During The Night
"Dai Thalia, rispondi al telefono" pensava tra se e se Annabeth. Era ormai sera e non sapeva più a che santo votarsi. Era tutto il giorno che provava a chiamare quella testarda della sua amica, ma non voleva rispondere al dannato telefono. Decise che a mali estremi bisognava ricorrere a estremi rimedi. Prese la giacca, s'infilò un paio di scarpe e uscì dalla sua stanza.
Cercò di sgattaiolare fuori dal corridoio senza farsi sentire dal fratello che stava nella sua stanza che sicuramente si sarebbe impicciato, e scese le scale facendo il minor rumore possibile. Si fermò sul penultimo gradino e rimase in ascolto. Dopo un po' che le orecchie si furono abituate al silenzio, sentì, attraverso la porta chiusa dell'ufficio del padre, della musica jazz soffusa. Annabeth curvò le labbra in un sorriso, il padre stava lavorando e non si sarebbe accorto di nulla. Prese quindi le chiavi di casa e uscì. L'aria fresca dell'inizio dell'autunno la colpì in pieno e per un attimo rabbrividì dentro la sua giacca di pelle. Si recò alla fermata dell'autobus dove prese il primo che portava verso il sud della città. Era lì infatti che abitava Thalia. Cercò di non soffermarsi a pensare di quanto fosse pericoloso il fatto che girava da sola di notte in uno dei quartieri malfamati della sua città, tenendo fisso nella sua mente il pensiero di Thalia. Una volta raggiunta la porta, prese un respiro profondo e suonò il campanello.
Sentì uno sbattere di stoviglie e qualche imprecazione, prima di sentire una voce in lontananza gridare –Arrivo, arrivo-. Pochi secondi dopo una donna aprì la porta. Aveva i capelli scuri, raccolti in una mezza coda e gli occhi neri che si abbinavano alle sue occhiaie. Aveva l'uniforme da cameriera azzurro chiara con un grembiule bianco e un cappellino a barchetta in testa, mentre in mano aveva un barattolino di vetro con quello che sembrava cibo per neonati. Annabeth la conosceva, era Linda, la zia di Thalia. Linda sembrò sorpresa di vederla lì, ma subito le fece cenno di entrare. –Buonasera, mi dispiace disturbarla a quest'ora, ma mi chiedevo se Thalia fosse qui. Non risponde al telefono e ho davvero bisogno di parlarle.- Linda le rivolse un mezzo sorriso – Ciao Annabeth. Sì, mia nipote è nella sua stanza, vai pure, conosci la strada ormai.- -La ringrazio- le rispose Annabeth. Passando per il piccolo soggiorno, raggiunse la cucina dove vide una bambina seduta sul seggiolone. Si fermò e le andò vicino – Ciao Nina- le fece Annabeth dolcemente, accarezzandole il visino. La bimba a sentire il suo nome sorrise e le fece ciao-ciao con la manina. Annabeth si allontanò sorridendo a Linda mentre questa rientrava in cucina per finire di dare da mangiare alla bambina. Annabeth si diresse lungo il corridoio buio fino a raggiungere la porta alla fine di questo. Busso un paio di volte, e non ricevendo risposta entrò lo stesso. –Zia, lasciami in pace, ti ho già detto che non ho fame- Thalia alzò lo sguardo scocciata ma si fermò quando vide Annabeth. – Cosa vuoi?- le chiese, alzandosi dal letto.
Annabeth chiuse la porta dietro di sé – Voglio sapere perché non rispondi al tuo maledetto cellulare.- -Evidentemente non ho voglia di parlare, né con te né con Rachel, per cui lasciatemi stare.- Annabeth sgranò gli occhi – Allora ancora non lo sai...- Gli occhi di Thalia saettarono su di lei – Ancora non so cosa?- Annabeth sospirò passandosi una mano tra i capelli –Rachel è stata investita stamattina- Thalia alle sue parole, si lasciò cadere sul letto, e insieme a lei cadde anche la maschera da menefreghista. –Cosa? Come?- Annabeth si sedette vicino a lei – Stava venendo davanti scuola, ma attraversando la strada... non si sanno ancora bene le dinamiche, ma è stata colpita abbastanza forte- -I medici cosa dicono?- chiese la bruna –L'ultima cosa che ho saputo è che aveva un'emorragia interna, poi nient'altro perché sono tornata a casa.- Thalia si passò una mano sul viso –Ci mancava solo questa-.
Annabeth, approfittando di questo momento di silenzio, chiuse gli occhi, e respirando a fondo disse - Thalia mi dispiace per quello che è successo stamattina. Hai ragione, non ho alcun diritto a dirti cosa devi fare e sicuramente non ti dovevo dare uno schiaffo. - Aveva lo sguardo diretto davanti a sé, ma appena finì di parlare si rivolse verso l'amica bruna, che la stava guardando intensamente. Continuarono a guardarsi per un po' fino a che Thalia distolse lo sguardo – Anche a me dispiace... non volevo reagire così né tantomeno volevo dirti quelle cose. Lo so che ti preoccupi per me. – Poi la ragazza si alzò di colpo e si recò alla sua scrivania, dando le spalle alla sua amica. Annabeth sapeva che c'era dell'altro che Thalia non le stava raccontando -Thals che succede?- Vedendo che la ragazza non rispondeva Annabeth le si avvicnò e le mise una mano sulla spalla – Thals...- la mora si girò di botto -Ho chiamato mia madre- La mano di Annabeth scivolò dalla sua spalla. -Cosa? Perché?- -Perché sono stanca di fuggire. Erano sei anni che non vedevo mio fratello Annie! Sei! E tutto perché... perché non ce l'ho fatta, non sono stata abbastanza forte e sono fuggita.- -Thalia non azzardarti a prenderti la colpa! Non è colpa tua quello che è successo e lo sai. Eri praticamente una bambina e tua madre se ne è approfittata, punto. Ed è solo grazie a te che è riuscita a mantenere la custodia di Jason, quindi non osare giustificarla. – Thalia si passò le mani sul viso -Lo so Annabeth, ma cosa devo fare? Non posso tagliarla fuori completamente dalla mia vita, non se voglio intrattenere dei rapporti con mio fratello. – Annabeth sgranò gli occhi – Hai parlato con Jason? -
Thalia scosse la testa -No, vado a casa loro domani pomeriggio. -
-Vuoi che venga con te? -
- No grazie Annie, vorrei che mia madre abbia ancora una testa quando esco da quella casa. – Annabeth sorrise, poi guardò l'orologio. – Senti lo so che oggi è stata una giornata un po' così, ma ti andrebbe di venire con me da Rachel? Mi ero ripromessa di andarci oggi ma alla fine non ho avuto modo. – Prima ancora che finisse la frase Thalia già si era messa le scarpe e aveva la giacca in mano. – Andiamo. –
***
Era ormai notte fonda, e tutti in casa Castellan dormivano profondamente. O forse non proprio tutti. La porta della camera dei ragazzi si aprì e Luke, che non riusciva a prendere sonno, rivolse lo sguardo verso la fonte di luce e vide una sagoma che riconosceva molto bene. -Sadie- bisbigliò -Cosa ci fai qui? – Non riuscivo a dormire- disse lei avvicinandosi al suo letto. – Che succede? - le chiese Luke, mettendosi seduto. – Non voglio che succeda nulla di brutto né a te né alla mamma... e nemmeno a Percy. – bisbigliò lei sedendosi sul bordo del letto. Luke, ora completamente sveglio, l'abbracciò. – Non succederà nulla Didi te lo prometto. – Luke sentì Sadie annuire dall'incavo della sua spalla. Poi la ragazzina si scostò e disse – Assomigli molto a tuo papà – Luke sorrise e le scostò delle ciocche bionde dal viso. – Lo so. E tu assomigli molto al tuo. – La ragazzina alzò rapidamente lo sguardo – Davvero? Io quasi non me lo ricordo. – Luke annuì e disse – Sì. Era un brav'uomo, gentile sia con la mamma che con me, e ti voleva tanto bene. – Sadie annuì e poi si alzò – Grazie Luke, buonanotte- - Buonanotte Didi. – Appena la porta si chiuse dietro la ragazzina, la voce di Percy sorse dalla montagna di coperte – Quindi avete un rapporto normale... menomale mi stavo già preoccupando.- Luke sospirò, alzando gli occhi al cielo – Dormi Percy .- Poi si ridistese e finalmente riuscì a prendere sonno.
***
Il giorno dopo a casa Chase ci fu un'ora di panico generale. Julius era andato come ogni mattina a svegliare i figli, ma quando entrò in camera di Annabeth, vide che il letto era fatto e che la figlia non c'era. Con il cuore che batteva a mille, andò a svegliare Alexander, assalendolo di domande delle quali, il ragazzo svegliato dalle urla del padre, riuscì a capire solo la metà. Quando riuscì a connettere il cervello, si tirò su in un lampo e raggiunse il padre di sotto in salotto. Julius era nel panico, faceva avanti e indietro per il soggiorno di casa, con il telefono fisso in mano, senza sapere chi chiamare, mentre si passava una mano tra i capelli, mentre un senso di angoscia lo attanagliava. – Papà papà stai calmo, ora la troviamo okay? - disse Alex cercando di far ragionare il padre. – Hai controllato il telefono cellulare? –
Lo sguardo di Julius saettò sul figlio – Non c'è, ce lo avrà con sé, spero.- Alex alzò gli occhi cercando di mantenere la calma davanti l'atteggiamento frenetico del padre, che in casi come questi era l'atteggiamento peggiore da avere. – Non il suo, il tuo papà. Vedi se ti ha chiamato o lasciato qualche messaggio. – Julius tirò fuori dalla sua tasca il telefono, ma le sue mani tremavano così tanto che gli sfuggì di mano. – Aspetta controllo di io.- disse Alex, andando a raccogliere il telefono. – Ecco, hai un messaggio in segreteria. – Julius si avvicinò al telefono, mentre Alex metteva il viva voce.
– Ciao papà, mi dispiace se non ti ho avvisato quando sono uscita, ma non pensavo di fare così tardi. Sto bene, sono viva e nessuno mi ha rapito, ma io e Thalia abbiamo deciso di venire a vedere Rachel in ospedale. Ci vediamo domani, ti voglio bene-
Il messaggio finì e Julius tirò un sospiro di sollievo, cercando di rallentare il battito cardiaco – Va tutto bene, sta bene, sta bene...- Julius quindi si sedette sul divano mentre tutta l'adrenalina scivolava via dal suo corpo. – Vado a fare il caffè- disse Alex, cercando di dissimulare il sollievo che anche lui aveva provato nel sentire la voce della sorella. Ora però era a un'altra ragazza cui la sua preoccupazione era rivolta.
***
-Ce l'abbiamo fatta Poseidone! Con i ragazzi dalla nostra vinceremo sicuro – Ermes esultò – E finalmente potremo tornare alla vita di sempre- aggiunse Poseidone. Ermes annuì e sollevò la sua tazza di caffè portandosela alla bocca – Sei sicuro che verrà? - chiese all'amico dopo aver prese un sorso. L'altro uomo annuì – Credimi, non ne potrà fare a meno. –
Poi alzò lo sguardo e i suoi occhi si fissarono su una figura che stava giusto entrando nel bar
– Come volevasi dimostrare – disse Poseidone all'amico alzandosi.
Andò incontro alla figura, accarezzando con lo sguardo la linea del suo corpo e il viso, ricordandolo come era un tempo, privo di rughe causate dall'età e dalle preoccupazioni, e mentre per il primo motivo non poteva farci nulla, sapeva che il secondo era principalmente colpa sua. Arrivò ad un passo dalla figura e incontrò quegli occhi blu che aveva tanto amato
– Ciao Sally. -
Spazio Autrice:
Appena ho visto la data dell'ultimo aggiornamento e ho notato che sono passati quasi due anni mi sono messa a ridere. Chiedo umilmente perdono per l'attesa, e spero che questo capitolo vi piaccia, anche se è solo un po' di passaggio e spero nei prossimi giorni di riuscire a scrivere qualcos'altro in modo da colmare le mancanze di due anni :)
Volevo però anche ringraziarvi, voi che continuate a leggere e a commentare, anche se non rispondo sempre sappiate che vi vedo e apprezzo tantissimo!! Grazie mille
_MidnightM_
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