C'è chi va e c'è chi arriva
Bauli di ogni svariata forma e dimensione occupavano gli alloggi destinati a Lord Tyrion Lannister, questo Davos non mancò di notarlo non appena il Folletto lo accolse con un sorrisetto amichevole e un piccolo inchino. Notò anche che la mole di libri, pergamene e mappe rientrava in ben più di uno di questi bauli. Elogiando interiormente la fame di cultura dell'amico, il Primo Cavaliere prese posto su una sedia istoriata di minuscoli leoni dorati rampanti. Graziosi alla vista ma terribilmente scomodi per la sua povera e vecchia schiena.
"Allora Ser..." Tyrion richiuse la porta alle sue spalle e si avviò incontro a lui con le mani intrecciate dietro la schiena. "A cosa devo la tua visita? La nostra amata regina mi ha imposto l'ennesima restrizione?"
Davos si impose di ridere, benché conscio che, dalla restaurazione sul trono dei Targaryen, tra Daenerys e Tyrion non scorresse buon sangue. "No mio buon caro Lannister, sono qui solo per conto mio. È forse un delitto recarsi in visita a un amico prima che questo parta e se ne torni a casa sua?"
"Assolutamente no, anzi per te la mia porta è sempre aperta, ma sono dispiaciuto per le notizie vuote che mi porti. Sarei stato così felice di donare alla nostra amata regina la pelliccia di questo Leone in modo da portarle conferma che esso non avrebbe più ruggito a suo marito e ai suoi cuccioli." Con le gambette corte, il nano incespicò in direzione di una panciuta brocca di vino posata sul tavolino difronte a Davos. Ne versò qualche goccia in un calice d'oro. "Peccato, vorrà dire che ribadirò la mia lealtà a Sua Grazia in un'altra occasione. Vino cavaliere delle cipolle? Rosso delle mie terre, ideale per scuotere un uomo prima di una battaglia, figlio di un'ottima annata."
Davos annuì e si lasciò riempire il proprio calice. Quando sorseggiò la bevanda la trovò intensa come le sue sorelle orientali, fuoco di Myr o ambra pallida di Pentos. Il vino era d'una sfumatura purpurea, la stessa sulla quale ruggiva il leone stemma dei Lannister. I vignaioli di Castel Granito e Lannisport dovevano aver sudato per anni per ottenere quel colore e onorare così la loro nobile Casata.
"Vengo a salutarti alla vigilia della tua partenza per Castel Granito e me ne dolgo. Avrei voluto venire prima ma gli impegni a corte sono infiniti, come tu ben sai. Ho giusto concluso ora un accesso dibattito con il nuovo Maestro delle Navi sul potenziamento della nostra flotta." Disse Davos.
Tyrion sogghignò, abbandonandosi sullo schienale della sedia. "Yara Greyjoy è qui da a malapena due giorni e già pretende di avere il comando. La vera progenie della piovra, non c'è che dire. Ti consiglio di assecondarla o altrimenti ti ritroverai a dover dormire con un pugnale sotto il cuscino. Gli uomini di ferro non sono tipi da lasciarsi plasmare facilmente, gli eventi occorsi quattro anni or sono l'hanno ricordato a tutto il Continente Occidentale. Dalle tue parole deduco che, tralasciando queste scaramucce, il ruolo di Primo Cavaliere è di tuo gradimento."
"Senza dubbio! È gravoso, non lo nego, ma ogni giorno ringrazio gli Dei per avermi lasciato in vita abbastanza a lungo per vedere due giusti sovrani sul trono. Per me è un onore servire Aegon e Daenerys, sono due ragazzi bravi e altruisti, ligi al dovere e alla famiglia. E non venirmi a raccontare di tutti i miei predecessori! Da Aerys in poi tutti i Primi Cavalieri hanno fatto una brutta fine, d"accordo, ma tu ed io siamo l'eccezione alla regola, no?"
"Potrei ancora benissimo finire arrostito dal drago della regina per aver rivolto anche solo mezza parola al re o ai principini, ma sono finora lieto che di avere la testa attaccata al collo, grazie."
Davos Seaworth bevve un'altra sorsata. Aldilà dei fini tendaggi di lino si apriva un minuscolo giardinetto interno. Osservò il verde scintillare fertile e magnifico alla luce del sole estivo. Una nuova ondata di caldo aveva invaso le strade della Capitale, costringendo gli abiti a scollarsi e i poveri a cercare refrigerio sulle sponde della baia e ai moli del porto. Nella Fortezza Rossa abbondavano ghiaccio, profumi, ventagli e frutta dolce.
"Già che siamo in tema..." Proseguì il Folletto. "... i nostri benevoli sovrani in che attività sono impegnati? Sedute, riunioni, beneficenza?"
"In questo momento sono nella Sala del Trono ad ascoltare le petizioni del loro popolo." Gli rispose Davos facendo ondeggiare il vino contro le pareti del calice. Se colpito da un raggio di sole, pareva sangue. "Volgono le loro orecchie ai più bisognosi, ammirevole, davvero ammirevole. Così come è un sollievo che Sua Grazia il Re si sia finalmente lasciato alle spalle l'ultimo suo episodio di infermità. Il mio cuore si rallegra nel vederlo di nuovo in salute e sorridente."
Tyrion ripose la propria coppa vuota sul tavolino. Una goccia di rubino galleggiava nell'oro, solitaria. "In salute e sorridente quando trascorre del tempo con i suoi figli o con la regina, ma entrambi siamo a conoscenza di quale crepa si nasconda nel suo cuore. Quando lo vedo il mio animo stilla pietà."
Davos aggrottò la fronte. "Cosa intendi dire?"
"Intendo dire che se Daenerys, seppur sempre sofferente per le azioni compiute, è sbocciata a nuova vita grazie a lui e ai suoi figli, per Jon Snow la situazione è assai più complessa. Daenerys è una donna e le donne lottano per tutta vita, nel letto da parto e nella difesa dei propri pargoli. Le donne si forgiano un'armatura, Daenerys se ne è forgiata una il giorno in cui suo fratello la vendette ai dothraki, adesso l'ha solo abbellita ma la sua anima rimane coperta dal ferro e con quello stesso ferro non esita a difendere i suoi cari. Noi uomini invece ci professiamo grandi guerrieri nel fisico ma nella mente e nell'animo siamo deboli e fragili come ramoscelli. Per Jon è stato così. Ciò che è accaduto quattro anni fa l'ha lasciato minato nella testa e nel fisico, ahimè soprattutto nel fisico."
Davos sospirò. D'improvviso la sua sete si estinse e il suo calice mezzo pieno raggiunse quello di Tyrion. "Da colui che durante la congiura di una settimana fa è scappato dagli infanti congiurati dell'Alto Septon mi ero aspettato queste parole. So che la vicenda ti tocca personalmente Tyrion e..."
"Felice che tu abbia udito le mie nobili imprese, detto fra noi per poco quei ragazzini non mi acciuffavano e non mi sbattevano nella più profonda segreta del nuovo Grande Tempio, e ugualmente felice che tu mi conosca abbastanza bene da prevedere le mie mosse. Saresti stato un abile giocatore al Gioco del Trono Ser."
Davos scosse il capo, divertito. "Sono solo un umile uomo di mare amico mio, temprato dal sale, dalle onde e dai naufragi. Ma dimmi di più sui fantasmi che torturano Jon e Daenerys, non voglio che i ragazzi siano torturati dal dolore."
Un sorriso complice. "I ragazzi eh? Per te sono come dei figli vero Davos? Su Daenerys penso che tu ne sappia più del dovuto, le mie guance arrossate dalle regali mani sono diventate un pettegolezzo prelibato delle dame di corte. Ma su Jon... beh..."
Erano i primi tempi del loro regno, pochi giorni erano passati dalla disfatta di Bran e i più fidati consiglieri erano approdati nella Capitale insieme a nuove scorte per il venturo ritorno della popolazione. Per un po' il cibo sarebbe potuto venire esclusivamente dall'esterno, dato che il lascito di Bran era stato un regno martoriato dalla carestia e sull'orlo di nuova guerra civile. Per fortuna Aegon e Daenerys Targaryen erano venuti in soccorso di Westeros come due salvatori inviati dagli Dei.
Tyrion ebbe l'onore d'incontrare il suo re all'ombra di un portico e in compagnia del Gran Maestro Samwell Tarly. Gran Maestro che trovò assai infastidito dal comportamento di Sua Grazia. I suoi tentativi di stuzzicare il reale appetito, aiutati dalla serie di piatti semplici ma gustosi disposti sul tavolino dinanzi al suo illustre interlocutore, fallivano miseramente.
"Che ne dici di una buona coscia di pollo rosolato sul fuoco eh Jon? Deliziosa, gustosissima!"
Una voce che pareva lontana e uno sguardo focalizzato su un orizzonte indefinito. "No, grazie Sam, non ho fame."
"Allora che te ne pare di una coppa di gelato ai mirtilli? Andiamo, alla Barriera li adoravi!"
"No, grazie Sam, non ho fame." Ripetè Jon. Sembrava non si rendesse conto essere circondanti da pietanze di ogni genere.
"Nemmeno i mirtilli..." Samwell era sconvolto. Quando notò la presenza di Tyrion lo chiamò in aiuto. "Lord Lannister! Venite a darmi una mano! Dite a Sua Grazia di mangiare qualcosa per gli Dei, ne va della sua salute!"
"Mangiate qualcosa Vostra Grazia." Cercò di spronarlo Tyrion, gli mise sotto gli occhi una torta di carne dall'aroma invitante. "Ora la regina sta riposando per via della sua gravidanza ma sono certo che fosse qui vi ordinerebbe di ingoiare qualcosa."
Jon non aveva incrociato lo sguardo nemmeno con lui. Chissà a cosa stava pensando. "Di notte la sogno e mi sveglio. Restò immobile ad osservare il baldacchino e a pensare a Daenerys. A come mi guardò, a come mi baciò, a quanto era bella con i fiocchi di neve e di cenere nei capelli, a come io..."
"Lei ora è viva e in salute e sta per darvi un figlio." Gli ricordò Tyrion, interrompendo quella nenia di pentimento. "E se voi avete problemi a dormire dovreste chiedere al Gran Maestro qualche goccia di vino dei sogni."
Samwell lo aggiornò. "L'ha già fatto, ogni sera prima di coricarsi una coppa di latte caldo con un pizzico di vino dei sogni. Gli incubi si sono un po' attenuati, ma..."
"Ma non serve a nulla." Gli occhi di Jon erano spalancati e stanchi. "Ogni notte vivo quel dannato momento."
Con un'occhiata Tyrion fece intendere a Samwell che avrebbero dovuto parlarne con Daenerys al più presto. Jon si alzò e con un cenno del capo salutò i due consiglieri.
"Chiedo perdono signori ma non ho veramente appetito alcuno. Mi congedo da voi per raggiungere la mia consorte e trascorrere il mio tempo con lei."
I sudditi di ogni ceto sociale si erano presentati al loro cospetto con richieste di ogni genere. Da semplici dissidi fra vicini da risolvere a vere e proprie matasse famigliari da sciogliere. Feudi da affidare, cavalieri da nominare, mercanzie recate loro in dono e molto di più. Una bizzarra processione giungeva ogni volta che Jon e Daenerys tenevano corte.
Una corte che era ora finalmente giunta al termine. Ritornando verso la tranquillità delle loro stanze, la coppia imperiale si imbatté in un duello fra i figli maggiori e le Guardie Reali. Armati di spade di legno, Ser Podrick e Ser Elias combattevano contro Rhaella ed Aemon Targaryen.
"Rhaella va' piano!" Rise Jon alla figlioletta. "Se tu ed Aem sconfiggerete i protettori miei e della mamma chi ci difenderà poi?"
"Io!" Squittì Rhaella agitando l'arma giocattolo. "Lo farò io papà!"
"Ed anche io!" Esclamò Aemon prima di correre in direzione della sua mamma e venire sollevato in braccio da lei. Lo stesso accadde per Rhaella ma avvenne nelle braccia del suo papà.
Jon le liberò la fronte da un ribelle ricciolo scuro. "Come sono andate le lezioni cucciola?" Gli insegnamenti di Sam duravano a malapena un'ora data la giovane età degli allievi, ma i bambini le descrivevano come interminabili. Man mano che i principi sarebbero cresciuti, il tempo sarebbe aumentato.
"Oggi io ed Aem abbiamo imparato a leggere il nostro nome." Rhaella rise deliziata quando Jon le pizzicò le guance. "Il Gran Maestro Samwell dice che presto potremmo addirittura leggere un libro! Un libro, papà! Uno piccolino o grande grande?"
"Uno piccolino, meglio iniziare con leggerezza. Non vorrai forse rubare le ambizioni del nostro Daeron, vero?" Jon la baciò sulla fronte, beandosi del profumo di camelie e sabbia della sua piccina.
Fu proprio allora che un paggio annunciò loro l'arrivo di un visitatore dall'Oriente.
Il visitatore in questione si rivelò essere Kinvara, la sacerdotessa rossa che aveva riportato in vita Daenerys. Dany la salutò con un sorriso, dato che si considerava in un grandissimo debito con lei. Jon le porse i suoi omaggi con un cenno del capo e, dato che Kinvara desiderava parlare in privato con loro, passeggiarono nel giardino.
"Il Signore della Luce mi ha chiamato qui, al vostro nuovo tempio. Egli vuole che io vi serva, che io vegli su di voi, suoi eletti." Spiegò loro la sacerdotessa mentre si avviavano dietro una siepe. "Egli vi ha amato e vi ama, vi ha riportato in vita per uno scopo e quello scopo era la pace del mondo intero. Voi avete adempiuto al suo disegno, sconfiggendo il Dio Estraneo, il Dio delle Tenebre e ogni giorno concede benedizioni alla vostra famiglia. Ha fatto sì che il fuoco non vi indebolisse, ma anzi, che vi rendesse più forti..."
"Vuoi dire che è stato lui a rendermi immune alle fiamme?" Domandò Jon dubbioso. "Dany non è mai stata sfiorata dal fuoco mentre io... insomma, quando R'hllor mi ha riportato alla vita ha lasciato in me anche un po' della sua potenza?"
"R'hllor non lascia mai soli i suoi figli." Kinvara sorrise enigmatica. "Lui sa cosa è meglio per voi, per questo ora vuole che vi dirigiate nuovamente verso Essos."
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