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Katniss correva per il bosco. C'era un silenzio quasi surreale, a farle compagnia solo il rumore della faretra che rimbalzava sulla spalla e il suo respiro pesante. Aveva una freccia già incoccata nell'arco, le orecchie tese per agire al primo suono. Sentì cinguettare, e con un movimento svelto uccise ben cinque quaglie. Si avvicinò ai piccoli corpi senza vita e ne estrasse le freccie. "sono innocenti, ma bisogna sopravvivere" pensò. Se c'era una cosa che gli hunger games le avevano insegnato era di non piangere sui cadaveri, ma pensare a non diventare uno di loro.
Sospirò, legando gli uccelli con una corda, per il collo, e caricandoseli in spalla. Era ancora presto, non le andava di tornare a casa, così continuò a passeggiare nei boschi. Pensò a quello che aveva passato, ai bambini morti con lei. A Finnick, Annie, Gale... Prim, la sua sorellina. Morta per una stupida strategia ideata da quel maniaco di Gale. Alzò la testa verso le fronde degli alberi, che aprivano una finestra sul cielo.
Ricordò Rue, la ragazzina che ormai cinque anni prima aveva partecipato agli hunger games con lei. Aveva ancora vividi in testa i tratti del suo viso, ancora appartenenti ad una bimba, che non ha iniziato la fase adolescienziale, proprio come sua sorella. Rivide quei tratti corrugati in un'espressione di dolore, quando la lancia le aveva trafitto l'esile corpo. Vide dei fiori selvatici crescere, molto simili a quelli con cui aveva circondato il corpo della piccola, e quando sentì una ghiandaia imitatrice cantare, le venne in mente la ninna nanna che aveva intonato per la giovane mentre esalava i suoi ultimi respiri. Tra le lacrime che minacciavano di uscire tra quei pensieri, sossurrò:

"Là in fondo al prato, all'ombra del pino
c'è un letto d'erba, un soffice cuscino
il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi
quando li riaprirai, il sole avrai davanti.
Qui sei al riparo, qi sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare,
quì è il luogo in cui ti voglio amare"

E mentre il vento la stava a sentire gli uccelli smisero di cantare, spaventati dall'incrinarsi della voce, volta al pianto. arrivò in una pianura, dove si sedette su una roccia, decisa a scuoiare gli animali con il suo coltello da caccia.
Li pulì per bene, mentre tirava su con il naso. A lavoro ultimato, le rimasero solo gli occhi arrossati, nessuna traccia delle emozioni che avevano preso il sopravvento su di lei. D'altro canto aveva imparato fin da piccola a trasformare la sua faccia in una maschera di indifferenza, in modo che nessuno potesse leggere i suoi pensieri.
E anche se ora i tempi erano cambiati, faceva fatica a mostrare le sue emozioni, perchè sapeva che le persone esercitavano potere su di lei solo grazie a quelle. Si caricò nuovamente gli animali in spalla e si avviò verso casa, sentendo ancora l'eco della sua ninna nanna intonato dalle ghiandaie imitatrici mentre attraversava il bosco.

Arrivò alla porta della casa dove lei e Peeta vivevano ormai da alcuni anni. Bussò alla porta numerose volte, ma nessuno rispose.
Corrugò la fronte ed entrò col la sua chiave, sepolta da qualche parte nello zainetto ch teneva sulle spalle. La porta cigolò quando la corvina varcò l'ingresso. Nella casa regnava il silenzio, e Katniss iniziò a temere il peggio, ma trovò un foglietto sul tavolo scritto con la bella grafia di Peeta.
La informava che sarebbe rientrato tardi per lavoro e di non preoccuparsi. La ragazza sorrise, sollevata, poi sentì una fitta alla testa e un conato di vomito che si faceva largo per uscire. Corse in bagno e non sporcò nulla, appena liberata si sedette sul pavimento gelido.
Eppure, lei non aveva quasi mai quei sintomi, questo si ripeteva in mente. Ma poi spalancò gli occhi, pensando di aver capito. No, non poteva essere...

-Mamma... come hai capito di essere incinta?- chiese la ragazza a sua madre, che sedeva all' altro capo del telefono. Se le avessero fatto una foto in quel momento non si sarebbe riconosciuta: ricurva sulla sedia, con i capelli scompigliati e le gote rosse, per lo sforzo e , soprattutto, per l'imbarazzo. Si rigirava una ciocca di capelli tra le dita, incerta. Era la stessa ragazza sopravvissuta a ben due Hunger Games?
-avevo conati di vomito con giramenti di testa, perchè? Aspetta mi stai dicendo che tu...- disse la voce dall'altro capo del telefono, incerta. -Non ne sono sicura, mamma. Ma i sintomi sono quelli- spiegò la corvina, attorcigliando il filo dell'apparecchio. -Ne hai parlato con Peeta?- le domandò la donna.
-Credo lo farò al suo ritorno...- mormorò. La conversazione al telefono non si prolungò per molto.  Una volta chiusa la chiamata Katniss si sedette sul divano, in attesa di Peeta.

Passò una buona mezz'ora prima di sentir bussare alla porta. Si alzò per andare ad aprire, ma Peeta la precedette con le chiavi.
-Ti devo parlare- lo avvisò, ma mentre pronunciava quelle poche parole, ebbe un capogiro, e si ritrovò sorretta dalle braccia forti del suo compagno, impedendo di cadere.
Perse i sensi all'improvviso, ricordando come ultima cosa le mani di Peeta sulla sua schiena nel tentativo di mantenerla dritta.

Aprì gli occhi dopo pochi minuti. Stava sul divano, Peeta era al piano cottura. Sentiva il rumore di una stufa, probabilmente le stava preparando qualcosa di caldo. Infatti dopo poco arrivò con una tazza di the fumante. Si mise a sedere vicino alla corvina, circondandola con una coperta e scoccandole un bacio sulla testa.
-vedo che stai meglio- le disse. -Sì...-rispose lei, fissando il liquido giallastro che teneva nelle mani. Il biondo le riservò uno sguardo preoccupato, accarezzandole la testa. -Che ti è successo?- chiese, dolcemente.
-Peeta io... credo di aspettare un bambino- sossurrò, stropicciando l'orlo della coperta con i polpastrelli. Ancora non aveva alzato lo guardo. Aveva paura. Paura che se la prendesse con lei, che le dicesse che non voleva il piccolo, o, non sapeva se meglio o peggio, che lo volesse. Sentì le mani di Peeta sulle sue, lentamente le tolse la tassa dalle mani. Si ritrovo nuovamente tra le braccia del ragazzo, la testa nell'incavo del suo collo. Percepì del bagnato sulla spalla. Peeta stava... piangendo?

-Ehy... tranquillo. Se non lo vuoi...- cominciò la ragazza, ma fu quasi interrotta bruscamente dal biondo. -Che stai dicendo? certo che lo voglio- disse lui, sciogliendo l'abbraccio per guardarla in faccia. Lepassò una mano sullo zigomo, dolcemente. -cresciamo questo bambino insieme.- aggiunse, con le lacrime formatesi per la commozione sul procinto di riversarsi nuovamente sulle guance. Sorrise dolcemente alla ragazza che amava, attirandola a se.
-lo amerò almeno quanto amo te- le assicurò baciandola lentamente. Katniss non si privò di quel contatto, anzi, non si staccò per molto tempo. Solo dopo un po' si allontanarono, per poi addormentarsi insieme, con il sorriso sulle labbra.

Era da letteralmente un anno e mezzo che avevo in mente questa cosa e... boh non mi piace molto, ma volevo postare qualcosa :)

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