capitolo dodici
-tanti auguri a te... tanti auguri a te... tanti auguri a Tobio, tanti auguri a... me- sossurrò il bambino, seduto a gambe incrociate in mezzo alla sua cameretta, i piccoli occhietti blu illuminati dalla fioca luce di un fiammifero, che si estinse con un suo leggero soffio.
Prese un muffin e lo divise in tante parti, distribuendole ai peluches che aveva sistemato intorno a sé.
Era il ventidue dicembre di alcuni anni prima, Kageyama frequentava ancora le medie, quel brutto posto che ha contribuito al logoramento del suo animo.
I suoi genitori erano soliti portarlo fuori, il giorno del suo compleanno, a fare una gita o in un ristorante.
Ma quell'anno, e in seguito quelli a venire, il piccolo trovò solo un post-it giallo sul frigo.
"scusaci ma ci hanno messo una riunione improvvisa, buon compleanno, festeggeremo questa sera".
Tobio non era triste, era ogni giorno la stessa storia.
Non c'era mai tempo, per lui.
Dicevano la sera sarebbero tornati, ma il corvino finiva sempre ad osservare il microonde in funzione, in modo non molto diverso da quello di ora.
Ma... il compleanno non doveva essere un giorno speciale? Sì, sarebbero tornati.
Così si ritrovò ad aspettarli, fuori dalla porta, quella fredda sera.
Le otto... le nove... le dieci... ormai il piccolo era accovacciato sull'uscio, le gambe strette al petto e gli occhi chiusi.
No... non sarebbero tornati neanche quel giorno.
Una lacrima solitaria gli rigò il volto, che si sbrigò ad asciugare.
Non era mai stato un tipo che si piangeva addosso, non avrebbe iniziato in quel momento.
Doveva essere forte, il migliore di tutti in tutto, così magari i suoi genitori sarebbero stati orgogliosi di lui e sarebbero tornati.
Si alzò, per tornare dentro, poi andò in camera ed allestì una festa, con torta, invitati, festoni, luci, regali...
Ma questo era solo fittizio.
La torta era solo un muffin confezionato in scadenza, gli invitati erano peluches, i festoni pezzi di carta colorati di fretta, le luci esili fiammiferi.
Si sentiva incredibilmente solo, nel cantarsi "buon compleanno", non avendo sentito mai quelle parole rivolte a sé da molto tempo.
A scuola tutti lo evitavano, dicevano fosse presuntuoso, mentre a pallavolo lo chiamavano "re del campo", un ragazzo egocentrico, arrogante e vanitoso.
Ma in realtà era solo un bambino cresciuto senza amore.
Kageyama odiava il giorno del suo compleanno.
Si ricordava il freddo, la tristezza di non avere qualcuno che ti fa gli auguri. La vera prova di essere solo.
Mangiò il suo pezzo di dolce e rimase lì, ad osservare la malinconica festicciola fino a quando gli si chiusero gli occhi, portando fine a quel giorno che sarebbe dovuto essere speciale.
Era proprio un triste quadretto, quello che si poteva osservare.
Kageyama Tobio, quel nome era sulla bocca di tutti e nel cuore di nessuno. Molti lo invidiavano, alcuni lo ammiravano, nessuno a dirgli "ti voglio bene".
E, infondo, se in tutto il mondo non c'è nessuno a cui importa di te, esisti davvero?*
-Kageyama... ehi, tutto bene?- chiese Hinata, insicuro, avvicinandosi a lui, che tentava miseramente di fermare il flusso di calde lacrime che gli bagnavano le guance.
La verità è che sentire quella canzone gli aveva fatto tornare a mente dei brutti ricordi, ma lo aveva anche inspiegabilmente commosso.
Quindi non capiva se quelle fossero lacrime buone o cattive, sentiva solo il bisogno di versarle.
Quando la sua vecchia squadra l'aveva abbandonato, le aveva represse.
La prima volta che i suoi genitori non erano tornati la sera, le aveva asciugate.
Il giorno del suo compleanno, anni prima, non aveva permesso sgorgassero.
Invece ora erano lì, vive, gli bagnavano le guance, il collo, la manica dell'avambraccio, gli offuscavano la mente e rendevano lucido il dolore, che ha bisogno di essere vissuto.
-Tobio?- sossurrò, a pochi centimetri da lui. Ormai il solito sorriso di Hinata aveva lasciato spazio ad un'espressione preoccupata.
-sto... sto bene- mormorò, cercando di scacciare via Hinata, che però non si mosse da lì.
-no, non è vero- Shoyo gli scostò le mani dal volto, poi lo abbracciò forte.
La parte di Kageyama che stava morendo di imbarazzo fu sovrastata da quella che si sentiva bene, al calduccio, protetta. Si lasciò stringere dal ragazzo, bagnandogli la felpa di lacrime.
"anche io avrei dovuto fare così, quando lui non stava bene, è una persona molto migliore di me" pensò, aggiungendo lacrime di rimorso a quella varietà già parecchio assortita di gocce.
Rimasero così per un po', finchè lui non si fu calmato o ebbe esaurito le lacrime.
Portò gli occhi bagnati all'altezza di quelli di Hinata, che trovò allegri, nonostante tutto.
Sì, quel ragazzo era come un piccolo raggio sole nelle sembianze di un adolescente.
-ecco... ora basta piangere, nessuno dovrebbe il giorno del suo compleanno!- disse, sorridente, poi si alzzò per andare a prendere qualcosa.
Kageyama rimase colpito da tanta spensieratezza, e fu felice del fatto che Hinata non gli avesse fatto domande, gli bastava che lui stesse meglio.
E stava decisamente meglio... come se Shoyo gli avesse ricaricato le pile.
Si rese conto per la millesima volta di quanto fossero diversi.
Lui, quando Hinata era scoppiato, non aveva avuto il coraggio di andare a consolarlo, ma l'idea di non sapere cosa ci fosse che non andava lo turbava non poco.
Mentre Shoyo non aveva esitato a consolarlo, senza fargli domande, voleno solo ritrovare serenità nel suo sguardo.
-questo è per te!- esclamò, facendo uscire Kageyama da quel ciclone di pensieri.
Rimase quasi a bocca aperta. Un regalo... per lui? Non si ricordava l'ultima volta che ne avesse ricevuto uno.
Prese il piccolo pacchettino ed estrasse i guanti fatti da Hinata stesso, del medesimo colore di quello che stavano piano piano assumendo le sue guance.
Rimase un po' ad osservarli. Le cuciture erano un po' imprecise, era impossibile fossero comprati, poi quella sfumatura di rosso era tanto particolare quanto familiare...
Li indossò, trovandoli particolarmente comodi, poi riportò lo sguardo su Shoyo.
-li hai fatti tu?- chiese, ritrovando un po' del suo tono distaccato.
-non... non ti piacciono?- chiese, leggermente abbattuto. L'idea che avrebbero potuto non piacergli non gli aveva sfiorato neanche l'anticamera del cervello, ma ora...
Kageyama gli sorrise, immaginando Hinata con i ferri in mano, occupato a lavorare al suo regalo. Imbranato com'era, molte volte sicuramente aveva sbagliato e riscucito tutto, volendo fosse tutto perfetto.
-no, sono bellissimi, è che...- iniziò, sfilandoseli e riponendoli nella scatola.
"nessuno ha mai fatto niente del genere per me" pensò, ma quello che uscì dalla sua bocca si avvicinava di più ad un "non sapevo fossi tanto bravo a cucire", con un leggero tono di presa in giro, scompigliandogli i capelli.
Hinata stava per ribattere, ma non fece in tempo, perchè fu avvolto di nuovo dalle braccia di Kageyama e stretto fortissimo.
-grazie Shoyo- sossurrò al suo orecchio. Essere chiamato per nome e quel contatto improvviso vecero arrossire il poveretto, che tuttavia non si sottrasse alla stretta.
Anche quell'abbraccio dopo un po' fu sciolto, e la serata, ormai giunta quasi al termine, proseguì a suon di battutine, scherzi e prese in giro, tuttavia era come se ci fosse una sorta di clima di affetto in quelle parole.
-quindi... che fai per le vacanze?- chiese Hinata, riferendosi all'imminente periodo tra natale e capodanno**.
Tra le due feste sarebbero andati in trasferta a Tokyo, ma lui intendeva nei giorni specifici.
-mh... per natale... sto a casa da solo come sempre- rispose, senza tristezza nella voce.
Hinata lo guardò, quasi arrabbiato, inarcando le sopracciglia.
-che dici! Non si può stare da soli il giorno di Natale! È quasi peggio che piangere il giorno del proprio compleanno. E non tu farò fare questo errore, nossignore. Quindi, a Natale, verrai a casa mia- spiegò, agitando le braccia, gesticolando, realizzando solo una volta terminato che, posta in quel modo, non era una domanda.
-okay?- chiese, per cercare di rimediare, cercando di calmare il tono usato nel discorso precedente.
Kageyama avvampò.
Natale... il caminetto, i regali, i dolci, i maglioni enormi con sopra strane renne che poteva scommettere Hinata avesse, le luci, l'albero, i giochi... sì, gli sarebbe piaciuto tanto.
Non aveva mai amato quella festa, la trovava un inutile festeggiamento commerciale, ma solitamente non si sminuisce ciò che non si può avere?
-uhm... io... cioè, non vorrei dare fastidio- si grattò la nuca, imbarazzato, mentre lentamente muoveva la testa, in un modo che sembrava indicare un sì, quanto un no.
-macchè fastidio! Io mi diverto di più, Natsu sarà contenta, e tu non dovrai passare tutta la sera davanti a quel rottame che chiamo microonde! Ci strafogheremo di cibo e poi giocheremo a tombola, e a carte, vincerò io!- ribadì Hinata, emozionandosi nel narrare l'ultima parte, soprattutto il passaggio in cui lo batteva.
-allora, visto che mi hai sfidato, verrò, ma solo per batterti, intesi? Mi chiamano il re di scala quaranta- si vantò, portandosi una mano sul petto.
Poteva sembrare lo facesse per mettersi in mostra, ma era stato un gesto meccanico, per cercare di frenare il suo cuore dall'uscire dalla cassa toracica.
Il viso di Shoyo si scaldò, ed i suoi occhi riflessero i sentimenti che gli straripavano in petto.
-provaci allora- scherzò, facendogli la linguaccia, e dando il via al loro solito, caotico, ma tutta via bellissimo, bisticcio.
Era ormai l'una, quando i due si salutarono, all'uscita del locale, l'uno con una sciarpa carminia svolazzante, l'altro con le fredde mani ricoperte dal simbolo d'amore del colore del cuore.
*frase di Cassandra Clare, "l'angelo"
**so che in giappone non si festeggia il periodo natalizio tale e quale al nostro, però mi serve per la riuscita della storia :)
Ciao amici come state?
Grazie per leggere sta cosa che scrivo, vi voglio un mondo di bene ♡
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