Capitolo 12

Gli attimi che seguirono furono confusi, caotici e pieni di sgomento, che a riparlarne oggi, a riviverle da un punto di vista ultraterreno, riesco a discernere con competenza e lucidità, ma che all'epoca mi parvero incomprensibili, così come parvero tali alle altre: avevamo capito che qualcosa non andava, che i coniugi Martinez erano troppo strani nell'ultimo periodo, ma mai avremmo potuto immaginare che un uomo come il signor Eduardo, che aveva sempre avuto tutto dalla vita - ricchezza, fortuna, una bella famiglia solida - fosse arrivato a compiere un gesto tanto estremo.
Le voci cominciarono a circolare come solo in una grande villa può succedere, e venne fuori che il padrone di casa, stritolato dalle richieste dei creditori e dalla possibilità di dover dichiarare il fallimento, lasciando sua moglie e i suoi tre figli senza niente in mano - nonché tutti noi a spasso - aveva preferito togliersi di mezzo.

                                     ***

La signora Ines trovò la forza di reagire solo grazie ai suoi figli: Mauricio, Valentin e Gloria presero in mano la situazione sia per quanto riguardava l'organizzazione dei funerali, che per la salute mentale della loro madre, la quale si apprestava ad incontrare il notaio Vizcaino per la lettura del testamento del defunto.
Per la cerimonia si presentarono tutti i parenti, compresi i Martinez del ramo europeo; tra loro c'erano Eugenio e suo fratello Sergio, nonché Marta, che non vedevamo da due mesi e mezzo e che adesso si trovava al quarto mese di gravidanza.
Ma non era la dolce attesa a renderla diversa ai nostri occhi, piuttosto quei capelli raccolti, quegli occhiali da sole oversize della Rayban e quei tailleur che indossava da quando abitava a Madrid, e che la facevano somigliare incredibilmente a Jacqueline Kennedy.
Quando la vide con quel suo nuovo stile, Emilia le confessò che forse era una cosa azzardata andarsene in giro vestita come la first lady statunitense, con i cubani come vicini di casa: per tutta risposta Marta le rise in faccia, ricordandole che Jackie - questo era il soprannome universale dato alla signora Kennedy - faceva tendenza e non politica, che come lei ci si vestivano in tante e che Castro aveva troppo da fare per preoccuparsi dei suoi tailleur.
Aveva ragione: con quell'osservazione così frivola, proprio nel giorno del funerale del signor Eduardo, Emilia si era dimostrata fuori luogo e superficiale.
Per tutto lo svolgimento della funzione, cercò il più possibile di evitare Valentin, ma sentiva il peso del suo sguardo addosso, e non avrebbe smesso di percepirlo nemmeno una volta che lei ed Eugenio fossero tornati a Madrid.

                                     ***

Non vedevo l'ora che quella giornata finisse: era come se, andandosene via il signor Eduardo, fossimo state strappate con la violenza al mondo che ci aveva viste nascere e crescere; nemmeno il passaggio dalla dittatura alla democrazia era stato tanto epocale a confronto.
I Martinez tornarono alla villa in silenzio; non mangiarono granché, tuttavia la signora Fernandez continuava a cucinare senza sosta: non capivo perché, e non lo capiva nemmeno sua figlia Emilia, tanto che quest'ultima quella sera si fece coraggio e le chiese come mai fosse sempre sui fornelli, giorno e notte, dentro e fuori dall'orario di lavoro.
<< Sto costruendo il nostro futuro, cara. Soprattutto il tuo. Un giorno, molto presto, mi ringrazierai >> fu la risposta.
Turbata da quelle parole, ce le confidò prima che andassimo a dormire; il giorno successivo Aurora e io saremmo tornate all'Hotel Ritz.
<< Non so che dire, Emilia. Tua madre fa cose strane da quest'estate. E adesso questa risposta criptica. Magari vuole aprire un ristorante... >> ipotizzò la Navarro, più per liquidare la nostra amica che per esprimere una vera opinione.
Dopo il giorno di permesso chiesto per il funerale del signor Eduardo, sarebbe dovuta tornare ad alzarsi alle cinque e non aveva alcuna voglia di fare conversazione.

                                      ***

Fu lei ad accorgersi di un fatto strano, l'indomani mattina, quando arrivammo al lavoro: stava rassettando una stanza vuota, quando una voce maschile la chiamò.
<< Signorina Navarro! >> era Sergio Martinez, il fratello di Eugenio.
<< Signor Martinez, che ci fa qui? Non era tornato a Madrid? >> domandò lei.
<< Non avevo voglia di tornare subito a casa. Volevo fermarmi a Santo Domingo un po' più a lungo. Ci ha fatto caso che ogni volta che vengo quaggiù, poi devo subito ripartire? >> spiegò lui sorridendo. Aurora poté notare che aveva un bel sorriso: i lineamenti erano più marcati rispetto a quelli del cugino Valentin, ma l'impronta era la stessa.
<< Non c'è granché da vedere, in questo periodo. La stagione turistica ricomincia il primo dicembre >> replicò Aurora, cercando di capire quali fossero le reali intenzioni del ragazzo. Due erano le ipotesi che si andavano formulando nella sua mente: la prima, che avesse delle mire sull'eredità, visto che tra qualche giorno sarebbe avvenuta la lettura del testamento del suo defunto zio; la seconda, che avesse deciso di rimanere lì apposta per lei.
<< Non mi piace girare il mondo quando lo fanno tutti. Preferisco viaggiare nei periodi in cui la gente tende a non ammassarsi >> disse Sergio.
<< Lei è un tipo singolare, signor Martinez. Non l'avrei mai detto, le poche volte che l'ho vista >> commentò la ragazza.
<< Si vede che non mi conosce bene, signorina Navarro. Ma per questo non c'è problema, visto che mi tratterrò un bel po'... >> dichiarò il giovane, guardandola intensamente.
Quella frase fu per Aurora la conferma del fatto che se si era trattenuto a Santo Domingo, lo aveva fatto perché aveva perso la testa per lei. E la Navarro aveva tutto l'interesse ad incoraggiare quel corteggiamento, in quanto intenzionata a levarsi dalla testa Valentin.
<< Allora la ritroverò qui. Ora, se permette, devo andare a rassettare le altre stanze del piano... >> si congedò.
<< Va bene, la lascio andare. Ma è sprecata. La vedrei bene alla reception, così la posso vedere tutto il giorno, tutti i giorni... >> la stuzzicò Martinez.
<< Non sarà necessario aspettare il salto di categoria per vederci >> accettò la Navarro.
Se Marta era riuscita a fare un buon matrimonio ricorrendo ad un gesto eclatante, non vedeva perché lei non dovesse fare lo stesso, ma con un po' più d'astuzia e di misura.

                                     ***

Quando raccontò l'episodio a sua madre, la signora Navarro cominciò ad atteggiarsi ancora di più di quanto non facesse già: Aurora e Sergio si erano scambiati qualche parola e per lei sembravano già essere sull'altare; quell'euforia era particolarmente fuori luogo, visto che, dato il motivo per cui il signor Eduardo si era sparato, rischiavamo di ritrovarci tutti senza casa e senza lavoro, i nostri destini appesi al buon cuore di Marta e di tutto il ramo europeo dei Martinez.
Ma la più infastidita di tutti sembrava essere la signora Juana: non riusciva a capire perché Marta fosse riuscita a trovare marito, Aurora potesse avere la stessa fortuna e sua figlia Emilia invece, la più carina e aggraziata tra le ragazze delle famiglie dipendenti della villa, quella creatura nata per essere moglie e madre, avesse avuto come unico approccio con l'altro sesso qualche scambio di effusione con Octavio, prontamente stroncati.
Le nostre madri volevano vederci sistemate, come si augurava ad ogni figlia femmina, ma la governante Montenegro e la cuoca Fernandez erano ambiziose fino al midollo, e riversavano sulle figlie i loro desideri di rivalsa sociale; la signora Navarro e mia madre lo erano meno, soprattutto la mia che non faceva dell'accasarmi una questione di vita o di morte: forse è per questo che sono sempre stata un'insicura.
Per tutta risposta, Juana Fernandez passò un'altra notte ai fornelli.

                                     ***

Il notaio Vizcaino si presentò due giorni dopo per procedere alla lettura del testamento; erano tutti nello studio che una volta era appartenuto al signor Eduardo: lui, la signora Ines, Mauricio, Valentin e Gloria.
Erano tutti in trepidante attesa, mentre Vizcaino metteva mano al fascicolo che avrebbe decretato il loro futuro.
Il professionista si schiarì la voce e cominciò a leggere: << Io, Eduardo Martinez, nel pieno delle mie facoltà mentali e fisiche, mi impegno a ripartire tutto quel che resta in mio possesso per ripartirlo tra i miei familiari >> .
Sollevò in seguito lo sguardo verso il primogenito del defunto: << A mio figlio Mauricio lascio il titolo di mio erede principale, e tutti i titoli che ne derivano >> .
In seguito guardò prima la vedova, poi gli altri due figli del signor Eduardo: << A mia moglie Ines e agli altri miei due figli lascio tutte le mie proprietà, i debiti contratti e l'ipoteca accesa sulla villa, affinché possano estinguerli prima della data del 31 dicembre 1962 >> .
<< Debiti contratti? Un'ipoteca sulla villa? >> saltò su Gloria.
<< Altrimenti perché papà si sarebbe ammazzato? >> fece Valentin in tono sarcastico.
<< Valentin, Gloria! Vi sembra il momento di mettersi a discutere? >> li rimproverò la signora Ines. Poi guardò negli occhi il notaio.
<< Perché, signor Vizcaino, mio parlava del 31 dicembre? Cosa succederà in quella data? >> gli domandò.
<< Vede, signora Martinez... Adesso che suo marito è morto siete titolari di tutti i debiti da lui contratti per salvare la vostra azienda. Si faranno avanti i creditori, prima i principali, poi i chirografari... Se non troverete al più presto una soluzione prima della fine dell'anno, allo scadere del 1962 vi converrà decretare lo stato di fallimento della vostra azienda >> sentenziò quest'ultimo, facendo a pezzi tutte quelle poche certezze che madre e figli ancora conservavano.


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