chapter seventeen
Suonata la campanella si trovarono al solito posto, che in realtà non era un posto preciso siccome era un punto apparentemente casuale del piazzale della scuola.
Occhi e mani si unirono timidamente, i loro soliti discorsi a riempire il silenzio.
Gerard ebbe l'accortezza di non prendergli il fianco, ricordandosi dei lividi, ma in compenso gli lasciò più di un singolo bacio sulle labbra, teneri e a volte ad interrompere le conversazioni, solo perchè aveva bisogno di sentirle sulle sue.
Quando arrivarono a casa di Gee avevano entrambi le labbra gonfie di baci, e ci avevano messo parecchio, siccome si fermavano spesso a mangiarsi a vicenda.
Così una volta arrivati ebbero il riguardo di staccarsi almeno durante il tragitto dall'ingresso alla camera del moro, essendo che i suoi genitori erano già tornati da un pezzo.
Il cuore di Gerard si strinse nel vedere la smorfia di dolore sul volto del suo ragazzo nel salire le scale volendo far sembrare fosse tutto okay, frenando gli istinti di soccorrerlo per via dei genitori.
Lo avrebbe anche preso in braccio, non era un problema.
Tutto rannicchiato contro il suo petto, l'orecchio sul suo cuore.
Del rosso sulle gote solleticate dalle suo ciglia folte e scure, la pelle morbida e rilassata...
-Gee- la voce del suo ragazzo lo riportò alla realtà.
Lo stava guardando, intimandolo di aprire la porta della camera, lo sguardo di chi vorrebbe solo addormentarsi.
Aprì la porta, Gerard, per poi richiuderla immediatamente, una volta entrati.
Vide Frank prima in un'espressione di dolore all'impatto sul letto, poi di rilassamento, una volta steso.
Il moro si avvicinò a lui, sedendosi al suo fianco, la mano che lo accarezzava sul volto e sul collo.
Rimase ad osservarlo, gli occhi nocciola che lo guardavano appena, mezzi chiusi dalla stanchezza, le ciglia che allungandosi creavano ombre sulle guance, le labbra rosee socchiuse.
Bellissimo.
Questo pensò, mentre quasi inconsapevolmente la sua mano si era mossa all'orlo della maglietta del più piccolo.
-posso?- domandò, calmo, non un'ombra di malizia nella voce.
Vide Frank irrigidirsi e indugiare qualche secondo, prima di annuire.
Nessuno lo aveva mai visto così.
Nemmeno sé stesso, tanto fugacemente si svestiva e cambiava dopo essere stato pestato, lo specchio in camera sua e in bagno mai utilizzato.
Ma Gerard lo amava.
Questo gli dava il privilegio di vedere il suo marcio, il suo passato, la sua parte morta.
Delicatamente, alzò il tessuto fino al petto, poi in un movimento più veloce lo rimosse completamente, riponendola di lato.
Il suo corpo era bello, asciutto, leggermente infantile ma perfetto, avrebbe passato ore a sfiorarlo solo con le punte delle dita.
E poi c'erano loro.
Delle macchie viola, nere e talvolta giallognole che spezzavano l'armonia.
Gerard sentì presto gli occhi inumidirsi, in un senso di impotenza.
Il ragazzo che amava era stato ferito, e lui non aveva potuto farci nulla.
Il ragazzo che amava soffriva ogni giorno, lui che meritava solo di essere felice.
Il ragazzo che amava ora lo guardava, aspettando di riscontrare una faccia schifata sul suo volto, perchè lui li odiava quei segni sul suo corpo, lo facevano sentire ferito e sporco.
-guarda che ti hanno fatto- sossurrò il moro in tono nasale, quasi stesse sull'orlo del pianto, anche se aveva giurato di non cacciare più lacrime dai suoi occhi.
Frank rimase in silenzio, perso nel suo sguardo rotto e bagnato, colpito dalla tenerezza e l'amore di quelle parole, che tuttavia apparivano irreparabilmente malinconiche.
Gerard abbassò il volto, fino a toccare con le labbra una di quelle brutte macchie color nero paura, che improvvisamente Frank sentiva mutare, come liberarsi del dolore, cambiare colore.
Presto delle lacrime sgorgarono sulle sue guance, visto che non aveva mai promesso di frenarle.
Lacrime di commozione, gioia, la felicità nell'essere sfiorato con amore dove c'era stato solo dolore dolore e nero dolore per anni.
Il corvino intanto aveva proseguito, piazzando un bacio su ogni calcio, ogni pugno, ogni spinta.
Poi un bacio sulle guance salate per frenare il flusso, uno sulle labbra per lavarle delle brutte parole che troppe volte aveva rivolto a sé stesso.
-ti amo Gee- sossurrò, accarezzandogli gli zigomi con i pollici, piano, socchiudendo gli occhi lucidi.
-io anche ti amo- in un altro sossurro, se possibile ancora più lieve, poi un'altro sfiorarsi di labbra.
Lo sguardo di Frank andò al proprio torso nudo, e le sue guance si colorarono per quello che stava per chiedere.
-non è che te la toglieresti anche tu?- domandò, imbarazzato, ma quello che ricevette fu solo un caldo sorriso e un bacio sulla fronte.
Gerard aveva capito che probabilmente il più piccolo si sentiva vulnerabile così, scoperto mentre lui godeva del beneficio del tessuto, che copriva le forme che troppo spesso denigrava.
Lui non sfuggiva agli specchi come Frank, anzi, ci passava molto tempo.
Ci trovava la realtà dei fatti, solo la propria immagine non distorta dall'odio o dall'invidia.
L'unica cosa che rimaneva era la repulsione verso se stesso, che rendeva il suo sguardo timido e insicuro mentre si sfiorava, chiedendosi perchè non potesse essere diverso.
Talvolta si accasciava a terra, perdeva qualche lacrima, poi si rialzava e guardava fisso il suo riflesso.
Prendeva la vernice e con un pennello iniziava a scriversi sul corpo le parole che gli rivolgevano.
"Grasso" "palla di lardo" "ciccione" spiccavano, rosse, nere, sulla sua pelle bianca.
Poi si sistemava i capelli e si truccava.
Gli piaceva un sacco truccarsi, anche se non poteva esagerare a scuola.
Si vedeva bello.
Era quello l'importante.
Dopo si buttava sotto la doccia e lavava via il trucco, gli insulti e la vernice, che sembrava scivolare dal suo cuore, colorata, lasciando solo macchie striate.
Posò le mani sull'orlo della maglia, molte carezze da parte di Frank per via dell'indecisione nei suoi occhi.
Guidato dalle mani del ragazzo sulle sue, la stoffa volò via, lentamente, ai piedi del letto.
Gee era un ragazzo sicuro, mai Frank aveva visto paura o vergogna nel suo sguardo, che ora ne era pregno, le mani che sembravano volersi solo coprire.
-anche tu sei bellissimo-, poi le mani affusolate del suo ragazzo che lo invitavano a scendere, a chinarsi, e in poco tempo si ritrovò cinto da lui, la testolina scura affondata nel suo petto.
Un sorriso si sciolse sul suo volto, e si sistemò in modo da non fargli male, la mano che dal collo scendeva alla fine della schiena e poi di nuovo su, varie volte.
Frank invece non faceva nulla, si attendeva solo al suo tocco, sorridendo leggermente.
Schiuse le labbra solo per fare una piccola richiesta.
-possiamo andare sotto le coperte?- in un filo di voce.
-hai freddo?- domandò, iniziando già a tirare su il tessuto.
Annuì, stringendosi contro di lui, e Gerard sorrise nel pensare quanto fosse carino, anzi bello.
Era proprio bello.
-Frank?- chiese, dopo un po' di silenzio, piacevole, non pesante o motivo di imbarazzo.
-mh?-
-scusa se non sono...- iniziò, ma l'altro spalancò di colpo gli occhi.
-non farlo. Non chiedere scusa. Sei bellissimo Gerard, mi piaci così, va bene?- la sua fermezza lo lasciò senza parole, capace solo di annuire timidamente, carezzandogli la guancia.
Dopo un poco si addormentarono, cullati dal corpo e il pensiero dell'altro.
Quel giorno il loro amore che era già sbocciato si era come illuminato di mille colori.
Tra una settimana inizia la scuola non sono pronta porca colla vinilica
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