capitolo quattordici

Dopo un po' entrambi presero sonno, solo che, verso le tre del mattino, Kageyama sentì le molle del letto accanto a sé muoversi e dei passi lasciare la stanza.

Non ci volle molto per capire che Shoyo se n'era andato.
Tobio lo trovò parecchio strano.

Avevano già dormito parecchie volte tra le stesse quattro pareti, e solitamente dormiva come un ghiro.

Appena la porta si fu richiusa, decise di alzarsi, per poi avvicinarsi all'uscio e poggiarci contro un orecchio. Sentiva delle voci gridare, sempre le stesse scocciate di quella volta, a casa sua, ma uguali anche a quelle calme e gentili che aveva sentito a cena.

Sbirciò dal buco della serratura, e notò Shoyo, in piedi in cima alle scale, che li osservava bisticciare in silenzio, con lo sguardo più triste che gli avesse visto in volto.

Due occhi persi, tuttavia asciutti, con le mani si torturava le rosse guance, aveva le labbra socchiuse, quasi come fosse sorpreso.

Perchè anche se era abituato, ogni volta aveva speranza.

Speranza che più nulla si ripetesse.

Speranza che quello fosse solo frutto della sua immaginazione.

Speranza che tutto si aggiusti.

Bella parola, "speranza", ma anche distruttiva.

Senza speranza non c'è dolore, non c'è sorpresa del negativo, non ci sono delusioni.

Ed era mormai all'ordine del giorno, per Shoyo, vederla sgretolarsi.

Ma la sua mente non si abbandonava alla mala sorte, preferiva contiuare a rimanerci male ogni volta, a piangere, a strillare.

Tobio nel vedere la sua anima svuotata in così poco tempo sentì il proprio cuore esplodere, e spargere pezzi da tutte le parti, come se il collante che prima li teneva uniti si fosse improvvisamente disciolto.

E l'unico modo per ricomporlo era eliminare quell'espressione di sconforto dal ragazzo, possibilmente per sempre.

Ma come poteva fare? Non era certo Dio, non era nessuno, non poteva fare nulla per aiutarlo.

Un abbraccio e una carezza non avrebbero cancellato il caos, le belle parole non avrebbero fatto dimenticare quelle velenose.

Sarebbe stato inutile.

Tutto inutile.

Allora perchè aveva voglia di stringerlo e non lasciarlo più?

Intanto Shoyo continuava ad osservarela scena, ripetendosi in mente che andava tutto bene, e di tanto intanto dava uno sguardo alla camera di Natsu, per controllare non sisvegliasse.

La famosa speranza del ragazzo era principalmente dedicata a lei.

Lei, che era così piccola e tenera, esposta al mondo.

Shoyo non avrebbe permesso quei dolci lineamenti si attristissero, quella vivacità si asopisse.

Se la delusione fosse stata un drago e Natsu un cavaliere, lui avrebbe preso il posto della sua armatura, spessa e compatta, tanto da impedirle di percepire persino il fuoco dell'animale, da farle affrontare il mondo senza risentire delle sue insidie.

Le grida si spensero, e il ragazzo fece dietrofront, dirigendosi verso la camera.

Kageyama fece qualche passo indietro, ma non si rimise sotto le coperte.
Anche se per poco, voleva eliminare la tristezza da quei begl' occhi.

Non poteva far di nuovo finta andasse tutto bene, non poteva permettersi di essere di nuovo condizionato dalla paura. Doveva solo avere il coraggio di allungare una mano verso di lui, sperando Shoyo vi si aggrappasse.

Aprì la porta per poi richiuderla subito alle sue spalle, sospirando ed appoggiandosici contro.

Inizialmente non notò Tobio, ma non appena posò gli occhi sulla sua alta e smilza figura, sussultò.

La vita di Hinata somigliava molto ad uno spettacolo teatrale, in cui lui interpretava il ruolo del protagonista.

Ed era davvero un bravo attore, Kageyama lo aveva capito. Il suo viso logorato dalla tristezza in un attimo si trasformò in uno semplicemente stanco, aggiungendo anche uno sbadiglio.

Ma, come dice il detto "non rubare mai a casa del ladro", il moro capì subito quella fosse una semplice maschera, essendo che le indossava egli stesso, per molto più tempo di lui.

-dove sei andato?- chiese Tobio, con una freddezza non voluta, che non fece in tempo ad addolcire.

-avevo solo sete, non trovi la lasagna fosse un po' troppo salata?- mentì, accompagnando la sentenza con un finto sorriso spontaneo, che il moro registrò all'istante come tale.

-non mi mentire- sossurrò, freddo, poi si avvicinò a lui, guardandolo negli occhi. -lo so cosa è successo- aggiunse, una nota di tenerezza nella voce.

Inizialmente Shoyo provò a negare ancora il tutto, mantenendo la stessa espressione, come se non sapesse di cosa il ragazzo stesse parlando, ma poi, nel vedere quello sguardo irremovibile, nel blu delle sue iridi, sentì le guance gradualmente bagnarsi, dei piccoli e lenti fiumi.

I condotti d'acqua si andarono a fondere nel mare degli occhi di Tobio, il quale senza vacillare attirò il rosso a sé, bagnandosi delle sue lacrime, la testolina color carota sul petto.

Kageyama si sentì come se il ragazzo sistesse rompendo, ma lui, invece di tenere insieme i pezzi lo strinse  ancora più forte, convinto che non fosse la pressione a farlo esplodere.

Il respiro di Shoyo piano piano si regolarizzò, e il flusso delle lacrime rallentò, ma, non appena il suo petto smise di aderire a quello di Tobio l'agitazione riprese ascorrere impetuosa nelle sue vene, e quindi lui lo strinse di nuovo, discostando solo la testa per guardarlo negli occhi.

-vuoi che dorma con te?- in un sossurro, poi un "sì" ancora più impercettibile, ma tuttavia molto sicuro.

Senza staccarsi, i due arrancarono fino al letto, poi Kageyama si stese, portandosi sopra il più basso, che si accucciò a lui.

Poteva sentire i suoi capelli arancioni solleticargli il viso, mentre Shoyo distingueva il chiaro battito dell'alzatore.

Era più accelerato del solito, ma secondo Hinata era allo stesso il suoni più bello del mondo.

-posso spegnere la luce?- domandò Tobio, mentre gli accarezzava il collo, vicino all'attaccatura dei capelli.

-sì, non ne ho più bisogno ora-acconsentì, sorridendogli leggermete.

-okay- mormorò Tobio, allungandosi perspegnere l'abajour.

Shoyo si sentiva protetto da quelle braccia, inebriato da quell'odore che tanto gli piaceva, mentre Kageyama sentiva il cuore scaldarsi, ormai completamente dipendenteda quel piccolo ragazzo che teneva accucciato al suo corpo, con i capelli che profumavano di zucchero filato e i lineamenti rilassati, che lamente vagavano altrove, essendosi finalmente addormentato, sereno.


Balalalala

Non so mai che dire :')

papapapapappa

A E I O U Y

okay basta la smetto

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