontro, e gli diede un bacio a fior di labbra.
«Come va, Alba?» chiese.
«Bene, caro.»
«Ci sono novità?»
«No, a parte quella di cui abbiamo parlato a pranzo, nessuna.»
«Te, Sofia, tutto bene?» si rivolse a me, gentile.
«Mmm. E' possibile che la famiglia Zhao sia in città?» m'informai.
«Sì, è così», confermò lui, svestendosi. «Lo abbiamo saputo oggi. Si intratterranno per un po' di tempo.»
Ma allora era davvero...
«Miri Zhao era nella mia aula questa mattina.» mi decisi a rivelare. «Non ero sicura fosse lei, ma la ragazza aveva lo stesso nome.»
Lui scambiò un'occhiata indecifrabile con mia madre, che mi fece sentire esclusa.
«Vi siete parlate?»
«No, ma credo che lei sappia che sono vostra figlia.»
Non avevo idea di come fosse possibile, non ci eravamo mai incontrate prima, ma avevo proprio la sensazione che lei lo sapesse.
Preparatevi, perchè tanto deve ancora venire fuori! Spero di potervi incuriosire e chi lo sa, magari stupire. Come sempre, vi chiedo di farvi sentire nei commenti o nei messaggi privati con un vostro parere, o anche solo per farmi un saluto. Mi fa sempre piacere. A domani ❤
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