chapter eight

La felicità di Gee si prolungò.

Si stese prima a ore, poi a giorni, e infine a settimane.

Ormai loro non erano più quattro ragazzi che giocavano a fare i musicisti. Erano diventati una Band con la B maiuscola, anche se senza fama nè fan.

O meglio, li avevano, ma in anonimo.

Avevano pubblicato una decina i canzoni, senza tuttavia rendere pubblici i loro nomi.

Era un esperimento per vedere la reazione della gente, ed era bello sentire le ipotesi dei ragazzi della scuola, che sapevano solo che gli artisti provenivano da quelle mura.

-secondo me sono quei fighi del football- mormoravano le ragazze, sognanti, mentre Gee e Frank ridacchiavano dagli spalti, una birra in una mano e un cheesburger nell'altra.

-che dici Frankie diventiamo palestrati?- chiese il moro nel suo orecchio, le parole mescolate al rumore del cibo che frantumava in bocca.

-sei meno credibile di quando dici di volerti mettere a dieta- osservò l'altro, ridacciando, così Gerard gli passò un braccio intorno alla schiena e lo attirò a sè.

-senti chi parla-
Il rapporto tra Gerard e Frank stava diventando piuttosto strano. Si sfottevano a vicenda in continuazione, ma poi ridevano si buttavano l'uno addosso all'altro, senza imbarazzo, solo il piacere del calore e dell'affetto, che finalmente conoscevano.

-mi hai offeso comunque- borbottò in aggiunta il corvino, indicandosi la guancia, che Frank si sbrigò a coprire con le labbra, producendo uno schiocco.

-perdonato?- domandò, dando un ultimo morso al panino, mentre l'altro sorrise, ripetendo quella parola.

Rimasero del tempo così, abbracciati, un po' per affetto, un po' per provar a scacciar via l'inverno alle porte.

Frank ormai si era appiccicato a lui tanto quasi da entrargli nel giubbotto.

Cosa che in effetti aveva fatto, perchè lo aveva aperto per accoccolarsi meglio alla sua figura e sentirne meglio il calore corporeo.

-Frankie mi potresti dire l'ora?- chiese pigramente il moro, accompagnando la domanda con un piccolo sbadiglio.

-se te lo dico te ne dovrai andare, quindi no- replicò, alzando il mento per guardarlo negli occhi e sorridergli innocentemente.

Gerard sbuffò, e a suo malgrado si alzò, togliendosi di malavoglia il più piccolo di dosso, ma in compenso gli prese la mano per farlo rialzare.

Sì, per farlo rialzare... allora perchè camminavano ancora per mano verso l'uscita della scuola?

-hai le mani fredde- borbottò, e Frank gli lasciò uno sguardo imbarazzato.

Era la prima volta che si tenevano per mano, ed era anche la prima volta che si "coccolavano" nel mezzo dei corridoi della scuola, che ora stavano attraversando.

"A froci!" Si sentì da qualche parte, ma a Gee venne quasi da ridere.

Qualunque cosa gli scivolava addosso.
Il suo corpo aveva creato una dura corazza, impossibile da scalfire.
Invece intorno al cuore di Frank era pieno di punti vulnerabili, di tenera carne lasciata scoperta, che poteva venir ferita facilmente.

Cercò di sfilare la mano da quella del moro, ma lui la strinse più forte.

-Gee...- sossurrò, una rottura della voce che l'altro poteva immaginar riflessa anche nei suoi occhi, probabilmente lucidi.

Lasciò andare la sua mano, e procedettero con lo sguardo basso.

Arrivati fuori, Gerard si piazzò davanti a Frank, lo sguardo di chi non ammette bugie né mezze verità, ma con amore.

Forse.

-non volevi ti tenessi per mano?- domandò, con una naturalezza che fece rabbrividire l'altro.

Possibile non fosse mai in ansia nel dire le cose, anche quelle che prevedevano loro due a fare qualcosa di superiore all'amicizia?

Possibile non ci fosse un cenno di indecisione, dietro quei freddi e profondi occhi chiari?

A volte quasi quasi lo intimoriva.

-no... certo che puoi... però...-

-però cosa?- chiese, inarcando le sopracciglia.

-hai... hai sentito come ci hanno chiamati?- sossurrò, riprendendo a camminare per evitare di dover fissare lo sguardo nel suo, cercando di trovare qualcosa di più interessante.

Frank, faresti prima ad autoconvincerti di essere etero.

-sì, ti da fastidio?- domandò, e Frank annuì timidamente.

-a te no?- come quesito di ricambio.

-no- accompagnato da un cenno del capo sicuro, e una mano calda che di insinuava vicino e poi attorno ad una più piccola e fredda, le dita intrecciate.

-ora non c'è nessuno- si giustificò, una nuvoletta che fuoriusciva dalla sua bocca per via della bassa temperatura.

Fece l'occhiolino a Frank, che arrossì parecchio, ma gli sorrise, avvicinandosi a lui in modo da far toccare i loro fianchi.

Quel giorno era mercoledì, ovvero quando Gee aveva da fare in negozio, lavoro che non aveva mai lasciato sia per passione che per un minimo di profitto, anche se, per la maggior parte del tempo, si faceva pagare in fumetti.

Così fu accompagnato dal compagno fino al bivio che divideva le loro vie, poi si separarono, e dovvettero farsi bastare il proprio calore per andare avanti.

Frank si stava convincendo di non provare solo comune affetto per Gerard.

Voleva stringerlo ogni secondo, sentire il battito del suo cuore e mettere una gamba sulle sue come facevano a volte in casa, mentre scrivevando canzoni.

Non avevano smesso di vedersi da soli per comporre, e non lo trovavano irrispettoso nei confronti degli altri.

Era tutta un'altra musica.

Musica di sfogo e conforto, che li sapeva rompere e ricomporre nel giro di pochi accordi, di poche parole.

Molte volte finiva con loro abbracciati che piagnucolavano e si confortavano, altre ancora non aprivano bocca, solo il calmo silenzio del ricordo, e in altri momenti ancora ridevano così tanto sentirsi da vomitare, e non riuscivano a smettere neanche quando si separavano, continuando a ridere da soli, pur consapevoli che non era la stessa cosa.

Non è questo lo stare bene con una persona?

Gee prese le chiavi dallo zaino e aprì la fumetteria, preparandosi a quello che si prospettava essere un normale e noioso giorno di lavoro.

O almeno, così credeva.

Dopo ore tra gli scaffali impolverati, passate a rendere concrete le aspirazioni di grandi e piccoli, si avvicinò alla porta e voltò il cartello, mostrando alla strada la rossa scritta "closed", poi iniziò a mettere in ordine e spazzò.

Quello era uno dei momenti della giornata che preferiva, soprattutto prima che Frank fosse entrato nella sua vita.

Nessuno a disturbarlo, solo lui, la musica e l'odore della carta.

Gli venivano sempre in mente idee per delle nuove canzoni, e ciò voleva dire più motivi per conversare con Iero e più possibilità di successo per la band.

Pensava che la sua adolescenza fossero pagine della sua vita da buttare nel cesso e poi tirare lo sciacquone, ma nell'ultimo periodo si stava rendendo conto di voler vivere anche quelle, parola per parola.

Così si ritrovò a sorridere come un ebete nel chiudere lo zaino e metterselo in spalla, pensando a cose come "cosa mi cucinerò per cena?", ma un forte sbattere alla porta tranciò i suoi pensieri.

Non fece in tempo a dire "siamo chiusi", che l'infisso si aprì con forza, sbattendo.

-non mi sembra- disse una voce acida.

Gerard provò ad incrociare lo sguardo con i nuovi arrivati, ma tutto quello che trovò fu il nero.

Nero sui loro volti, suoi loro vestiti e sulle loro mani felpate.

-dacci tutti i soldi che hai nella cassa, oppure...- sentì dall'uomo senza volto, poi udì il rumore di un proiettile che entrava in canna a qualche centrimetro da sé, e infine il freddo metallo all'altezza della tempia.

Morirò... oggi morirò.

Hola! Anche se questa ff sta floppando malamente, ci tengo parecchio, quindi continuerò a scriverla :))

*piange in un angolino*

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