capitolo tredici
-24 dicembre-
Kageyama era fuori dalla porta di casa Hinata, le mani che torturavano i rossi guanti che ormai non potevano mancare in quelle fredde giornate.
Lo facevano sentire vicino al ragazzo che teneva il suo cuore, gli piacevaindossare il prodotto della sua fatica, del tempo che aveva perso per fargli un regalo.
Li considerava la cosa più di valore che avesse, e li trattava come fossero d'oro.
D'oro come il cuore di Hinata, che sembrava aprirsi e rilasciare il suo prezioso bagliore ogni volta che stava con l'alzatore.
Sospirò, poi bussò alla porta. Aprì una bambina che non superava il metro e quaranta, i capelli color carota legati ai lati della testa, due occhi nocciola, della stessa sfumatura di un paio che conosceva bene, che ormai gli apparivano anche in sogno.
-sei Kageyama, vero? Shoyo non fa che parlare con te, se sei fantastico almeno la metà di quanto dice,dovresti essere meraviglioso!- esclamò, senza cattiveria, mentre le guance del povero alzatore si tinsero di rosso, come quelle di Shoyo, che si faceva largo da dietro sua sorella, chiamando il suo nome con rimprovero.
-NATSU! MA TI SEMBRANO COSE DA DIRE!- la rimproverò, tappandole la bocca e spingendola all'indietro, facendo largo almoro.
-entra prego, scusa per lei- mormorò, rosso dalla testa ai piedi, mentre la piccola cercava di divincolarsi dalla sua stretta.
-ma no... tranquillo- lo rassicurò, entrando in casa. Resistette alla voglia di accarezzargli i capelli, non volendo accrescere il suo imbarazzo, già fin troppo presente dall'affermazione di Natsu.
Shoyo ne disse altre quattro a sua sorella, poi seguìl'alzatore, nella casa. Kageyama aveva deciso di non soffermarsi troppo sull'abbigliamento del compagno, per evitare pensieri poco consoni e di imprimersi immagini perpetue nella mente, però avevanotato un maglione verde con sopra una renna, che lo faceva proprio carino, a suo parere.
Gli veniva proprio voglia di coccolarlo, per quanto era piccolo e tenero. Poi i suoi capelli spettinati, anche seera evidente avesse provato a metterli a posto, completavano il suo dolce abbigliamento.
E meno male che si era imposto di non fare pensieri su di lui...
-piacere! Tu sei Kageyama l'amico di mio figlio?- chiese una donna, mentre loro passavano davanti la cucina, diretti in camera.
La signora stava cucinando una lasagna dall'aspetto invitante, ma Tobio non la vide in viso, visto che eragirata verso i fornelli.
Distinse tuttavia la tonalità di arancioneche doveva caratterizzare la famiglia, su un corpo basso e rotondo, apparentemente amichevole ed energetico.
-sì signora, piacere di conoscerla- disse il moro, fermando la sua avanzata per salutare cordialmente.
Esaminò la piccola stanza e scorse anche un uomo, piùalto del resto del gruppo familiare, e smilzo, dai marroni capelli.
Se non fosse per gli occhi del medesimo colore di quelli del figlio che conosceva bene, Kageyama non l'avrebbe mai riconosciuto come padre del compagno.
Si presentò anch'egli, sempre cordiale ma un po' meno sorridente e colloquiale della moglie. Intanto Shoyo aspettava dietro l'alta figura dell'alzatore, spostando il pesi da unpiede all'altro, aspettando di andare in camera.
-sì, ora vi lasciamo cucinare- si intromise, prendendo Tobio per un polso etrascinandolo di sopra. Quest'ultimo tirò un sospiro di sollievonel lasciare il campo visivo dei genitori di Hinata, non sapevaneanche il perché.
Il loro parere gli importava, se mai sarebberiuscito a frequentare il suo caro centrale, il loro consenso sarebbe stato indispensabile.
I due arrivarono in camera di Shoyo, e a Kageyama bastò un'occhiata per constatare si adattasse proprio al ragazzo, piccola, abbastanza disordinata, ma piena di poster e colori.
Tutto il contrario della sua, parecchio spoglia e impersonale.
Erano opposte anche le loro stanze, quindi.
-questo è per te! I regali di natale si dovrebbero dare domani, ma per lacena lo dovresti mettere, è una specie di tradizione- spiegò il rosso, porgendogli un piccolo pacchetto, incartato con una carta abbastanza infantile, con dei pinguini.
Tobio aveva un presentimento, e la cosa non gli piaceva.
L'interno della carta si rivelò come pensava, un largo maglione di lana rosso, come tutti i regali di Hinata, a quanto pare, sul quale era ricamato un pupazzo di neve.
Kageyama non disse nulla, si tolse la felpa che portava e indossò il capo, che sembrava sposarsi alla perfezione con quello di Shoyo, il quale lo guardava, con gli occhi praticamente a cuoricino.
Tobio non capiva cosa ci fosse da vedere. Mentre il centrale era talmente tenero, nella sua bassa statura e con le sue rosse e morbide grandi guance, in quell'enorme maglione, cosa c'era di bello in uno spilungone accigliato vestito in quel modo?
Ma ad Hinata piaceva, oh, se gli piaceva. Anche perché aveva indossato il capo da lui donato senza opporsi, anche se era sicuro non avrebbe mai indossato una cosa del genere.
-kageyama... ti devo dire una cosa... di sporavvivenza- lo avvertì, sossurrandogli all'orecchio, serio.
L'ansia e la paura pervasero Kageyama, che si era intimorito dal tonofin troppo strano del più basso. Annuì, come a dirgli di parlare, un'espressione seria anche sul suo viso.
-questa sera... non sedere accanto a Natsu a salta cavallo- mormorò, assottigliando lo sguardo.
Kageyama lo fulminò, ma non potè fare a meno di ridacchiare internamente.
Gli diede una botta in testa blaterando una cosa deltipo "cretino mi hai fatto preoccupare", e Shoyo gli rivolse un'occhiata truce.
-guarda che è fortunatissima! Perderesti subito!- spiegò, massaggiandosi la nuca.
-quest'anno ti converrà tenere d'occhio me, invece, ti assicuro che non sono affatto male agiocare a carte- lo sfidò il moro.
In realtà non era neanche questo granchè, ma aveva detto così per assicurarsi una cosa, conoscendo il centrale.
-va bene! Vedremo... a salta cavallo non provare a nonmetterti accanto a me, eh?- domandò, retorico, ed era proprio aquesto che Kageyama contava.
-mh... che ci scommettiamo?- chiese, avvicinandosi pericolosamente a lui, con finta aria minacciosa.
-chi perde dovrà scrivere ad Oikawa che gli vuole bene- dichiarò il più basso, dopo averci pensato un po'. Tobio sbiancò, iniziando a boccheggiare.
Non sarebbe stata la prima volta in cui Hinata avrebbe svelato un suo talento segreto, e voleva evitare di scrivere quella cosa al suo odioso senpai. -io... ma...- iniziò, ma Hinata lo interruppe, dicendogli che allora era andata.
Il moro sbuffò, e non fece in tempo areplicare, perchè una piccoletta spalancò la porta e si fece largo nella stanza, chiamando i due per la cena.
I genitori di Hinata non erano perfetti, ma in presenza di gente al di fuori dalla famiglia si comportavano proprio bene, e Kageyama si sentiva quasi fuori posto, in quel bel quadetto così estraneo al suo mondo.
Mangiava in silenzio, un sorriso malinconico dipinto in volto.
Era bello mangiare cibo caldo, preparato con amore.
Di cosa si era nutrito per tuttiquesti anni? Di amore, no di sicuro. I discorsi durante il pasto si alternavano e si incrociavano, e di tanto in tanto anche luiinterveniva, anche se era troppo timido per prenderne parte ampliamente.
Finito il dolce, del buonissimo pandoro ripieno preparato del padre di Shoyo, decisero di iniziare a giocare.
-la rivalità inizia a salta cavallo,ma ora, dobbiamo battere quella smorfiosetta a tombola- sossurrò il centrale, prendendo Kageyama per la spalla, in modo da farlo abbassare, per potergli parlare all'orecchio. Il moro ridacchiò, soprattutto nel vedere con quanta rivalità Shoyo guardava la sorella, molto simile a quella tra loro due.
Anzi, no, che dico.
Le cose non avevano nulla in comune, quella tra Shoyo e Natsu era pura rivalità tra fratelli, mentre, quella tra loro due, era un "odio"che sostituiva un amore ancora troppo acerbo per sbocciare.
Come quei fiori brutti fuori, tristi, che una volta aperti erano talmente belli e variopinti da lasciare a bocca aperta.
Il centrale incrociò le braccia alpetto, irritato da quella risata a parer suo fuori luogo, ma poi Tobio gli disse di non prendersela, e che avrebbero sicuramente vinto contro Natsu.
Le ultime parole famose, perchè, dopo che riuscirono a fare ambo, la piccola vinse tutto il resto.
Tuttavia Shoyo era felice, quasi commosso. -io... è la prima volta che vinco qualcosa- disse, rivolgendo uno sguardo trionfante alla sorella, che però scosse la testa.
-io non ve lo volevo dire, ragazzi, ma avevo fatto due caselle in fila da molto prima che lo diceste, da molto- sostenne, ridacchiando. Il poveretto fece una faccia sconsolata, buttandosi giù, con Tobio che era indeciso tra ridere, consolare Shoyo orimproverare la bambina, per essersi presa gioco di loro.
Non fece intempo a fare nessuna di queste cose, perchè fu annunciata la volta di salta cavallo.
Ovviamente vinse Natsu, ma tra Kageyama e Shoyo fu quest'ultimo a spuntarla, mentre il povero moro iniziava a pensare a come spiegare al capitano dell'Aoba che quel gesto non era stato dettato dalla sua volontà.
Visto che si era fatto tardi, i due decisero di salire in camera, umiliati da quella sconfitta su praticamente tutti i fronti.
Salendo le scale, Tobio notò delle foto appese, tra le quali una, che raffigurava un piccolo Shoyo di cinque o sei anni, con in mano un pallone.
Prestò molta attenzioneal suo volto, al settimo cielo, come se il solo toccar pallone lorendesse felice.
-ehi Hinata- lo richiamò, visto che il rosso era unpo' più in alto, quasi alla fine della rampa.
-mh?- domandò, scendendo qualche gradino per raggiungerlo.
-quanto avevi qui?- Kageyama indicò la foto in questione, e l'altro fece un'alzata di spalle.
-ah boh... cinque o sei anni?- rispose, volgendo anche lui lo sguardo allo scatto, di cui neanche ricordava l'esistenza.
É proprio vero, quando vediamo una cosa troppo spesso, nella nostra mente diventa invisibile.
-non sei cambiato di una virgola-commentò, passando l'indice sul vetro. -eri proprio carino- aggiunse, volgendo lo sguardo su di lui, un velo rosso poggiato sulle sue gote.
-ora non lo sono più?- piagnucolò Shoyo, giocosamente, facendo il labbruccio.
-non ho detto questo- disse, per poidire le parole seguenti senza neanche accorgersene. -ora sei anche più bello- le guance di Hinata presero letteralmente fuoco, mentre quelle di Tobio neanche si potevano più definire tali, tanto erano arrossate.
Shoyo per la prima volta non riuscì areggere lo sguardo, quindi lo puntò verso il pavimento.
-vieni andiamo- mormorò, tirandolo di poco per una manica, come a dirgli diseguirlo in camera.
Lui annuì, maledicendosi internamente per averlomesso in imbarazzo. -scusa non intendevo...- sossurrò, ma venneinterrotto bruscamente dall'altro.
-no, va bene tranquillo- lo liquidò, scuotendo il capo, chino verso terra.
Tornati nella camera da letto delrosso, Tobio sedette sul letto, ragguinto dal più basso, il quale, dopo alcuni minuti di silenzio, nei quali probabilmente il suocervello er ancora occupato a metabolizzare quel complimento, indicòil cellulare del suo compagno, esordiendo con un semplice "hai perso", che doveva fargli capire il da farsi.
-oh... no no no non se ne parla proprio- ribadì il moro, il solito distacco ormai un vago ricordo.
-"mi chiamano re di scala quaranta" gne gne- si burlò di lui Shoyo, imitando la sua voce ed abbassandosi i capelli, in modo da farli lontanamente somigliare a quelli dell'alzatore.
-me la pagherai- sibilò, mentre prendeva il telefono e lo accendeva, poi aprì Whatsapp, aprendo la misera chat che aveva avuto con il capitano dell'Aoba Johsai, salvato con il freddo nome di "Oikawa Torū Aoba".
Hinata lasciò daparte l'etica e sbirciò i suoi contatti, realizzando che ad essere salvato "Hinata Boke :)" era proprio lui.
Tutti gli altrinomi che aveva visto erano con nome e cognome, quindi essere salvatocon un soprannome, e persino con un'emoji, era per lui un'enorme vittoria.
-Oi...ka...wa... san. ti... vo...glio be...ne- sillabò nel mentre digitava quelle parole, sputandole come fossero acido. Hinata ridacchiò, e Tobio lo fulminò con lo sguardo.
I due rimasero per un po' a chiacchierare, o meglio a discutere e bisticciare, fino a quandoarrivò l'ora di coricarsi.
-ancora cinque minuti dai non voglio dormire- protestò Shoyo, come un bambino piccolo, ma l'altro lo obbligò a calmarsi, e, in pochi minuti, erano entrambi sotto le coperte, tutte le luci spente tranne una piccola abatjour, senza laquale bagliore il più basso non riusciva a dormire.
Ovviamente prima Kageyama aveva fatto parecchie domande, e lo aveva preso un po' in giro, siccome Shoyo aveva giustificato la cosa come una semplice cosa familiare che aveva sin da piccolo, contro la paura del buio cheprima lo affligeva.
Sì, era una cosa familiare, gli ricordava le sere che aveva passato a tranquillizarsi e a lasciarsi cullare da quella luce, per evitare di pensare al caos che imperviavanel resto della casa, fuori dalla sua stanza, tanto che ormai adormire senza di essa gli sembrava quasi di essere "scoperto".
E Kageyama in cuor suo lo sapeva ci fosse altro, aveva iniziato a conoscere bene Shoyo e le sue espressioni, sapeva che faccia faceva quando nascondeva qualcosa, ma sembrava anche leggermente triste, quindi aveva fatto finta di credere avesse quella fobia, non voleva farlo pensare a cose brutte. Voleva solo vederlo sereno, sorridere.
-Kageyamaaaaa- mugugnò Hinata, qualche secondo dopo, la voce scocciata di un ragazzino.
-stai dormendo?-chiese, girandosi verso di lui. Tobio poteva vedere la sua faccia, essendo i due letti parecchio vicini e la lucina nel mezzo.
-non è passato neanche un minuto, non rompere- borbottò il moro, che già era verso di lui, visto che fino a qualche secondo prima stava osservando i lineamenti del suo viso rilassato, in cerca di sonno.
-daaaai non ho sonno. Andiamo a giocarea pallavolo?- chiese, con supplica.
-non si può, non abbiamo il campo- spiegò ovvio, ma il centrale replicò, lesto: -facciamo qualche passaggio qui! Ti prego?- fece il labbruccio e gli occhi più dolci che potè.
Kageyama si sentì sciogliere da tanta tenerezza, ma sirigirò nelle coperte, per escuderlo dal suo campo visivo.
-domani, ora è tardi, dormi-sentenziò, anche se ammetteva che stava per cedere alla tentazione.
Shoyo sbuffò, facendogli il verso, eanche lui si voltò. In questo modo i due si davano la schiena, anche se oceano e terra desideravano incontrarsi e mescolarsi come non mai.
Tuttavia allegiava ancora della nebbia tra i due elementi, ormai quasi del tutto dissolta, che ancora annebbiava la loro volontà e desideri, impedendogli di riconoscersi.
Bella brosky il capitolo potrebbe avere delle parole attaccate, è colpa del pc di merd-
Ah, e poi sono una cazzara non rispetto mai i giorni di aggiornamento ma VABBÈ
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