chapter three
Frank... Iero.
Si chiamava Frank.
Sembrava simpatico, avrebbe volentieri fatto amicizia con lui, se non fosse stato per la lettera.
Si fece improvvisamente freddo, come quando una piccola luna è di passaggio sul sole.
Una piccola nuvola che tuttavia oscura il mondo.
-scusa, Frank, ma sono in ritardo per le lezioni- asserì, poi ripose la chitarra nella custodia e se ne andò, lasciando il povero ragazzo solo sulla panchina che fino a pochi secondi fa condividevano.
Per le seguenti settimane non si rivolsero la parola, con la gioia di Gerard e la tristezza di Frank, il quale aveva visto una persona buona, in quegli occhi chiari, che ogni tanto a scuola trovava e cercava di incontrare, ma li trovava perennemente a terra, sconfitti, affondati.
Gerard Way, che era sempre stato sul procinto di annegare, stava affondando.
Tuttavia ora guardava l'acqua in cui nuotava il suo pesciolino, cercando improbabile ispirazione per un nuovo testo da lì, la scrivania vicina a lui piena di libri di scuola rigorosamente chiusi e scartoffie, per la maggior parte bozzetti per disegni.
Una motagna di palline di carta era nel secchio, molte appena vicino, visto che il ragazzo non aveva mai perso l'abitudine di provare a fare canestro.
Aveva passato la notte insonne, a disegnare il volto di una persona che tuttavia avrebbe voluto dimenticare di aver incontrato.
Tra le pieghe degli stropicciati fogli spiccavano due occhi di un nocciola chiaro, dalle sfumature verdi, che non aveva trovato nello sguardo di nessuno prima d'ora.
Possibile se li sentisse addosso di continuo?
E non solo a scuola, anche mentre dormiva, mentre mangiava, mentre leggeva, e anche in quel momento, mentre fissava il vuoto che tanto tale non era più, dato che vedeva riflesso davanti a sè quel pomeriggio, la genialità e il candido tocco del testo che gli aveva suggerito Frank, poi il suo essere schivo improvvisamente.
Probabilmente gli doveva delle spiegazioni, ma non se ne preoccupò più di tanto, visto che pensava che il ragazzo ignorasse persino il suo nome.
E si sbagliava di grosso, visto che, a pochi isolati da lì, egli stava scrivendo le lettere che componevano il su nome su molti quaderni, per lasciarle impresse e rimembrarle nel tempo.
Gerard Way... ti fai desiderare, eh?
La vita scorreva lenta e normale, Gerard aveva iniziato a lavorare in un negozio di fumetti, mentre Frank aveva iniziato ad uscire con un gruppetto di amici.
Non erano male, c'era un certo Carlos che era specializzato nel fare strani suoni con l'ascella, Mattew era la riserva della riserva nella squadra di football ma ne parlava come fosse il suo luminoso futuro, mentre Gabriel era un playboy fallito che andava in giro con un mega stereo del mercatino dell'usato.
Okay, erano pessimi.
Ma Frank non se ne curava più di tato, le loro chiacchiere non le sentiva, era troppo occupato a cogliere lo schivo cantante.
Gli era piaciuto da morire parlare con lui, anche se solo per poco.
Era in ascolto da un po' prima di intervenire, e le parole di quella canzone lo avevano come avvolto e riscaldato.
Era proprio vero che le persone più silenziose solo quelle con più cose da dire, e Frank avrebbe voluto sentire altro scritto da lui, voleva provare ad entrare nel suo mondo, che sembrava a tutti tenebroso, ma a lui appariva affascinante.
Si era informato un po' sul suo conto, e non aveva raccolto buone risposte da praticamente nessuno.
I compagni se ne uscivano con <è un emo depresso obeso, stai alla larga>
<boh non ci ho mai parlato, sembra strano> e quello accanto <te lo assicuro, lo è, gira a largo>
Dai professori <non si impegna, è uno scansafatiche> <potrebbe dare ma non da>
Solo la signorina Price, la loro professoressa di Arte, che avevano in comune anche stando in due sezioni diverse, gli fornì una spiegazione abbastanza buona sul suo conto.
-é un ragazzo che vede e sente più di chiunque altro, pensa in modo diverso, il suo cervello elabora le informazioni in maniera così diversa e interessante che a volte spaventa chi non è abituato. Molte volte ha problemi di comunicazione, come se dovesse senpre selezionare le parole da usare. Ma quando scrive le sceglie bene, gli da nuove sfumature, le rende nuove. Per non parlare della sua vena artistica, potrebbe diventare un fumettista... però per farlo prima deve cercare di aprirsi di più, per arrivare a più persone. Sarebbe un peccato, per il mondo, non poter usufruire della mente di Gerard Way- aveva spiegato, sistemandosi gli occhiali sul lungo naso aquilino, che tuttavia sembrava l'unica incrinatura della bellezza di quella donna, che aveva bei tratti, anche se segnati dagli anni.
Frank era rimasto piuttosto stupito, ma aveva cercato di non dimostrarlo.
Aveva chiesto in seguito un consiglio per approcciare il ragazzo, e lei aveva risposto con un semplice "prova a toccare una corda del suo cuore".
Frank a quel punto si era messo a pensare.
Cosa avrebbe dovuto fare? Magari iniziare il discorso parlando di musica, visto che comunque anche lui se la cavava con la chitarra, oppure parlare di Arte, anche se avrebbe dovuto informarsi prima... okay, altra probabilità di fare figure di merda.
Poi gli era sembrato parecchio timido, ed iniziare a parlargli a caso magari poteva risulare un po' brusco.
Quindi alla fine optò per fargli un piccolo regalo.
Tornato a casa cercò nelle vecchie collezioni di fumetti che il padre teneva, ormai pezzi parecchio preziosi, ma di cui lui non si curava.
Ne prese uno di buon aspetto, di quelli a volume unico, e lo portò in camera sua, dove seguirono lunghi minuti di meditazione sul messaggio da scrivere al suo interno.
"ciao Gerard, sono Frank Iero, il ragazzo che ti ha illuminato nella tua carriera da scrittore di tristi ma travolgenti canzoni, ho saputo che ti piacciono i fumetti... ed ecco qua! Magari qualche giorno potremmo vederci, anche per chiaccherare :)" inchiostrò, poi ripose il foglietto tra la prima pagina del libricino e la copertina.
Si buttò sul letto, alzando gli occhi al cielo.
E se non gli avesse risposto?
O peggio ancora, se il giorno dopo avesse lui stesso trovato un foglietto di risposta?
"questa cosa andrà a finire male" borbottò, preparandosi per andare a scuola.
Si diresse velocemente verso l'armadietto spoglio con su scritto "G. Way" ed imbucò il fumetto come fosse stata una lettera.
Tutto si sarebbe aspettato, tranne di trovare, nel pomeriggio, un pezzetto di carta arrotolato nel proprio, di armadietto, con su scritto: "sei un vero stalker, ma grazie comunque del fumetto, lo terrò da conto. Okay, parliamo. Inizio io. Mi potresti dire il colore dei tuoi occhi?"
Frank diventò d'improvviso tutto rosso, senza neanche un motivo apparente.
Gerard, d'altro canto, quando quella mattina aveva aperto il suo armadietto, si era sentito amato dal Signore quanto preso per il culo.
Cioè, seriamente? Di tutti i ragazzi della scuola proprio lui, proprio Frank Iero desiderava essergli amico?
Però era incuriosito da lui, e anche in qualche modo in debito, per averlo abbandonato in modo così brusco quel giorno.
Così gli rispose, pensando che il scambiarsi qualche biglietto non era di certo un patto di amicizia eterna firmato con il sangue.
"a dir la verità non lo so bene... ma penso siano color nocciola. Perchè tutto questo interesse per questa cosa?"
E spedì il messaggio nello stesso modo.
"Provaci tu a disegnare qualcosa di cui non sai il colore" , ricevette come risposta.
Frank dovette ricredersi sul fatto che Gee fosse timido. Non lo era affatto, anzi, si era trovato più volte a "spiarlo" durante l'apertura dei messagi, e non aveva mai visto le sue guance prendere colore, a differenza delle sue, però aveva notato un sorriso stirarsi sul suo volto di cui avrebbe volentieri fatto una foto.
Continuarono a scambiarsi messaggi per giorni, poi settimane.
Parlavano dei particolari del tutto.
Quali fossero le corde migliori per le chitarre, degli occhi di Gerard, che rispose con un "scelgono loro come essere a cazzo", delle materie scolastiche e anche di pittura, per la quale Frank faceva ricerche di continuo, per cercare di rispondere adeguatamente.
Dopo un po' smisero di scriversi.
L'ultimo bigliettino era stato di Frank, poche parole, la fine di quello scambio di attenzioni.
"Perchè distogli lo sguardo quando ti cerco e non mi vuoi parlare?"
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