Capitolo 13

Io lo so, tu lo sai,
che insieme noi due finiremo nei guai.

Club Dogo, Dicono di noi

***

Le chiedo dove abita, prova a spiegarmi a parole e nelle sue stesse frasi si perde. Mi dice che non ha senso dell'orientamento, che impara i percorsi a memoria e non li cambia mai.
«E le persone, invece?» le chiedo, vorrei sapere di più e farmi un giro intorno al suo mondo,
«Non credo molto nelle persone» nella sua voce si fa spazio un velo di tristezza, delusione e amarezza «almeno non in tutte» si corregge, vorrebbe proteggere anche me in mezzo a questa schiera, ma non sa che merito la galera come tutti quelli che le hanno rubato un pezzo di cuore.

«E tu?» uno spasmo di dolore sale dalla mia gola, e nella mia risposta potrei vomitare i migliori demoni che tengo chiusi nella mia testa.

E adesso, Rose, dovrei raccontarti di come questa vita mi ha usato per sporchi scopi, lasciandomi inerme in mezzo al ciglio di questa strada. Vorrei dirti di Ranny, di quanto dolore si porta ancora dietro questo nome così comune. E di mio padre, un uomo portato avanti solo dal sentimento per il denaro e dalla convinzione di avere la vita di un'intera famiglia in pugno.

Quante cose vorrei dirti in questo momento e non riesco a metterne nessuna in fila.

«Quelle giuste» - e cosa c'è di giusto qui dentro? Neanche la strada che stiamo percorrendo davanti ai nostri occhi è dritta.

Ci addentriamo nei quartieri universitari, case a schiera tutte uguali: una porta, due finestre e una verniciata giallo canarino.

Durante il tragitto comincia a blaterare sulle sue coinquiline, mi racconta della sua vita monotona, dei suoi pomeriggi passati tra i libri, supermercato e palestra. Sono divertito, incredulo difronte ad una ragazzina di un metro e sessanta piena di energia, sorrisi, e parole di troppo.

«Siamo arrivati» si ferma di fronte a un palazzo di sei piani, indica una finestra al secondo piano e all'interno posso vedere due sagome muoversi dentro una stretta cucina. Una delle due ragazze intravede le nostre ombre, ci fissa per qualche secondo e poi sorridendo si allontana.

Lei diventa rossa, e comincia muovere su e giù la punta dei piedi.

«Adesso mi riempiranno di domande»
«Su di me?»
annuisce e mi guarda dritto negli occhi, afferro la sua mano e disegno piccoli cerchi sul suo palmo. Vorrei stringerti e proteggerti persino dalle mie cattive abitudini.

«Racconta loro la migliore versione di me» la prendo in giro, e sotto questa voce velata c'è un fondo di verità estrema.

Lei mi blocca la mano, e la stringe. Mi costringe a guardarla, «Io non riesco a vedere la versione peggiore, Alex» e in un attimo la mia maschera diventa di creta e si sgretola davanti al parcheggio comune di una casa universitaria.

«Se non la vedi non vuol dire che non esiste»
«Se la vedi solo tu non vuol dire che esiste».

Ogni mio respiro pesa quanto un macigno, non riesco a cercare i suoi occhi e dentro divento un fiume in piena. Il mio cuore comincia a rimbalzarmi nel petto, e vorrei sentire qualcosa ma le mie gambe non si muovono.

Divertiamoci oggi.
Dimentichiamo tutto.
Dimentichiamo chi siamo, dimentichiamo dove viviamo.
Dimentichiamo le amicizie, le sofferenze, gli amori.
Dimentichiamoci di tutto, amore.

Ricordiamoci solo di noi due.

Siamo così importanti ed essenziali che dobbiamo esistere per forza. Non c'è scusa, non c'è adulterio, non c'è ragione. Ci siamo solo noi. Non posso smettere con te, sei la mia malattia.

Comincia a farfugliare qualcosa, nel mezzo del mio silenzio lei combatte col suo testardo imbarazzo e il suo fiume di parole. La invito ad entrare dentro, e la ringrazio per la mattinata. Vorrei sfiorarla, dirle che rifarei tutto da capo per non perdermi di nuovo nessun attimo e invece mi limito solo ad allontanarmi.

Le sorrido, e prima che possa mettere il piede dentro la costringo a voltarsi,

«Lo sai quanto mi è costata questa corazza
«Sai quanto mi costerà metterti questo cuore su un piatto d'argento?»

La guardo entrare dentro, dalla finestra posso vedere le sue coinquiline aspettare sul ciglio della porta. Quando lei entra ha un sorriso stampato sulla faccia ed è l'unico regalo che mi merito in questa vita.

Prima di prendere la strada di casa comincio a guardami intorno, scruto ogni minima via, lampione rotto. Immagino le strade al buio e sommo ogni pericolo possibile che potrebbe colpirla. Sono stato un mostro di queste strade, sono stato io il pericolo. Ho fatto a pugni con tanti ragazzini che riempivano gli angoli solo per vendere la roba buona e portare nelle mie tasche la giusta ricompensa. Non le ho mai realmente abitate, ho lasciato che gli altri lo facessero per me. Sono sempre stato un vinto, un codardo che non sa decidere e lascia che le proprie bugie vengano governate da un'altra mente studiata.

Riprendo la strada di casa e spero che questa strada diventi infinita così da non dover aprire mai quel portone. Succede a volte che il luogo che dovresti chiamare casa diventa solo una gabbia da cui vuoi scappare, e poi ti accorgi che la chiave l'hai ingoiata tanti anni fa.

Ho sempre visto il bicchiere mezzo vuoto, se non totalmente vuoto. La mia famiglia mi ha sempre dato tutto: soldi, vestiti, una casa enorme in cui perdermi e un posto da miliardario sicuro. Facile prendersi un pacchetto completo quando non sei nemmeno costretto a pagare la spedizione. Peccato che questo non mi farà mai da padre. Mio padre è una figura costante nella mia vita. Tanto costante da avermi provocato questa personalità multipla che mi fa oscillare.

Quando entro in casa, li ritrovo seduti a tavola che mi aspettano.
«Dove sei stato?» poche sono le cose che mi chiede mio padre,
«In giro» e anche poche sono le risposte che da me riceve. Poso le sigarette sul tavolino all'entrata e tolgo la giacca a vento.

«Quando smetterai di fumare?» rimango stupito dal pacchetto di sigarette completamente intatto a fine mattinata.

Decido di non rispondere volontariamente alla domanda. Il pranzo e la cena diventano percorsi ad ostacoli, devi sempre stare attento dove metti il piede e quale scatola apri. C'è sempre la scatola più vicina che contiene una bomba e in genere questo tavolo è un buon terreno fertile per un campo minato.

«Quando comincerai a lavorare?» c'è anche una regola in questo gioco: non puoi saltare due domande consecutive e quindi sono costretto a rispondergli «Presto» mi siedo difronte a lui e mi pento amaramente di non essere rimasto ancora in giro a ciondolare.

«Vorrei che mio figlio non fosse un fallito come tutti gli altri» e come tutti i giochi più belli, prima o poi devi subire la scritta game over.

Mi alzo con la mia solita strafottezza, «Sai che c'è? Non ho più fame» ed esco di casa.

Ora per saziarmi non mi basterà un solo pacchetto di sigarette.

Dove sei, Ranny?
Questa vita notturna mi sfinisce. Il buio mi abbraccia e mi mangia con veracità. Questi miei pensieri in continua lotta mentre cerco di accarezzare questo leone che mi sta divorando.

Ranny, neanche stanotte la mia vita ha vinto. Il leone sta lì, nel suo angolo e domina la mia fame. Decide lui quando mangiare questo corpo e io non posso fare altre che lasciarmi andare, sparire dentro questa pozza di sangue e non dire niente ai miei.
La vita mi manca, questa vita che oramai puzza di amore andato a male.

Che ci faccio in questo letto? Queste lenzuola aspre di vita, senza senso. Non riscalderanno mai questo mio cuore atroce, come queste frasi nella mia testa.

Dove sono?
Che ci faccio qua?
Quale incubo abiterò stanotte?

Eppure l'incubo non cambia, è sempre il mio. Sempre la solita sveglia che mi catapulta in questa vita.

La verità, Ranny, è che mi sento pazzo.
Pazzo mentre questa voce nella mia testa mi fa compagnia.

Chi sei?
Non sei più niente.
Non sei nemmeno in questo buio.
Eppure io ti vorrei, eppure vorrei abbracciarti e dirti che non va tutto bene, ma che va bene così.

***

Ecco a voi il volto del nostro Ranny: Yuri Pleskun.

Questo è il capitolo conclusivo di quello precedente e anche di passaggio per ciò che scopriremo più avanti.
Non è il mio capitolo preferito, ma spero nemmeno da buttare.

Abbiamo superato le 1k views e non poteva esserci regalo migliore.

Grazie!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top