Luce, mare, profumi e bimbi

Da lontano, l'incessante brusio della Fortezza Rossa appariva ovattato, distante. Il continuo andirivieni della servitù su per scale, corridoi e passaggi, i nitriti dei cavalli e il cigolio delle ruote delle carrozze di lord e lady nel cortile interno, le centinaia di nuove voci che rimbombavano nei corridoi recentemente agghindati con arazzi e tappeti di Myr... tutto questo sfumava non appena le onde si infrangevano sulla battigia con il loro suono e i gabbiani spiccavano il volo dagli scogli di pietra modellata dal mare. In quel breve angolo di paradiso, dove i giardini lasciavano il posto alla spiaggia e cespugli di mirto e di timo segnavano l'ingresso al regno della sabbia e delle conchiglie, la famiglia imperiale di Westeros - o almeno lo sarebbe ufficialmente diventata da lì a pochi giorni - trascorreva il pomeriggio lontana dal caos della corte.

Ogni cosa era stata tirata a nuovo nella Fortezza Rossa affinché ogni lord, lady, rinomato mercante o illustre personalità politica che fosse giunto nella Capitale per l'incoronazione vedesse tutta la gloria dei Targaryen. Dalle cripte buie, i neri e lucidi teschi dei draghi erano andati ad adornare la sala del trono, le loro occhiaie vuote che scrutavano i nuovi arrivati con aria solenne e antiche armature smaltate di nero e incrostate di rubini, lucidate, riparate e posizionate nei corridoi. Ogni pavimento era stato spazzato. Ogni vaso, statuetta, servizio di piatti e bicchieri in raffinata porcellana o vetro soffiato spolverato con cura. Lo stesso valeva per specchi e vetrate. Le sartorie della Capitale era state prese d'assalto dalle dame della corte, ansiose di fare a gara per il vestito più ricco all'incoronazione e nei giorni precedenti carri su carri avevano continuato ad andare e venire nei cortili del castello, stracolmi di selvaggina, carne, frutta, verdura, selezioni di vini e di birra. Tutto per far rimanere impressa la magnificenza della Dinastia del Drago.

Ma adesso i sovrani e i loro figli desideravano prendersi una pausa da tutto ciò. La spiaggia era un tripudio di pace, il cielo era azzurro e i bambini erano allegri. Meglio cogliere l'occasione al volo no? Daenerys si portò le ginocchia al petto, chiuse gli occhi e inspirò il profumo di salsedine che venne a investirle il viso e a scompigliarle i capelli. La luna aveva compiuto un nuovo ciclo e la curva sul suo ventre si era fatta ancora più visibile. Dentro di lei, il piccolo khalakka Jaehaerys cresceva e contava i giorni che lo separavano dal conoscere la sua mamma, il suo papà e i suoi fratelli. Fratelli che adesso stavano sfrecciando impazziti per tutta la spiaggia, recanti palette, secchielli e giocattoli di legno nelle manine.

"Ma." Questo era Daeron e le stava tirando la gonna con le manine grassocce. Esaudendo il suo desiderio di essere preso in braccio, Dany si adagiò sul morbido telo di lino con il suo bimbo contro il petto. Posò una mano sulla schiena del suo piccolo, percependo la morbidezza della pelle nuda. Di tutta risposta, Daeron la baciò ripetutamente sul collo. "Ma, ma, ma. Ma bon, ma bon bon..."

No, tu sei più buono piccino mio. Per ora, tutti i suoi figli maschi erano stati la calma personificata, amanti del silenzio e delle poche parole. Una sensazione le diceva che Jae sarebbe stato tutto il contrario. Un diavoletto, un monello, signore incontrastato degli scherzi e del divertimento. Passandosi una mano sul ventre, Dany sorrise al suo draghetto discolo. "Daeron devi prepararti a far fronte alle birbanterie di tuo fratello, hai capito? Io so che già che tu, da bravo bimbo che sei, non ti arrabbierai con lui. Non è vero pezzettino del mio cuore?"

Il pezzettino del suo cuore gorgogliò lieto e la baciò ancora sul collo, le piccole labbra unite a formare un bocciolo di rosa. Rimettendosi a sedere, Dany sollevò il piccino e gli fece le pernacchie sul pancino scoperto. Le risatine puerili di Daeron le riscaldarono l'animo. Allora Dany non si arrestò. Continuò a posare le labbra contro il ventre del suo tesoro e a farlo ridere. Oh... quale sublime suono era la risata di un bambino! Una volta tornato nel serraglio di carne che erano le gambe incrociate della sua mamma, Daeron si guardò intorno. Trovata la gemella, si diresse a passi ormai sicuri verso di lei.

Guardandolo allontanarsi, Dany non potè reprimere il moto che le fece portare una mano al seno. Era gonfio di latte, pallido e dal capezzolo turgido. Non molte settimane prima, i gemelli erano stati svezzati. Per Alysanne era stato semplice e si era adattata subito alle pappe di frutta, per Daeron invece si era trattato un vero e proprio trauma. Non sopportando di dire addio al caro latte materno, aveva incominciato a seguire Dany ovunque andasse e addirittura a infiltrarsi nella stanza reale di notte pur di risentire quel dolce sapore nel palato. Ci erano voluti pianti disperati, pappe gettate per rifiuto contro il muro e nottattace di Jon per porre termine alla diffidenza del piccolo. Daeron aveva infine accolto le pappe e nessun capriccio si era più profilato all'orizzonte. Tra non molto, il nuovo destinatario della tetta di Dany sarebbe stato Jaehaerys.

"I nostri gioielli amano la spiaggia, non è vero mia regina?"

La voce di Jon Snow la costrinse a voltare il capo e ad indugiare lo sguardo sulla testa riccioluta di lui posata sulle braccia incrociate. Daenerys gli sorrise. "Aye, mio re. Pensi che si diletteranno in un modo tale anche a Roccia del Drago?"

Jon prese una sua mano e se la portò alle labbra, baciandola sul palmo. "Troveremo qualche spiaggetta sconosciuta e ci passeremo un intero pomeriggio, fino al calare del sole. Ti allieta Khaleesi della mia anima?"

Dany lo raggiunse sul telo e con la punta del naso sfiorò la guancia del suo amore. La sua barba le faceva il solletico. "Mi allieta assai molto. La sera dell'incoronazione lasciamoci tutti alle spalle e chiudiamoci in camera. Tu, io, Jae e una vasca da bagno."

"Come siamo imperiose... e va bene. L'imperatore e re ti concederà la tua clemenza..." Jon si mise a sedere, l'afferrò per i fianchi e se la portò in grembo. I suoi occhi erano colmi di amore. "Ma prima egli esige un bacio."

La fronte di lui era fresca e bagnata dai ruscelli neri dei suoi riccioli, Dany l'accolse contro la sua. "Solo uno? L'Imperatrice è tanto ricca."

"Allora elle mi ricopra di tutto il suo oro."

La pioggia d'oro venne, calda, umida e piacevole. Un susseguirsi di baci sulle guance e sul collo che trovò il suo culmine sulle labbra. Una colla invisibile unì i visi di Dany e Jon e non li lasciò più andare. Lingua contro lingua, danza di un fiato contro l'altro, di un labbro contro l'altro, di una pelle contro l'altra. Quelle erano mosse ancestrali, antiche quando il mondo. Un bacio era il sigillo della vita, un lucchetto che, se schiuso, dava accesso al potere della creazione. Da esso scaturiva l'amore e dall'amore scaturiva la vita. Le campanelle nella treccia di Jon tintinnarono lievi, deliziando Dany con il loro canto argentato.

"Mamma, papà! Venite a vedere!"

Fu Rhaella a distruggere l'idillio, ma i suoi genitori non se la presero. Jon ridacchiò, spostando gli occhi sulla sua primogenita. "Il dovere ci chiama mia Khaleesi, andiamo a vedere."

La visione che secondo Rhaella richiedeva l'immediata presenza dei genitori era niente meno che Alysanne Targaryen distesa sulla spiaggia e coperta da capo a piedi da conchiglie e da alghe. Come vide arrivare Jon e Dany, la piccola vittima svelò loro i suoi nuovi e candidi dentini. "Ma! Pa!"

"È la Buona Regina Alysanne." Spiegò loro Rhaella inginocchiandosi accanto alla sorella. La baciò sulla fronte, scostando una conchiglia del suo diadema. "La mia sorellina è una signora. Lei sarà forte come Alysanne! Lei è la mia Aly! La mia Aly!"

Suo fratello, l'aiutante principale di quell'opera, sembrava contrariato e il broncio che mise fu del tutto identico a quello che a volte sfoggiava suo padre. "Ed io non sono il tuo Aem?"

Rhaella si avvicinò a lui e lo strinse in un abbraccio caloroso. "Sì... tu sei il mio Aem e ti voglio tanto, tanto, tanto bene. Ma io non bacio i maschi. I maschi puzzano!"

Jon rise. "Quindi anche il tuo papà? Che offesa..."

Rhaella si accinse subito a correggersi. "No, il papà non puzza. Il papà profuma! Ho un papà profumato!"

E allora, mentre Jon prendeva in braccio i due esultanti figli maggiori, Dany si pregò interiormente che la loro infanzia durasse il più a lungo possibile. Lei e Jon non ne avevano avuto la possibilità, ma i loro figli, tutti i loro figli, avrebbero avuto una fanciullezza serena. Era un giuramento.









Jon le disse di avere una sorpresa per lei e le bendò gli occhi. Con la curiosità incisa nel cuore, Dany impresse il cammino nella propria mente grazie all'olfatto. Annusando l'aria, capì quando oltrepassarono il mandorleto, il frutteto e gli ulivi che costeggiavano un sentiero nei giardini. Riuscì a comprendere che oltrepassarono la volta di rose e il familiare gorgoglio delle fontane la indusse a credere che fossero passati per una scorciatoia nei giardini. Infine, quando l'erba e il selciato lasciarono il posto alla ghiaia, Dany capì che erano ritornati all'interno della Fortezza Rossa. Il blu della benda assunse una tinta più scura e con ciò intuì che stavano passando sotto l'ombra di un portico o erano entrati all'interno del castello.

"Dove mi stai conducendo?" Osò domandare a un certo punto con un sorriso. "Stiamo girovagando per tutta la Fortezza Rossa!"

"Aspetta e vedrai mia regina." Le sussurrò Jon all'orecchio. "E voi bambini acqua in bocca! La mamma non lo deve sapere ancora!"

Sapere che cosa? Le risate dei suoi figli non fecero altro che accrescere il mistero. Quando svoltarono successivamente l'angolo, i suoi sensi non la tradirono. Un profumo che conosceva assai bene arrivò alle sue narici. Sapeva d'estate, di gioia e di sogni, dei suoi sogni. Era il profumo dei limoni, i limoni dell'albero nella radura. Una porta cigolò, senz'ombra di dubbio la sua cara porta rossa e la ghiaia lasciò lo spazio a della tenera erbetta. Le quattro mura che racchiudevano il suo sogno racchiusero ora anche lei e i suoi cari.

Dany percepì le mani di Jon sulla testa, pronte per sciogliere la sua benda. "Sei pronta? Uno, due... tre!"

A dire la verità no, non era mai stata pronta per quello. Aveva sempre pensato che la radura fosse più che sufficiente ma adesso quel pensiero si stava raggomitolando in un angolo della sua mente. Dinanzi a lei, maestosa, una casetta realizzata nella parete e in quel momento bagnata dalla luce rosata del sole decadente si mostrava in tutta la sua semplicità. I rami dell'alberello si arrampicavano sul suo davanzale, saltavano la porta rossa e salivano fino al balcone. Dany rimase senza parole. Quella era la casa della sua infanzia fuggita, la casa delle sue più recondite memorie.

"Jon..."

"Non dire nulla amore mio." Le dita di lui si infiltrarono nella stretta di lei. "Entra e guarda il resto."

Il resto? Questa meraviglia non si ferma qui? Con mani tremanti, Dany abbassò la maniglia. E perle salate adornarono le sue guance quando vide l'interno. Il camino era grosso, di pietra scolpita. Sulle sue fiamme spente trovava posto un pentolone di rame, uno di quelli che si usano per cuocere zuppe e brodi. Poco distante, un tavolo di legno scuro sostava vicino a mensole e ripiani carichi di vasi di terracotta e di piatti di delicata ceramica bianca e a un piccolo forno a legna, un sorriso triste aperto a mostrare i suoi denti di legno. Sobrietà era la parola aleggiante in quella stanza. Solo una stanza. Una semplicissima cucina. Una scala a chiocciola conduceva al pieno superiore. Dany salì. Le travi del soffitto sorreggevano il tetto e una piccola vetrata circolare sopra il balcone, di vetro colorato e raffigurante un lupo bianco e un drago nero abbracciati, faceva cadere un raggio di luce sui due grandi letti. Erano due, larghi e dalle lenzuola bianche, uno per Dany e Jon e uno per i bambini ed erano gli unici ornamenti della stanza.

Dany adesso piangeva di gioia senza freni. "J-Jon questa casa..."

"È la nostra casa Dany, una casa dalla grande porta rossa e un albero di limoni fuori dalla finestra." Confessò lui guardandola negli occhi. "Io ho realizzato il progetto, poi Davos mi aiutato. È una casetta piccola, semplice, proprio come desideravi te. Qui passeremo momenti lieti con i nostri figli. All'inizio pensavo di farti una fattoria, ma poi ci ho ripensato: viviamo già in una fattoria!"

La battuta la fece ridere. "Sei una persona meravigliosa mio piccolo draghetto di neve. Solo gli Dei sanno quanto ti amo, tu ci sei sempre per la nostra famiglia." Si accinse a baciarlo. "Ti amo infinitamente."

Gli occhi di lui luccicavano di lacrime. "Anche io, mia imperatrice."

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