Ricomincio da me

Dopo scuola aspetto Clarissa. Non ho parlato con nessuno del gruppo, ma ho visto i loro volti costernati e partecipi: mi stanno dando il giusto spazio sennò crollerei in un pianto disperato. Ora mi muove la rabbia, un sentimento forte, vivo che mi sbrana da dentro e mi obbliga a camminare a testa alta senza far emergere il mio lato rotto.
Molly è l'ultima persona con cui ho bisogno di parlare; quando mi passa accanto prima dell'ultima ora mostra uno sguardo così triste e ferito che alimenta a dismisura la mia instabilità emotiva. Odio la compassione. Sono cosciente lei non c'entri nulla, ma ora non voglio nessuno attorno.
A mensa Molly ha seguito Jace che dopo aver tirato un pugno al tavolo ha lasciato tutti di stucco scappando dal locale. Devo essere grata a Clarissa che ha impedito ai restanti di fare un passo per rincorrermi: il veleno che ora mi scorre dentro avrebbe ferito o rovinato i già fragili equilibri.
Faccio loro pena. Io odio questa sensazione. Detesto chi mi considera debole.
Devo andare in palestra, incanalare questo fuoco prima che mi faccia del male da sola.
Ognuno di noi affronta il dolore nel modo più diverso e intimo per sé stesso. Per qualcuno è mera disperazione, per qualcuno è apatia per qualcun altro rabbia cieca, come nel mio caso. Non so quale sia quello giusto per passare oltre, anesterizzare la ferita e andare avanti; so che io oggi, davanti alle azione di Jace provo solo un senso di frustrazione misto a rabbia. Una furia che come un fuoco mi dilania da dentro; come una bomba a orologeria sono pronta a esplodere e lasciare attorno a me macerie e distruzione.
Clarissa arriva e mi mostra le chiavi dell'auto. La seguo senza parlare.
Stephen mi chiama ma non ho tempo né  per lui né per nessun altro.
Adesso devo davvero pensare a me.
Se avessi avuto un auto sarei scappata dalla Beacon ore fa: pigiando il pedale dell'acceleratore, correndo sul filo del rasoio per trovarmi travolta da emozioni forti, ubriaca di adrenalina.
Avrei quasi chiesto al mio presunto amico Byron Covenaugh di portarmi via da qua, ma la confessione di Jace di stamani mi ha fatto capire che sono solo stata presa in giro da entrambi alla fine.
Pensare al dolore che provo ora mi fa sentire patetica.
Al capannone trovo la sacca e l'istante del cambio è pari alla metamorfosi della farfalla: mi svesto delle mie paure e indosso una corazza.
Salto sul ring dopo un breve riscaldamento a mani nude; Aisha ha stretto le fasce e posizionato in silenzio i miei guantoni. Nessuno mi ha rivolto la parola, trasudo emozioni che bruciano, sbranano chi incrocia il mio cammino.
Gabriel si avvicina e mi estorce un   sorriso.
Ma è solo un ghigno il mio che anticipa lo tsunami che sta per abbattersi. E travolgerlo.
Passano forse tre minuti quando Aisha salta sul ring al suo fianco esterrefatta e preoccupata per la furia di colpi con cui l'ho abbattuto.
Gabriel siede in un angolo del tappeto, un luccichio nello sguardo come se fosse fiero in un certo qual modo.
《Mi sono rammollito.》Ammette flebile.
《E tu oggi hai bisogno di qualcun'altro che contenga la tua smania omicida.》Aggiunge cercando di rialzarsi.
《Sei pazza!》Aisha inveisce contro di me, ma Gabriel la placa chiedendole aiuto per lasciare il ring e io non ho ricordi dello scontro che lo ha visto sconfitto. Pesto a sangue anche Aisha che mi ha sfidato sul quadrato.
Respiro concitata, non sazia, sebbene la testa fluttui più leggera.
Gli sguardi di tutti mi sono puntati addosso.
Asciugo il sudore e vedo Clarissa issarsi sul ring a pochi passi da me, dopo avermi studiata a lungo.

《Forza piccola Davenport.》
Basta questo riferimento al mio essere considerata da tutti fragile che innesca in me ancora voglia di colpire, di pormi al limite, infierire, affondare e ferire.

《ORA BASTA!》
Un urlo sovrasta l'area.
《Tigre scendi.》
La voce di Connor separa me e Clarissa che duelliamo sul quadrato come la nostra sola esistenza fosse messa a rischio.
Salto giù e come un marinaio rispondo al richiamo della mia sirena: Connor, oggi mi ha davvero salvato.
Di nuovo.

Clarissa ci passa accanto.
《Mi stavi mettendo in seria difficoltà ed io boxo da anni, tu cosa? Da qualche mese forse?》Ammette perplessa.
《Connor?!》dico annebbiata.
《Tigre andiamo.》
Lo sento lontano; la cortina di rabbia si alza come una nebbia malsana, senza abbandonarmi del tutto però.

《Aspetta straniero.》
I ragazzi della palestra si avvicinano e io temo possano essere minacciosi con colui che è forse stato l'unico vero amico io abbia mai avuto dal mio arrivo a Beacon.
Lo circondano.
Provo a mettermi in posizione di attacco, loro ridono e gli saltano addosso con tanto di pacche e saluti amicali.
Non ci capisco nulla.
《Fatti una doccia poi ce ne andiamo.》
Mi istruisce lui.
Tanta rabbia, troppa è ancora qui, in questo corpo, giace latente, cova vendetta, non si spegne, ma a lui non saprei mai dire di no.
Clarissa mi segue e mi chiede di raccontarle tutto, mentre mi lavo.
E io lo faccio: dal giro in moto, la casa del vecchio marinaio, le rivelazioni in auto di Jace, lo pseudo sequestro nello sgabuzzino.
Ascolta in silenzio.
Jace si è ferito colpendo il tavolo a mensa in un attacco di isteria, le sue nocche si sono aperte e scendeva un sacco di sangue, mi racconta lei.
La guardo.
《Le sue nocche hanno colpito a più riprese la porta dello stanzetta dove mi ha rinchiuso. Aveva già sfogato una parte di rabbia mista a impotenza.》Le confesso.
Socchiude gli occhi e afferra il reale  significato.
《Hai paura di lui ora?》
《No. Ma forse ho soppravalutato il legame che ci univa.》 Ammetto triste.
《Credevo i ragazzi scacciassero Connor. Mi ha stupito il loro atteggiamento.》 Cambio abilmente argomento.
《Sei qui da troppo poco per capire tante cose.
Chi più di lui meriterebbe di stare al capannone?! Ma lui si allena altrove.
Sai nulla del suo passato?》 Mi chiede lei .
Nego con la testa.
Sospira e si siede su una panca mentre io mi asciugo.
《Ci conosciamo tutti bene o male: Beacon non è una grande città. È solo dal tuo arrivo e con la tua presenza che hai cambiato alcune dinamiche.
Prima il gruppo Byron, Marissa Melissa e Adam erano i popolari. Molly la reietta. Connor, Stephen ed Eric outsider.
Brian, Anne Lee e io, un trio fuori dal coro. 
Connor vive ....vicino a un accampamento di roulotte in un
bungalow con sua nonna e sua madre.
Certi aspetti della sua vita forse dovrebbe raccontarteli lui.
Non usciva molto con noi la sera, aveva i suoi giri, in parte legati a ragazzi più grandi come Ayden in parte a ragazzi che forse in una grande città consideresresti una banda di quartiere. Ma non sono cattivi fanno solo gruppo, li lega avere delle famiglie disastrate e vivere in contesti miseri quasi bidonville se paragonati al tenore di vita dei fratelli Covenaugh o degli Stotman.
Stephen e Byron prima del tuo arrivo non uscivano insieme. Fu a causa sempre tua che Stephen chiese a Byron di unire i gruppi? Già è stato Stephen a chiedere a Byron la prima settimana che arrivasti a Beacon di stare insieme. Temeva, credo, che troppa gente attorno ti avrebbe spaventato. Me lo ha confessato Charlie. Ecco perché in tanti all'inizio abbiamo creduto lui avesse una cotta per te.  Il tuo arrivo e il fatto che non conosci la provenienza di molti e le nostre storie ha abbattuto le barriere sociali fra noi. A te pare non importi molto, anche se sono convinta tu abbia vissuto in contesti principeschi. O sbaglio?》
Non nego.
《Fai sentire tutti noi perfetti con le nostre imperfezioni. E non sono più la macchina, la villa o il  party esclusivo a caratterizzarci ora siamo semplicemente noi.
Ma vivo qui da sempre. Quindi vedo molto che a te non è dato capire.》
Ascolto rapita non comprendendo la reale portata di queste confidenze in realtà ma accogliendole come un dono.

Infatti a me non importa dove Connor, Aisha, Gabriel o Gonzalo vivano. Forse prima, alla vecchia me, ma ho imparato a giudicare le persone per come si rapportato con la sottoscritta.
E Connor è il migliore. Anche se non vive nella villa di Barbie Malibù.

《Hai smosso un mondo Davenport!》
Conclude lei.

《Pronta?》
Guardo Connor appoggiato allo stipite e annuisco.
Scuote il capo, mi prende per mano portandomi alla sua auto.
Per una decina di minuti il silenzio regna sovrano in auto, mi lancia brevi occhiate apprensive.
《Allora. Cosa diavolo è successo?》Mi chiede con un tono sereno, quasi rilassato.
E mi trovo a ripetergli tutto quello che ho detto a Clarissa ma con più calma.
Ogni tanto annuisce altre volte scuote il capo.
《Quindi? Cosa conti di fare?》Mi chiede alla fine del mio lungo monologo.
《Bella domanda; non lo so. Mi sento presa in giro.
Vorrei spaccare tutto.》
Ride.
《Oh tigre. E che risolvi?》
Per un istante torna serio. Accosta nei pressi di una stradina dimessa vicino a una pompa di benzina con mini market annesso.
《Credi alle parole di Jace?》Mi chiede neutro.
Alzo le spalle.
《Forse dovresti parlare con Byron e solo poi decidere quale sia la verità.》
《Che senso avrebbe?》chiedo atona.
《Potresti metterti l'animo in pace e ricominciare da te stessa senza permettere più a nessuno dei due di prendersi gioco di te.》
Ascolto le sue parole, ma non le accetto ora.
Entriamo nell'area ristoro ritagliata nella parte esterna il mini market.
Sediamo su delle rozze panche di legno e ci facciamo portare del caffè.
《Grazie per stamattina.
Io non ti ho nemmeno ringraziato.》ammetto stringendo la tazza fra le mani.
Si morde il labbro e guarda altrove imbarazzato.
《Nah, nulla figurati.
Dove vuoi andare?》 Mi chiede poi.
《Credo alla villa, non ho altri posti. Sono inchiodata lì Connor non ho alternative.》
Annuisce grave.
《Senti: stasera usciamo, ti sbronzi per bene e dimentichi questa brutta giornata.》
《Ma...》
《Niente ma! Affidati al tuo amico Connor. Tanto non cambierà nulla ti distrai per qualche ora.》
《D'accordo!》

Quando Connor mi lascia alla villa trovo Stephen e Charlie nel salone sul divano ancora con le divise scolastiche.
《Hey.》
Saltano in piedi come grilli e mi si fiondano addosso.
《Stai, stai bene?》 Chiede Stephen.
Charlie sembra agitatissima, si morde con forza il labbro.
Annuisco e mi lascio avvolgere dal loro abbraccio.
《Ma tu non avevi gli allenamenti oggi pomeriggio?》chiedo a Stephen.
《Fanculo. Sei più importante.》Risponde schietto.
《Eravamo davvero preoccupati per te.》Aggiunge Charlie.
《Mi dispiace ragazzi!》ammetto sopraffatta.
Traggo il massimo conforto da un ennesimo spontaneo abbraccio.
Con la coda dell'occhio intravedo Byron appoggiato allo stipite della sala; quando incontra il mio sguardo glaciale per un istante scorgo confusione attraversare il suo:
si gira e se ne va.
Non parliamo per niente di quello che è successo, mangiamo alcuni snack insieme facendo zapping selvaggio in tv.
《Vado a farmi una doccia più tardi esco.》Dico loro dopo un paio d'ore di dolce far niente.
《Dove andiamo di bello stasera? In settimana non usciamo quasi mai che hai in mente?》mi chiede Stephen esaltato.
《Ecco...》
Come glielo spiego che per quanto li trovi strepitosi stasera non li voglio fra i piedi perché temo mi ridurrò davvero di merda.
《Oh nulla di che. Io... io.》Non trovo le parole.
Charlie sorride intuitiva.
《Lei esce e noi ce ne stiamo buoni a casa.》Gli spiega Charlie.
Stephen la guarda come se fosse impazzita di colpo.
《Non farai nulla di stupido vero?》
Mi chiede Charlie scortandomi alla casetta in piscina.
《Nulla di troppo stupido.》confermo lasciandola nel vago.
《Siamo tuoi amici, sai che puoi contare su di noi.》

Lo so e fa male.

Verso le ventidue sento il rombo della macchina di Connor entrare nel vialetto. Decido di darmi una mossa e  lasciare lesta la proprietà: domani c'è  scuola, non che mi importi molto ma non vorrei dover leggere il biasimo sul volto di mr Covenaugh per questa mia uscita infrasettimanale.
Trovo Connor appoggiato alla sua auto e Byron che parlano.
Mi fermo perplessa a fissarli.
Poi punto dritta verso di loro, ignorando Byron.
Quando la sua mano si posa sulla maniglia della vettura lo guardo in cagnesco.
《Se viene lui io non vengo.》
Byron arretra come se lo avessi schiaffegiato.
Connor ci guarda e sale in auto lasciandoci soli a sbrigare questo ingombrante conflitto.
《Che ti ho fatto ora?》mi chiede confuso.
Lo guardo con odio.
Le parole di Jace rimbombano nel cervello versando benzina su braci di un fuoco non spento.
《Se tu vieni con noi io resto a casa.
Punto. Quindi Byron levati.
Dovevi restare a New York e non tornare. Saremmo stati tutti più felici.》
Affermo acida ad un soffio dal suo viso.
《Ovvio!》 Un sorriso triste gli piega gli angoli del viso mentre apre la portiera invitandomi a salire .
La chiude mentre ignoro lui e la sua presenza, fuori l'abitacolo .
Connor parte.
《Sei stata dura.》
Trovo le parole di Connor ingiuste.
《Non mi pare che quando abbia deciso di ferirmi abbia avuto mezze misure.》
Scuote il capo ridacchiando.
《Andiamo a sbronzarci!》

Non voglio sentire più nulla.
Per mamma non esisto!
Byron e Jace mi hanno usato come un giocattolo.
Questa vita mi sta stretta.
Voglio annularmi nell'oblio di un bicchiere.

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