chapter nine
Gerard era in ginocchio, il freddo metallo posato sulla pelle che quasi gli faceva male, le grida dei ladri affievolite e cotonate dai suoi pensieri.
Pensava stesse davvero per morire, con un colpo già in canna a pochi centimetri dal cervello che sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro.
Chi dice che quando si sta per morire si vede come un filmato della propria vita si sbaglia.
Gee vedeva come frammenti del passato apparentemente slegati tra di loro e privi di senso.
Un bambino con un peluche a forma di unicorno più grande di lui, una chioma riccia che fa su e giù al ritmo di musica, le risate che facevano da schermo ad un ragazzo che avrebbe riconosciuto guardandosi nello specchio, e poi un candido e bianco sorriso, accompagnato da due occhi lucidi e color nocciola, in cui si stava lentamente avvolgendo per cercare di non pensare alla morte.
Era così perso in essi da non sentire la voce nella sua testa che chiamava il suo nome, dicendogli di alzarsi e reagire.
"No... sarà tutto inutile" continuava a pensare.
"mi spareranno comunque, e non mancherò a nessuno, non so neanche se si accorgeranno della mia assenza"
"Magari dopo che morirò Frank scriverà una canzone su di me..."
Frank.
Era nei suoi occhi che stava cercando la pace, il timbro della sua voce lo stava chiamando a reagire.
Non doveva morire, non poteva.
Non poteva per Mickey, per Frank e anche per Ray.
Ma cosa fare?
I rapinatori erano cinque, e lui aveva una pistola puntata alla testa pronta a fargli fermare i battiti cardiaci da un momento all'altro.
Cercò di farsi forza, mettendo di nuovo a fuoco il mondo, e si rese conto di aver un male alla testa.
Si portò la mano tremante alla tempia e nel rivederla davanti a sé scorse del vivido sangue.
Non gli avevano sparato, sarebbe già morto.
Lo avevano solo colpito col manico della pistola, probabilmente perchè non stava collaborando.
La lucentezza e la brutalità di quel liquido corposo lo riportò alla realtà, come se all'improvviso sentisse di nuovo.
Uno dei ladri lo aveva preso per il colletto della maglietta e lo stava scuotendo, urlandogli in continuazione di aprire la cassa di corsa, prima dell'arrivo degli sbirri.
Il ragazzo si alzò barcollando, un rivolo di sangue dalla testa, su cui batteva di nuovo la pistola, che percepiva ancora più fredda a contatto con la pelle lacerata.
Sentiva come un rimbombo stordente, che non gli faceva posizionare bene i piedi e gli faceva perdere l'equilibrio.
Cercava di concentrarsi su qualcosa di bello, su come sarebbe stato tutto perfettamente normale una volta finito.
Girò l'angolo della cassa, le dita insicure a comporre il codice di sicurezza che sbloccò l'aggeggio, che i delinquenti si sbrigarono a svuotare.
Gee ricadde all'indietro, colto da un malore improvviso principalmente dovuto all'ansia, ma gli uomini non se ne curarono.
Scapparono via nella notte, lasciando il ragazzo a terra, quasi privo di sensi.
Il pavimento era freddo quasi quanto il metallo che aveva sentito premergli sulla vita, emanava piccoli respiri dalla bocca che condensavano immediatamente, essendo inverno.
Era accaduto tutto in una manciata di minuti, ma a Gerard sembravano passati anni, che gli stavano ricadendo addosso come pioggia in un giorno di Novembre.
Anzi, sarebbe più accurato dire grandine, siccome stava risentendo di ogni secondo di agonia passata, che sembrava lacerlo in parti diverse.
Pianse.
Grandi lacrime gli rigavano il volto, diventando rosate dal lato della ferita, che sentiva calda e pulsante come non mai.
Oppure era il battito irregolare del suo cuore che si era in fretta diffuso nel suo corpo?
Restò lì, a terra, in quella posizione, per molto tempo, vari tentativi di alzarsi fermati da un dolore lancinante alla testa.
Dopo qualche tempo si alzò, voltando gli occhi verso l'orologio da polso, che trovò rotto.
La luna era alta nel cielo da parecchio, l'aveva vista vegliare la sua agonia, doveva esser tardi.
Così si infilò la giacca e lasciò il negozio, deciso a dare spiegazioni il giorno dopo al titolare per la mancanza di soldi, la sua ferita come testimone.
Non avrebbe mai più messo piede in quell'edificio.
Percorrendo le strade non si era mai voltato indietro, e solo una volta arrivato alla porta di casa, ansante, si rese conto di star correndo.
Si lasciò ricadere seduto, facendo riprendere le lacrime a sgorgare libere, il sale gli bruciava a contatto con la ferita e il liquido stesso lo faceva, siccome si raggelava per via del freddo inverno.
Si passò goffamente gli avambracci sotto gli occhi, poi si rialzò ed entrò in casa, che fu lieto di trovare silenziosa, non volendo di certo parlare di quello che era accaduto.
O meglio, non con la sua famiglia.
Senza toccare cibo salì in camera sua, facendosi ricadere sul letto privo di forze, l'unico accorgimento quello di richiudersi la porta alle spalle per evitare di svegliare i famigliari.
Chiuse gli occhi e provò a rilassarsi, ma quelle scene di violenza e disperazione gli risalivano alla mente come l'ossigeno.
Si alzò di scatto, prendendo carta e penna.
Tirò una linea, la pistola puntata alla testa.
Un'altra, il suo sangue sul pavimento.
Una terza, le lacrime che sembravano racchiudere quelle di una vita.
Si potrebbe continuare all'infinito ad affibiare sentimenti ai tratti, ma dopo relativamente poco terminò il bozzetto, una confusa figura nera, con occhi e bocca bianchi, come avessero risucchiato loro tutta la luce.
Rimase dei secondi ad osservare, a metà tra l'inorridito e il confuso dal suo stesso lavoro, poi prese un pennarello rosso ed iniziò a disegnare x sulla carta.
Scrivere, disegnare, persino fare degli scarabocchi sul lato di un foglio lo aiutava a calmarsi.
Ma quella volta non funzionò.
Non completamente.
Sedette davanti allo specchio, fissando la propria immagine negli occhi rotti dal pianto recente.
-io...- iniziò, la voce acuta e indecisa, come stesse parlando per la prima volta.
Ed in effetti era più o meno così, avendo subito uno shock.
-sono G... gerard W...w- continuò, ed i ricordi passati lo investirono, mandando il suo cuore ancora più in basso nel baratro.
Sarebbe voluto sprofondare lui... non tornare mai più.
-'fanculo- disse, ridendo malinconicamente tra le lacrime che gli si facevano corpose sulle guance. -FANCULO- ripetè, più forte, poi tirò un pugno allo specchio, che però non si ruppe.
Peccato.
Avrebbe voluto far uscire dal proprio corpo quel sangue angosciato.
Farlo lui e lui solo, non cinque sconosciuti incappucciati.
-Sì... devo fare uscire il sangue... devi uscire da me... esci!- urlò, in preda al panico, continuando a tirare ripetutamente pugni al suo riflesso, che lo guardava con aria di rimprovero.
In realtà non era lo specchio che voleva distruggere.
Era lui stesso, la sua figura, quel ragazzo che non è riuscito in nulla nella vita, che ora aveva perso anche il lavoro e la minima fiducia che nutriva nei propri confronti.
Il vetro non era neanche incrinato, i due Gerard si guardavano soppesandosi a vicenda, ansanti.
-che sto facendo? Io volevo davvero farmi del male? Che mi succede?- sossurrò, fissandosi le mani tremanti che ora risultavano livide oltre che rosse.
Aveva bisogno di aiuto, ne aveva bisogno come mai prima d'ora.
Mickey?
Ray?
Stava scorrendo la rubrica, ma sapeva già dove si sarebbe andato a fermare il suo dito.
una voce impastata di sonno gli rispose, sbadigliando.
《Gee ma ti rendi conto di che ore sono?》
《Frank? Che bello sentire la tua voce》 rispose in modo nasale.
《tutto bene?》
《no...》 sossurrò, ridacchiando nei singhiozzi che stavano dando nuove turbolenze alle sue spalle.
《vuoi parlarne?》
《no》 rispose, deglutendo, e sentì un sospiro dall'altro capo del telefono, al quale seguirono alcuni secondi di silenzio, che poi il moro ruppe.
《Frank...?》
《dimmi》
《non è che verrest-》 iniziò, la voce rotta e tremante, non più pregna della malinconica ironia che lo aveva avvolto prima.
《dammi massimo dieci minuti, e sono da te》
Bellissimi ciao!
Questo capitolo è stato difficile da scrivere, e ci tenevo a dire che questo episodio è capitato davvero al povero Gerard.
Ovviamente non come l'ho descritto io, ma lo hanno davvero rapinato e gli hanno puntato una pistola alla testa :(
Penso sia una cosa davvero orribile, che ti segna in una maniera incredibile.
Per questo spero, come sempre, di non essere stata superficiale o cose simili.
Tanto amoooore :,)
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