Capitolo 30
Al funerale di Rico, Marta era l'ombra di sé stessa: non aveva mangiato nulla per tre giorni, e con il lutto indosso sembrava ancora più magra di quanto non fosse già; Julian e la signora Beatriz la tenevano sottobraccio da entrambi i lati, come se avessero paura che volasse via.
Gloria piangeva disperatamente, sentendosi quasi in colpa per averlo avvicinato lei al mondo degli stupefacenti, anche se dalle canne alle siringhe ci era arrivato da solo: dopo la morte del padre e della madre, Rico era la persona più importante della sua vita, più di Mauricio, Valentin e del fratellastro Julian.
Eccezionalmente tornò anche Eugenio per fare le condoglianze a colei che, fino alla sentenza della Sacra Rota, era ancora sua moglie.
<< Mi dispiace, Marta. Davvero. Rico era una brava persona, anche se aveva preso la strada sbagliata >> commentò.
<< Sono queste nuove teorie che circolano. Lo sai che non mi hanno mai convinta >> rispose lei con un filo di voce.
In lontananza percepiva uno sguardo truce che osservava la sua conversazione con l'ex, solo che quello sguardo non era di Julian, bensì di Valentin.
***
La sera Delgado convinse Marta a sorseggiare un brodino: non poteva più vederla in quello stato pietoso.
<< Guarda, solo perché sei tu... >> replicò la Montenegro, guardandolo da sotto in su, seduta sul letto.
<< Un affascinante ballerino ed ereditiero, modestamente >> scherzò lui.
<< In altre occasioni questo brodino te lo avrei versato in faccia se ti avessi sentito fare il cretino così. Adesso invece mi fai quasi ridere... >> osservò lei. Sul suo volto spuntò qualcosa di simile a un sorriso, per la prima volta dopo settimane.
<< Allora le mie battutacce hanno sortito l'effetto sperato >> sorrise a sua volta l'uno.
<< È da quando se n'è andato che mi chiedo cosa sarebbe successo se non avessi sospettato nulla. Probabilmente sarebbe morto da solo, buttato in un angolo della villa o peggio, in qualche vicolo schifoso come le strade di Ensanche Capotillo... >> confessò l'altra, fissando di malavoglia la tazza con il brodo.
<< Tu hai fatto il possibile, Marta. Hai addirittura affrontato uno spacciatore. Meno male che c'erano Valentin e Gloria con te, altrimenti non voglio nemmeno pensare a cosa ti sarebbe successo... >> sospirò il primo.
<< Non è servito a niente, e lo sai perché? Perché l'ho umiliato davanti a mia madre, gli ho fatto alzare le maniche per vedere i segni sulle braccia e poi gli ho dato del parassita, e tutto ciò prima di incontrare Nerone. Sono una sorella di merda, l'ho condannato a morte... >> si impuntò la seconda, mentre quelle lacrime che non erano scese nemmeno al funerale le colarono dagli occhi come acqua dai rubinetti lasciati aperti.
Julian non riuscì a dire niente, perché era inconsolabile. Tuttavia si mise vicino a lei.
<< Però prova a sorseggiare almeno un po' quel brodo... >> le disse.
Marta ubbidì, ingerendo qualche sorso del contenuto dalla tazza.
***
Il giorno successivo Marta scese finalmente a colazione; a tavola c'erano Julian, Mauricio, Valentin, Emilia, Aurora e Gloria con i bambini.
<< Che bello vederti, Marta! >> esclamò la Fernandez.
<< Siediti qui con noi... >> aggiunse Aurora.
La Montenegro si sedette vicino alla Navarro.
<< Ieri sera Julian mi ha obbligata a mangiare il brodo. Questa mattina non vi prometto niente... >> ribatté, mentre Emilia le versava il caffè.
A un certo punto suonarono al campanello; il signor Montenegro venne in salone ad annunciare l'ospite.
<< Il dottor Vidal chiede di essere accolto ed ascoltato >> comunicò.
<< Simon Vidal? >> domandò Gloria. A sentire il nome del mio ultimo fidanzato, Marta scattò nervosamente.
Quando se lo ritrovò davanti, si alzò in piedi, come se volesse ucciderlo.
<< Tu, brutto figlio di puttana! Come osi presentarti qui dopo che hai mandato Luna a morte in quell'ospedale schifoso in mezzo al nulla? Dovevi morirci tu in Amazzonia, non lei! >> inveì, trattenuta invano da Julian.
<< Marta, calmati! Ho voluto io che venisse. Per la storia di nostra madre >> spiegò Gloria ai suoi fratelli.
<< Credo che mio padre non si esporrà facilmente su questa storia. Ma siccome a me non piacciono gli intrighi della mia famiglia e preferisco rimanerne fuori, sarò ben felice di parlarne personalmente... >> dichiarò il giovane medico.
<< Perfetto, allora che ne dice di sedersi qui con noi? Se nessuno è contrario... >> propose Emilia, guardando Marta.
<< Ciò che riguarda Julian, riguarda anche me >> stabilì quest'ultima.
Aurora lo fece accomodare su una sedia intorno al tavolo.
***
Il giovane medico raccontò per filo e per segno quello che era successo nella clinica di famiglia, in quell'ottobre del 1939: di quella ragazza timida e inguaiata, della madre dal carattere forte, della dispotica futura suocera, di quella famiglia nuova che attendeva il neonato Julian.
Per la prima volta da quando erano tornati a Santo Domingo, qualcosa si smosse nel cuore del giovane Delgado, qualcosa che assomigliava alla pietà per quella donna che lo aveva messo al mondo, e che lui aveva giudicato troppo frettolosamente.
Ne uscirono tutti svuotati, specialmente il diretto interessato e Marta: decisero di ritirarsi fino all'ora di pranzo, mentre Gloria si avvicinava a Simon per chiedergli se voleva rimanere.
<< Forse non è il caso, non credo che oggi qualcuno di voi avrà particolare appetito. Però se l'invito sarà esteso anche ai giorni futuri accetterei volentieri >> rispose il giovane Vidal.
<< Io ti invito, basta che non te ne parti per chissà dove... >> commentò la Martinez.
<< Quello non lo stabilisco io. Ma spero che non sia domani, o dopodomani... >> specificò lui.
<< Allora se domani vieni a pranzo mi fa piacere. E cerca di perdonare Marta. È che ha perso prima Luna e poi Rico, la sorella dell'anima e il fratello biologico, nell'arco di un anno... Non è colpa tua, non è colpa di nessuno. È la vita, semplicemente >> sospirò lei.
Dall'alto dei cieli li guardai, in quel momento: erano due superstiti, due persone che avevano amato con tutto il loro cuore e che avrebbero fatto qualsiasi cosa per salvare le persone della loro vita; non ce l'avevano fatta, e perciò si trascinavano nella corrente, aggrappandosi a qualsiasi pezzo di legno per rimanere a galla nel mare dell'esistenza terrena.
Ma non appena si sa di non essere soli in quel mare, si può ovviare un po' dell'angoscia per sopravvivere insieme, così quel vuoto smette di essere così vuoto, e finalmente, in parte, torna a riempirsi.
Forse era proprio questo che stava accadendo tra Gloria e Simon, in quei giorni.
***
La giovane Martinez tuttavia aveva una cosa da fare: eseguire le ultime volontà dell'amato Rico, che riguardavano principalmente Marta.
Prima che io partissi per l'Amazzonia insieme a Simon, mi ero riconciliata con loro, anche se erano diventati amanti sotto il mio naso: ormai avevo la mia vita, non avevo più motivo di provare rancore nei loro confronti.
Ebbene, prima di lasciarmi per sempre alle spalle la mia amata isola di Hispaniola, affidai proprio a Rico e Gloria una cassetta contenente una lettera datata dicembre del 1963, otto mesi dopo che Marta diede alla luce la sua primogenita Julia. Era una confidenza strettissima che mi aveva fatto Valentin, quando aveva cominciato a sospettare che la bambina fosse sua figlia.
Chiesi ai due di far recapitare la lettera alla Montenegro quando fosse stato il momento opportuno, solo che poi il tempo era passato e la faccenda pareva essere finita nel dimenticatoio; la morte di Rico, tuttavia, aveva gettato di nuovo luce su una verità che, se fosse venuta a galla, avrebbe portato altro scompiglio nella già scombinata vita della mia amica di sempre, ma se fosse invece rimasta nell'ombra, l'avrebbe resa infelice per il resto dei suoi giorni.
La Martinez cercò la mancata cognata per tutta la villa, trovandola in terrazza: guardava il mare, cercando di intravedere le altre isole dell'arcipelago caraibico come faceva qualche anno fa, quando il clima era terso e la vita più semplice.
<< Marta, eccoti qui! >> esclamò avvicinandosi a lei.
La Montenegro si girò verso Gloria: in quei sei anni i suoi lineamenti si erano induriti per le esperienze particolarmente intense che aveva vissuto, ma sotto quella scorza di perenne malinconia ancora si intravedeva la sua vivace curiosità; penso che la Martinez volesse parlarle di Rico, di quanto l'aveva amato nonostante la tragica piega che avevano preso gli eventi.
<< Mi cercavi? >> domandò.
<< Sì, volevo parlarti di una cosa, anzi volevamo, io e Rico. È una cosa di cui avremmo dovuto parlarti diversi anni fa. La verità è qua dentro >> disse Gloria, porgendole la cassetta.
Se avesse avuto le energie necessarie, Marta avrebbe voluto risponderle che non ce la faceva più, che si era stancata di tutte quelle rivelazioni che rimanevano nascoste per tanto tempo e poi da un giorno all'altro venivano fuori, sconvolgendo e anche distruggendo le vite di tutti; ma siccome era abituata a queste cose, prese la cassetta e la aprì: dentro c'era una lettera di qualche anno prima, e la prima cosa che la Montenegro riconobbe fu la mia scrittura.
<< Ti lascio sola... >> si congedò la Martinez. La Montenegro si immerse nella lettura della mia missiva:
Santo Domingo, 29 dicembre 1963
Cara Marta,
quello che ti comunicherò in questa lettera forse ti metterà in crisi, portandoti a chiedere a te stessa se hai veramente hai fatto le scelte giuste, o se queste scelte saranno anche giuste, ma ti renderanno infelice per sempre.
Ho ascoltato per caso la tua conversazione con Valentin: so che Julia è figlia sua, non di Eugenio; poco tempo dopo è venuto da me a chiedere se mi avessi mai confidato qualcosa, dopodiché mi pregò di mantenere il silenzio su ciò che stava per fare: delle indagini per scoprire eventuali scheletri nell'armadio di suo cugino.
La ricerca andò a buon fine, e quando mi disse ciò che aveva scoperto per poco non svenni: Eugenio è già sposato, con una ragazza statunitense di nome Shirley Johnson; la loro unione avvenne nel 1959, ma poi venne fuori che la giovane aveva problemi mentali e la contessa De Los Santos pensò bene di farla internare in una clinica, facendo in modo che quel matrimonio non esistesse da nessuna parte. Valentin mi ha raccontato di essere andato a parlare con Audrey Johnson, la madre di Shirley, la quale gli confidò che la famiglia fu pagata profumatamente per mantenere il segreto, e che mai sarebbe dovuto trapelare niente: così Eugenio si sarebbe potuto trovare tranquillamente una mogliettina sana e prolifica che non gli avrebbe dato noie. Sia io che te che Valentin sappiamo che si sbagliava: non era amore ciò che vi legava, e nemmeno c'è mai stato alcun obbligo reciproco tra di voi. Le nozze sono nulle e per di più il padre di tua figlia non è lui: non sono mai stata audace, questo lo sai, ma se fossi al tuo posto non perderei tempo; tu hai sempre amato Valentin, e lui ha sempre amato te: spero che questa missiva arrivi tra le tue mani al momento giusto, cosicché tu possa decidere il meglio per te e per la tua vita. Spero di esserti stata utile, e ti auguro ogni bene. Con affetto, tua
Luna.
Due grosse lacrime caddero sulla mia firma, non appena Marta ebbe finito di leggere: non ci poteva credere, era vissuta per cinque anni in una bugia, e aveva rinunciato al grande amore della sua vita per un sacrificio che non aveva i presupposti per essere compiuto; era stata veramente una povera cretina da immolare per ripulire l'immagine di un rampollo viziato ed egoista che, appena scoperto che il primo giocattolo - Shirley Johnson - era difettato, non aveva esitato a gettarlo via per uno nuovo. E quel nuovo giocattolo era lei, Marta Montenegro, non Martinez, perché adesso sapeva che quel cognome non le era mai appartenuto; pensò a Julian, alla sua proposta di matrimonio "in anticipo": se avessero saputo la verità, si sarebbero già sposati.
All'improvviso sentì dei passi dietro di sé: era Gloria.
<< Allora, hai letto? >> le domandò.
<< Sì, ho letto. Ho scoperto che la mia vita è una farsa, che probabilmente tutti sapevate a parte me, ma una risposta, me la devi almeno tu: perché questa lettera risale a quattro anni fa, ma mi viene recapitata solo adesso? >> ribatté la Montenegro, ancora scossa.
<< Perché speravamo tutti che ti ricongiungessi a Valentin, ma poi sei rimasta incinta dei figli biologici di Eugenio. E allora Luna e mio fratello hanno deciso di tenersi questo segreto. Anche perché ormai hai trovato la tua strada da sola... >> replicò la Martinez.
<< Se solo sapessi ancora qual è, la mia strada... >> commentò Marta, parlando più a sé stessa che alla cognata. Doveva risolvere quella faccenda, confrontandosi con i tre uomini della sua vita.
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