Chapter II - Kitty
Mi rintanai subito in casa, il cuore mi batteva così forte che quasi non mi scoppiava in petto.
Perchè diamine quel ragazzo doveva farmi imbestialire in quel modo?
Chi si credeva di essere poi?
Avevo i nervi a fior di pelle.
Mi appoggiai allo stipite della porta e mi toccai il petto, batteva ancora, così forte e incessantemente che quasi non si sentiva per tutta la città «Signorina Lydia, signorina Lydia, il libro la prego!» si, ero proprio a casa mia.
Mia madre mi apparve davanti con tutta la sua stranezza, fissandomi attraverso il suo ventaglio «oh oh, Bree com'è andata? Allora com'è quel ragazzo?» il suo sguardo si fece malizioso mentre io la guardavo male, poi mi sforzai di sorridere.
Avevo così tanti aggettivi in testa per descrivere quell'odioso, stronzo, bellissimo, maledetto e schifoso scarafaggio del nuovo vicino «é un ragazzo così adorabile che se potessi lo riempirei di mazzate» sorrisi innocentemente, poi smisi di ridere.
Mia madre fece una giravolta con la sua macchinina mentre una lampadina le apparve in testa.
No davvero riuscivo a vederla «oh oh, si lo so, nascerà una storia d'amore fantastica, oh oh che idea geniale per il mio nuovo romanzo»
Stiles, che fino a quel momento era avvolto da un'aura nera come la pece, in un attimo fu coperto da un'aura luminosa, capace di accecare un cieco
«oh signorina, non ci credo, quindi si metterà al lavoro?» si mise in ginocchio davanti mia madre, le mani congiunte e gli occhi arrossati, come se fossero pronti a rilasciare quella sostanza liquida che noi umili mortali chiamiamo "lacrima".
Mi sdrai a pancia in sù sul divano, fissando intensamente il soffitto.
Ero annoiata.
Mia madre, nel frattempo, si era alzata dalla macchinina e ora assumeva una posizione da regina, rivolta verso Stiles.
Maro cadde dalla sua testa e si mise sulla mia pancia «e chi ha parlato di lavoro?» si rimise seduta e ricominciò a vagare casa casa.
Stiles, la cui aura ridiventò nera, ricominciò a seguirla; quanta pazienza quell'uomo, sicuramente io non avrei resistito cinque minuti.
Sospirai, avevo provato a parlare, stavolta il teatrino l'avevano fatto loro, io non avrò nessuna storia d'amore, tantomeno con uno come quello lì.
Ad un tratto il mio telefono squillò e squillò più volte, ero così pigra, sdraiata sul divano, che nemmeno mi accorsi che Chiyo era corsa a rispondere e Dylan mi stava rimproverando per la mia pigrizia.
Non era colpa mia se lo ero diventata.
Lavoravo tutti i giorni incessantemente, senza mai riposarmi, anch'io volevo poltrire qualche volta, eh!
Sapete che vi dico? Andate al diavolo tutti, viva la pigrizia «Brenda è per te» Chi poteva essere alle sei di Venerdì sera?
Mi alzai contro la mia volontà mentre Maro scendeva dalla mia pancia e cominciava a cercare mia madre per casa «pronto?» dissi prendendo il telefono, ero super annoiata «pronto Bree, sono Lydia» sbadigliai rumorosamente, solo ora mi ero accorta che si chiamasse come mia madre.
Oh wow, buon nome non mente.
Sorrisi tirata, ero così stanca che gli occhi mi si chiudevano «scusa Lydia, stavo dormendo» mentì.
Lei respirò profondamente e poi mi rispose «non preoccuparti, volevo solo chiederti se domani sera ci sarai al ballo d'inizio semestre» sbadigliai più forte, il ballo di cosa?
«Scusa il sonno, cosa sarebbe esattamente questo ballo?» chiesi.
«Il ballo Brenda é dove si balla» sbadigliai, oh santa madre «sicuramente non è un posto dove si dorme e comunque ho sonno e non ho nemmeno un accompagnatore quindi direi di no, buonanotte» Lydia stette per ribattere ma prontamente riattacai.
«Secondo me dovresti invitare quel fig..cioé no volevo dire il nostro vicino di casa» mia madre riapparve con addosso un kimono rosso, tipici giapponesi, seguita, ovviamente, da Stiles «secondo me, dovresti iniziare a scrivere il tuo libro e a far felice il povero Stiles, invece di rompere alla tua utilissima figlia» ribattei acida.
«Tu non sei per niente utile e comunque rompere é il mio dovere di madre, figlia insolente» mi grattai la testa, mi stavo annoiando «vado a strappare le erbacce in giardino» Chiyo stava per ribattere ma la fermai con una mano «brava renditi utile, figlia!» girai su me stessa «e tu renditi utile come madre» mia madre girò su stessa
«oh oh si hai ragion...aspetta, ehi» scappai prima che mi martellasse
«torna subito qui, figlia insolente» aprì la porta del giardino e la richiusi prontamente mentre mia madre andava via, suonando il clacson della sua macchinina.
***
Il mio giardino si affacciava perfettamente al giardino di casa Pevensie, con l'unica differenza che quello era impeccabile.
Mi era sempre piaciuto sistemare il giardino, anche mio padre adorava farlo, il suo ricordo mi balenò in testa.
Era morto un anno fa di tumore al cervello, mia madre era stata malissimo ed ero io quella che cercava di essere forte, sia per me che per lei.
Sospirai e, dopo essermi messa i guanti, cominciai a togliere la terra e a piantare qualche fiore o seme.
Nonostante ciò però, il problema principale erano le erbacce «che fai?»
mi chiese una voce sopra di me, ero sicura fosse una ragazza, con un piede davvero il doppio del mio.
Io avevo un 36 nemmeno pieno.
Riconobbi il suo sesso non solo per le scarpe ma anche dalla voce.
Alzai gli occhi, ero sicura di essere tutta sporca in faccia ed ero anche sicura di avere tutti i capelli arruffati.
Davanti a me c'era colei che doveva essere la gemella di Simon, anche se erano diversissimi.
Mentre lui aveva i capelli chiarissimi, lei li aveva molto corti e quasi neri, gli occhi, invece, erano di un castano intenso.
Non c'era che dire, era veramente bella.
Mi guardava incuriosita e io scorsi in lei il divertimento, il suo sguardo nel fissarmi era diverso da quello del fratello mentre lui cercava di trovare qualcosa per farmi innervosire o semplicemente mi scrutava l'anima, lei mi guardava come se in realtà volesse conoscermi.
Questo mi rincuorava molto «sistemo il mio giardino» risposi impassibile, continuando a togliere la terra.
Era divertentissimo vedere la sua faccia alla mia espressione, ah come si vede che sono un'attrice «il mio nome é Layla Pevensie e sono la sorella gemella di quell'idiota che ti ha aperto la porta qualche ora fa» sicuramente sarei andata super d'accordo con questa ragazza, ci intendevamo per qualcosa.
Mi alzai, tolsi i guanti, e goffamente cercai di togliere la terra dalle mie mani, il che la fece ridere.
Oh, dannazione!
«Lo so, sembro più idiota di tuo fratello. Comunque piacere io sono Bree» mi presentai, stringendole la mano, mentre avevo buttato i guanti chissà dove.
Che figura.
Lei ridacchiò, poi mi fissò entusiasta
«beh, sei un'attrice, ti conoscono tutti» sorrisi orgogliosa
«oggi me l'hanno detto il 99% degli studenti in tutta la scuola, comunque da copione risponderò un "e chi non mi conosce?"» ridacchiò ancora mentre io ripresi il mio lavoro.
Layla dondolò sui talloni poi, dopo minuti, si rivolse a me sorridendo
«non sei per niente come ti ha descritta mio fratello» annunciò sorridendo.
Alzai un sopracciglio, non immaginavo nemmeno come mi avesse descritta.
Francamente non volevo saperlo «ah no?» le chiesi mentre lei scosse la testa «posso aiutarti?» mi chiese poi mentre io inarcavo un sopracciglio, di nuovo «non saprei, come te la cavi con erba, semi e fiori?» scosse la testa, il che mi fece intendere che in vita sua non aveva mai lavorato la terra «vieni accovacciati vicino a me» lei non rispose e fece come le avevo detto.
Fu abbastanza divertente spiegarle il procedimento, anche perché lei era abbastanza veloce ad imparare.
Dopo minuti a togliere erbacce e piantare fiori e semi di ogni genere, finimmo.
Fui davvero soddisfatta, sorrisi a Layla di fianco a me «sei sporca qui» le dissi, indicando la guancia, lei allarmata si passò la mano, anch'essa sporca di terra, in faccia «beh, ora sei sporca ovunque» scoppiai a ridere mentre lei metteva il broncio «non é divertente» scosse la testa «tu sei sporca ovunque» ribatté.
Feci spallucce e insieme scoppiamo a ridere, la sua compagnia era piacevole.
Avevamo finito ma continuavamo a tamponare la terra per sistemare meglio i fiori «fare giardinaggio mi rilassa» le dissi e lei annuì «in effetti é rilassante, da chi hai appreso il pollice verde? Da tua madre?» risi freddamente «mia madre sta tutto il giorno a girare casa casa con la sua macchina» lei strabuzzò gli occhi
«aspetta cosa? Gira casa casa con la macchina? Che figata! Mio zio non me lo permetterebbe mai» inarcai un sopracciglio «non abiti con i tuoi genitori?» scosse la testa «i miei genitori sono morti quando eravamo piccoli, mai conosciuti» mi si spezzò il cuore, sapevo cosa significasse «oddio mi dispiace...io non volevo. Anche mio padre é morto» lei fece spallucce e continuò a tamponare la terra «non dispiacerti, non ho mai conosciuto i miei. Scusami ma non ti dirò mi dispiace, sicuramente non ti farà stare meglio. Non voglio sembrare cattiva.»
Mi sentì più leggera, odiavo quando la gente si dispiaceva «ti ringrazio per questo» ben presto si fecero le sette e, nonostante ciò, rimanemmo ancora lì.
«Layla» la chiamò quella maledetta voce maschile.
Oh no, ci mancava solo lui.
La diretta interessata si girò verso il fratello «Simon che bello vederti!»
esclamò con una punta di paura nella voce, non riuscivo a capire la situazione «che bello vederti un corno! Ti sei mangiata tutto il mio gelato!» Layla dondolò di nuovo sui talloni, a quanto pare, lo faceva quando era nervosa «non puoi prendertela! Tu ti sei mangiato i miei biscotti!» lui le puntò un dito in faccia «io posso! Sono il fratello maggiore di quattro minuti e un secondo! Subisci le mie lamentale, sorella» Layla scoppiò in una crisi isterica e cominciò a urlare parole incomprensibili.
Se fossi stata in un anime, avrei sicuramente la tipica goccetta che mi cadrebbe dalla testa.
Questo perché, dal canto mio, cercavo di capire la situazione e sicuramente il braccio di Layla che stava scomparendo, non mi aiutava per niente.
Aspetta che?
Simon strabuzzò gli occhi e mi guardò male, poi prese Layla per l'altro braccio e la trascinò fino a casa loro «ehi, lasciami andare!» si dimenò lei, mi salutò con una mano mentre io ero ancora shoccata, non poteva essere, ero impazzita.
La salutai anch'io mentre con Simon entravano dentro casa.
Mi guardai attorno, cos'era appena successo?
Non era possibile, qualcosa non andava.
Forse ero ancora stanca.
Mi accovacciai a terra e continuai a sistemare meglio i fiori e a tamponare la terra.
Passarono minuti e, dopo un pò, mi sentì picchiettare su una spalla.
Quando mi girai, Simon era a un palmo dalla mia faccia.
Cercai di non farmi vedere mentre arrossivo.
Non ero imbarazzata, ero irritata.
Non mi andava che proprio lui mi vedesse sporca in viso.
Comunque immaginai fu inutile, visto che nei suoi occhi si leggeva la punta di divertimento.
Odiavo capirlo attraverso gli occhi, odiavo semplicemente lui.
Mi alzai da terra e mi passai le mani sporche nei jeans «che vuoi?» chiesi, scansandomi.
Simon fece la sua solita faccia innocente
«è inutile che ora fai la dura, non puoi resistere al mio fascino» con la mano sporca di terra, passai una linea immaginaria nella sua guancia, sporcandolo tutto «si, in effetti non posso resistere alla terra sulla tua faccia, ha un certo fascino» mi fissò in cagnesco «meglio che non mi provochi Kitty, non sai cosa sono capace di fare» sghignazzò e io lo guardai male «mi chiamo Brenda, non Kitty» mi girò attorno e io rabbrividì, porca miseria.
Lui lottò contro se stesso per non ridermi in faccia «e invece io ti chiamerò Kitty, hai tutti i peli delle braccia rizzati» lo prendo a pugni
«fanculo» urlai e lui rifece la sua solita faccia angelica «oh Kitty, é la seconda volta in un giorno che mi mandi a quel paese. Ma che ragazza educata» stavo per saltargli addosso, dovetti prendere un grandissimo e lunghissimo respiro per non commettere un omicidio «la ragazza educata te la metto in c..»
mi mise una mano davanti alla faccia e la sua espressione si fece seria «devi stare lontana da mia sorella, se ti vedo un'altra volta parlare con lei te la farò pagare cara, hai capito?» a quelle parole mi irrigidì e divenni rossa dalla rabbia.
Mi sentivo offesa da lui, insomma non gli avevo fatto nulla di male e si permetteva sempre di prendermi in giro e di trattarmi male «ma chi ti credi di essere?» gli urlai.
Lui fu impassibile
«ti sto avvertendo» detto ciò con una velocità sovrumana, scomparve dalla mia vista.
Ero rimasta paralizzata.
Ma perché, perché mi odiava così tanto?
Credevo di non avergli fatto nulla.
Nemmeno lo conoscevo.
Mi girai a guardare casa sua, la porta era già chiusa.
Sospirai e mi misi seduta per terra.
Io quel ragazzo non lo capivo proprio.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top