XXXV - prima parte
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capitolo 35: parte 1
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»»---- ★ jungkook's p.o.v. ★ ----««
Ogni giorno per gli ultimi dieci giorni, io e Yoongi abbiamo chiacchierato fuori dal suo negozio nei momenti di pausa che lui concedeva sia a me che a se stesso – sono quasi sicuro che si desse anche delle ulteriori pause solamente per il gusto di chiacchierare di più, ma comunque gli ho dato spazio. Dopo quel mio attacco di panico per aver visto Jimin ne ho parlato con lui e mi ha assicurato che quella fosse realmente un'allucinazione. Non ci sto capendo più niente, sono serio. Non mento quando dico che tra allucinazioni e fantasmi sto diventando pazzo. Tuttavia, dopo essere tornato a casa e aver parlato con Jimin, mi sono tranquillizzato; ho bevuto una tisana – anche se le odio – e poi, dopo un paio di sonniferi, mi sono addormentato. Il mio modo di vivere non è ancora diventato regolare, spesso salto i pasti, a volte bevo un po' troppo e altre ancora faccio di peggio. Il fatto di addormentarmi semplicemente grazie a delle pastiglie lo odio, ma sento che è l'unico modo per riuscire a farmi prendere dalle braccia di Morfeo – anche se vorrei solo quelle di Jimin attorno a me – e rimanere almeno per qualche ora nel mondo dei sogni.
In ogni caso sono riuscito sempre a parlare con Yoongi, evitando di costruire dei muri attorno a me per proteggermi. Con l'aiuto del mio amore ho capito che non devo proteggermi da un ragazzo che vuole semplicemente fare amicizia, sono ben altre le cose da cui mi devo tenere alla larga, anche se riuscirci mi risulta ancora abbastanza difficoltoso.
In questo momento siamo nel retro della libreria; ci sono dei clienti nel negozio, ma nessuno ha richiesto l'aiuto di un libraio esperto e Yoongi è uscito insieme a me con la scusa di dover sistemare una cosa nel magazzino nel quale tiene i libri non scannerizzati. In realtà siamo all'aperto ed è proprio per questo motivo che mi permetto di tirare fuori dalla tasca posteriore dei jeans un pacchetto di sigarette, di aprirlo e di tirarne fuori una direttamente con le labbra. A questo mio gesto, il grigio subito mi guarda con disappunto e commenta l'azione che ho appena compiuto.
«Lo sai che fa male?» a questa domanda chiudo gli occhi, mi sembra di sentire lui, tutte le volte che mi accendevo una sigaretta proprio sotto il suo sguardo.
«Lo so» rispondo solamente, la sigaretta che nel frattempo mi dondola tra le labbra, posta però nella posizione giusta perché non scivoli via.
«Non pensavo fumassi, non hai la faccia» commenta ancora facendomi alzare lo sguardo sulla sua figura appoggiata alla porta del retro.
«Lo vedi dalla faccia se uno fuma o meno?» chiedo sbuffando una risata e facendo uscire tutto il fumo che ho aspirato poco fa.
«Dal volto di una persona si possono capire tante cose... basta saperle osservare» risponde infilandosi le mani nelle tasche anteriori dei jeans grigi, di qualche tonalità più scura rispetto ai suoi capelli. Seriamente, questo ragazzo è il grigio in persona se non che per la sua personalità. «Comunque, da quanto lo fai?» domanda sempre con la sua solita curiosità.
«Da anni» rispondo aspirando ancora un po', sentendo i polmoni bruciare ad ogni singolo tiro.
«Ma se ne hai solo ventitré!» mi ricorda come se non conoscessi la mia età.
«Ho iniziato a quindici, poi ho provato a smettere e-» e ci sono riuscito, vorrei dire, fino a che l'amore della mia vita non ha deciso di abbandonare questa vita, lasciandomi qui disperato e solo.
«E?» mi incita, sporgendosi dalla sua posizione per sembrarmi fisicamente più vicino.
«E poi ho ricominciato.»
«Perché?» domanda come se fosse la cosa più comune del mondo, come se non si stesse appena facendo gli affari miei al cento percento.
«Sono successe delle cose nella mia vita che mi hanno spinto a ricominciare, ma non ne voglio parlare» lo anticipo, sicuro che la prossima domanda avrebbe riguardato quello. Tutto ha un proprio limite e tutti ne hanno uno, spero che Yoongi questo lo sappia. «Tu hai mai fumato, invece?» domando io facendo il suo gioco. Effettivamente lui mi ha chiesto davvero tantissime cose su di me, mentre io sono sempre stato molto discreto. Cosa che invece non è affatto successa con Jimin, siccome fin da subito gli avrei voluto porre una miriade di domande, ma non l'ho fatto per paura che lui potesse fare lo stesso con me. Se ripenso al periodo in cui eravamo ancora solo conoscenti mi piange il cuore, mi fa sentire male. Eppure è da quella conoscenza che è partito il tutto, tutto il grande amore che abbiamo provato e tutta la sofferenza che sto provando adesso che, fisicamente, non c'è più. Devo smetterla di ripetermi, comunque.
«Sì, ho provato, ma non mi è piaciuto per niente» risponde avvicinandosi a me. Cosa vuole fare? Lo guardo storto mentre cammina nella mia direzione e lo guardo ancora peggio quando mi prende la sigaretta dalle labbra dicendomi che vuole essere sicuro di continuare ad avere un dipendente.
«Che cazzo!» sbotto cercando di riappropriarmi della sigaretta, sporgendo – senza pensarci, troppo offuscato dall'irritazione che sto provando – il braccio sbagliato, ovvero il destro. Subito quel rotolo di carta pieno di veleno gli scivola via dalle dita, cadendo a terra e spargendo un po' di cenere attorno a sé, mentre i suoi occhi si puntano sui cerotti e sulle cicatrici che ho attorno al braccio. Le bolle causate dall'operazione al laser andata male, le schegge e i graffi dati dalla carta vetrata, l'enorme taglio che mi sono fatto con il coltello.
«Che-che hai sul braccio?!» domanda allibito, afferrandolo con una mano – seppur delicatamente – e facendomi del male.
«Niente, lascia stare» rispondo cercando di liberarmi, sia perché non voglio che veda le mie ferite sia perché sento dolore a causa della sua presa.
«Sei ferito...» palesa l'evidenza.
«Lo so, mi stai facendo male» sbotto e a questa mia frase subito mi lascia andare il braccio.
«S-scusa» balbetta. «Non volevo farti del male, ma mi potresti dire che cosa ti sei fatto?»
«Senti, è una cosa-»
«Di cui non vuoi parlare... c'è almeno qualcosa nella tua vita di cui ti va di parlare? Almeno una.»
«Ho un passato complicato» rispondo soltanto, stando attento a tirar fuori un'altra sigaretta timoroso che mi venga buttata di nuovo. E poi quello era un suo gesto, perché adesso l'ha fatto il grigio?
«Tutti ne hanno uno» ribatte Yoongi come a dire che io non sono nessuno di speciale. O forse come a dire che anche lui ha un passato contorto, ma in questo momento mi sta facendo innervosire e quindi sono portato a trovare il marcio che sta in questa frase.
«Non ho detto di essere l'unico ad averne uno» sbotto ancora. Siamo tornati a pochi giorni fa, quando ogni sua parola mi dava sui nervi. «Ho solo detto che non voglio condividere il mio passato con te. Non ci conosciamo e le cose che mi porto sulle spalle sono troppo pesanti per essere condivise» concludo aspirando una grande quantità di fumo dalla sigaretta. Ho bisogno di finire questa conversazione, quindi cerco di finire il rotolo avvelenato che tengo tra le dita e rientro al mio posto di lavoro.
«Jungkook... non volevo metterti sotto pressione, mi dispiace» si scusa Yoongi seguendomi all'interno del negozio. I clienti che prima stavano scegliendo che libri leggere, adesso stanno aspettando in cassa e il grigio è costretto a portare la sua attenzione su di loro per il tempo necessario a vendere quei volumi. Io mi prendo questa piccola pausa per riflettere e, senza neanche accorgermene, sento le lacrime uscire copiose dai miei occhi. Mi rendo conto adesso di quello che ho detto poco fa, della parola che ho usato: passato. Quindi adesso Jimin fa parte del mio passato? È così?
«Jungkook, ma che- perché piangi?» domanda Yoongi rientrando in archivio e vedendomi in questa situazione. Mi sento indifeso in questo momento, mi sento come se tutte le barriere che ho sempre tentato di costruirmi attorno si fossero sgretolate sotto i miei occhi lucidi e appannati. Nessuno mi aveva mai visto piangere se non lui, solo lui conosceva le mie debolezze. Non ho mai permesso neanche alla mia famiglia di vedermi in questo stato, benché fossero tante le volte in cui mi riducevo così a causa loro. E adesso Yoongi non ha fatto altro che entrare in una stanza nel momento sbagliato per vedere quel lato di me che ho sempre cercato – con grande successo, aggiungerei – di nascondere al mondo intero.
«Non è niente» minimizzo tirando su col naso. «Ho già smesso» aggiungo con la voce rotta a causa dei continui e incessanti singhiozzi che fuoriescono dalla mia gola.
«Piangi per colpa mia? Ti ho messo troppo sotto pressione?» domanda preoccupato avvicinandosi a me, quando in realtà vorrei soltanto che se ne andasse e mi lasciasse solo.
«No, non sei tu. Cioè... forse mi sto rendendo conto di alcuni aspetti della mia vita, ma tu non c'entri assolutamente nulla con queste mie crisi» confesso. Non sto ragionando in questo momento, sto parlando a ruota libera ed è per questo che sono convinto di star dicendo la verità, anche se non capisco fino in fondo quello che sto proferendo.
«E ti va di parlarne? Hai ragione quando dici che io sono solamente uno sconosciuto,» dice e nella sua voce posso scorgere un leggero risentimento a queste parole «però spesso parlare con qualcuno che non ti conosce è più facile che parlare con un amico o un parente. Quindi sappi che se vuoi, io ci sono. Sempre» finisce il suo discorso e all'ultima parola da lui pronunciata scoppio nuovamente in lacrime. Sempre. Quella parola mi rimarrà impressa nella mente per, ironia della sorte, sempre. Davvero, resterò traumatizzato a vita da questa parola che sembra semplicissima. Jimin avrebbe dovuto essere il mio sempre, avremmo dovuto essere il sempre l'uno dell'altro, ma la vita non ce lo ha reso possibile. E adesso Yoongi mi viene a parlare di "sempre". No. Non posso sostenere questo peso, non ci riesco. Adesso sì che mi sento come se fossi stato messo sotto pressione da qualcuno ed è per questo motivo che, come spesso mi è capitato nell'ultimo periodo, perdo i sensi senza lasciare traccia di coscienza attorno a me.
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(separatore)
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Per l'ennesima volta mi sveglio in una stanza di ospedale, ma oggi sono solo. Nessun medico, nessun infermiere, nessun amico. Non che io ne abbia, a parte Jackson e, forse e dico soltanto forse, Yoongi. Yoongi... ora so perché sono qui. Mi ha visto il braccio, mi ha fatto domande, e poi ha detto che ci sarebbe stato per sempre. E lì sono andato in crisi perché, come in ogni singolo secondo della mia vista, ho pensato a lui. Perché lui e soltanto lui è il mio per sempre e la dimostrazione di questo è che io sono in un letto di ospedale e Yoongi non è con me.
«Non è così» sento parlare una voce, ancora la sua, mentre volto la testa ovunque per capire da dove arrivi. È seduto sul davanzale della finestra, i capelli mossi da un vento che probabilmente il suo corpo immortale non può percepire.
«C-che?»
«In realtà stai ancora dormendo» mi comunica e io emetto uno sbuffo sonoro. Possibile che io debba sempre sognare, essere allucinato o comunicare con il fantasma della persona più importante della mia vita che troppo presto mi ha lasciato? Sono stanco, questa situazione è sfiancante, molto più che un normale lutto. Mi sento tormentato, ecco, finalmente l'ho detto!
«Che-che ci fai qui?» domando faticosamente a causa del peso che mi sento sul petto, come se qualcuno mi stesse comprimendo la gabbia toracica impedendomi di respirare.
«Sono venuto a trovarti per scusarmi» dice lui saltando giù dal davanzale con una leggerezza incredibile – anche da vivo era molto agile, ma adesso è etereo... purtroppo – e avvicinandosi al mio letto, prendendo posto accanto a me. Mi faccio da parte per lasciargli lo spazio di cui necessita e così finiamo per ritrovarci sdraiati l'uno accanto all'altro, come ai vecchi tempi. Mi mancava. Anche se tutto questo non è reale, a me mancava.
«Per cosa ti stai scusando?»
«Per tutto quanto, amore mio. Per tutto quanto quello che ho fatto» singhiozza e, tanto velocemente quanto è arrivato, sparisce facendomi risvegliare.
Vedo Yoongi seduto su una sedia scomoda posta accanto al letto in cui sto giacendo; appena nota che sono sveglio mi sorride e si sporge verso di me. Sembra contento.
«Ciao» mormora e posso chiaramente sentire la gioia nella sua voce quando pronuncia quella semplicissima parola, che forse aspettava di dire da ore.
«C-ciao» rispondo balbettando confuso.
«Come ti senti?» domanda poi senza riuscire a trattenere l'eccitazione di vedermi finalmente sveglio. Caspita, devo essere rimasto senza sensi per un bel po' se è così felice.
«Stordito» rispondo facendolo ridere e anche io, a mia volta, sbuffo una risata. Per un attimo, guardandolo negli occhi, vedendo quelli brillare nel vedermi, mi scordo di quello che è appena successo, di quello che mi è appena stato detto, ma poi la memoria delle parole di Jimin mi investe come un'ondata di vento gelido in piena estate: "Scusa per tutto quanto, per tutto quanto quello che ho fatto". Cosa intendeva?
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Ecco a voi il capitolo trentacinquesimo (prima parte). Mi scuso tantissimo per il ritardo di tre settimane precise, ma non avevo molta ispirazione per questo capitolo e inoltre è iniziata la scuola e, con essa, anche la mia iscrizione a scuola guida con due lezioni di due ore a settimana, perciò comprendetemi...
In ogni caso, spero che il capitolo (fin troppo atteso, 'm sorry) vi sia piaciuto comunque. Chissà cosa succederà nella parte due? Vi dico che è abbastanza succosa, sotto certi aspetti almeno. E chissà cosa intendeva Jimin con quegli "scusa". Sono indecisa se dirlo o lasciare tutto nel mistero ahaha.
Btw, come al solito VE SE AMA e grazie sempre di tutto. Questa storia è quasi a 4K views e heaven in hiding a 19,9K, ma forse mentre sto scrivendo è già arrivata a 20K, quindi grazie mille, vi adoro. Detto questo, passate una buona giornata, un buon weekend e un buon inizio del mese!
Words: 2187
Published: 01102021
Edited:
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