Capitolo 10

La data delle nozze tra Marta ed Eugenio fu fissata per il 15 settembre, ragion per cui tutto il mese di agosto fu dedicato ai preparativi; la futura suocera della nostra amica, la contessa madrilena Florencia De Los Santos, venne con il primo aereo per Santo Domingo e il suo arrivo fu una festa per tutti meno che per Marta.
La sera stessa in cui venne Florencia, mi spiegò in gran segreto il perché.
<< Fino adesso questo matrimonio sembrava solo una minaccia lontana. Adesso che è arrivata la madre di Eugenio, tutto diventa così tremendamente vero >> dichiarò.
Non avevo mai visto una sposa più infelice di essere tale: mediamente le ragazze alle soglie del matrimonio erano al settimo cielo; lei invece sembrava che non dovesse dirigersi verso l'altare, ma verso il patibolo.

                                     ***

Il suo problema principale, però, non era la mole di preparativi, né la natura snob della suocera, bensì il cognome dello sposo.
Se si fosse trattato di un uomo con un cognome normale, comune, la cosa sarebbe passata inosservata, ma poiché si trattava di un Martinez della catena dei grandi alberghi, Marta dovette affrontare una prova assai più ardua: la stampa.
A partire dalla metà di agosto, villa Martinez fu invasa di giornalisti, tutti rigorosamente chiamati da Florencia per far sapere a tutti che il suo primogenito prendeva in sposa una giovane donna di gradevole aspetto e di ottima salute, che non aveva esitato un momento a dire di sì alla proposta di matrimonio di un ereditiero così distinto.
La signora Beatriz aveva pregato sua figlia di rispondere sempre che tra lei ed Eugenio era scoppiato il grande amore che si leggeva nei romanzi d'appendice, che era la versione che chi leggeva l'articolo voleva sentirsi dire: conosceva Marta al punto tale che, se avesse avuto carta bianca, avrebbe confessato senza peli sulla lingua che quell'unione fosse finta e riparatrice.
I signori Eduardo e Ines guardavano quel teatrino come qualcosa in cui niente doveva andare storto: l'aria dentro la villa era tesa dall'inizio dell'estate, e sicuramente non c'entrava la venuta del nipote spagnolo. Nessuno sapeva ciò che stava succedendo, nemmeno i loro figli o la contessa, perciò si attaccarono ad Eugenio e Marta per spostare l'attenzione su altre cose e cercare di risolvere i loro problemi prima che si ingigantissero ulteriormente.

                                   ***

La Montenegro non aveva più visto Julian: dopo tutto quello che lui e la sua famiglia avevano fatto per lei, non aveva il coraggio di dirgli che non sarebbe tornata mai più alla baraccopoli per ballare la bachata, che forse non si sarebbero rivisti per tutto il resto della loro vita.
Fu Delgado a tornare da lei, col solito segnale della siepe in giardino all'ora della siesta.
<< Tu sei completamente fuori a presentarti qui, in questo momento storico >> esordì Marta, col suo proverbiale caratteraccio.
<< Anch'io sono felice di vederti, Marta Martinez. Oddio, il tuo nome unito al tuo cognome da sposata sembra uno scioglilingua! >> esclamò Julian, ridendo di gusto.
<< Ritira immediatamente quello che hai appena detto o te la sciolgo io la lingua... >> lo minacciò la Montenegro.
<< Siamo nervose, eh? Pensavo che finire in prima pagina fosse fantastico... >> commentò Delgado.
<< È orrendo, mi costringono a dire una marea di cazzate! Eugenio e io ancora non ci conosciamo a fondo e sua madre la contessa De los Santos vuole farci passare per una coppia solida che si è innamorata a prima vista! >> protestò lei.
<< E così non è stato? Sei sparita... >> osservò lui.
<< Non esattamente. Eugenio è intelligente e stimolante, accanto a lui potrei avere davvero la possibilità di conoscere il mondo al di là di Hispaniola. Solo che... >> cominciò l'una.
<< Non è Valentin >> completò l'altro.
<< Esatto. Comunque tu davvero leggi la cronaca rosa? >> replicò la prima.
<< Mia madre e le mie sorelle, ho rimediato il giornale per loro al mercato. Mio padre poi ci ha fatto un cappello di carta e l'ha usato al cantiere >> ammise il secondo.
Seguì una fragorosa risata da parte Marta, che rischiò seriamente di svegliare tutti: non le importò, dopotutto non rideva così da quando era scappata di casa.
<< Vedi di fare strada, mi raccomando. Metti da parte dei soldi, diventa importante. Magari col ballo. Così vieni in Europa e ci rivediamo, non sopporto l'idea di non sentire più le tue battute di merda... >> lo ammonì, cercando di combattere la dolcezza che trasudava da quella frase. Poteva fare di meglio, ma Delgado apprezzò comunque il tentativo.
<< Sì, ma non subito. Si tratta dell'Europa, prima di ritrovarci ci toccherà visitarla tutta o quasi. Ma singolarmente, altrimenti non vale, così almeno quando ci rivediamo possiamo fare a gara a chi ha visitato più Paesi >> rispose. Quella separazione sarebbe dispiaciuta anche a lui, ma come Marta non l'avrebbe mai ammesso. Erano uguali, quei due.

                                   ***

Il matrimonio imminente tra Marta ed Eugenio faceva un po' da scudo rispetto alle notizie sempre più pesanti che provenivano dalle isole circostanti: i rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti, da dopo l'embargo, sembravano dover andare in un'unica direzione, che era il fondo; se il presidente Kennedy e Fidel Castro non erano ancora arrivati all'uso delle armi era solo perché parevano ancora traumatizzati dagli effetti della Seconda Guerra Mondiale.
<< Questi cubani sono fuori di testa... Non si rendono conto che se arrivano alla guerra con gli Stati Uniti, si portano appresso tutti i Caraibi, noi compresi? >> sospirò la signora Fernandez mentre aspettava che la madre di Aurora le consegnasse le divise che le cameriere e i camerieri avrebbero dovuto indossare il giorno delle nozze.
<< Eh, ma che ci vuoi fare, Juana... Il problema è che la politica la fanno gli uomini: se ci fossimo state noi donne al potere, fin dalla notte dei tempi, non ci sarebbero state guerre, carestie, pestilenze, disuguaglianze... Sarebbe filato tutto liscio, te lo dico io! >> sostenne la guardarobiera.
<< Allora sarebbe dovuta essere la signora Ines a guidare l'attività di famiglia, visto che suo marito ha una faccia che significa "problemi con l'azienda"... >> sentenziò la cuoca.
<< No... Dici veramente che sta sfiorando il fallimento e non vuole dirci nulla per non scatenare il panico tra i dipendenti? >> si sbigottì la Navarro.
<< Se tutto andasse bene, il signor Eduardo non urlerebbe al telefono, e la signora Ines non premerebbe Daniela Marquez per far sposare Mauricio e Liliana il più presto possibile... >> la delucidò la Fernandez.
<< E allora il primogenito dei coniugi Martinez deve svegliarsi e capire che l'unica maniera di salvare tutti noi è prendere moglie! >> dichiarò l'una.
<< Secondo me invece ci vuole un'idea geniale per risollevare le sorti dell'azienda, e credimi se ti dico che non ci sarà bisogno di ricorrere ai Marquez... >> promise l'altra. Aveva intenzione di dare sua figlia in sposa a Mauricio Martinez, e se davvero l'azienda di famiglia navigava in cattive acque come credeva, non sarebbe andata a dormire la notte pur di risollevarne lei stessa le sorti.

                                   ***

Le settimane passarono più velocemente del previsto, e settembre arrivò come un fulmine a ciel sereno; con esso giunsero anche le prove dell'abito da sposa, che Marta trovava inutili e logoranti; secondo lei una sposa doveva provarlo una volta sola, il suo abito, sia che ci stesse benissimo, sia invece malissimo: nel primo caso una volta sarebbe bastata e avanzata per decretarne la perfezione, nel secondo invece ogni ritocco non sarebbe stato necessario per coprirne l'orrore.
La signora Beatriz e la contessa De los Santos non erano dello stesso avviso: per la stampa era come se si sposasse l'Infanta di Spagna, per cui ogni revisione dell'abito nuziale era necessaria per eliminare qualsiasi difetto dovesse presentarsi man mano che ci si avvicinava al gran giorno.
Di pari passo con il conto alla rovescia fino a quel momento, procedevano anche i malesseri della futura sposa: correva sempre più spesso in bagno a vomitare, e durante una delle innumerevoli prove dell'abito, svenne in braccio alla sarta Oriana Gomez.
La signora Martinez fece chiamare immediatamente il medico di famiglia, il dottor Alvarez, il quale rinvenne la Montenegro e la visitò.
La madre della futura sposa, la quasi-suocera, la padrona di casa e la sarta attendevano il responso.
<< È incinta. Da quasi due mesi >> decretò l'uomo.
A quella notizia, Beatriz Montenegro volle immediatamente parlare con sua figlia, noncurante del fatto che si stesse ancora riprendendo.
<< Sei fortunata che questa storia sia venuta a galla così presto. Meno male che ho tenuto in conto un bambino tra le conseguenze della vostra incoscienza! Rischiavate davvero di andare all'altare che già si vedeva qualcosa... >> dichiarò perentoria.
Voleva rendere sua figlia consapevole del fatto che avesse appena sfiorato una tragedia, così da mandarla all'altare con ancora più inculcata l'idea di dover essere una moglie grata ed ubbidiente.

                                     ***

Le nozze si celebrarono di mattina, all'interno della Santa Iglesia de Nuestra Señora de la Incarnacion, una cattedrale collocata nella città coloniale, la parte più antica di Santo Domingo; il sacerdote che avrebbe detto messa era padre Oliviero Toledo ed era un caro amico nonché confessore di Ines Martinez.
Poche ore prima di dirigersi verso la struttura religiosa, Marta si trovava in camera sua, vestita di tutto punto, a guardare fuori dalla finestra. Fui io a trovarla, per avvertirla che l'auto nuziale era fuori dal portone della villa.
<< Marta! Vieni, è arrivato il signor Fernandez con l'auto nuziale! >> le comunicai. Si girò verso di me con un'espressione terrea: sotto il trucco non c'era neanche un barlume di felicità.
<< Sono incinta, Luna >> mi disse, nonostante sua madre le avesse fatto giurare di non rivelare nulla a nessuno, se non a nozze avvenute.
<< Come sarebbe a dire? >> domandai.
<< Adesso è un matrimonio riparatore con tutti i crismi. Una ragazza inguaiata che deve correre ai ripari sono, non una sposa >> confessò con voce rassegnata, un tono che proprio non le si addiceva.
<< È di Eugenio, vero? >> chiesi, sperando in una risposta affermativa. Se così non fosse stato, il suo matrimonio sarebbe diventato un incubo.
<< Non può essere che suo. I tempi sono quelli >> mi assicurò, anche se non ci credetti fino in fondo.
Una percentuale di dubbio che il bambino fosse di Valentin mi accompagnò fino a che il nascituro non avesse aperto gli occhi sul mondo.

                                      ***

Dopo la cerimonia ci fu il rinfresco, e alla fine il signor Fernandez accompagnò gli sposi con l'auto nuziale fino all'Hotel Ritz, dove avrebbero passato la loro prima notte di nozze.
Marta faceva la spavalda, ma io la conoscevo abbastanza per sapere che quel momento la terrorizzava: non era più vergine da due mesi, ma l'idea di essere presa da un uomo che non amava fino in fondo le dava un senso di soffocamento.
Perciò si svestì con calma, e indossò la lingerie come se non fosse un indumento intimo, ma una divisa carceraria. Eugenio l'attendeva dietro la porta, pieno di libidine.
<< Sono pronta >> lo avvertì.
Il suo neo-marito si precipitò nella stanza, spogliandosi in fretta e spingendola sul letto; Marta lo lasciò fare, ormai rassegnata ad un destino ineluttabile.
Per cui, mentre Eugenio montava a cavalcioni sopra di lei per compiere i suoi doveri coniugali, la Montenegro - ormai signora Martinez - chiuse gli occhi mentre lui si faceva strada dentro di lei, ricordando la passione con cui l'aveva penetrata per la prima volta sulla coperta di lino celeste nel giardino della villa. Ma più si sforzava di pensare a quel momento, più davanti ai suoi occhi chiusi si schiantava l'immagine di lei e Valentin nella rimessa delle barche.
Dopo che ebbero concluso, Eugenio si girò dall'altra parte sparpagliando ancora liquido seminale per il letto e si addormentò. Marta sentì del dolore in mezzo alle gambe, come il suo sesso fosse una serratura scassinata e il suo sposo la spranga che l'aveva forzata.
Il giorno dopo lasciarono l'hotel, l'isola e il continente americano, prendendo il primo volo per Madrid.

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