Capitolo 3
Mia madre diceva che esistono tre tipologie di giornate: quelle che vorresti durassero per sempre, quelle che desideri finiscano in fretta e quelle che cominciano in un modo ma poi diventano tutt'altro, sia dal negativo al positivo, sia viceversa.
Per Emilia, il ballo della sera precedente era rientrato decisamente nella prima tipologia: ancora non riusciva a credere che Mauricio avesse danzato per tutto il tempo con lei, preferendola tra numerose ragazze ricche che aspettavano soltanto di accalappiare l'erede dei Martinez, per cui fu il suo argomento principale di conversazione, quella mattina in cucina.
<< Quant'era bello, nel suo smoking! Che classe, che portamento! Un vero principe, ed io ero così felice di essere la sua principessa... Abbiamo volteggiato sulla pista come nelle favole... >> sospirò trasognata mentre facevamo colazione.
<< Anche Valentin è bravissimo a ballare. Anzi, vi dirò che è anche più bello del fratello. Peccato che abbia avuto così poco tempo per studiarlo da vicino, al contrario di qualcun'altra... >> replicò Aurora, lanciando un'occhiataccia a Marta. Non le aveva ancora perdonato quei sei giri di danza con Valentin in più rispetto a lei, che lo amava come una pazza.
<< Studiare da vicino? Guarda che non è mica una cavia di laboratorio... E poi non glielo ho chiesto io di ballare con me, come non l'ho chiesto a Julian... Questi uomini si prendono sempre troppe libertà... >> commentò la Montenegro.
<< Vuoi mettere a paragone il valzer di ieri sera con quelle... oscenità tra baraccati? >> domandò scandalizzata la Fernandez, pronunciando le ultime tre parole a bassa voce per non destare sospetti sul fatto che ci fossimo assentate per qualche ora per partecipare a una delle bachatas organizzate dai granjeros.
<< Oh sì invece... È stata una delle danze più emozionanti che abbia mai ballato. Il ballerino e la ballerina, così appiccicati, sembrano simulare proprio... >> ribatté sfacciatamente Marta, facendo dipingere espressioni scandalizzate sui nostri volti per ciò che si accingeva a dire.
<< Per carità, non continuare! >> intervenni. Sapevo benissimo che stava per pronunciare la parola "accoppiamento", o che almeno si limitasse a ciò. Ma temevo che la sua audacia l'avrebbe spinta a pronunciare vocaboli anche più espliciti.
<< Ho intenzione di tornare laggiù. Voglio imparare tutti i segreti di questa... Bachata. Voglio che Julian mi insegni tutto >> decretò lei.
Emilia, Aurora e io non replicammo: sapevamo che, quando si metteva in testa qualcosa, non c'era verso di farle cambiare idea.
***
Andò di corsa al mercato, senza destare sospetti: fortunatamente, se scomparivamo per un po' di tempo, nessuno si sarebbe accorto della nostra assenza, alla villa. Ovviamente ci appioppò l'ingrato compito di coprirla, se i nostri genitori si fossero accorti che non c'era.
Ormai Marta sapeva dove trovare Julian: al magazzino del mercato, a spostare le casse di frutta e verdura.
<< Julian Delgado! >> lo chiamò, apostrofandolo per nome e cognome.
<< Madre de Dios! Ma che sei matta? Mi hai fatto prendere un colpo... >> trasalì lui.
<< Non mi va di farti crepare, non preoccuparti. Sei una delle poche fonti di reddito della tua famiglia. E i tuoi mi vanno a genio, l'ho deciso ieri sera >> commentò lei.
<< Ah, ma quale onore. La parte bassa dei quartieri alti è venuta a darmi la sua benedizione... >> sbuffò il giovane. Aveva da fare e non poteva stare a sentire le cazzate di una ragazzina.
Ma Marta non era una che demordeva. Sarebbe arrivata fino in fondo.
<< Voglio che mi insegni a ballare la bachata! >> decretò, mettendosi a braccia conserte di fronte a lui.
Julian la guardò per qualche minuto, con un sorriso di sfottò stampato in faccia.
<< Una signorina perbene che vuole imparare una danza così... Come dite voi? Sconcia? Non potevi farmi cominciare la giornata in una maniera più divertente... >> la derise.
<< Vaffanculo, Julian. Ieri sera mi sono illusa che avessi una personalità, invece sei un poveraccio senza arte né parte. Ti auguro proprio di scaricare le casse al mercato per tutta la vita... >> lo provocò la Montenegro, voltandogli le spalle e facendo per andarsene.
<< Aspetta! >> la richiamò Delgado. Marta sorrise soddisfatta: sapeva che andare a colpire l'orgoglio del suo interlocutore avrebbe sortito l'effetto desiderato.
<< Ti vengo a prendere all'ora della siesta. Tutti dormiranno, nessuno si accorgerà della tua assenza >> concordò Julian.
<< Sgattaiolerò via in una maniera che ti stupirà! >> promise Marta.
Era perfettamente consapevole che si sarebbe trattato di una passeggiata sul filo del rasoio, ma non aveva paura di affrontarla. Non aveva paura di niente.
***
La baraccopoli appena fuori Santo Domingo era meno inquietante di giorno piuttosto che di notte: alla luce del sole, sembrava quasi un tranquillo paesino di campagna, se non fosse stato costruito con materiali scadenti e abitato da gente che considerava sfumato il confine tra bene e male.
<< Eccoci qui. Mi casa es tu casa >> commentò sorridente Julian, aprendo lo sgangherato cancello e dandole la precedenza.
<< È una catapecchia e mi fai anche gli onori di casa? >> lo punzecchiò Marta.
<< Lo so che fa schifo, ma almeno è nostra. Tu di cosa mi faresti gli onori, degli ambienti di servizio? >> ribatté Delgado.
<< Come sei pesante... Non voglio fare l'urbanista, voglio solo ballare >> cambiò discorso la Montenegro, scocciata.
<< Julian, sei tu? >> esordì Claudia Delgado, la madre del giovane.
<< Mamà, sono in pausa. È venuta a trovarci Marta... >> rispose il giovane, indicando la Montenegro.
<< Buenas tardes, signora Delgado! >> esclamò questa, salutando educatamente.
<< Ragazzi, c'è Julian con una delle ragazze di ieri sera! >> intervenne una ragazzina appena adolescente, seguita da un'altra più piccola e da tre ragazzi di età diverse, tutti chiaramente più giovani di Julian.
<< Julian ha la ragazza, Julian ha la ragazza... >> lo canzonò il più piccolo di quel gruppetto.
<< Questi sono i miei fratelli: Felipe, Ema, Sara, Jonas e Pedro. E pare facciano il tifo per noi >> li presentò Delgado, ammiccando maliziosamente a Marta.
<< Ti piacerebbe... >> rimbeccò quest'ultima.
<< Ragazzi, avete portato gli strumenti? >> chiese poi Julian ai fratelli, che si misero al posto dei musicisti della sera precedente, tirando fuori cucchiai e ciotole di legno.
Marta si sentì di nuovo presa con veemenza dal suo ballerino, ma questa volta non le salì l'istinto di darle uno schiaffo; al contrario, quella stretta le provocava uno strano piacere. Sorrise.
<< Togliti quel sorriso dalla faccia. La bachata è musica de amargue. La balliamo per toglierci dalla mente le difficoltà della vita... >> la avvertì Julian.
<< Vedi di farmi arrivare a casa tardi e te lo tolgo io, il sorriso... >> sibilò lei all'orecchio del ragazzo. Poi non si dissero più nulla: si sentivano solo il battito dei passi ritmati sul terreno e quello dei loro cuori.
***
Tornò di corsa verso casa, cercando di non pensare alle sensazioni provate stando così a stretto contatto con Julian. Ma non appena ebbe superato il cancello sul retro, mi vide andarle incontro con espressione preoccupata.
<< Cazzo! Luna, che è successo? Mi hanno scoperta? >> esordì agitata.
<< Peggio >> ribattei.
<< Peggio di mia madre o di mio padre che si incazzano? >> fece Marta.
<< Emilia ha visto una cosa che mai avrebbe voluto vedere >> specificai, mentre la conducevo dentro.
<< Ossia? >> chiese lei.
<< Ricordi Liliana Marquez, che ieri sera era nel codazzo di spasimanti di Mauricio? >> le ricordai.
<< Gli sta incollata da quando sono piccoli >> precisò.
<< È venuta a trovarlo. Ed Emilia li ha visti... >> raccontai.
<< E allora? È solo venuta a trovarlo, mica si sono fidanzati ufficialmente... >> replicò.
<< Sì, ma vaglielo a spiegare... >> commentai.
<< Dove sta? >> domandò.
<< In camera sua. Aurora sta cercando di consolarla, ma penso sia inutile... >> la delucidai, mentre raggiungevamo le nostre amiche.
***
<< La mia vita è finita! >> sentenziava Emilia tra le lacrime. Aurora le sedeva accanto e cercava di rassicurarla come poteva.
<< Ma dai, magari hai preso un abbaglio... >> diceva.
<< Ma quale abbaglio, Aurora! Stavano seduti vicini, parlavano fitto fitto! >> protestò la Fernandez.
<< Aurora ha ragione, magari hai veramente frainteso tutto. Ha ballato con te ieri, e lei non l'ha vista nemmeno di striscio... >> aggiunsi.
<< Ma lei è ricca, Luna! È la figlia maggiore di Mateo Marquez della Marquez Comunicacion, io sono la figlia di un autista e di una cuoca. Me lo dici come faccio a competere? Me lo dite tutte voi, eh? >> inveì Emilia, sempre più disperata.
<< Secondo me stai facendo un dramma inutile. Dovresti ovviare il problema >> affermò Marta.
<< In che senso? >> chiese l'una.
<< Dico che l'altro sesso è troppo vasto per spingerti a limitarti a Mauricio. Hai sedici anni, sei bella e a modo. Puoi avere tutti i ragazzi del mondo... >> la consigliò l'altra.
La guardammo scandalizzate: dal nostro punto di vista di allora, quel consiglio appariva decisamente libertino.
Ma Emilia non lo ascoltò, e non per l'audacia che conteneva: quando hai sedici anni e l'uomo della tua vita pare essersi rifatto una vita lontano da te, non ti importa del fatto che si chiuda una porta, ma si apra un portone. Quella porta è lì, è chiusa per sempre, e nient'altro conta.
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