XXXV - seconda parte

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capitolo 35: parte 2
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»»---- ★ jungkook's p.o.v. ★ ----««

«Ecco a voi i vostri caffè. Di chi era il macchiato decaffeinato?»

«Mio, grazie» rispondo alzando di poco il braccio sinistro per farmi vedere e aspetto paziente che la cameriera posi la tazza di caffè sul tavolino al quale siamo seduti.

«Ancora non ci credo che hai accettato di venire a prendere un caffè con me!» esclama Yoongi eccitato muovendosi sulla sedia a causa dell'esaltazione che prova.

«Anche io non riesco ancora a credere di avere accettato» rispondo versandomi una bustina di zucchero di canna nel caffè, anche se chiamare "caffè" questa bevanda è un insulto. Tra il latte e l'assenza di caffeina, non è rimasto niente della sostanza nera eccitante, ma meglio così. Gli attacchi di panico non mi sono ancora passati e un decaffeinato normale mi avrebbe messo in bocca il sapore di quella bevanda così speciale, facendomene tornare la voglia, perciò ho optato per qualcosa che riducesse al minimo, se non a zero, sia il gusto che l'effetto eccitante.

Attendo che il dolcificante si sciolga all'interno del liquido, aiutato dal cucchiaino metallico che gira e preme contro quei granellini caramellati, e nel frattempo Yoongi inizia con le sue mille domande: «Ti sei più sentito male dopo Venerdì scorso?»

«N-no, perché avrei dovuto?» chiedo portandomi palesemente sulla difensiva. Devo calmarmi, mi ha semplicemente fatto una domanda sulla mia salute, non posso reagire ancora così male.

«Non lo so, non è stata la prima volta che ti sei sentito male e ho chiesto se fosse successo ancora...» risponde bevendo un sorso del suo caffè, forse per tenersi occupato con una qualche azione.

«Per fortuna non sono più svenuto» replico cercando di sorridere in modo da fargli capire che apprezzo il suo interessamento e che non ne sono disturbato.

«Bene» commenta sorridendo a sua volta. «Sono contento» aggiunge facendomi spuntare un sorriso sincero. A lui importa di me, è curioso per quanto riguarda quello che mi succede e, nonostante sia insopportabile quando mi bombarda con le sue mille domande sul mio passato, trovo carino questo suo lato.

Tuttavia, parlando della sua parte insopportabile – ossia quella che mi bombarda –, se ne esce con una domanda che pensavo di avere finalmente messo da parte: «Quindi, me lo dici cosa hai fatto al braccio?» Per fortuna non stavo bevendo, altrimenti avrei sputato ogni singolo goccio di caffè.

«Niente di importante, sono caduto e mi sono fatto male...» rispondo solamente, cercando in tutti i modi di evitare il suo sguardo.

«Sai, preferisco quando mi ignori che quando mi menti» commenta e i miei occhi si puntano all'istante nei suoi, squadrandolo in modo interrogativo finché non parla per spiegarsi meglio: «Quel braccio è bruciato e tagliato, quindi a meno che tu non sia caduto all'interno di una friggitrice piena di pescispada, ti chiedo per favore di spararne un'altra.»

A questo suo commento alzo gli occhi al cielo e porto il braccio al petto, quasi a volerglielo nascondere perché è proprio questo quello che voglio. Ma qua non importa quello che voglio io, giusto? Importa solamente quello che devo fare, e io devo lasciarmi andare.

«E va bene... mi sono ferito, con le mie stesse mani. Io- ho bisogno d'aria» dico con le lacrime agli occhi, pensando al dolore emotivo che mi ha spinto in questa direzione di autolesionismo.

«Usciamo, facciamo una passeggiata per la splendida Seoul. E nel frattempo mi racconti» mi dice in modo rassicurante, aspettando che io mi incammini per poi avviarsi al mio seguito.

Una volta fuori riesco finalmente a respirare di nuovo, ma so che adesso dovrò raccontare il motivo del mio braccio martoriato alla persona che mi sta camminando a fianco.

«Allora...» inizia comprendendo la mia fatica a ricominciare il discorso.

«Praticamente» odio iniziare le frasi con questa parola, ma adesso non so proprio quali vocaboli usare per far uscire dalla mia bocca un discorso sensato quindi mi accontento di questo basso livello: «mi era comparsa una riga.»

«Una riga.»

«Sì, una riga... è una cosa difficile da spiegare a parole, ma in ogni caso ho fatto di tutto per togliere questa riga. Ho usato il laser, la carta vetrata, un coltello... di tutto finché non sono svenuto a causa della grande perdita di sangue che le ferite mi hanno causato.»

«Cazzo» sussurra dopo un'enorme quantità di tempo; probabilmente ha avuto bisogno di elaborare ciò che gli ho detto, non sarà stato facile sentire una storia del genere; nemmeno io avrei saputo come reagire se me l'avessero raccontata.

«Già...»

«E perché eri così ossessionato da quella riga?»

«Beh, questa è una storia lunga che preferirei tenere per me.»

«Okay» risponde stupendomi: solitamente è curioso e vuole sapere ogni singolo dettaglio riguardo le domande che mi pone. Sono contento che abbia capito che tutti hanno un limite, persino io, soprattutto io dopo tutto quello che mi è successo.

«Parlami tu un po' di te» domando per cambiare discorso, ma anche perché adesso io stesso sono curioso.

«Sono contento che tu me l'abbia chiesto, non aspettavo altro!» esclama sembrando estremamente egocentrico e si guadagna una risata da parte mia.

«Narcisista per bene, eh?» domando continuando a ridere.

«Solitamente sì, ma non è questo il caso» replica lui ridacchiando. «La tua domanda mi fa capire che ti stai aprendo. E ne sono felice.»

Felice. Penso di non aver usato questo aggettivo per fin troppo tempo ormai, precisamente un mese a partire dalla sua scomparsa. Cazzo, è già passato un mese. E io non sono felice da un mese.

«B-beh, grazie...» rispondo solamente, incupendomi al pensiero di cosa è successo esattamente trenta giorni fa.

«Comunque, sai già che amo i libri più di me stesso; mi sono laureato all'Università di Lettere Moderne di Seoul e» mentre continua con la sua biografia, penso a quello che ha appena detto. L'Università di Lettere... quanto cazzo mi manca andare a scuola e imparare di tutto sugli autori classici, ma non ho davvero la testa per fare nulla in questo momento. Non riuscirei neanche ad aprire il libro e se proprio dovessi farcela mi fermerei al titolo dell'argomento.

«J-Jungkook? Mi stai ascoltando?» domanda il grigio toccandomi il braccio per farmi tornare alla realtà.

«S-scusa, è che quando hai nominato l'università mi sono perso...» ammetto abbassando lo sguardo e passandomi una mano sugli occhi per assorbire le lacrime che sono scappate al controllo dei dotti.

«Ho toccato un argomento delicato?»

«No, è colpa mia; con me ogni argomento è delicato. Succedeva anche con Jimin» mi lascio scappare senza neanche rendermene conto e quando ormai mi accorgo di aver commesso un grave errore è troppo tardi.

«Chi è Jimin?» domanda subito il grigio. Come pensavo.

A questa domanda dovrei mentire, vorrei mentire e rispondere che Jimin non era – non è – nessuno, ma non riesco a dirlo neanche per scherzo. Come posso farlo? Come posso dire che non è nessuno quando è il mio tutto? Il solo pensiero di definirlo in questo modo, il solo pensiero di dire che lui non è nessuno, mi fa inorridire. Quindi decido di dire la verità, per quanto scomoda mi possa apparire.

«Jimin era-» mi scappa di nuovo «è mio marito» butto fuori d'un lampo, come se avessi appena strappato un cerotto; tuttavia la ferita che si trovava al di sotto non si era ancora rimarginata, continuando a sanguinare proprio sotto i miei occhi.

«Era o è?» si sofferma, come avevo temuto, sul tempo verbale, ma probabilmente il motivo è che lui sapeva già di mio marito, gliel'avevo detto quando mi ha chiesto cosa avessi tatuato sulla mano.

«Era» rispondo a fatica, a denti stretti cercando di aspirare più aria possibile.

«Sei molto giovane, vi siete sposati presto ed è finita?» domanda sempre più curioso; io nel frattempo sto cercando di trattenermi dal piangere.

«No, non è finita» dico solamente con la voce rotta, più rauca e bassa perché non riesce a uscire, per quanto ci provi.

«Oddio... mi dispiace tantissimo» sussurra il grigio capendo a cosa io mi stia riferendo. «Scusa, non volevo- io-»

«Lascia stare... non potevi saperlo.»

«Però potevo immaginare perché fossi sempre così schivo.»

«Vero, ma non l'hai fatto. Volevi leggere la mia storia e ora che ci sei riuscito non devi sentirti in colpa.»

«Voglio solo dirti che mi dispiace di aver insistito tanto...»

«Okay...» replico solamente lasciando cadere la conversazione. Quando ho deciso di dire la verità sapevo a cosa stavo andando in contro, ma adesso sento il bisogno di fermare il discorso perché è ancora troppo per me. Trenta giorni non sono abbastanza; nessun lasso di tempo, per quanto a lungo possa durare, sarà mai abbastanza.

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Non c'è bisogno di dire che dopo l'insistenza di Yoongi di due Sabati fa non ha fatto altro che freddare l'atmosfera, ma durante la settimana ha cercato in tutti i modi di rimediare a qualcosa che non ha neanche fatto di proposito. Ammetto che la sua costante attenzione è stata leggermente fastidiosa, ma le sue intenzioni erano più che buone quindi non ho potuto lamentarmi troppo.

Oggi, nuovamente, mi ha chiesto di uscire per fare una passeggiata in città e mi ha categoricamente giurato che non insisterà su alcuna domanda e che cercherà in tutti i modi di non tirare fuori argomenti sconvenienti. Io a quest'ultima affermazione ho mentalmente sbuffato una risata ironica: persino lui tirava fuori argomenti sconvenienti senza saperlo, quindi come può qualsiasi altra persona non farlo? Lui era e rimane sopra tutti quanti.

Oggi fa davvero molto caldo; siamo verso la metà di maggio e il tempo ha deciso di risaldarsi da un giorno all'altro. Ho sempre avuto uno strano rapporto con il caldo, perché mi impediva di indossare le mie felpe extra-large facendomi di conseguenza scoprire i tatuaggi all'umanità. Non so che fare, cosa indossare... decido quindi di optare per una felpa leggera, ma mi infilo comunque una maglietta a maniche corte in caso non dovessi riuscire a resistere.

Dopo essermi preparato afferro le chiavi di casa ed esco, avviandomi verso la libreria dove abbiamo appuntamento. Seoul oggi è immersa nel caos, come ogni mercoledì d'altronde: ecco perché Yoongi riceve meno clienti durante questo giorno della settimana, non si può parlare con nessuno senza che debba scappare di corsa al lavoro.

«Ciao!» esclamo appena vedo il grigio dietro il bancone della libreria con un libro in mano: sembra di vedere me stesso da un altro punto di vista. Forse è così che mi vedeva Jimin.

«Hey» risponde lui infilando un pezzo di carta tra le due pagine a cui era arrivato con la lettura; è proprio vero, penso, che un vero lettore si accontenta di qualsiasi tipo di segnalibro. «Tutto bene?» mi domanda subito e io annuisco, ringraziandolo per l'interessamento e ponendogli la stessa domanda. Replica allo stesso modo e, dopo aver afferrato un golfino – con questo caldo! – usciamo dal suo negozio, che subito chiude con mille giri della chiave come è solito fare.

«Allora, dove andiamo?» domando camminando al suo fianco.

«Va bene il fiume Han? Dicono che sia bellissimo in questo periodo dell'anno» propone. Accetto di buon grado e iniziamo a camminare verso la direzione del fiume, anche se per dove ci troviamo ne abbiamo ancora tanta di strada da fare.

Infatti, proprio come avevo mentalmente programmato, arriviamo al fiume dopo mezz'ora a piedi e io sto letteralmente bruciando a causa del caldo e della mia felpa. La domanda giusto appunto arriva da parte del grigio, che con il suo solito modo curioso chiede: «Non hai caldo con quella cosa addosso? Perché non te la togli?»

La sua sfacciataggine mi fa arrossire leggermente mentre nel frattempo vado in panico perché speravo di poter fare le cose con più calma. Mi siedo quindi sull'erba verde e fresca che circonda il fiume, seguito dalla sua figura che si posiziona accanto a me, e lentamente mi sfilo la felpa, sperando che non faccia alcun commento inopportuno riguardo i miei tatuaggi. Ma come al solito sono nel torto.

«Wow!» esclama con la mascella in terra, lo sguardo sfacciatamente fissato sulle mie braccia coperte solo su una parte del bicipite. Le bende attorno al braccio destro mi avvolgono la carne quasi fino al gomito, mentre tutto il resto della mia pelle è esposto allo sguardo del maggiore.

«Cazzo, sei pieno di tatuaggi!»

«Davvero? Non me n'ero proprio accorto» rispondo sbuffando una risata, cercando di mantenere un'atmosfera tranquilla e, soprattutto, leggera e di non appesantirla con le mie fisse e le mie paranoie.

Lui ride alla mia affermazione e poi si sdraia sull'erba, portando me a fare lo stesso. Guardo il cielo, lo osservo come faccio ogni volta che mi capita l'occasione e dopo un po' sento nuovamente la sua voce parlare: «Anche io ho dei tatuaggi, uno dei quali decisamente imbarazzante».

La mia attenzione subito si sposta su quest'argomento e volto lo sguardo per guardarlo negli occhi: «Davvero? Non ti facevo tipo da tatuaggi» ridacchio, un po' ironico per quando mi ha detto che non ho la faccia di uno che fuma, ma per metà anche realistico: a guardarlo sembra un ragazzo che non si farebbe toccare da un ago neanche se ne andasse della sua stessa vita.

«Anche io pensavo che non me ne sarei mai fatti, ma poi i miei genitori mi hanno fatto incazzare e allora ho deciso di ripagarli così.»

«Sono sempre i genitori, uh?» commento ripensando a quante cose mi sono tatuato per farli incazzare.

«Già... in realtà da piccolo credevo che mi amassero. Non capivo che ogni singola cosa facessero fosse per andarmi contro e farmi vivere la loro vita... è stato quando ho detto loro di essere pansessuale che mi hanno cacciato fuori casa» dice con noncuranza, come se mi avesse appena detto la cosa più normale del mondo; non parlo della sua sessualità, quella sì che è una cosa normale, ma dell'essere stato cacciato di casa a causa di quest'ultima. Sfortunatamente ne ho già sentite – e persino vissute – a volontà di storie del genere, alle quali purtroppo non sono per nulla estraneo.

«Oh, mi dispiace...» commento semplicemente, troppo timido per chiedere di più.

«Non devi. Il distacco dalla mia famiglia mi ha permesso di crearmi una concezione personale del mondo e mi ha formato moltissimo sotto ogni punto di vista.»

«È una bella cosa, no?» domando sentendo però il bisogno di spiegarmi meglio. «Intendo... se non doveva andare tra i tuoi genitori e te, è stato meglio a questo punto che sia finita bene» cerco di dire impappinandomi con ogni singola parola. «Intendo dire che-»

«Sì, ho capito» ridacchia Yoongi venendo in mio soccorso. «Siccome ho avuto una famiglia di merda, mi è andata bene come è andata a finire perché anziché buttarmi a terra mi sono rialzato. Volevi dire questo, giusto?»

«Sì» dico con sollievo. «Grazie a Dio hai capito!» concludo più rilassato. Pensavo di aver appena fatto una figuraccia proprio sul suo passato, cosa che odio perché so come ci si sente.

«Già, e ti do ragione... vivere con i miei non era brutto. Finché ero un bambino ingenuo che non capiva cosa fosse la manipolazione andava tutto bene. Quando poi ho iniziato ad aprire gli occhi e mi è crollato il mondo addosso, alla prima occasione sono scappato e ho iniziato a vivere per davvero. Non è stato facile, ma in qualche modo sono grato al mio coming out disastroso perché alla fine dei conti mi ha aperto gli occhi su ciò che stava succedendo proprio a due passi da me, nella mia stessa casa, con la mia famiglia.»

«Cavolo... ti ammiro così tanto» mi lascio sfuggire. È la verità, lo ammiro.

«Per cosa?» domanda sbuffando una risata.

«Per essere così positivo. Io, ad esempio, sono l'esatto opposto» rivelo.

«È questione di carattere, penso. Se si potesse decidere sarebbe fantastico.»

«Già...» mormoro rivolgendo il mio sguardo nuovamente verso il cielo, il contrasto tra l'azzurro limpido di maggio e le nuvole bianche come cenci è meraviglioso; non ho mai creduto in nessun Dio, ma sicuramente non possiamo essere da soli in questo Universo. La Natura è il nostro dio, almeno per me.

Passano attimi di silenzio in cui ci soffermiamo ad osservare il cielo, tra sospiri di meraviglia a questa visione divina. So che da qualche parte c'è lui che gioca con le nuvole mentre crea spettacoli per noi. Grazie, dico mentalmente.

«Allora, mi dicevi dei tuoi tatuaggi» domando curioso, ridacchiando per l'ironia della situazione. Solitamente odio questa domanda, ma Yoongi mi incuriosisce sempre di più.

«Ne ho cinque, quasi tutti in posti abbastanza nascosti» inizia. «Tu quanti ne hai?»

«Ne ho... beh, ne avevo duecento» affermo e lui si mette improvvisamente seduto, stupito dalla quantità di inchiostro che ho sul corpo.

«D-duecento hai detto?» domanda facendomi ridere. Questa notizia sciocca sempre chiunque.

«Eh, già... ma penso che mi fermerò a questa cifra: l'ultimo che ho fatto è fin troppo importante» spiego posando la mano sinistra – su cui è tatuata la promessa di amore eterno a Jimin – sul mio cuore, dove invece è incisa l'ultima frase che ho voluto dedicargli. Penso che abbia notato questo gesto, ma in ogni caso non commenta e mi fa piacere.

«Perché hai detto che ne avevi duecento? Per il braccio destro?»

«Sì» dico solamente. «La cosa che mi fa incazzare di più è che uno di questi tatuaggi significava tutto per me. Sugli altri avrei anche potuto passarci sopra, arrendermi, farmene una ragione, ma su quello no.»

«Mi dispiace... i miei non sono così importanti, ma anche a me dispiacerebbe se si rovinassero quindi neanche immagino come ti possa sentire tu.»

«Cerco solamente di pensarci il meno possibile» sospiro mentre Yoongi si ridistende accanto a me sull'erba baciata dal caldo sole maggiaiolo.

«Allora provo a distrarti con questo: quando i miei mi hanno cacciato di casa ero così arrabbiato che mi sono fatto tatuare sulla caviglia sinistra niente di meno che la bandiera dei pansessuali.»

«Noo!» esclamo scoppiando a ridere.

«Già, è imbarazzante averla ancora addosso; non che provi vergogna, non mi è mai importato più di molto di quello che gli altri pensano di me, ma sicuramente ora come ora, con dieci anni di esperienza in più, non farei mai una cosa del genere. Io so chi sono, non ho bisogno di un tatuaggio che mi ricordi costantemente della mia sessualità, anche perché non è qualcosa che ci descrive come persone, serve solo a porci in delle categorie etichettate che la stessa comunità LGBT vuole abbattere... è un controsenso.»

«Su questo sono d'accordo. Ognuno è quello che è, non c'è bisogno che si inserisca in una categoria che serve solo ad isolarlo dalle altre. Tuttavia, allo stesso tempo, questa è una cosa che apprendi solamente maturando. Durante l'adolescenza ci si sente talmente spaesati che auto-etichettarsi risulta quasi l'unico modo per sentirsi parte di un gruppo e, di conseguenza, meno soli.»

«Vero... anche a te è successa una cosa del genere?»

«Pft» sbuffo una risata nervosa, pensando alla mia famiglia e a come mi abbia sempre trattato. «I miei genitori non mi hanno mai amato, neanche per finta» aggiungo riferendomi a quello che mi ha raccontato poco fa il grigio steso accanto a me.

«Forse è anche meglio così, sicuramente non ti hanno disilluso quando gli hai detto che ti piacciono i ragazzi o anche i ragazzi; sapevi già come l'avrebbero presa» formula, ma non mi trovo d'accordo. Nonostante sapessi la loro opinione a riguardo, mi ha ferito nel profondo sapere che non sarebbero cambiati un minimo neanche per il loro unico figlio.

«Ciò non toglie che sia rimasto male alla loro reazione» replico sospirando e chiudendo gli occhi a causa di un raggio di luce che improvvisamente si direziona proprio verso di me. Sei tu, piccolino?

«Io non-»

«Lo so cosa intendevi, tranquillo» lo rassicuro riuscendo, solo dopo pochi secondi, a riaprire gli occhi a causa di una nuvola che ha bloccato il passaggio della luce diretta. Grazie.

«Non sembra, ma ho sempre paura che quello che dico venga frainteso.»

«Tranquillo. Se dirai qualcosa che mi risulterà strana, ti chiederò spiegazioni in modo da evitare fraintendimenti e tu fa' lo stesso con me.»

«D'accordo. Grazie mille, sei adorabile» dice facendomi arrossire. Vorrei essere al buio in questo momento così che non possa vedere il mio volto rosso come un pomodoro.

«G-grazie...» rispondo soltanto mentre, ai momenti di pausa in cui ci soffermiamo a guardare il cielo o il fiume ai nostri piedi, si alternano momenti in cui chiacchieriamo di tutto e di più: di letteratura, di tatuaggi, di piercing – ho scoperto che ne ha uno all'ombelico –, di lingue straniere, di politica, di letteralmente ogni cosa.

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È ormai sera inoltrata quando io e Yoongi arriviamo davanti alla sua libreria e ci salutiamo, ringraziandoci a vicenda per la meravigliosa giornata che entrambi abbiamo passato, proponendocene molte altre nel più prossimo futuro.

«Buonanotte, allora» dico con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto; mi ero dimenticato che sensazione si provasse nel sorridere così.

«'Notte» replica lui sporgendosi verso di me per abbracciarmi. Inizialmente rimango spiazzato dal gesto, non aspettandomelo, ma subito ricambio la stretta fingendomi non stranito dalla cosa. È vero che abbiamo passato una bella giornata e siamo stati insieme molte ore, ma abbracciarlo mi fa comunque sentire strano.

Tuttavia, quando questo contatto finisce un po' mi rattristo, ma cerco di non darlo a vedere e gli mostro uno dei miei sorrisi migliori, prima di salutarlo un'ultima volta, riconfermare il prossimo appuntamento e incamminarmi verso casa mentre rispenso ai momenti vissuti quest'oggi.

●▬▬▬▬▬๑۩ spazio autrice ۩๑▬▬▬▬▬●

Buongiorno a tutti, era da davvero tantissimo che non scrivevo un capitolo così sostanzioso dal punto di vista dei contenuti e spero vivamente che vi sia piaciuto. Mi mancava scrivere così e senza Jimin mi risultava molto difficile.

Innanzitutto vi chiedo cosa pensate della nuova situazione di Jungkook con Yoongi? Lo so che non sarà mai paragonabile a quella con Jimin, ovviamente, ma è anche vero che il nostro maknae deve andare avanti e rifarsi una vita.

Nel prossimo capitolo ci saranno alcuni salti temporali volti a far andare avanti la storia, che tra esattamente cinque capitoli sarà finita. Lo so, anche io sono sotto shock a questa notizia perché Tattooed Heart ha quasi un anno e mi mancherà come l'aria, ma tranquilli perché in questo anno il mio cervello non ha fatto altro che tirare fuori idee su idee e quindi non vi lascerò senza storie in corso troppo a lungo.

Io spero ancora che il capitolo vi sia piaciuto e che avrete la pazienza di finire questa storia insieme a me con i prossimi cinque! Vi amo, grazie di tutto!

P.S. NON SCORDIAMOCI DEL COMPLEANNO DELLA NOSTRA FATINA PREFERITA. AUGURI JIMIN!!! 💛🧚🏼‍♂️💛

Words: 3538
Published: 13102021 [Auguri Jimin 💛]
Edited:

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