Capitolo 16

Ci incontrammo tutte al battesimo del piccolo Damian, che si tenne il 3 ottobre; mi accorsi di essere l'unica a non aver affrontato grandi cambiamenti: Marta nei suoi tailleur colorati, che la rendevano la copia dominicana di Jacqueline Kennedy; Emilia era l'immagine della neo-mamma e moglie infelice che davanti agli altri doveva considerarsi fortunata; Aurora indossava gli occhiali da vista: mettersi a studiare così tanto, tra l'esame integrativo per il diploma di Ragioneria e le prime materie della Facoltà di Economia, l'aveva resa ipermetrope.
Al contrario di tante altre ragazze, che al solo pensiero di dover portare gli occhiali si sentivano brutte e poco desiderabili, la Navarro faceva di questo nuovo accessorio un vanto, ottenuto grazie allo studio e all'impegno degli ultimi mesi.
<< Chi l'avrebbe detto che tu, proprio tu che leggevi solo Mujer Hoy, saresti diventata un'intellettuale? >> la punzecchiò Marta.
<< E chi l'avrebbe detto che tu, che giuravi di essere unica, saresti finita per assomigliare alla First Lady? >> le rispose per le rime Aurora.
A quello scambio di battute pensai che non fosse proprio avanzabile l'idea di un'ipotesi di pace tra le due.

                                    ***

Il confronto con le altre mi aveva sbattuto impietosamente in faccia il fatto che loro erano andate avanti, che si erano fatte le loro vite, mentre a me sembrava di rimanere sempre ferma, sempre allo stesso punto, sebbene in quei due anni fossi passata da cameriera dell'Hotel Ritz a responsabile di piano, con altri possibili avanzamenti di carriera.
I matrimoni delle mie amiche non erano certo stati dettati dalla passione, ma almeno erano unioni, e avevano permesso loro di diventare madri; vederle incinte, o già con dei bambini in braccio, aveva gettato sui miei diciannove anni l'ombra terribile del tempo che passava.
Ero sempre rimasta innamorata di Rico, nonostante i mariti di Emilia, Marta e Aurora fossero pieni di amici belli e ricchi di cui sarei potuta benissimo diventare la futura signora. Però non solo ero irrimediabilmente timida, ma non ero nemmeno desiderosa di fare un matrimonio d'interesse, né mia madre caldeggiava affinché acciuffassi lo Scapolo D'oro come invece avevano fatto quelle di Emilia, Marta e Aurora; tuttavia le loro situazioni erano diverse dalla mia, loro si erano letteralmente trovate nel posto giusto al momento giusto: la Montenegro con una fuga e una gravidanza inattesa, la Fernandez con una ricchezza improvvisa tra le mani e Aurora con un corteggiamento sul posto di lavoro.
Io ero all'Hotel Ritz dalle otto del mattino alle sette di sera, dal lunedì al sabato, e tornavo a casa stanca morta: non avevo tempo per pensare a me stessa, men che meno per trovare marito.

                                      ***

E poi il 22 novembre accadde un fatto che avrebbe gettato tutto il mondo occidentale e capitalista nell'orrore e nel panico: a Dallas, in Texas, il cecchino Lee Harvey Oswald, nascosto dietro la finestra del sesto piano di un'ex scuola abbandonata, aveva sparato due colpi d'arma da fuoco al presidente Kennedy, mentre era nell'auto presidenziale con la moglie e il suo vicepresidente Lyndon Johnson. I giornalisti raccontarono la vicenda con particolari raccapriccianti, descrivendo come la povera Jacqueline avesse tenuto tra le mani il cranio perforato del marito, dal quale erano usciti alcuni pezzi di materia cerebrale: ricordo che quando lessi quelle parole sul quotidiano mi venne da vomitare.
Mia madre cominciò a diventare apprensiva nei miei confronti, diceva che non era più sicuro che mi spostassi da sola, come se misteriosi cecchini non si nascondessero solo nelle città statunitensi ma anche a Santo Domingo, e che non colpissero solo i personaggi illustri ma anche la gente comune.
Perciò decise che Octavio mi dovesse scortare con l'apecar di nostro padre, la mattina fino all'hotel e la sera fino a casa: pensai che tutta quella premura fosse eccessiva, ma evitai di fare commenti; l'alternativa sarebbe stato l'ennesimo panegirico di mia madre sul fatto che in quei giorni nessuno nel mondo fosse più al sicuro.

                                      ***

Finché un giorno di fine dicembre - mancava poco a Natale - uscendo dal lavoro non trovai mio fratello con l'apecar, ma Rico Montenegro con il motorino; sentii il cuore che mi schizzava in gola, per poco non lo avrei sputato dall'emozione.
<< Però, che lusso... >> commentò alzando lo sguardo verso la struttura mentre io gli venivo incontro.
<< Bello, vero? Devo tantissimo a questo posto... >> sorrisi.
<< Sicuramente dovete tantissimo a mia sorella, tu e Aurora. È stata lei a fare i vostri nomi un anno fa... >> rispose.
<< Ma come mai ci sei tu e non Octavio? >> domandai, desiderosa di capire il motivo di quel gesto.
<< Perché, ti dispiace? >> ribatté.
<< No, non fraintendermi. È che non me lo aspettavo... >> mi scusai subito.
<< Comunque tuo fratello ha avuto da fare con i preparativi del cenone. Fortunatamente viviamo in un posto dove il clima è talmente temperato da poter permettere un Natale in giardino... Almeno ai signori >> spiegò.
<< Sarà il primo cenone di Emilia al tavolo dei potenti... >> osservai.
<< Lo so. L'anno scorso era in viaggio di nozze con Mauricio, quest'anno invece le tocca... >> decretò.
<< Speriamo bene... >> sospirai.
<< Vabbè, intanto tieni il casco... >> disse allungandomi quello bianco mentre lui si allacciava quello nero.
Lo imitai lentamente mentre metteva in moto e mi fece cenno di salire: non ero mai stata su un motorino, specialmente con il ragazzo che amavo.
<< Aggrappati a me... >> mi invitò, e io non me lo feci ripetere due volte, vincendo la ritrosia che mi aveva sempre caratterizzata.
Mi batteva forte il cuore mentre il motorino sfrecciava sulle strade di Santo Domingo, piene di gente che a quell'ora smetteva di lavorare, per la maggior parte a piedi, con la moto o l'apecar, e tornava a casa ammirando gli addobbi di Natale che riempivano la città.
Non ci scambiammo una parola fino a quando non fummo alla villa; dopo che aveva spento il mezzo gli stavo per restituire il casco, quando lui decise di spezzare quel silenzio.
<< Luna? >> mi fece.
<< Sì? >> domandai.
<< Non diventare grande troppo in fretta come Marta e le altre >> rispose, lasciandomi letteralmente spiazzata.
Successivamente ripiombammo nel silenzio fino a che non fummo rientrati.

                                     ***

Confidai solo ad Emilia quello che era successo e cosa mi aveva provocato, nei rari momenti in cui non era oberata dagli impegni fin sopra i capelli.
<< E me lo dici così? Insomma, tu hai sempre amato Rico... >> commentò, mentre passeggiavamo in giardino. Lei tirava la carrozzina dove il piccolo Damian dormiva tranquillo.
<< Ha sempre avuto un carattere spigoloso, dopotutto è il fratello di Marta. Ma quella di ieri sera non mi sembrava esattamente una dichiarazione d'amore! >> esclamai.
<< E cosa ti sembrava allora? >> domandò.
<< Sembrava quasi il saggio consiglio di un fratello maggiore ad una sorellina, come se ci fosse stata Marta al posto mio... >> commentai.
La più grande e saggia del nostro gruppo mi guardava con aria malinconica, come se desiderasse trovarsi di nuovo al mio posto, quando i primi batticuori e i sospiri alla finestra non avevano ancora lasciato il posto ai figli, alle suocere odiose, ai mariti assenti e agli impegni.
<< Qualunque cosa sia, suppongo che sarà vero amore. Tu e Rico vi conoscete da sempre dopotutto, non ti conviene andare a cercare il principe azzurro chissà dove >> affermò, quasi parlando più a sé stessa che a me.
Per la prima volta dal 20 dicembre del 1962, riuscii a vedere di nuovo la ragazzina che si struggeva per mio fratello sedotto da Marisol Campos davanti a lei, dietro la maschera della giovane donna dell'alta società dominicana.

                                      ***

Come tutte le cose che mi accaddero tra l'adolescenza e la prima giovinezza, caddero in secondo piano come era sempre accaduto quando ad una delle altre accadeva qualcosa di eclatante o anche solo interessante che mi oscurava subito: la sera di Natale Marta ci confidò di essere di nuovo incinta.
<< Ma è bellissimo! >> la abbracciò Emilia.
<< Questo vuol dire che i nostri figli avranno la stessa età! >> intervenne Aurora.
<< E tu non sei contenta? Lo hai detto con un tono... >> commentai, accorgendomi che aveva dato l'annuncio della sua seconda gravidanza come se invece stesse parlando di un lutto.
Marta non rispose subito: evidentemente aveva capito che noi avevamo individuato il malessere tra le righe della sua affermazione.
<< Ma no, è che non è un buon momento per venire al mondo. Pensavo che le magagne fossero finite con la crisi dei missili a Cuba, e invece questo assassinio di Kennedy che proprio non ci voleva... >> rispose frettolosamente, abbassando lo sguardo.
Non ci stava guardando negli occhi, sintomo che ci stava mentendo. Tuttavia evitammo di approfondire e credemmo alla sua versione.

                                      ***

Scoprii il vero tarlo che arrovellava Marta nel peggiore dei modi: mi ritrovai casualmente a passare in giardino durante una discussione tra lei e Valentin; cercavano di parlare a bassa voce per non farsi sentire da orecchie indiscrete - ce n'erano tantissime alla villa, specialmente sotto le feste - ma i loro toni diventavano via via sempre più accesi e concitati.
<< Complimenti, gli hai permesso di marcare definitivamente il territorio privandomi di qualsiasi diritto! >> la apostrofava lui. Non immaginavo perché avesse usato una frase tanto animalesca.
<< È mio marito, mi pare anche normale avere dei figli con lui! >> rispondeva piccata la mia amica, che quando era furiosa ritornava quella di un tempo.
<< Potevi dire la verità dall'inizio, così non te ne saresti andata a fare la moglie infelice aldilà dell'oceano! >> le rinfacciò lui.
<< Io non lo sapevo, non lo potevo sapere! Le due cose sono state talmente tanto ravvicinate... >> gli ricordò lei.
<< Julia mi somiglia! È da quando è nata che l'ho notato! E tu non hai fatto nulla per negare la verità... >> insistette Martinez.
<< Cazzo, Valentin! Tu ed Eugenio siete cugini, è normale un po' di somiglianza. Ma suo padre è lui, tanto quanto lo è del nascituro. Non voglio più parlare di questa storia! >> inveì la Montenegro.
<< Non finisce qui! Eugenio noterà le somiglianze nel tempo, e allora pregherai di ricevere il mio aiuto! >> la minacciò il secondogenito del signor Eduardo e della signora Ines, tornando dentro che era una furia.
Marta alzò il capo, chiudendo gli occhi e sospirando per reprimere l'istinto di distruggere qualcosa.
Fortunatamente nessuno dei due si accorse di me, che nascosta dietro un muro avevo sentito tutto: Julia, la primogenita di Marta, era figlia di Valentin e non di Eugenio, e la cosa invece di sconvolgermi mi suonava familiare, come se avessi appena ricevuto la conferma di un antico sospetto.

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