Capitolo 21
Nei giorni successivi al funerale Aurora si comportò come si confaceva alle vedove che avevano appena perso il marito avendolo amato almeno un po': scrisse risposta a tutte le persone che non avevano potuto presenziare alle esequie ma avevano inviato biglietti con le loro condoglianze, eseguì le ultime volontà del marito e si occupò anche della catena di alberghi, mentre in contemporanea badava alle figlie e studiava per gli esami all'università.
Era talmente instancabile che quando raccontava tutto ciò nelle lettere indirizzate a me ed Emilia, ci chiedevamo se trovasse anche del tempo per dormire.
Quello che non sapevamo era che aveva cominciato una corrispondenza epistolare con Valentin: la conversazione avvenuta con lui al funerale di Sergio e le provocazioni di Marta avevano riacceso in lei l'antica passione per il giovane Martinez, rendendola dell'idea che mai avrebbe permesso di lasciarlo andare una seconda volta.
E quando se la sarebbe trovata davanti agli occhi, bella e forte e a pochi passi dalla laurea - l'unica tra noi a raggiungere un titolo di studio più alto della terza media - sicuramente non sarebbe riuscito a resisterle, dimenticandosi per sempre di Marta.
***
Ignara - o forse consapevole - di ciò che passava per la mente di Aurora, Marta portava avanti la sua rinnovata passione per la bachata: ascoltava quando poteva Radio Guaracita, Radio Tropical e La Voz del Tropico, ballava da sola con una stampella quando i bambini dormivano, leggeva riviste sul ballo.
Fu su una di queste riviste che lesse una notizia che la spiazzò: una rampante giornalista musicale intervistava un giovane ballerino emergente; quel ballerino era Julian Delgado.
La giornalista gli faceva domande su tutto: gli inizi, la passione per il ballo, il successo; quando gli chiese maliziosa se ci fosse una donna nella sua vita, lui faceva il vago, parlava di un amore antico, ma confermava che no, dopo di lei nessuna gli aveva più fatto battere il cuore.
A quelle ultime righe Marta chiuse gli occhi, alzò la testa e cominciò mentalmente a darsi della stupida più volte: non aveva capito niente; Julian l'aveva sempre amata, forse l'amava ancora, e lei l'aveva sempre trattato come un conoscente, forse un confidente, ma mai sullo stesso piano di Valentin.
Quando si erano incontrati l'ultima volta, si erano ripromessi di ritrovarsi nuovamente non appena avessero visitato entrambi abbastanza mondo; lei aveva sposato bene, lui era un ballerino: magari adesso erano pari con i viaggi e le esperienze.
Verso la fine dell'intervista Julian confessava alla giornalista che presto sarebbe volato in Europa, e le sue prime tappe sarebbero state a Lisbona, Oporto, Madrid e Barcellona. Decise che avrebbe dovuto incontrarlo, anche se suo marito non fosse stato d'accordo, anche se la contessa avesse detto che la bachata era un ballo disdicevole.
***
La mia relazione con Rico continuava, ma negli ultimi tempi era sempre più strano: non mi veniva a prendere al lavoro, sostituito da Octavio come i primi tempi, era nervoso e scostante, come se mi nascondesse qualcosa; una parte di me pensava che stesse raccogliendo i suoi risparmi per chiedermi di sposarlo e organizzare un matrimonio degno di questo nome.
Non mi veniva in mente un'alternativa, l'amore mi faceva immaginare solo cose belle.
Una domenica pomeriggio, all'ora della siesta, sentii degli strani rumori, come di gemiti ritmati; non sono mai stata una che si fa gli affari degli altri, specialmente quelli intimi; ma avevo bisogno di dormire, la domenica era l'unico giorno in cui potevo riposarmi, e quella coppia stava facendo un gran casino.
Perciò uscii fuori, diretta in giardino, da dove provenivano i rumori del coito misterioso; l'uomo e la donna si trovavano dietro i panni del bucato.
Avrei voluto non scostare mai quel maledetto lenzuolo bianco: c'erano Rico, il mio Rico, e Gloria Martinez, che amoreggiavano appiccicati ad un muro, con foga quasi animalesca.
Una sensazione orribile mi salì dallo stomaco, prendendomi alla gola, e aveva il sapore acido della sconfitta: era innamorato di lei, lo era sempre stato; ma siccome era ricca e lui non l'avrebbe mai potuta avere, aveva comodamente ripiegato su di me, confidando nel fatto che mai avrei sospettato un tradimento.
<< R...Rico... >> dissi con voce strozzata.
<< Luna... Io... Posso spiegarti tutto... >> cercò di giustificarsi lui.
<< Non ti avvicinare! >> esclamai come se mi trovassi non più davanti al mio fidanzato, ma a uno sconosciuto che volesse approfittarsi di me.
E in un certo senso l'aveva fatto: non era arrivato fino in fondo, per fortuna, ma forte del fatto che pendessi dalle sue labbra, si era preso gioco del mio amore, della mia buona fede e mi aveva usata per fare i suoi porci comodi con Gloria.
Corsi via, lontana da quello schifo, sorda alle grida di Rico che invocava il mio nome.
***
Mi rifiutai di mangiare la cena, cosicché mia madre decise di portarmi una tazza con un po' di brodo.
<< Non voglio mangiarlo! >> mi ribellai.
<< E invece mangerai, che vuoi morire? >> rimbeccò.
<< Magari! Così mi dimenticherò di quella visione orribile per sempre... >> risposi disperata.
<< Orribile, dai... >> fece lei.
<< Mi ha tradita! >> esclamai indignata.
<< Eh, sai che novità. Come se gli uomini non fossero tutti così... >> roteò gli occhi mia madre.
<< Mamma! >> replicai scandalizzata.
<< Come pensi che vadano avanti i matrimoni, per tutti quegli anni? Noi donne dobbiamo imparare a chiudere un occhio, altrimenti alla loro prima debolezza le unioni si sfascierebbero dopo un solo giorno! Pensa alla buonanima del signor Eduardo e la signora Ines, al signor Armando e alla contessa Florencia, o a me e tuo padre... Pensi davvero che una moglie basti a suo marito, da quel punto di vista? L'importante è sopportare e andare avanti, il matrimonio dopotutto dura per tutta la vita... >> sentenziò.
Quel discorso mi dava la nausea; ciò che lei chiamava fedeltà, per me era omertà; mi stava dicendo che tra moglie e marito era amore i primi anni, magari addirittura i primi giorni, poi diventava un'abitudine che veniva ripetutamente trasgredita di nascosto, per la maggior parte dagli uni, a volte anche dalle altre.
Io invece, un po' per ingenuità e un po' per le letture dei romanzi d'appendice, sognavo un amore totalizzante e senza compromessi; la realtà non mi piaceva, e non potevo accettare che fosse solo quella delle tentazioni, dei tradimenti e delle bugie.
<< Non perdonerò Rico, se è quello che speri. Non voglio vederlo mai più! >> mi impuntai, incrociando le braccia.
<< Va bene, farò finta di pensare che è la fame a farti sragionare. Mangia questo brodo, dormici su e magari domani dirai qualcosa di più sensato... >> ammonì, mettendomi la tazza praticamente in bocca.
Sorseggiai il contenuto per non essere costretta a risponderle; non condividevo una parola del suo pensiero.
***
Sentii l'urgenza di parlarne con Marta, nonostante la telefonata intercontinentale costasse parecchio: ma non m'importava, volevo un consiglio della mia migliore amica, contando anche il fatto che fosse anche la sorella di Rico.
<< Mi ha tradita, Marta! Con Gloria Martinez! >> piansi al telefono.
<< Mio fratello è caduto nel più banale dei cliché, la giovane padrona e il dipendente che si incontrano di nascosto, che mancanza di originalità... >> commentò.
<< Marta, pure tu! Io mi sento morire e tu ne fai una questione di originalità? >> ribattei, sentendomi incompresa perfino da lei.
<< Che vuoi che ti dica, Luna? Per correre appresso a Rico stai bruciando la tua giovinezza, non voglio metterti l'ansia ma la vita passa, e tu sei l'unica di noi che non ne ha ancora una propria! >> mi ricordò, minacciandomi con la prospettiva di rimanere zitella.
<< E cosa dovrei fare, allora? >> domandai sconsolata.
<< Te lo devo dire io? È il 1966, lavori in un grande albergo e il mondo è a portata di mano! Puoi incontrare tutti gli uomini del mondo, e magari sarai l'unica di noi a fare un matrimonio d'amore vero... Ora però dovrei lasciarti, perché devo andare a vedere un'esibizione di bachata... >> replicò frettolosamente.
<< Come di bachata? >> chiesi incredula. Sapevo che il genere di ballo dalle umili origini aveva spopolato nella Repubblica Dominicana, ma non immaginavo che già avesse echi in Europa.
<< Sì, e indovina chi è il ballerino? >> fece con fare misterioso.
Ci pensai su un attimo. Poi capii tutto.
<< No... >> esclamai incredula.
<< E invece sì. Julian Delgado ha trasformato il ballo in una professione >> confermò.
<< E... E tu che vuoi fare? >> volli sincerarmi, immaginando che avesse qualcosa in mente.
<< Parlargli, fargli i complimenti e dirgli che tutti gli eventi che mi hanno travolta non li ho voluti io, nonostante un sacco di gente affermi il contrario >> stabilì.
Poi mi salutò in tono sbrigativo e attaccò: pensai che doveva prepararsi, sfoggiare tutto il suo benessere economico davanti a Julian per dimostrare che da quel turbine di eventi ne aveva tratto vantaggio.
***
Julian si esibì nientemeno che al Teatro Real, il più antico di Madrid: Marta pensò che fosse una bella soddisfazione per chi, come il giovane Delgado, fosse partito da un contesto in cui non c'erano neanche la luce elettrica e l'acqua corrente.
Se non avesse letto la sua intervista, la Montenegro avrebbe pensato che la partner di ballo di Julian fosse anche la sua compagna di vita; forse avevano scopato, ma immaginò che si trattasse di qualcosa senza sentimento.
I suoi invece, di sentimenti, durante quel ballo la riportarono indietro nel tempo, alla loro prima bachata insieme, quando non esistevano altro che il futuro e la giovinezza infinita, senza figli, né mariti, né attività da gestire, né responsabilità di cui farsi carico.
Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla musica ormai più raffinata, ma che lei ricordava ancora suonata dai fratelli e dalle sorelle di Julian, con piatti e cucchiai di legno; oltretutto quella coreografia era ricca di figure che lei non ricordava: nella sua testa, la bachata non comprendeva che un dondolio provocatorio tra l'uomo e la donna che ballavano.
Ormai era diventata una danza ricercata, raffinata, più europea che dominicana: Marta notò che il quarto e l'ottavo tempo non venivano marcati con l'anca, ma con la punta del piede; era chiaramente una trasposizione più spettacolare, doveva ammetterlo, ma per chi come lei aveva conosciuto la versione originale, era svilita, svuotata del suo contenuto, come una caramella in un negozio di dolciumi che viene acquistata perché ha la cartata più bella, ma dentro non è niente di che.
Provò pena per il giovane Delgado, che si era venduto per uscire dallo schifo da cui proveniva; ricordò che lei non aveva fatto molto diversamente, e smise di giudicarlo mentalmente.
Quando l'ultima nota si librò sulla scena, Marta si alzò con il resto del pubblico per applaudire.
***
Non appena il numero finì, Marta bussò al camerino di Julian; il giovane sorrise non appena la vide.
<< Immaginavo che saresti venuta >> esordì, accogliendola all'interno dello spazio accogliente e pieno di mazzi di fiori e lettere di ammiratrici.
<< Non dire cazzate, non sapevi neanche che ero tra il pubblico >> sorrise lei di rimando, accomodandosi.
<< Invece ti ho riconosciuta quando sei entrata in platea >> rivelò lui.
<< Come hai fatto? >> domandò l'una.
<< Sei inconfondibile, Marta Montenegro. Nonostante i vestiti eleganti, i gioielli e i capelli acconciati >> rispose l'altro.
<< Signora Martinez, prego >> precisò la prima.
<< Giusto, meglio ricordare la tua condanna a morte >> scherzò il secondo.
<< Sono venuta qui per complimentarmi con te, non per discutere sulle mie scelte di vita. In tutto questo tempo ho fatto anche altro, sai? Ho viaggiato, ho avuto tre figli e studiato la storia dell'arte di questa città. E tu, cos'hai fatto tu prima di diventare famoso? >> lo sfidò la Montenegro.
<< Mi sono fatto conoscere nei locali di Radhames Aracena, quello di Radio Guaracita. Lo conosci? >> rispose alla sfida Delgado.
<< Ovvio che lo conosco. È da quando ascolto la sua trasmissione che ballo di nascosto. Con una stampella come partner >> confidò la ragazza, piena d'imbarazzo come un'adolescente alla sua prima cotta.
Il giovane si mise a ridere fragorosamente.
<< Che c'è di così divertente? Il fatto che io balli di nascosto perché nel mio ambiente la bachata si considera ancora disdicevole? >> saltò su Marta, piccata.
<< No, rido perché se ora che sei ricca provi con una stampella, chissà con cosa provavi quando eravamo a Santo Domingo! >> replicò Julian, in preda al riso.
<< Con uno spaventapasseri, se lo vuoi proprio sapere! Si chiama Juanito ed esiste ancora! >> decretò la Montenegro.
Poi i suoi lineamenti induriti si sciolsero, e rise insieme a lui.
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