Capitolo 7

Santo Domingo, 10 giugno 1962

Il momento in cui i fratelli Martinez dovettero tornare chi all'università e chi al collegio fu duro, soprattutto per Emilia e Aurora, costrette ad allontanarsi dagli amati Mauricio e Valentin fino alle vacanze di Pasqua. Ma qualcun altro soffriva in silenzio oltre a loro, anche se non l'avrebbe ammesso mai, nemmeno sotto tortura: quella persona era Marta.
Quando lei e il secondogenito di Eduardo e Ines avevano ballato insieme, nella solitudine della sala di lettura la sera del 23 dicembre, aveva sentito di nuovo quella chimica, quel magnetismo che aveva conosciuto al loro primo ballo, ai ventun anni di Mauricio; una sensazione che nemmeno tutte le lezioni di bachata impartitele da Julian sarebbero riuscite a replicare.
Sapeva benissimo del sentimento che Aurora provava per Valentin, e proprio perché sotto quel caratteraccio che si ritrovava era altruista, era disposta a fare un passo indietro in favore dell'amica, anche perché poco tempo prima aveva capito cosa significava litigare per un uomo, ed era qualcosa che preferiva non rivivere mai più.
Aveva deciso che sarebbe stato il momento di guardarsi intorno: non immaginava che in quel giugno del 1962 sarebbe stato più facile di quanto potesse immaginare.

                                      ***

Come ogni estate, i giovani Martinez erano tornati, ma quell'anno c'era un'euforia particolare tra i dipendenti. Quella mattina a colazione Marta decise di chiedere alla madre il perché.
<< Ma come, non l'hai saputo? Eppure le voci corrono... >> esordì la signora Beatriz, venuta in cucina per discutere con la signora Fernandez del menù di quel giorno.
<< Insieme a Mauricio, Valentin e Gloria verrà anche un loro cugino per i tre mesi estivi >> spiegò la madre di Emilia.
<< Un cugino? Quale dei tanti? >> domandò Marta, abituata a vedere sempre un sacco di parenti alla villa il giorno di Natale.
<< Quelli di Madrid. Il ragazzo si chiama Eugenio ed è uno dei figli del fratello maggiore del signor Eduardo, Alberto Martinez, che ha una catena di alberghi diffusa in tutta Europa >> puntualizzò la signora Juana.
<< Un buonissimo partito >> sottolineò la signora Beatriz, guardando la figlia. Marta sapeva che l'ambizione di sua madre era accasarla, era l'ambizione delle madri di tutte noi, ma la differenza principale che avevamo con Marta era il fatto che avesse un carattere impossibile, e che giusto un santo se la sarebbe potuta prendere in moglie.
Per questo sperava che lo sguardo del nuovo arrivato ricadesse sulla sua secondogenita.
<< Speriamo che sia anche carino, altrimenti con uno scorfano in giro per la villa non vale nemmeno la pena sfoderare i nostri sorrisi migliori... >> scherzò quest'ultima, beccandosi un'occhiataccia di sua madre. I nostri sguardi si diressero tutti sulla governante e sulla lavata di capo che stava per fare a sua figlia.
<< Marta! Ti sembrano cose da dire? Madre de Dios, se il diretto interessato o qualcuno dei Martinez ti avesse sentito... >> commentò adirata.
<< Che c'è? Se devo trovarmi un marito, almeno permettimi di unire l'utile al dilettevole... >> sbuffò la Montenegro.
Emilia, Aurora e io ci guardammo: il suo ragionamento non faceva una piega; certo, l'aveva esposto nella solita maniera brutale, ma era corretto.

                                     ***

Il bisnonno del signor Eduardo, Aurelio Martinez, e sua moglie Benedicta Ruiz avevano avuto quattro figli, due maschi e due femmine: erano partiti poverissimi dalle campagne intorno a Madrid, e avevano attraversato l'oceano per fare fortuna in quelle che allora erano colonie; per sopravvivere lui raccoglieva ferro, e lei cucinava il pesce meno pregiato per far mangiare la famiglia.
La fortuna arrivò grazie all'Indipendenza dalla Spagna: quando un regime finisce - che sia una dominazione altrui o una dittatura - sembra che la società si scrolli di dosso una zavorra, senza più la quale tutto appare possibile e realizzabile; Don Aurelio Martinez cavalcò l'onda di questo entusiasmo e divenne ricco, ricchissimo, talmente tanto da assoggettare tutti coloro che fino a quel momento erano stati in cima alla società, perfino il suo datore di lavoro che l'aveva sempre guardato dall'alto in basso dovette inchinarsi al suo passaggio, e chiamare sua moglie Donna Benedicta, in segno di rispetto.
Il loro primogenito, Augusto, era il nonno di Eduardo ed ereditò le numerose attività di suo padre; le due sorelle Rosita e Camila si sposarono e i loro mariti subentrarono in società; l'ultimogenito Tito decise di fare il percorso inverso e di combinare qualcosa nel paese d'origine della sua famiglia, la Spagna: si rimboccò le maniche - una caratteristica tipica dei primi Martinez - e aprì la catena di alberghi che rese il loro cognome illustre anche nel Vecchio Mondo.
Da quel ramo europeo erano nati due figli, e il minore di essi aveva sposato una ragazza di nobili natali, Florencia De Los Santos, dalla quale aveva avuto a sua volta due figli, Eugenio e Sergio, di venti e diciotto anni.
Tuttavia li avevamo sempre e solo visti a Natale, per cui ritrovarci il giovane rampollo spagnolo fu per noi insolito ma anche affascinante.

                                      ***

Furono Mauricio, Valentin e Gloria a presentarcelo; d'estate passavamo molto tempo all'aria aperta, per cui ci raggiunsero in giardino.
Non appena Eugenio Martinez comparve davanti ai nostri occhi, le aspettative di Beatriz Montenegro sembrarono avverarsi: infatti, nonostante le buone maniere di Emilia e il bell'aspetto di Aurora, il suo sguardo si posò su Marta, inequivocabilmente.
E sebbene ci avessero sempre insegnato che una signorina perbene non dovesse mai rispondere al corteggiamento di un uomo con sfacciataggine, la Montenegro non fece nulla per nascondere che ricambiava questo suo interesse; dopotutto aveva ragione, perché il cugino europeo dei Martinez era bello, con i capelli castani del padre e gli occhi verdi della madre.
<< Siete fortunati ad avere quest'allegra compagnia. Sergio e io siamo terribilmente soli, a parte quando siamo all'università o a qualche cena di gala >> commentò il nuovo arrivato, rivolto ai cugini ma guardando prima noi, poi i nostri fratelli e sorelle, e infine Marta come all'inizio.
<< Questo perché siete maledettamente classisti, al di là dell'oceano. Legati ai vecchi schemi sociali. Ma il mondo cambia... >> rispose Gloria, sorridendo a Rico, che ricambiò. Questo loro gioco di sguardi era sempre esistito, nonostante la differenza sociale che intercorreva tra loro due, e la cosa mi faceva puntualmente malissimo: l'amore non doveva mai suscitare egoismi, me lo aveva spiegato mia madre, ma Rico piaceva a me, e temevo che Gloria Martinez volesse solo divertirsi con lui senza preoccuparsi di farlo soffrire.
Ma i sentimenti, si sa, sono come gli aeroplanini di carta quando c'è il vento: magari gli si dà una direzione, però casualmente cambiano traiettoria e vengono scagliati altrove.
Mai estate più di quella del 1962 ci avrebbe aiutate a capirlo.

                                     ***

Sebbene non avessimo ancora capito perché Eugenio fosse alla villa in quel determinato periodo dell'anno, non ci importava granché: il suo arrivo aveva dato il via a un idillio, forse il periodo più bello che ci fosse mai stato nelle nostre giovani vite, in cui le classi sociali di provenienza e l'imbarazzo naturale tra maschi e femmine sembrarono annullarsi; eravamo un gruppo di ragazzi che volevano divertirsi come solo chi è all'inizio di un mondo libero può fare. Ma Marta ed Eugenio sembravano vivere in un mondo a parte rispetto a noialtri, come se quella confidenza fosse il preludio di una potenziale vita insieme; si dimenticò addirittura di andare da Julian, ma decise di insegnare al giovane spagnolo i passi di bachata, come se Delgado fosse stato solo un mezzo per un fine più grande, un gradino nella scala degli affetti su cui piantare bene i piedi per poi salire più in alto.
Fui io ad accorgermene quando un giorno, all'ora della siesta, sentii un rumore tra i cespugli del giardino, con cui solitamente il magazziniere del mercato annunciava il suo arrivo.
Colta dai dubbi mi precipitai in giardino, accorrendo in direzione della siepe, dalla quale spuntò la testa di Julian. Per poco non mi prese un colpo.
<< Julian! Ma che ci fai qui? >> esclamai.
<< Che ci fai tu, semmai. Marta non solo è sparita, ma adesso ha mandato l'ambasciatrice al suo posto? >> ribatté lui scocciato.
<< Ascolta, non è per cattiveria ma è meglio che te ne vai. Abbiamo un ospite importante che non se ne andrà via prima della fine dell'estate... >> tentai di spiegare.
<< E chi sarebbe di così importante, se ha assorbito tutto il tempo e tutte le energie di Marta? Magari il figlio del Re di Spagna? >> replicò infastidito.
<< Lo sai com'è fatta. Le cose la attraggono finché rappresentano per lei una sfida, una novità. Poi si stufa presto... >> argomentai. Non ci credevo nemmeno io, a quello che stavo dicendo.
<< Certo, come no. Peccato che ho conosciuto un'altra Marta, che non parlava interposta persona e veniva apposta fino al mercato per non perdere le sue lezioni, le nostre lezioni... >> mi fece presente.
Temevo di non potergli rispondere, perché aveva ragione: Marta stava cambiando, e non sapevo ammettere se in meglio o meno. Stava inconsapevolmente seguendo la strada che sua madre aveva tracciato per lei: trovare un buon partito, sposarlo e fare il salto di categoria. Insomma, il destino che si augurava a tutte le ragazze dei ceti popolari emergenti.
<< Perché fai tutte queste storie? Non sarai mica geloso di Eugenio... >> dissi inaspettatamente. Era un pensiero che covavo in silenzio da un anno, ma non avevo avuto il coraggio di esprimerlo: avevo infatti dedotto che Julian fosse innamorato di Marta, ma che lei non ricambiasse il suo sentimento.
<< Che bella ipotesi da borghese piccola piccola, cara Luna! Una gelosia da romanzo d'appendice... No, qui l'unica teoria in piedi è che siete proprio una bella stirpe, tutte a caccia del buon partito... Siete disposte a tenere in piedi relazioni di plastica, ma non conoscerete mai i sentimenti veri! >> decretò, con una sentenza che fu per me come una doccia fredda e che mi sbatteva in faccia la verità sul mondo in cui ero cresciuta: finto, pieno d'apparenze. Di plastica, appunto.
<< Julian... Julian, aspetta! >> cercai di richiamarlo, ma niente, la sua figura era già sparita tra le foglie.

                                     ***

Non venne più a fare le imboscate, né si fece trovare tutte le volte che ci capitava di andare al mercato.
Marta non si pose il problema, né io le raccontai del mio incontro con Julian: nella sua vita ormai pareva esserci spazio solo per Eugenio, il giovane Delgado non le mancava.
<< E dunque sei andata davvero fino alla baraccopoli fuori città per imparare queste bachatas? >> domandò incuriosito il ragazzo, mentre un pomeriggio di inizio luglio lui e Marta stavano distesi sull'erba del giardino.
<< All'inizio neanche volevo. Sono stata provocata da un poveraccio che scarica le casse al mercato >> ricordò la Montenegro, riferendosi al povero Julian con epiteti che mai gli avrebbe rivolto prima, più tipici di Aurora o di Emilia che di lei.
<< Quindi sei una a cui piacciono le sfide? >> chiese Martinez, sorridendo.
<< Solo se sono degne di essere accettate. Balliamo? >> ribatté la mia amica di sempre, alzandosi di scatto.
<< Una bachata? >> volle sapere l'uno.
<< Una bachata >> confermò l'altra.
Anche Eugenio si alzò e le prese la mano. Poi l'attirò a sé e la strinse. A quel contatto Marta pensò a tutti quelli con cui aveva ballato in precedenza - Valentin, Julian, gli amici dei Martinez all'antivigilia, perfino lo spaventapasseri Juanito - e sentì che, a differenza degli altri balli, questo avesse una valenza diversa. Qualcosa da cui non poteva tornare indietro.

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