AMARE UN AMICO È PECCATO? - ONESHOT

Mi stiracchiai per bene.
Uno sbadiglio e mi drizzai sulle zampe.
Ancora assonnato dal pisolino, guardai il mio pelo rilucente, beige con sfumature marroni.
I miei occhi verdi squadrarono l'ambiente circostante: mi ero addormentato su una sedia di legno marrone scuro, nella sala da pranzo della villa dei genitori della mia padrona, Clodia. Una brava ragazza.
Ero stato raccolto da lei quando ero solo un cucciolo randagio, ma allora ero un gatto nobile ed educato.
Non salivo più sui tavoli con le tovaglie bianche e i piatti e le posate istoriate sopra di esse.
Non giocavo più con i bicchieri e con le lampade che illuminavano la sala.
E, soprattutto, non tiravo più giù i quadri appesi alle pareti, come quello di un uomo, a cavallo, vestito di rosso e con una coppola.
A quanto ho capito, era il nonno o il bisnonno di Clodia.

Qualcuno entrò nella sala, strappandomi completamente dai postumi della dormita.
Ah, lui... il padre di Clodia. Un uomo alto, brizzolato, con due mustacchi sale e pepe che farebbero invidia ad un tricheco.
Lo fissai con odio.
All'inizio, voleva buttarmi fuori di casa.
Ma Clodia era determinata.
E, alla fine, aveva vinto lei.

Gli soffiai contro, per poi andarmene dalla sala.
Mi diressi verso l'immenso giardino della tenuta vicina, quella dei genitori di Massimiliano. Un bravo ragazzo, forse un po' austero, ma simpatico.
Lui e la mia padrona sono fidanzati, o meglio: fingono di frequentarsi per poter stare un po' per i fatti loro, ma il mio istinto dice che Clodia prova qualcosa per lui... certe cose le sento a istinto.

Mi bloccai. Sul mio naso si era posata una farfalla.
Ali azzurre. Coi bordi neri.
Subito intrapresi una lotta selvaggia, agitando le zampe in aria e miagolando per prenderla, ma lei continuava a sfuggirmi.
Ero così assorto dallo scontro che non mi accorsi neanche della carrozza che si era appena fermata davanti al cancello della tenuta.

                               ~~~

Uscii dal portone principale della villa non appena vidi, dalla finestra del mio studio, al piano superiore, l'arrivo della attesa carrozza.
Di corsa, ignorando il gatto di Clodia che sbraitava contro una farfalla, raggiunsi il cancello e lo spalancai.
Dal carro era sceso un uomo alto, coi capelli castani, un naso appena accentuato, lineamenti affilati e penetranti occhi verdi.
"Ottaviano!" esclamai mentre quello mollava giù i bagagli sul selciato e mi correva incontro.
Ci abbracciammo.
"Che bello rivederti, Max!" disse lui, ancora provato dal lungo viaggio.
"Com'era la Germania?" domandai, prendendo una buona metà dei suoi bagagli.
"Più fresca rispetto alla Toscana. D'inverno, però, si gelava. Ad Amburgo ho fatto una passeggiata sul mare ghiacciato. È stato bellissimo." rispose lui, scompigliando la mia zazzera di capelli neri e prendendo sottobraccio il resto delle valigie.
Entrammo nella villa, e iniziammo a parlare del più e del meno, della Germania in cui era andato per volere dei suoi genitori, due borghesi.
Parlammo anche dei vecchi tempi: l'università, i corsi, i professori, gli studi, gli esami... ma di una cosa non parlammo.
Dell'agitazione che mi pervadeva il cuore.
Avevo ricevuto, circa un mese prima, una sua lettera, da Trento.
Mi aveva avvisato del suo imminente ritorno, e chiesto se potevo stare da lui, mentre i suoi genitori sbrigavano affari nel Veronese.
Avevo accettato di buon grado, non solo per rivedere un mio vecchio compagno di studi.
Un desiderio irrefrenabile, dentro di me, voleva che io rivedessi il mio primo amore.

                               ~~~

All'università, come lui, avevo cercato di sopprimerlo. In quanto cristiano, lo consideravo sbagliato. Ero un uomo, dovevo amare le donne, non gli uomini. Ma già all'università mi ero accorto che le donne non mi interessavano. Ero omosessuale. Lo sono ancora. E anche Massimiliano lo è.
Ed entrambi, durante gli studi, ci siamo innamorati l'uno dell'altro.
Ma, come già detto, in quanto cristiani l'abbiamo considerato entrambi sbagliato, l'abbiamo tenuto nascosto l'uno all'altro, e, alla fine, abbiamo terminato gli studi senza dichiararci.
Durante i miei due anni in Germania, oltre che a badare agli affari di famiglia, ho riflettuto: io non sono sbagliato. Il mio amore non è sbagliato. Indi, è la Chiesa ad avere torto. Del resto, la Chiesa ha torto su un'infinità di cose, ma non vuole ammetterlo, e fino a poco più di due secoli fa bruciava chi affermava il contrario. Giordano Bruno è un ottimo esempio.
E stava per rimetterci la pelle anche Galilei.
Comunque, rimane sempre una cosa da tenere segreta.
Duecento anni non sono poi tanti.
Ora, però, sono tornato.
E ho deciso: domani pomeriggio mi dichiarerò a Massimiliano.

                               ~~~

Notai una soddisfazione sul volto della mia padrona.
Recentemente, le sue gote erano state spesso pallide, con un'aria afflitta.
Ora, il suo viso quasi risplendeva, e, per quanto cercasse di tenerlo nascosto, c'era un lieve sorriso cui non riusciva a porre freno.
Mi chiamò "Andiamo, Giacinto!" precedendomi sulle scale. La seguii.
Avevo capito cosa sarebbe successo: saremmo andati nella sua camera da letto e mi avrebbe raccontato ciò che le era accaduto. Faceva sempre così quando aveva bisogno di parlare di qualcosa con qualcuno che sapeva tenere un segreto.
E modestamente...
Mi prese in grembo mentre confessava "Sono riuscita a convincere mio padre! Ha finalmente accettato la proposta di fidanzamento per me... e presto verrà annunciato! Da domani, io e Massimiliano saremo ufficialmente promessi sposi!"

                               ~~~

C'era qualcosa di strano in mio padre.
Solitamente, era accigliato, come se un affare a cui teneva tanto non stesse andando in porto.
Stasera, non solo era arrivato a cena in ritardo, mentre era sempre in anticipo, ma sul volto aveva pure un'espressione rilassata.
La fronte spaziosa (meno male che ho preso da mia madre) era piana, non corrugata.
Le mascelle non erano contratte.
Non era nemmeno assorto in qualche pensiero bislacco.
Era sorridente e gioviale.
Mangiava di gusto, come se volesse rifarsi dei giorni spesi a rimuginare.
E questo stuzzicò la mia curiosità.
Fintanto che Ottaviano quietava lo stomaco dopo il lungo viaggio, io mi avvicinai leggermente al mio genitore e gli sussurrai:
"Padre, la vedo più rilassata degli scorsi giorni. Cosa la crucciava e cos'è successo?"
"Figliolo" mi rispose quello, sorridendo "domani vedrai. Sono finalmente riuscito a combinarti una bella sorpresa, della quale mi ringrazierai, ne sono certo."
"Non posso neanche avere una piccola anticipazione?" dissi di rimando "Avete stuzzicato la mia curiosità."
"La curiosità uccise il gatto. Pazienta fino a domani. Al pranzo di mezzogiorno, avremo ospiti i nostri vicini. Giovanni, Elena e anche Clodia. Lì, annuncerò ciò che abbiamo accordato."
Questo mi costrinse a spegnere l'entusiasmo che ardeva in me, ma, nonostante mi mostrassi calmo e rilassato, dentro il mio cuore fremevo.
Una volta conclusa la cena, il maggiordomo annunciò tristemente che non avevano una camera pronta per Ottaviano. Non ne ero stupito.
Il mio amico, grazie al quale ora il mio cuore stava andando in subbuglio, poiché erano riaffiorati con forza i vecchi sentimenti mai dimenticati, era arrivato una settimana prima del previsto, e tutti i domestici erano in età avanzata.
E con tutto quello che c'era da fare alla villa...
"Non è un problema, può dormire con me" proposi di getto "se ciò non crea fastidi."
"Non li crea, non li crea" acconsentì mio padre. Era talmente felice per l'affare di oggi che a malapena mi aveva dato ascolto.
Ottaviano sorrideva anche più di lui.
E così ci alzammo, salutando i miei genitori, per andarci a coricare.
E mentre ci sdraiavamo entrambi nello stesso letto, anche se la lampada era già spenta, non ebbi dubbio che lui, come me, fosse rosso in viso.
Se sembrava che lui fosse già addormentato, com'è normale dopo un lungo viaggio, io non riuscivo a prender sonno. Non c'era più la curiosità per ciò che avrebbe annunciato mio padre il giorno a seguire. Ero troppo felice.
Dal momento in cui mi aveva scritto da Trento, avevo sentito il bisogno martellante di rivederlo.
Da quando era arrivato, il mio cuore era perennemente stato una nave in tempesta.
Volevo baciarlo, sentire il sapore delle sue labbra, toccarlo, abbracciarlo, fargli sentire il mio amore.
Volevo accarezzarlo, consolarlo, e baciarlo ancora. Volevo che fosse mio, e volevo essere suo.
Nella notte, mi girai verso colui che mi faceva così tanto penare, perché sapevo già che non mi avrebbe amato.
Lo presi per mano.
E non lo lasciai andare.

                               ~~~

Il sole splendeva quel mattino, e mi carezzava le guance, così rosate dalla felicità.
Ero in abito rosso, bordato d'oro, che faceva risaltare i miei lucenti capelli neri.
La nostra carrozza entrò nella tenuta della famiglia di Massimiliano, mentre i domestici mi guardavano con meraviglia e le domestiche con invidia.
I miei ventuno anni risplendevano.
Quel giorno ero la bellezza in persona.
Sole, una lieve brezza, e io bellissima.
La ricetta perfetta per un fidanzamento come si deve.
Per il MIO fidanzamento.
Scendemmo dalla carrozza, elegantissimi.
Il padrone di casa venne ad accoglierci, affermando che "per un ottimo pranzo, mancava solo un'ottima compagnia!"
Dopo gli onori e i saluti d'obbligo, arrivò il pasto, piacevolissimo: soprattutto frutta e verdure fresche, accompagnate da poca carne leggera.
E, infine, il momento che aspettavo.

                               ~~~

Il padre di Massimiliano si alzò, trepidante. Ero già sospettoso di qualche cosa da quando era arrivata Clodia e aveva dimostrato di essere in ottimi rapporti con Massimiliano. Lui, che ieri sera, nel buio, mi aveva preso la mano... ma smisi di pensarci, perché, per quanto fosse stato bello, sapevo già di star arrossendo. Diedi la colpa all'ottimo vino della Valpolicella che compariva in tavola.
"Signore e signori, un attimo di attenzione!" disse il mio ospite, gioioso "ho un importante annuncio fa fare!"
Il silenzio calò, le chiacchere e le posate si fermarono, i calici si posarono.
"Da oggi, d'accordo con il mio vicino, i nostri figli Massimiliano e Clodia saranno ufficialmente... promessi sposi!"
Mentre tutti applaudivano, io invece mi congelai. Massimiliano e Clodia... promessi sposi?!
E mentre tutti facevano le loro congratulazioni ai fidanzati, io riuscii ad abbandonare la sala con discrezione, prima che le lacrime facessero la loro comparsa sul mio viso.

                               ~~~

Avevo seguito la mia padrona, curioso di come si sarebbero svolti gli eventi, ma la farfalla dell'altra volta, quella maledetta, aveva distolto la mia attenzione. Soffiandole contro perché era scampata ad un mio ennesimo attacco, mi accorsi che un ospite della villa era uscito di corsa. Lo seguii, nascosto dall'erba.
Si fermò presso un grande campo di margherite, dove più volte Massimiliano e Clodia si erano fermati per leggere, dipingere o chiaccherare.
L'uomo crollò in ginocchio, singhiozzando.
Non sapevo cosa era successo, ma in quel frangente giunse Massimiliano
"Ottaviano!" chiamò, raggiungendolo "che succede, amico?"
"Ah, niente..." rispose quello tra un singhiozzo e l'altro "congratulazioni per il fidanzamento... è una bella ragazza..."
"Ottaviano..." si fece avanti "davvero, che ti è successo? Perché sei scappato dalla sala? Perché stai piangendo?"
"PERCHÉ?!" e quello si alzò, girandosi di scatto "PERCHÉ IO TI AMO!"

Silenzio di tomba.

"I-io..." riprese "ti... amo... fin dall'università. Durante il viaggio in Germania mi sono pentito di non aver confessato ciò che provavo e che provo ancora per te. Mi sono ripromesso di riparare a ciò... e avevo deciso di dirti tutto oggi pomeriggio. Ma questo annuncio mi ha... preso di sorpresa. Tu... tu ami Clodia?"
"No."
"Ma... allora perché...?"
"È stato mio padre ad organizzare tutto. Io stesso ne ero all'oscuro. Aspetta..." realizzò quel tonto di Massimiliano "Hai detto di amarmi?"
"Sì, non lo rinnego! E mi è piaciuto quando... ieri sera... mi hai... preso... per mano..."
"Allora non dormivi..."
"No, e non me ne pento."
Ottaviano avanzò leggermente. Erano vicini. MOLTO vicini.
"Max, io..."
"Non dire niente." lo interruppe lui, e quasi si lanciò sull'altro.
Le labbra si toccarono, con sempre più convinzione e desiderio, mentre entrambi piangevano di gioia, finalmente liberi di poter stare assieme, di dare sfogo ai loro sentimenti.
Poi sorrisero, e si rotolarono nelle margherite, ridendo.
"Ti amo" ripeté Ottaviano "È dall'università che volevo dirtelo."
"Ti amo." ricambiò Massimiliano "E non smetterò mai."
Li guardai, intenerito e commosso. Certo, ero triste per la mia padrona, ma quando c'è l'amore, l'amore vero, non c'è nulla da fare.

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