33
Andare al lavoro dopo una notte passata a festeggiare non è mai stata una buona idea, soprattutto se ad aspettarti è una nave da sistemare.
Sbadiglio, appoggiando la testa sul tavolo: sono incapace di fare il più banale dei calcoli in queste condizioni. Gioco con la penna che mi cade a terra varie volte: raccoglierla è un'impresa, continuare a fare i calcoli che ieri ho lasciato a metà è un compito molto poco divertente.
Ieri sera mi hanno alleggerito veramente tanto il portafoglio, non ho idea di quanto abbiamo bevuto, ma molti erano ubriachi fradici – come al solito, non hanno infangato il nome della Starfall e, nonostante le raccomandazioni da parte del personale medico, Axel ha bevuto troppo finendo per addormentarsi sul pavimento. Non è che gli altri siano messi tanto meglio: sono tutti mezzi addormentati sui loro fogli o assenti.
«Ma se ci prendessimo un giorno di vacanza?» chiede Zavis sforzandosi di tenere gli occhi aperti. Se lo dice lui la situazione è grave: ha cercato di tenere a bada Axel, ma alla fine era poco sobrio pure lui visto quanto chiacchierava.
Alzo appena la testa. «Approvato».
Mi stropiccio gli occhi, quasi quasi dormirei qui, ma è troppo scomodo; mi costringo ad alzarmi, prendere la mia roba e uscire dalla costruzione.
Cammino per strada, ma non so nemmeno dove andare: vago per il centro dove è tornata la confusione che ricordavo: ormai la guerra è finita e la situazione politica è stabile; i processi che ci aspettano non riguardano certo i civili, tanto che la vita sull'Atlantis è ripresa quasi regolare e alcuni soldati della Federazione si sono abituati allo stile di vita, mentre altri non vedono di tornare dalle loro famiglie, anche solo per un saluto.
«Hai una faccia stravolta, ti senti bene?»
Mi fermo nel mezzo del marciapiede: senza rendermene conto sono finita in una delle vie più frequentate del centro, quella dove si trovano tutti i negozi più cari. Non è la zona che fa per me. Alzo lo sguardo, abbozzo un sorriso, guardando Aesta ferma a pochi passi da me.
«Postumi da sbronza. Mi hanno fatto bere a forza e non so come sono arrivata a letto ieri sera».
Aesta per poco non scoppia a ridermi in faccia. Quello che ho bevuto, di sicuro, per lei non è niente: era l'unica in grado di reggere i fiumi di alcol della Starfall senza sentirsi male.
«Comunque ti stavo cercando» mormora dopo poco abbassando lo sguardo e strofinando la mano destra sul braccio sinistro.
«Ho tutta la giornata, ci siamo presi una pausa per oggi. C'è qualche problema?»
«No... no, è che non abbiamo ancora avuto modo di parlare per bene, tranquillamente. In fondo ne avrei di cose da spiegare...»
«Vieni, andiamo al lago. È il posto più tranquillo che conosca. Non credo di poter sopravvivere in qualche bar con questo mal di testa».
Camminiamo in silenzio, lei guarda il cielo, io in terra, per vedere dove mettere i piedi e non inciampare. Mi sento uno straccio, vorrei davvero dormire.
Ci sediamo su una panchina sotto un albero e, mentre rimaniamo in silenzio, ho modo di osservarla di sottecchi mentre guarda distrattamente il laghetto. È strano vederla senza divisa, in abiti civili: la solita treccia le ricade su una spalla, indossa una maglietta rosa e un paio di pantaloni neri. La prima volta che la vidi, su Lemuria, era vestita su per giù allo stesso modo. Eppure vederla così rassegnata quasi mi sconvolge: sa di essere in una brutta posizione, sa anche quanto male ci abbia provocato il suo tradimento, ma io proprio non riesco a odiarla. La conosco da troppo per volerla morta.
«Che ne sarà di me e Nayla? L'attesa ci sta uccidendo» esordisce all'improvviso. Sussulto, aggrottando poi la fronte.
«Il Consiglio ha finalmente trovato l'accordo sui funerali, li celebreranno qui e poi sui loro pianeti di origine. Ora c'è da decidere a chi affidare il tuo caso, se rimane all'interno della Starfall, dovremmo cavarcela in poco tempo. Per noi non sarebbe un problema lasciar cadere tutto nel vuoto».
«Ma io non vi capisco: ero il primo ufficiale, sono passata alla fazione nemica, passando anche per idiota, visto che l'Alleanza è stata sconfitta. Vi dovreste accanire su di me come minimo».
«Per far cosa? Perdere tempo quando abbiamo altro da fare? Hai fatto le tue scelte, hanno avuto delle conseguenze. Non so se c'è un motivo vero e proprio per non odiarti, forse è perché è ti vogliamo comunque bene, anche se hai fatto una cazzata».
«Continuo a non capirvi».
Alzo le spalle, non so nemmeno come spiegarlo che avendo vinto la guerra una sua condanna più o meno grave non andrebbe a influire sulle nostre priorità – tra cui spicca il sistemare Minerva.
«Per l'Orlan è un altro discorso. E la giustizia sull'Atlantis può essere o molto lunga o molto rapida» riprendo a parlare, voltandomi lentamente verso di lei.
«Domani c'è il processo. Non ti nascondo che sono preoccupata».
«Posso immaginarlo... se hai bisogno, io sono sempre a ronzare intorno alla Starfall, se vieni non ci sono problemi. Alla fine non sei un'estranea».
«Ah, quindi siete qui voi due». Ci voltiamo, guardando Axel che si sta avvicinando con il solito sorriso bastardo stampato in faccia: non ci vuole molto a capire che ha da proporre qualcosa e spero vivamente non sia un altro aumento. «Vi ho cercato per tutta la città».
«Che vuoi?»
«Gentile come sempre, Aesta. Partita a carte come ai vecchi tempi?»
Io e lei ci guardiamo, poi ci scambiamo un cenno di assenso. Ci sediamo sull'erba e Axel tira fuori un mazzo di carte. «Le hanno ritrovate ieri sistemando la Starfall, chissà da quanto tempo erano là» dice lui distribuendo cinque carte a testa.
«Probabilmente dall'ultima volta in cui ci abbiamo giocato. O dall'ultimo torneo illegale che hai organizzato» gli rispondo.
«Ma sta' zitta che partecipavi pure te ai suoi tornei illegali». Aesta mi tira un pugno sul braccio. «Pensa a giocare che tocca a te».
Ne abbiamo fatte sette di partite – ne avessi vinta una.
Abbiamo passato tutta la mattina al lago, ma almeno ci siamo dimenticati totalmente della situazione almeno per qualche ora. Dopo aver rimesso a posto le carte, stiamo aspettando che Axel torni con il pranzo visto che si è offerto di andare a prendere qualcosa da mangiare.
«È bello aver passato un po' di tempo lontano dal lavoro» mormoro tra me distendendomi sull'erba.
Aesta incrocia le gambe, mi scruta da capo a piedi, poi annuisce. «Mi ricorda i primi tempi, quando ancora la Starfall era stata appena costruita».
«Quando passavamo il tempo a fare calcoli e Axel pensava fossimo strane?»
«Io lo penso sempre» aggiunge lui sedendosi. Appoggia il pranzo a terra. «Voi non fate calcoli, voi scrivete cose astruse».
Finiamo di mangiare, non abbiamo fatto altro che ridere e scherzare, a ricordare i primi tempi in cui ci siamo conosciuti. Non è cambiato molto alla fine tra noi.
«Io vado a fare una passeggiata».
«Vengo anch'io, Axel».
«Io dormo» dico loro distendendomi sulla panchina. «Sono ancora fuori linea da stanotte».
Mi giro su un fianco, chiudendo gli occhi, speriamo solo non mi schizzino con l'acqua, ne sarebbero capaci. Li riapro quasi subito, sentendo una mano sulla spalla.
«Ciao».
«Mai una volta che possa dormire in pace, eh, cretino?»
Sorride, sedendosi sull'erba. «Se disturbo me ne vado».
«No, resta pure» gli dico socchiudendo di nuovo gli occhi e sistemandomi sulla schiena, un braccio piegato sotto la testa. Sento le urla di Axel e Aesta, non voglio vedere cosa stiano combinando, ma credo che stiano facendo qualcosa in riva al lago e che tutto sia stato iniziato da Axel.
«Sembrano due bambini a rincorrersi in quel modo».
«Non credo che la Starfall potesse essere la stessa senza quei due e i loro comportamenti infantili».
«Neanche senza di te».
Sorrido appena, ma mi sono appena ricordata di una cosa. «Senti un po', cretino. È da un paio di ol che ti devo fare una domanda. Qual è l'unica cosa di cui potresti risultare vincitore? Avevi detto che sarei dovuta tornare viva e, be', eccomi qui».
«Quindi?» lo incalzo, visto che non mi risponde. Non riesco a tenere gli occhi aperti, la luce mi da troppa noia.
«Se continui a tenere gli occhi chiusi ci facciamo notte» urla Axel. Sento Aesta ridere, io proprio non li capisco quei due.
Sospiro, aprendo gli occhi e mettendomi a sedere. Erix continua a sorridere, ma non mi pare totalmente tranquillo. Inclino appena la testa quando Aesta si appoggia di peso ad Axel, come se stessero aspettando di vedere qualcosa. Erix sospira, si passa una mano tra i capelli senza smettere di sorridere.
«So quanto poco contano per te le parole, ogni cosa che ti possa dire è tempo perso e credo sia arrivato il momento di metterti davanti i fatti». Erix si mette in ginocchio, rovista in tasca, tirando fuori una scatolina rossa. Mi porto una mano sulla bocca quando la apre, rivelando l'anello al suo interno. «Vuoi sposarmi?»
Annuisco con un cenno del capo, con la faccia nascosta tra le mani: non so che pensare e non riesco a collegare due parole in una frase di senso compiuto. Erix si alza, si siede accanto a me, prendendomi la mano e sistemando l'anello.
«Era questo l'unico modo in cui potessi veramente vincere: averti solo per me». Sorride, mi accarezza una guancia mentre io continuo a fissare la piccola pietra preziosa che brilla sotto il sole.
«Sei un cretino».
«E ora paga, Axel!» urla Aesta spingendolo in acqua.
«Ecco cos'era la famosa scommessa...» mormoro appoggiando la testa sulla spalla di Erix che mi guarda confuso. Si avvicinano continuando a spingersi, sedendosi poi sull'erba davanti a noi, con i vestiti bagnati.
«Be', per me era palese che sarebbe finita così tra voi, mentre per lui no. Abbiamo scommesso, adesso deve pagare pegno. Troverò qualcosa di imbarazzante stavolta... e poi ti avevo detto che il tempo mi avrebbe dato ragione!»
Axel le tira una spallata, facendola poi alzare. «Te la farò pagare comunque, ma dai andiamo, devo farti vedere una cosa».
«Dove credi che vadano?» mi chiede non appena rimaniamo da soli.
«A spettegolare con il resto dell'equipaggio. Cos'altro potrebbero fare quei due ora? Conosco fin troppo bene i miei uomini per non sapere che una notizia tale è degna di gossip per i prossimi tre mesi». Lo guardo sorridendo e lui mi accarezza una guancia, chinandosi a baciarmi.
Non mi sembra vero, mi pare tutto così strano: mai e poi mai avrei pensato al matrimonio, se non fosse stato per lui. Non avevo idea di che piega potesse prendere la mia vita quando è iniziata la guerra, non sapevo nemmeno se avrei visto il giorno in cui tutto sarebbe finito, non avevo idea di cosa sarebbe accaduto, figuriamoci pensare a sposarmi... con Erix.
«Ci pensavo da ol. Non avevo idea di quando chiedertelo, eri così presa dalla battaglia che non volevo distrarti... anche se ho sempre detto che il matrimonio è un vicolo cieco, però con te.... be', forse ne vale la pena».
Mi stringo a Erix, continuo a guardare il lago. «Eri d'accordo con loro?»
«In realtà no... ne ho parlato solo con mia madre, o meglio è stata lei a travolgermi qualche giorno fa e a chiedermi se e quando avessi intenzione di farti la proposta. L'intenzione era di portarti qui, volevo chiedertelo stasera, non avevo intenzione di coinvolgere quei due... idioti. Ma forse è meglio così...» Rimane in silenzio per un attimo, poi mi guarda serio. «Mi rimane un dubbio: riuscirai a pensare a noi per una volta?»
Scoppio a ridere ed Erix mi stringe la mano, continuando a guardarmi con un'espressione seria.
«Vogliamo andare a cena fuori stasera per festeggiare?» gli chiedo mentre mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Volentieri».
***
Continuo a fissare l'anello mentre Aesta cerca di sistemarmi i capelli
Non è stata zitta un attimo da quando è arrivata e i miei timpani stanno implorando pietà. È piombata in camera e non ho potuto che cedere alle sue richieste di darmi una sistemata obbligandomi e poi anche a non mettermi la divisa – come se ne avessi idea.
«Ecco, finito!»
Mi guardo allo specchio, sistemando dietro l'orecchio un ciuffo ribelle.
«Sei riuscita a rendermi presentabile» mormoro osservando le tremila forcine che ha usato per dare un senso all'acconciatura.
«Ma va' là. Tanto ti salterebbe addosso con qualsiasi cosa, non è che ci voglia molto».
«Punto a favore».
«Però... com'è che ci siete finiti insieme? E soprattutto, come avete fatto a ingannare tutti per l'intera durata della guerra?»
Guardo l'orologio. «Ho tempo per raccontarti tutta la storia».
L'angolino buio e misterioso
Allora? Che ne dite? *saltella tipo bambino davanti a una scatola di dolci*
Tenete tanti biscotti, ormai se siete a questo punto della storia ve li meritate. (Sì, anche voi lettori fantasma, potete anche palesarvi con stelline/commenti/messaggi in chat/su instagram o facebook (di cui trovate i link in bio). Non mi offendo se mi fate sapere che pensate di questa storia) -3-
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