Superpoteri nel buco della serratura!

«Cettina, hai visto?» La vecchia diede di gomito all'amica, appollaiata sulla sedia di paglia accanto a lei.

«Ho visto, Mariarosa, ho visto.» Cettina tirò su le spalle incurvate, per quanto poteva, e allo stesso tempo giù gli angoli della bocca, in un gesto di palese scetticismo.

I loro occhietti catarattici erano puntati sull'insegna dall'altra parte della strada che era stata appena liberata dal cellophane nero.

«Vat... vomén... vant...?» La voce di Mariarosa era stentata, un po' perché non ci vedeva, un po' perché non sapeva leggere una lingua diversa dall'italiano.

«Ma no, è inglese» la informò Cettina. Lei lo sapeva, aveva i parenti in Canada, lei, e ogni tanto si scrivevano le lettere; anche se, da quando c'era quell'internet, le cose si erano complicate e volevano convincerla a usarlo, ma non ci sarebbero riusciti: lo sapeva, lei, che si prendevano i virus coll'internet.

«E come si legge?»

«Uot uimin vuont.»

«E che vuol dire?» Non è che adesso le cose le parevano più chiare.

«Quello che vogliono le donne» le spiegò, senza nascondere un sorrisetto saccente.

Ora fu il turno di Cettina di rizzarsi sulla sedia, il mento girato dall'altra parte, per nascondere il fastidio: «Mah...»

«Eh...»

«Un nome un po' pretenzioso per un parrucchiere.»

«Già. Sono vent'anni che vado da Minuccia e ancora non ha capito come voglio la tinta.»

«E lo dici a me? Ho provato ad andare anche da Lelina, ma la permanente viene sempre a buchi.»

Una manata di Mariarosa, arrivata rapidamente con il dorso sull'avambraccio, la fece voltare di nuovo verso il negozio: dalla porta a vetri uscì una donna sulla quarantina, con indosso un vestitino azzurro stretto in vita e i capelli acconciati in una treccia dalla quale non sfuggiva nemmeno una ciocca.

La donna, evidentemente la proprietaria del salone, sistemò i vasi di fiori azzurri ai fianchi dell'entrata e, accortasi degli sguardi fintamente distratti delle vecchine, sollevò la mano in un gesto cortese di saluto.

Le donne accennarono un sorriso, rimanendo comunque diffidenti.

Poi la prima cliente si avvicinò: conoscevano Maria, in paese si diceva che il marito cominciasse a guardare le gonnelle delle altre femmine. Guardò titubante l'insegna, finché non si decise a entrare.

Quando venne fuori, due minuti dopo, Mariarosa e Cettina stentarono a riconoscerla: aveva la schiena ritta, i capelli cotonati in un brillante color rame e un sorriso che pareva si fosse messa il rossetto.

«Cettina, hai visto?» ripeté un'altra volta.

«Ho visto, Mariarosa, ho visto» le diede conferma di nuovo, ma stavolta la bocca formava una bella O tonda tonda.

Pochi minuti dopo, Anna, la figlia di Laura, la panettiera, corse nel nuovo negozio: come al solito aveva i capelli tirati indietro sulla nuca, una massa informe di ricci che si ostinava a voler domare con piastre che non facevano altro che rovinarglieli, sembravano crespi e duri.

Più di una volta l'avevano vista in piazza, circondata da quegli stupidi dei suoi compagni di scuola, a prendersi i soprannomi che le affibbiavano: "Lana d'acciaio" la chiamavano, era il nomignolo che andava per la maggiore, e lei sembrava metterselo in tasca e correre via piangendo.

Dopo due minuti videro uscire una ragazzina con le guance rosa come le pesche e i boccoli di una bambola di porcellana.

«Cettina, hai visto?» urlò quasi Mariarosa.

«Ho visto, Mariarosa, ho visto!» Cettina balzò in piedi per la sorpresa.

L'amica la imitò e provò a catturare la sua attenzione, frapponendosi tra lei e la strada: «Che vuoi fare?»

«Quello che vuoi fare pure tu» la smascherò in mezzo secondo.

«Ma non può essere! Come fa quella donna, vestita come un cartone animato, a fare quello che fa?»

«Non mi interessa!»

«E se fosse una strega?»

«Non mi interessa!»

Un'altra manata di Mariarosa arrivò sul braccio di Cettina: «Ho capito! Ha dei superpoteri!»

Quell'affermazione colpì nel segno: Cettina la guardò come se fosse la Madonna. «Dici che finalmente avremo chi ci difende dalle spuntatine?»

Mariarosa annuì vistosamente.

«Dalle tinte sbagliate?»

La testa dell'amica faceva ancora su e giù.

«Dai caschetti degli anni ottanta?»

«Sì!»

Le donne si portarono le mani al petto contemporaneamente, ma non perché stesse venendo loro un colpo apoplettico: finalmente avevano trovato la loro eroina!


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